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152. Cavalli bianchi e cigni bianchi

RSND, VOLUME I

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Minobu, 1280. Indirizzata a Utsubusa, signora di

Nella lettera che mi hai scritto da Utsu­busa mi comunicavi che il nono giorno dell’ottavo mese sarebbe stato il centesimo giorno dalla morte di tuo padre e che, come offerta, inviavi con profondo rispetto dieci kan di monete.

    Nella richiesta per il servizio funebre dicevi di aver letto l’intero Sutra del Loto della Legge meravigliosa una volta, i capitoli “Espedienti” e “Durata della vita” trenta volte ciascuno, la sezione in versi del capitolo “Durata della vita” trecento volte e di aver recitato il daimoku di Myoho-renge-kyo cinquantamila volte. Nello stesso documento hai scritto: «Ricordo con gratitudine che, mentre il mio defunto padre era ancora in vita, io, la vostra discepola, ho viaggiato per mille ri attraverso fiumi e montagne [fino a questo luogo lontano], per ricevere personalmente il daimoku della Legge mistica e come, neanche trenta giorni dopo, la vita di mio padre è giunta al termine». E anche: «Ahimè, sebbene nel giardino di rugiada1 di Jambudvipa di lui non rimangano che le bianche ossa, sebbene sia ormai diventato polvere, nella terra del Picco dell’Aquila il suo spirito sicuramente sboccerà in un fiore d’illuminazione».

      La tua lettera è firmata «Rispettosamente, la discepola del clan Onakatomi, il terzo anno dell’era Koan (1280)».

        A questo proposito, nonostante in India il Sutra del Loto della Legge meravigliosa, l’unico veicolo, sia così voluminoso da riempire una città di un yojana quadrato, la versione che è giunta in Giappone consiste di soli otto volumi. Ci sono molti esempi nel passato di persone che, pregando per l’esistenza presente e futura, hanno realizzato i propri desideri recitando e lodando tutti gli otto volumi o anche solo un volume, o i capitoli “Espedienti” e “Durata della vita”, oppure soltanto la sezione in versi del capitolo “Durata della vita”. Ma non parliamo di questo per il momento.

          Quanto alla tua dichiarazione di aver recitato il daimoku di Myoho-renge-kyo cinquantamila volte, ho cercato esempi precedenti di una simile pratica, ma sembra che ve ne siano molto pochi. Ci sono delle persone che hanno recitato il daimoku una o due volte e ne hanno ottenuto benefici, ma non ho mai udito di nessuno che l’abbia recitato cinquantamila volte.

            Ogni fenomeno ha un nome e questo nome indica la particolare virtù o proprietà intrinseca di quella cosa. Per esempio, la persona nota come generale Tigre di Pietra fu chiamata così perché riuscì a trafiggere una tigre di pietra con una freccia. E il Ministro Che Perfora il Bersaglio2 ricevette questo nome perché riuscì a scagliare una freccia attraverso un bersaglio di ferro. In entrambi i casi il nome indica le qualità della persona.

              Nel caso del Sutra del Loto della Legge meravigliosa, le virtù e i benefici dei suoi otto volumi e ventotto capitoli sono tutti contenuti nei cinque caratteri che compongono il suo titolo; è come il gioiello che esaudisce i desideri, che contiene al suo interno diecimila gioielli. Questo è il significato della dottrina secondo la quale i tremila regni sono tutti contenuti in un singolo granello di polvere.

                La parola namu esprime un sentimento di riverenza e di adesione. Per questo il Venerabile Ananda collocò namu prima dei due caratteri nyoze3 all’inizio di ogni sutra. Il Gran Maestro Nan-yüeh impiegò le parole Nam-myoho-renge-kyo e il Gran Maestro T’ien-t’ai le parole Keishu-nam-myoho-renge-kyo4.

                  Il Venerabile Ananda era figlio del re Dronodana e discepolo del Budda Shakyamuni, il signore degli insegnamenti. Sessanta giorni dopo il trapasso di Shakyamuni, Mahakashyapa e gli altri discepoli, in tutto un migliaio di persone, si riunirono insieme a Manjushri e agli altri ottantamila bodhisattva nella Grande sala delle conferenze e, dopo aver lamentato la morte del Budda, discutendo fra di loro dissero: «Anche noi che siamo stati vicino al Budda per tanti anni, dopo soli sessanta giorni ci lamentiamo per la separazione da lui. Che ne sarà di tutti coloro che vivranno fra cento o mille anni, o nell’Ultimo giorno della Legge? In che modo potranno ricordare il Budda? I sei maestri delle dottrine non buddiste conservano i quattro Veda e le diciotto scritture principali predicate dalle due divinità e dai tre asceti5 ottocento anni fa, così che le parole lasciate dai loro maestri possano essere trasmesse ai posteri. Non dovremmo trascrivere anche noi i vari insegnamenti che abbiamo udito predicare dal Budda agli ascoltatori della voce e ai grandi bodhisattva nell’arco di cinquant’anni, in modo che possano servire da occhio alle persone del futuro?».

                    Allora invitarono il Venerabile Ananda a salire sul seggio più elevato guardandolo con riverenza come fosse il Budda, mentre loro presero posto in basso. Poi il Bodhisattva Manjushri pronunciò le parole Nam-myoho-renge-kyo e in risposta il Venerabile Ananda replicò: «Questo è ciò che io ho udito» [nyoze gamon]. Gli altri novecentonovantanove grandi arhat intinsero i pennelli nell’inchiostro e trascrissero ciò che veniva detto.

                      Proprio perché tutti i benefici degli otto volumi e ventotto capitoli del Sutra del Loto sono contenuti in questi cinque caratteri, il Bodhisattva Manjushri li recitò e il Venerabile Ananda rispose dicendo: «Sì, è così!». I dodicimila ascoltatori della voce, gli ottantamila grandi bodhisattva e tutti gli altri ascoltatori dei due mondi e degli otto gruppi6 assentirono poiché anch’essi erano stati presenti [ad ascoltare].

                        Il santo noto come Gran Maestro T’ien-t’ai Chih-che spiegò i cinque caratteri di Myoho-renge-kyo nei dieci volumi e mille pagine della sua opera Il significato profondo del Sutra del Loto. L’essenza di quest’opera è che gli ottanta o sessanta o quaranta volumi del Sutra della Ghirlanda di fiori, le varie centinaia di volumi dei sutra Agama, alcune decine di volumi del Sutra corretto ed equo della Grande raccolta, i quaranta o seicento volumi dell’Ampio Sutra della Saggezza, i quaranta o trentasei volumi del Sutra del Nirvana, tutti gli innumerevoli sutra esistenti in India, nei palazzi dei re draghi, nei cieli e nei mondi delle dieci direzioni, numerosi come i granelli di polvere della terra, sono tutti servi e vassalli dell’unico carattere kyo, o sutra, di Myoho-renge-kyo.

                          Inoltre il Gran Maestro Miao-lo scrisse un’opera in dieci volumi intitolata Annotazioni su “Il significato profondo del Sutra del Loto” nella quale dichiarò che tutti i sutra portati in Cina dopo l’epoca di T’ien-t’ai, compresi i sutra chiamati “nuove traduzioni”7, sono servi e vassalli del Sutra del Loto. E in Giappone il Gran Maestro Dengyo stabilì ugualmente che il Sutra di Mahavairochana e gli altri sutra della scuola della Vera parola, che fanno parte delle nuove traduzioni, sono tutti servi e vassalli del Sutra del Loto. Le teorie di Kobo, Jikaku, Chisho e degli altri rispetto a questo insegnamento sono come il fuoco rispetto all’acqua. Tratterò di questo in seguito.

                            Per fare un esempio, le cinque regioni attorno alla capitale, le sette regioni periferiche, le sessantasei province, le due isole e tutti i distretti, i feudi, i villaggi, i campi, gli appezzamenti di terreno, le persone, i bovini e i cavalli, l’oro, l’argento e tutto ciò che esiste in Giappone sono tutti contenuti nei tre caratteri che formano le parole “paese del Giappone”.

                              Il carattere “re”8 è composto da tre linee orizzontali e una verticale. Le tre linee orizzontali rappresentano il cielo, la terra e l’umanità, l’unica linea verticale rappresenta il re. Come il monte Sumeru saldamente piantato nella grande terra non vacilla, così la persona che penetra attraverso i regni di cielo, terra e umanità senza vacillare minimamente è chiamata il re.

                                Ci sono due tipi di re: i piccoli re, dei regni degli esseri umani e celesti, e i grandi re, come il grande re celeste Brahma. Nel caso del Giappone, il grande re è quello [che governa] tutto il paese, mentre i governatori delle varie province sono i piccoli re.

                                  Allo stesso modo, il Sutra della Ghirlanda di fiori, i sutra Agama, quelli dei periodi Corretto ed equo e della Saggezza, il Sutra di Mahavairochana, il Sutra del Nirvana e tutti gli altri sutra predicati prima, contemporaneamente o dopo il Sutra del Loto sono piccoli re. Sono simili ai governatori delle varie province del Giappone.

                                    Il Sutra del Loto invece è paragonabile a un grande re, a un Figlio del Cielo. Dunque i membri delle scuole della Ghirlanda di fiori, della Vera parola e delle altre varie scuole sono come servi e vassalli del sovrano del paese. Pertanto i semplici sudditi delle varie province che cercano di privare il Figlio del Cielo della sua virtù, sono come inferiori che spodestano i superiori, come persone che abbandonano i superiori per seguire gli inferiori o come inferiori che si rivoltano ed eliminano i superiori.

                                      In tali circostanze, per quanto si voglia riportare l’ordine nel mondo, ci saranno solo confusione e morti. Sarebbe come cercare di spostare le radici di un albero senza turbare la pace dei rami e delle foglie o sperare che una barca navighi tranquillamente mentre infuriano le onde del mare.

                                        Sebbene i preti delle scuole della Ghirlanda di fiori, della Vera parola e Nembutsu, come pure quelli degli insegnamenti dei Precetti e Zen sembrino saggi e rispettabili perché osservano i precetti e si comportano onestamente, la loro condizione è quella di persone nate in famiglie di inferiori che spodestano i superiori e, in quanto tali, sono acerrimi nemici del Sutra del Loto. Come possono sperare di sfuggire alla caduta nella grande fortezza dell’inferno Avichi? Senza dubbio fra gli aderenti dei novantacinque differenti tipi di scuole non buddiste9 vi erano anche molte persone oneste e sagge e, tuttavia, poiché sottoscrissero le dottrine distorte tramandate dalle due divinità e dai tre asceti, non poterono sfuggire alla rinascita nei cattivi sentieri.

                                          Nel mondo odierno le persone che recitano Namu-Amida-butsu ridono di coloro che recitano Nam-myoho-renge-kyo oppure cercano di ingannarli. Per fare un semplice paragone, è come se il miglio disprezzasse il riso o come se un proprietario detestasse i propri campi. Sono come i banditi che, quando i capi dell’esercito sono assenti, ritengono che non saranno puniti per le loro scorribande notturne e rapine o come le talpe che, finché non è sorto il sole, credono di essere al sicuro come se fossero sottoterra. Ma, quando appare Nam-myoho-renge-kyo, che è come il capo dell’esercito o come il sole, scompaiono rapidamente come violente fiamme che si spengono sotto l’acqua o scimmie che si spaventano incontrando un cane. Oggi, quando coloro che invocano Namu-Amida-butsu odono una voce che recita Nam-myoho-renge-kyo, impallidiscono, i loro occhi scintillano di rabbia, si perdono d’animo e i loro corpi cominciano a tremare.

                                            Il Gran Maestro Dengyo disse che, quando il sole sorge, le stelle si nascondono e quando si vede la bravura si riconosce la mediocrità10. Il Bodhisattva Nagarjuna affermò che le parole errate si dimenticano facilmente e le opinioni distorte sono difficili da sostenere11. Il Bodhisattva Gunamati disse: «Sul suo volto c’era il colore della morte e del lutto e nelle sue parole il suono della tristezza e del rancore»12. E Fa-sui disse: «Prima ero chiamato tigre che afferma, ora sono un cervo che assente»13. Dobbiamo tener conto di queste opinioni e comprendere ciò che significano.

                                              Dobbiamo proclamare esplicitamente le virtù di Myoho-renge-kyo! Così come i composti velenosi si trasformano in medicina, i cinque caratteri di Myoho-renge-kyo trasformano il male in bene. La Sorgente dei Gioielli si chiama così perché in essa le pietre si trasformano in gioielli14. Allo stesso modo questi cinque caratteri possono trasformare i comuni esseri umani in Budda. Perciò, poiché il tuo amato padre ha recitato Nam-myoho-renge-kyo mentre era in vita, ha conseguito la Buddità nella sua forma presente nello stesso modo in cui le pietre si trasformano in gioielli.

                                                Le azioni da te compiute rappresentano dunque il massimo dell’amore e della devozione filiale. Si dice nel Sutra del Loto: «Questi miei due figli hanno già svolto l’opera del Budda» e anche: «Questi due figli sono stati dei buoni amici per me»15.

                                                  Tanto tempo fa, vi fu un grande sovrano di nome re Rinda. Fintanto che poteva udire il nitrito dei cavalli bianchi questo sovrano manteneva un colorito sano, aveva grande vigore e forza e non aveva bisogno di cibo. Persino i nemici dei paesi confinanti si levavano gli elmi e giungevano le mani in segno di ammirazione.

                                                    Ma i cavalli bianchi nitrivano solo quando riuscivano a scorgere i cigni bianchi. E a un certo punto, forse perché il sovrano governava in maniera sbagliata oppure per via di qualche cattivo karma passato, tutti i cigni scomparvero. E quando non rimase più nemmeno un singolo uccello, i cavalli bianchi non nitrirono più. E quando i cavalli bianchi cessarono di nitrire, la carnagione del re diventò pallida, le sue forze si esaurirono, il suo corpo diventò magro e avvizzito e i suoi programmi di governo divennero inefficaci.

                                                      Ben presto il paese precipitò nel caos. Il re, preoccupato di cosa sarebbe successo se gli eserciti dei paesi confinanti avessero attaccato, emanò un proclama nel quale affermava: «Nel nostro paese molte persone seguono insegnamenti non buddisti e tutte godono della nostra protezione e del nostro appoggio. Lo stesso vale per gli insegnamenti buddisti. Ma i non buddisti e i buddisti sono in cattivi rapporti. Ora noi prenderemo fede nell’insegnamento del gruppo che riuscirà a far nitrire i cavalli bianchi, mentre l’altro insegnamento sarà bandito dal paese».

                                                        Allora tutti i capi non buddisti si riunirono e fecero del proprio meglio affinché apparissero i cigni bianchi e i cavalli bianchi nitrissero, ma nessun cigno apparve. Sebbene nel passato fossero stati in grado di far apparire le nuvole, di far scendere una copiosa nebbia, di evocare i venti e sollevare le onde, di far scaturire fuoco e acqua dai propri corpi, di trasformare gli uomini in cavalli e i cavalli in uomini, di fare qualsiasi cosa volessero, per qualche ragione in questa occasione non riuscirono a far apparire i cigni.

                                                          In quel tempo viveva un discepolo del Budda di nome Bodhisattva Ashvaghosha o Nitrito di Cavallo. Quando egli pregò i Budda delle dieci direzioni, i cigni bianchi apparvero immediatamente e i cavalli bianchi iniziarono a nitrire. Quando il re ne udì il suono, il suo colorito cominciò a migliorare, gli tornarono le forze e la sua pelle assunse un aspetto fresco. Apparvero altri cigni bianchi e poi altri ancora, finché ci furono mille uccelli, e mille cavalli bianchi nitrirono tutti insieme come galli che cantano all’alba. Quando il re udì questo suono, la sua carnagione divenne luminosa come il sole, la sua pelle fresca come la luna, la sua forza possente come il dio Narayana e i suoi piani di governo sagaci come quelli del dio Brahma.

                                                            Poi, siccome le parole di seta16 [del re], una volta emesse, proprio come il sudore che sgorga dal corpo, non possono più essere ritirate, tutti i templi non buddisti furono convertiti in templi buddisti.

                                                              Ora anche in Giappone accade come nella storia di re Rinda. Il nostro paese iniziò con l’era degli dèi. Tuttavia, man mano che si avvicinava l’ultima epoca, le opinioni della gente divennero distorte e avidità, collera e stupidità si fecero più forti. La sapienza degli dèi diminuì, la loro autorità e il loro potere si affievolirono e cominciarono ad avere difficoltà a proteggere anche i loro stessi devoti17.

                                                                Intanto la grande dottrina buddista fu introdotta nel paese e gradualmente si diffuse. Ancora un volta le persone diventarono oneste e di rette opinioni e gli dèi riacquistarono potere e autorità. Ma poi apparvero molte opinioni errate sul Buddismo e il paese fu nuovamente in pericolo.

                                                                  Il Gran Maestro Dengyo si recò in Cina e, confrontando i sacri insegnamenti del Giappone, della Cina e dell’India, scartò quelli inferiori e selezionò quelli di valore, senza pregiudizi o parzialità. Alla fine scelse il Sutra del Loto e altri due sutra18 e li designò come i tre sutra che avrebbero assicurato protezione al paese.

                                                                    Tuttavia altri saggi, come il Gran Maestro Kobo, il Gran Maestro Jikaku e il Gran Maestro Chisho, basandosi su insegnamenti provenienti dalla Cina o dall’India, degradarono il Sutra del Loto al secondo o terzo posto fra i sutra, affermando che era un’opera dalle “teorie puerili”19 o che apparteneva alla “regione dell’oscurità”20. E al posto del Sutra del Loto elevarono alla posizione di massimo onore i tre sutra della Vera parola21.

                                                                      Diventò gradualmente un’epoca in cui gli inferiori spodestano i superiori e queste dottrine distorte si diffusero in tutto il paese. Così molte persone sono cadute nei cattivi sentieri e, a poco a poco, gli dèi hanno perso la loro autorità, trovando nuovamente difficoltà a proteggere perfino i loro stessi devoti. Come conseguenza, i cinque sovrani22 del paese, dall’ottantunesimo all’ottantacinquesimo, o affogarono nel grande mare occidentale o furono abbandonati sulle isole dei quattro mari. Furono trattati come demoni mentre erano in vita e dopo la morte caddero nell’inferno di incessante sofferenza.

                                                                        Ma, poiché nessuno capì la situazione, fu impossibile porvi rimedio. Io comprendo tutte queste cose e perciò cerco di ripagare il debito di gratitudine verso il mio paese [dicendo la verità], ma la gente mi odia per questo.

                                                                          Ma non voglio dire altro a proposito. Vorrei dirti invece che il tuo amato padre è paragonabile a re Rinda e tu sei come il Bodhisattva Ashvaghosha. I cigni bianchi sono il Sutra del Loto, i cavalli bianchi sono Nichiren e il nitrito dei cavalli bianchi è il suono di Nam-myoho-renge-kyo. Come la carnagione del re Rinda si illumina e la sua forza aumenta quando ode il nitrito dei cavalli, quando il tuo amato padre ode il suono della voce di sua figlia che recita Nam-myoho-renge-kyo, gioisce nella sua Buddità.

                                                                            Nichiren

                                                                              Il quattordicesimo giorno dell’ottavo mese del terzo anno di Koan (1280)

                                                                                Risposta alla signora di Utsubusa

                                                                                    Cenni Storici

                                                                                    Questa lettera fu scritta da Minobu per una seguace conosciuta con il solo appellativo di “signora di Utsubusa”, dal nome del luogo in cui viveva, nel distretto di Ihara della provincia di Suruga. In essa il Daishonin ringrazia per l’offerta di diecimila monete da lei inviate, insieme alla richiesta di celebrare un servizio funebre per il padre, del quale ricorreva il centesimo giorno dalla morte. A giudicare dall’entità dell’offerta, la signora di Utsubusa doveva disporre di notevoli mezzi economici.

                                                                                    All’inizio della lettera, riferendosi a quanto da lei stessa dichiarato, di aver cioè recitato il Sutra del Loto e cinquantamila daimoku per il padre defunto, il Daishonin loda la devozione della discepola e spiega che tutti i benefici del Sutra del Loto sono contenuti nel suo titolo, o daimoku. Sottolinea poi l’errore di coloro che nutrono attaccamento verso altri sutra, affermando che quegli insegnamenti non sono altro che «servi e vassalli» del Sutra del Loto. Infine rassicura la donna che suo padre, dal momento che ha recitato Nam-myoho-renge-kyo, ha sicuramente conseguito la Buddità.

                                                                                    La lettera è conosciuta con questo titolo perché racconta la storia del re Rinda, un sovrano che godeva di forza, buona salute e grandi capacità di governo solo se poteva udire il nitrito di cavalli bianchi i quali, a loro volta, nitrivano solo quando vedevano cigni bianchi. Il Daishonin paragona se stesso ai cavalli bianchi e il loro nitrito al suono delle voci che recitano Nam-myoho-renge-kyo, e rivela alla signora di Utsubusa che ogni volta che lei recita Nam-myoho-renge-kyo, il suo defunto padre prova la gioia della Buddità.

                                                                                    Note

                                                                                    1. Giardino di rugiada: espressione metaforica per significare che tutte le cose esistenti nel continente di Jambudvipa (che rappresenta il mondo intero) sono per loro natura effimere come la rugiada nel giardino, che svanisce rapidamente con il sole del mattino.
                                                                                    2. Ministro che Perfora il Bersaglio: Ikuwa no Toda no Sukune, funzionario di corte giapponese del quarto secolo. In Cronache del Giappone, si narra che perforò uno scudo di ferro con una freccia.
                                                                                    3. Nyoze: “così è” o “questo è ciò che”, che compaiono nella frase iniziale di ogni sutra «Così ho udito», oppure «Questo è ciò che io ho udito».
                                                                                    4. Keishu-nam-myoho-renge-kyo: reverenza e devozione per Nam-myoho-renge-kyo. Keishu significa inginocchiarsi a terra in segno di obbedienza.
                                                                                    5. Due divinità: le due divinità brahmane, Shiva e Vishnu. Tre asceti: Kapila, Uluka e Rishabha. Per tre asceti vedi Glossario.
                                                                                    6. Ascoltatori dei due mondi e degli otto gruppi: esseri riuniti alla cerimonia di predicazione del Sutra del Loto. I due mondi sono quello del desiderio e della forma che, insieme al mondo della non forma, costituiscono il triplice mondo. Gli otto gruppi sono: gli dèi del mondo del desiderio, gli dèi del mondo della forma, i re draghi con il loro seguito, i re kimnara con il loro seguito, i re gandharva con il loro seguito, i re asura con il loro seguito, i re garuda con il loro seguito e il re del mondo umano (Ajatashatru) con il suo seguito.
                                                                                    7. Nuove traduzioni: traduzioni cinesi delle scritture indiane eseguite da Hsüan-tsang (602-664) o successivamente. Quelle realizzate prima di Hsüan-tsang si chiamano vecchie traduzioni.
                                                                                    8. Il carattere cinese per “re” di cui si tratta si scrive così: 王
                                                                                    9. Novantacinque scuole non buddiste: si tratta di scuole esistite, secondo la tradizione, ai tempi di Shakyamuni e di cui non ci sono noti né i nomi né le dottrine.
                                                                                    10. Questa frase si trova in Genealogia in versi della scuola Tendai Loto.
                                                                                    11. Fonte sconosciuta.
                                                                                    12. Secondo Cronache delle regioni occidentali Gunamati ebbe un dibattito con Madhava, uno studioso non buddista famoso per la sua erudizione, alla presenza del re del Magadha. Madhava fu sconfitto e sei anni dopo morì, ma la moglie, per vendicarne la sconfitta, tenne nascosta la notizia della sua morte e cercò di affrontare Gunamati in dibattito come sua rappresentante. Questi, accorgendosi dalla sua espressione che il marito doveva essere morto, le disse: «Ho già sconfitto qualcuno che era più abile di te». A quel punto, rendendosi conto che il suo piano era stato scoperto, la donna rinunciò al dibattito. La frase di Gunamati citata nel testo era la sua risposta al re che gli chiedeva come aveva capito che Madhava era morto.
                                                                                    13. Biografia del Gran Maestro T’ien-t’ai Chih-che della dinastia Sui narra che, quando T’ien-t’ai tenne una lezione sul titolo del Sutra del Loto, Fa-sui, un eminente monaco cinese del sesto secolo, fu colpito dalla sua profonda comprensione del sutra. Nel brano è citata la frase che Fa-sui usò per esprimere le proprie impressioni in quell’occasione, sebbene nel testo originale si parli di “drago” e non di “tigre”.
                                                                                    14. Fonte sconosciuta.
                                                                                    15. Il Sutra del Loto, cap. 27, p. 430. Sono parole pronunciate dal re Ornamento Meraviglioso, un credente brahmano che fu convertito al Buddismo dai suoi due figli.
                                                                                    16. Parole di seta: le parole del re vengono così chiamate perché originariamente sono “sottili” come un filo, ma una volta pronunciate pubblicamente nel suo regno diventano “spesse” come un cordone di seta.
                                                                                    17. I loro stessi devoti: il termine giapponese è ujiko che letteralmente significa “figli”, “discendenti”, e qui indica gli abitanti di una certa località che affidano la propria protezione a una certa divinità guardiana.
                                                                                    18. Altri due sutra: il Sutra della Luce dorata e il Sutra dei Re benevolenti.
                                                                                    19. Questa frase si trova nella Chiave preziosa della volta segreta.
                                                                                    20. Ibidem
                                                                                    21. Tre sutra della Vera parola: i sutra di Mahavairochana, della Corona di diamanti e Susiddhikara.
                                                                                    22. Cinque sovrani: gli imperatori Antoku, Gotoba, Tsuchimikado, Juntoku e Chukyo. Durante la battaglia di Dannoura (1185) che vide la sconfitta finale dei Taira, Antoku, che aveva otto anni, morì annegato. Nel 1221, dopo il tumulto di Jokyu, lo shogunato di Kamakura esiliò gli ex imperatori Gotoba, Tsuchimikado e Juntoku e depose l’imperatore Chukyo.
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