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13. Conversazione fra un santo e un uomo non illuminato

RSND, VOLUME I

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Kamakura, 1265. Indirizzata a Destinatario sconosciuto

prima parte

    Chi ha ricevuto la vita, non può evitare la morte. Questo è un fatto che tutti gli uomini riconoscono, dal più nobile, l’imperatore, fino al più umile cittadino, ma in realtà neanche uno su mille o diecimila prende la questione seriamente o se ne addolora. Quando improvvisamente ci troviamo di fronte all’impermanenza della vita, possiamo spaventarci al pensiero di essere rimasti lontani dal Buddismo e rammaricarci di esserci immersi negli affari mondani1, maconsideriamo sfortunati coloro che ci hanno preceduto nella morte e superiori noi che siamo rimasti in vita. Presi da un impegno ieri e da un altro oggi, siamo vincolati senza scampo dai cinque desideri della nostra natura mondana. Inconsapevoli del fatto che il tempo passa veloce come un puledro bianco intravisto da una fessura nel muro2, ignari come una pecora condotta al macello, irrimediabilmente prigionieri del cibo e del vestiario, cadiamo senza accorgercene nella trappola della fama e del profitto. E alla fine torniamo al familiare villaggio dei tre cattivi sentieri, dove ripetiamo il ciclo delle rinascite per le vie dei sei sentieri. Quale persona di animo sensibile può non rattristarsi per questo stato di cose e non soffrirne?

      Ahimè! Né i giovani né i vecchi sanno quale destino li attende; così vanno le cose nel nostro mondo di saha. Tutti coloro che si incontrano sono destinati a separarsi, questa è la norma nel mondo effimero in cui viviamo. Sebbene non sia la prima volta che rimango colpito da tali considerazioni, [sono rimasto sgomento] nel vedere quanti abbiano abbandonato prematuramente questo mondo all’inizio dell’era Shoka3. Alcuni hanno lasciato figli piccoli, altri sono stati costretti ad abbandonare gli anziani genitori. Come dovevano essere tristi i loro cuori quando, benché ancora nel fiore degli anni, hanno dovuto iniziare il viaggio verso le Sorgenti Gialle! È stato doloroso per chi se ne andava e per chi è rimasto.

        La passione del re di Ch’u per la dea lasciò una nuvoletta mattutina4 e il dolore di Liu al ricordo del suo incontro con la visitatrice immortale si lenì vedendo la settima generazione dei suoi discendenti5. Ma come può liberarsi dalla sofferenza una persona come me? Mi viene in mente quell’antico poeta che sperava di essere immune da tali tristezze perché era un uomo dal cuore semplice che abitava sulle montagne6. Adesso, dopo aver raccolto i miei pensieri come gli abitanti di Naniwa raccolgono le alghe per ricavarne sale, do loro forma scrivendo con il mio pennello un monito alle generazioni future.

          Com’è triste, com’è doloroso! Dall’infinito passato ci siamo ubriacati col vino dell’ignoranza, siamo rinati più volte nei sei sentieri dell’esistenza e nelle quattro forme di nascita. A volte rantoliamo tra le fiamme dell’inferno di calore bruciante o del grande inferno di calore bruciante7; altre volte congeliamo nell’inferno del loto scarlatto o nel grande inferno del loto scarlatto8. A volte soffriamo la fame e la sete nel mondo degli spiriti affamati, senza neanche poter udire la parola “cibo” o “bevanda” per cinquecento esistenze. Altre volte subiamo il dolore di essere feriti o uccisi nel regno degli animali, come succede quando il più piccolo è ingoiato dal più grande e il più corto è sopraffatto dal più lungo. A volte subiamo la sofferenza dei conflitti e delle lotte nel regno degli asura; altre volte nasciamo come esseri umani e passiamo attraverso le otto sofferenze di nascita, invecchiamento, malattia, morte, di doversi separare da chi si ama, di incontrare chi si odia, di non ottenere ciò che si desidera e la sofferenza che deriva dalle cinque componenti del corpo e della mente9. E a volte nasciamo nel regno celeste e sperimentiamo i cinque segni di decadimento.

            E così continuiamo a girare come la ruota di un carro in questo triplice mondo. Persino tra coloro che sono stati padre e figlio, i genitori, una volta rinati, non sanno di essere stati genitori o i figli di essere stati figli; e marito e moglie si incontrano nuovamente, ma non sanno di essersi già incontrati. Ci smarriamo come se avessimo gli occhi di una pecora, siamo ignoranti come se avessimo gli occhi di un lupo. Ignoriamo la nostra relazione passata con la madre che ci ha dato la vita e non sappiamo quando noi stessi dovremo soccombere alla morte.

              Eppure, abbiamo ottenuto di nascere nel mondo umano, cosa difficile da ottenere, e abbiamo incontrato il sacro insegnamento del Tathagata, che è raro da incontrare. Siamo come la tartaruga con un occhio solo che trova un ceppo galleggiante con una cavità che le si adatta perfettamente. Sarebbe veramente un peccato se non cogliessimo questa opportunità di troncare i legami di nascita e morte e non facessimo alcun tentativo di liberarci dalla prigione del triplice mondo!10

                Allora arrivò un saggio e si rivolse all’uomo non illuminato dicendo: «Hai ragione di lamentarti così. Ma coloro che comprendono in questo modo l’impermanenza di questo mondo e rivolgono al bene i loro cuori sono più rari delle corna di un ch’i-lin, mentre coloro che non riescono a capire e si abbandonano a cattivi pensieri sono più numerosi dei peli di una vacca. Se vuoi risvegliare il desiderio dell’illuminazione e liberarti rapidamente dalle sofferenze di nascita e morte, io conosco l’insegnamento migliore che esista per tale scopo. Se lo desideri, te lo esporrò in modo che tu possa conoscerlo».

                  L’uomo non illuminato si alzò, giunse le mani e disse: «Da qualche tempo io studio i classici della letteratura secolare e dedico tutta la mia attenzione alla poesia, perciò non ho un’approfondita conoscenza degli insegnamenti buddisti. Spero che tu sia così gentile da spiegarmeli».

                    Allora il saggio disse: «Ascolta con gli orecchi di Ling Lun11 e prendi in prestito gli occhi di Li Chu12, acquieta la tua mente e io ti spiegherò come stanno le cose. I sacri insegnamenti del Buddismo non sono meno di ottantamila, ma il padre e la madre di tutte le scuole, l’insegnamento più importante, è quello che riguarda i precetti e le regole di comportamento. A questi precetti diedero grandissima importanza i bodhisattva indiani Vasubandhu e Ashvaghosha e i preti cinesi Hui-k’uang e Tao-hsüan. Nel nostro paese, durante il regno del quarantacinquesimo sovrano, l’imperatore Shomu, il Reverendo Chien-chien [Ganjin] introdusse in Giappone gli insegnamenti della scuola dei Precetti insieme a quelli della scuola T’ien-t’ai, e istituì presso il tempio Todai un palco di ordinazione per conferire i precetti. Da allora fino ai nostri giorni, i precetti sono stati venerati per tanti anni e il rispetto tributato loro si rinnova di giorno in giorno.

                      «In particolare, c’è l’Onorevole Ryokan del tempio Gokuraku. Chiunque, dal sovrano supremo ai comuni cittadini, lo rispetta come un Tathagata vivente e il suo comportamento dimostra che è degno di tale reputazione. Egli ha organizzato opere di carità al porto di Iijima, ha raccolto riso al dazio di Mutsura13 e con il ricavato ha fatto costruire strade nelle diverse province. Ha istituito barriere lungo le sette strade principali14e, riscuotendo un pedaggio da tutti i passanti, ha fatto costruire ponti su molti fiumi. Per tali atti compassionevoli egli è pari al Tathagata, e le sue azioni virtuose superano quelle dei grandi del passato. Se desideri liberarti rapidamente dalle sofferenze di nascita e morte, dovresti osservare i cinque precetti e i duecentocinquanta precetti, accrescere la tua compassione per gli altri, astenerti dall’uccidere qualsiasi essere vivente e, come l’Onorevole Ryokan, impegnarti a costruire strade e ponti. Questo è il primo tra tutti gli insegnamenti. Sei pronto ad abbracciarlo?».

                        L’uomo non illuminato giunse le mani con devozione ancora maggiore e disse: «Io desidero moltissimo abbracciarlo! Per favore illustramelo con precisione. Tu parli dei cinque precetti e dei duecentocinquanta precetti, ma io non so ancora cosa siano. Per favore spiegameli dettagliatamente».

                          Il saggio replicò: «La tua ignoranza è abissale! Perfino un bambino conosce i cinque precetti e i duecentocinquanta precetti. Comunque te li illustrerò. I cinque precetti sono: primo, non togliere la vita; secondo, non rubare; terzo, non mentire; quarto, non avere rapporti sessuali illeciti; quinto, non bere sostanze inebrianti. I duecentocinquanta precetti sono troppo numerosi, per questo non mi ci addentrerò».

                            Allora l’uomo non illuminato s’inchinò profondamente e con il massimo rispetto disse: «Da oggi in poi mi dedicherò a questa dottrina con tutto il cuore».

                              Quest’uomo aveva una vecchia conoscenza, un credente laico buddista che viveva in ritiro e che gli fece visita per incoraggiarlo. Dapprima il visitatore parlò a lungo del passato paragonandolo a un sogno interminabile e confuso, quindi parlò del futuro, sottolineando quanto fosse vasto e oscuro e quanto fosse difficile prevederlo. Dopo aver così cercato di deviare il suo ascoltatore per esporre le proprie opinioni, disse: «La maggior parte di noi che viviamo in questo mondo non può fare a meno di riflettere sulla vita futura. Tu, quale dottrina buddista hai abbracciato per liberarti dalle sofferenze di nascita e morte e per pregare per il benessere di coloro che sono passati a un’altra vita?».

                                L’uomo non illuminato rispose: «Giorni fa un eminente prete è venuto a visitarmi e mi ha insegnato i cinque precetti e i duecentocinquanta precetti. Sono rimasto profondamente colpito dai suoi insegnamenti e li trovo veramente ammirevoli. Sebbene sappia che non potrò mai uguagliare l’Onorevole Ryokan, ho deciso di fare tutto il possibile per riparare le strade in cattive condizioni e costruire ponti sui fiumi troppo profondi per essere guadati».

                                  Allora il credente laico lo ammonì: «La tua aspirazione alla via sembra ammirevole, ma il tuo approccio è sciocco. La dottrina che mi hai appena descritto è l’insegnamento superficiale dello Hinayana. Per questo il Budda ha esposto le otto similitudini15 e il Bodhisattva Manjushri ha enunciato le diciassette differenze16 tra Hinayana e Mahayana. Il Budda ha detto, per esempio, che lo Hinayana è come la luce di una lucciola paragonata allo splendore del sole, o come un semplice cristallo paragonato allo smeraldo. Per di più, in India, Cina e Giappone i maestri hanno scritto non pochi trattati in cui si refutano gli insegnamenti hinayana.

                                    «Inoltre, per quanto riguarda la tua riverenza per coloro che osservano queste pratiche, un insegnamento non è necessariamente degno di rispetto per il solo fatto che la persona che lo segue è stimata. Per questo motivo il Budda stabilì il principio: “Affidatevi alla Legge e non alla persona”17.

                                      «Ho sentito dire che i santi dei tempi antichi che osservavano i precetti non tolleravano nemmeno di pronunciare le parole “uccidere” o “accumulare”, ma le sostituivano con giri di parole che suonassero più puri e che, quando accadeva loro di vedere una bella donna, meditavano sull’immagine di un cadavere18. Ma se esaminiamo il comportamento dei monaci dei nostri tempi, che dovrebbero osservare i precetti, scopriamo che accaparrano sete preziose, ricchezze e gioielli e si dedicano al prestito di denaro a interesse. Poiché le loro azioni differiscono tanto dalle loro dottrine, chi può pensare di riporre fede in costoro?

                                        «Venendo poi alla costruzione di strade e di ponti, in realtà è stata solo causa di sofferenza per la gente. Le opere di carità al porto di Iijima e la raccolta di riso al dazio di Mutsura hanno portato infelicità a moltissime persone, e l’imposizione di pedaggi lungo le sette strade principali delle varie province ha creato difficoltà ai viaggiatori. Queste sono cose che avvengono proprio davanti ai tuoi occhi. Non riesci a vedere cosa sta accadendo?».

                                          L’uomo non illuminato a questo punto divenne rosso per la collera e disse: «Con il tuo briciolo di saggezza non hai nessun titolo per parlare male di quell’eminente prete e criticare i suoi insegnamenti! Parli con cognizione di causa o da stolto? Stai facendo una cosa terribile!».

                                            Allora il credente laico sorrise e disse: «Ahimè, sei tu lo stolto! Lascia che ti illustri brevemente le idee distorte di quella scuola. Sappi che per quanto riguarda gli insegnamenti buddisti esiste la divisione fra insegnamenti mahayana e hinayana, e che per quanto riguarda le scuole vi sono quelle basate sugli insegnamenti provvisori e quelle basate sul vero insegnamento. Tanto tempo fa il Budda insegnò le dottrine hinayana nel Parco dei Cervi spalancando le porte di una città fantasma19. Ma quando furono stese le stuoie per la predicazione del Sutra del Loto sul Picco dell’Aquila, tutte le precedenti dottrine persero qualsiasi efficacia».

                                              L’uomo non illuminato guardò perplesso il credente laico e disse: «Sia la prova documentaria sia la prova concreta, in effetti, confermano ciò che hai detto. Ma allora che tipo di insegnamento buddista si dovrebbe abbracciare per liberarsi dalle sofferenze di nascita e morte e conseguire rapidamente la Buddità?».

                                                L’altro rispose: «Sebbene io sia soltanto un laico, mi sono dedicato assiduamente alla pratica del Buddismo e fin dalla giovinezza ho prestato ascolto alle parole di molti maestri e ho letto numerosi testi sacri. Per noi di quest’ultima epoca, che abbiamo commesso ogni genere di cattive azioni, non c’è niente che possa essere paragonato all’insegnamento Nembutsu che permette di rinascere nella Pura terra. Pertanto il Supervisore del clero Eshin afferma: “L’insegnamento e la pratica che permettono di rinascere nella Terra di Perfetta Beatitudine sono gli occhi e i piedi di coloro che vivono in questa ultima epoca corrotta”20. L’Onorevole Honen raccolse i passi più importanti dei vari sutra e propagò la dottrina della devozione assoluta alla pratica del Nembutsu. In particolare, i voti originali21 del Budda Amida superano per valore e importanza quelli di tutti gli altri Budda. Dal primo voto, che i tre cattivi sentieri non esisteranno nella sua terra, fino all’ultimo voto, che i bodhisattva otterranno i tre tipi di percezioni22, dobbiamo rallegrarci di tutti i compassionevoli voti di Amida. Ma il diciottesimo voto è particolarmente efficace per noi. Oltre a ciò, nemmeno coloro che hanno commesso le dieci azioni malvagie o i cinque peccati capitali sono esclusi, e non si fa alcuna discriminazione tra quelli che hanno recitato il Nembutsu solo una volta e quelli che l’hanno recitato molte volte. Per questa ragione, chiunque, a partire dal governante fino alle persone comuni, preferisce questa scuola alle altre. E grazie a ciò sono davvero innumerevoli le persone che hanno ottenuto di rinascere nella Pura terra!».

                                                  L’uomo non illuminato disse: «A dire il vero ci si dovrebbe vergognare del piccolo e anelare al grande, abbandonare il superficiale e abbracciare il profondo. Questo non è solo un principio del Buddismo, ma anche una regola del mondo secolare. Pertanto io ora desidero convertirmi senza indugio a questa scuola che mi hai descritto. Ti prego di spiegarmene i princìpi in modo più approfondito. Tu affermi che nemmeno coloro che hanno commesso i cinque peccati capitali o le dieci azioni malvagie sono esclusi dai voti compassionevoli del Budda, ma quali sono i cinque peccati capitali e le dieci azioni malvagie?».

                                                    Il saggio credente laico rispose: «I cinque peccati capitali sono: uccidere il proprio padre, uccidere la propria madre, uccidere un arhat, versare il sangue di un Budda e distruggere l’armonia dell’ordine buddista. Per quanto riguarda le dieci azioni malvagie, vi sono tre azioni del corpo, quattro della bocca, e tre della mente. Le tre azioni malvagie del corpo sono: uccidere, rubare e avere rapporti sessuali illeciti; le quattro azioni malvagie della bocca sono: mentire, lusingare o parlare a vanvera o in maniera irresponsabile, diffamare, e parlare in modo ambiguo; le tre azioni malvagie della mente sono: avidità, collera e stupidità».

                                                      «Adesso ho compreso», disse l’uomo non illuminato. «Da oggi in poi mi affiderò al potere del Budda Amida, affinché mi faccia rinascere nella Pura terra».

                                                        A quel tempo esisteva un praticante della scuola esoterica, il quale era estremamente assiduo nel sostenere le sue dottrine. Anche questi fece visita all’uomo non illuminato per confortarlo. Dapprima egli parlò solo di “parole insensate e frasi fiorite”23, ma alla fine passò a discutere delle differenze tra i due tipi di insegnamenti, quelli delle scuole essoteriche e quelli della scuola esoterica. Egli domandò all’uomo non illuminato: «Quali dottrine buddiste stai praticando e quali trattati e sutra leggi e reciti?».

                                                          L’uomo non illuminato rispose: «Ultimamente, seguendo le istruzioni di un credente laico che conosco, sto leggendo i tre sutra della Pura terra e ripongo una profonda fiducia in Amida, il signore del Paradiso Occidentale».

                                                            Il praticante disse: «Ci sono due tipi di insegnamenti buddisti: quelli essoterici e quelli esoterici. Le dottrine più profonde degli insegnamenti essoterici non sono paragonabili nemmeno all’introduzione degli insegnamenti esoterici. Da quello che mi dici, la dottrina che hai abbracciato è l’insegnamento essoterico esposto da Shakyamuni, mentre la dottrina a cui io aderisco è il segreto insegnamento di Mahavairochana, il re dell’illuminazione. Se davvero ti spaventa la casa in fiamme del triplice mondo in cui viviamo e aneli alla meravigliosa Terra della Luce Tranquilla, dovresti scartare immediatamente gli insegnamenti essoterici e aderire a quelli esoterici».

                                                              L’uomo non illuminato, fortemente impressionato, disse: «Non ho mai sentito parlare di questa distinzione tra dottrine essoteriche ed esoteriche. Quali sono gli insegnamenti essoterici? E quali quelli esoterici?».

                                                                Il praticante rispose: «Io sono una persona cocciuta e stupida e non sono affatto istruito. Tuttavia citerò uno o due passi per illuminare la tua ignoranza. Le dottrine essoteriche sono quelle predicate dal Tathagata dal corpo manifestoin risposta alla richiesta di Shariputra e degli altri discepoli. Le dottrine esoteriche sono quelle che Mahavairochana, il Tathagata dal corpo del Dharma, predicò spontaneamente per la sua infinita gioia della Legge a Vajrasattva che l’ascoltava. Questi insegnamenti costituiscono il Sutra di Mahavairochana e gli altri due dei tre sutra esoterici24».

                                                                  L’uomo non illuminato disse: «Ciò che dici è ragionevole. Io penso che dovrei correggere il mio precedente errore e abbracciare questi validi insegnamenti».

                                                                    C’era un prete mendicante che vagava di regione in regione, come erba galleggiante sull’acqua, che andava da un luogo all’altro, rotolando come un cespuglio di salsola. Inaspettatamente egli apparve sulla scena e rimase in piedi appoggiato a una colonna del cancello, sorridendo senza dire nulla.

                                                                      L’uomo non illuminato, stupito, gli chiese che cosa volesse. Dapprima il prete non rispose, ma dopo che la domanda fu ripetuta disse: «La luna è pallida, il vento impetuoso». Il suo aspetto era piuttosto inconsueto e le sue parole senza senso, ma quando l’uomo non illuminato domandò quale fosse il significato profondo delle sue parole, disse che era l’insegnamento Zen come viene esposto al presente.

                                                                        Egli osservò l’aspetto del prete, ascoltò le sue parole e gli domandò quale fosse secondo lui una buona causa per entrare nella via del Budda. Il prete mendicante rispose: «I sutra sono un dito che indica la luna. I loro intrecci dottrinali non sono che idee insensate fissate nelle parole. Ma esiste una dottrina che permette di trovare la pace nella natura originale della nostra mente: si chiama Zen».

                                                                          «Mi piacerebbe sentirne parlare», disse l’uomo.

                                                                            «Se lo vuoi sinceramente», disse il prete, «mettiti di fronte a un muro, siedi in meditazione e rischiara la luna della tua mente originale. Tutti conoscono la linea ininterrotta di trasmissione dei ventotto patriarchiZen in India e dei sei patriarchi25 in Cina. Sarebbe un peccato se tu non riuscissi a capire quello che hanno insegnato e rimanessi intrappolato nelle reti della dottrina! Poiché la mente è il Budda e il Budda è la mente, quale Budda potrebbe esistere al di fuori di te stesso?».

                                                                              A sentire queste parole, l’uomo non illuminato rifletté sulle varie dottrine considerando con calma i loro princìpi e disse: «Ci sono tantissime differenti dottrine buddiste ed è molto difficile distinguere quali sono corrette e quali no. È naturale che il Bodhisattva Sempre Dolente sia andato verso est per ricercare la verità, che il ragazzo Buoni Tesori l’abbia cercata a sud, che il Bodhisattva Re della Medicina si sia bruciato le braccia come offerta e che l’asceta Colui che Aspira alla Legge si sia strappato la pelle. È davvero difficile trovare un buon maestro!26. Alcuni affermano che la verità sta nei sutra, altri dicono che si trova al di fuori dei sutra. Riflettendo su quale dottrina sia giusta, colui che non ha ancora sondato la profondità del Buddismo e osserva la superficie delle acque della Legge, non sa quanto possono essere profonde. Il discepolo che guarda il maestro ha la sensazione di camminare sul ghiaccio sottile. Per questo motivo il Budda ci ha lasciato le auree parole: “Affidatevi alla Legge e non alla persona” e si dice che coloro che incontrano l’insegnamento corretto sono pochi, come il terriccio che può stare su un’unghia. Se c’è qualcuno che sa quali insegnamenti buddisti sono veri e quali sono falsi, lo devo rintracciare per fare di lui il mio maestro e onorarlo».

                                                                                Si dice che nascere nel mondo degli esseri umani sia difficile come calare un filo dal cielo [e infilarlo nella cruna di un ago], e che poter vedere il Budda e ascoltarne gli insegnamenti sia raro come per una tartaruga con un solo occhio trovare un ceppo galleggiante con una cavità della propria misura. Credendo che il corpo fosse insignificante e la Legge suprema, l’uomo [non illuminato] scalò le montagne e, spinto dalla sua ansia, andò da un tempio all’altro, dove le gambe lo portavano, finché arrivò a una caverna tra le rocce: sullo sfondo c’erano verdi montagne scoscese, il vento tra i pini suonava la melodia di eternità, felicità, vero io e purezza e, davanti, le onde di un torrente di smeraldo si frangevano sulla riva echeggiando la perfezione di queste quattro virtù. I fiori che ricoprivano la profonda valle mostravano i colori del vero aspetto della Via di mezzo, e i boccioli dei susini che iniziavano a schiudersi nel vasto prato spandevano la fragranza dei tremila regni. Era uno spettacolo indescrivibile a parole, al di là del potere d’immaginazione della mente: sarebbe potuto essere il luogo dove vissero i Quattro anziani canuti del monte Shang, o il luogo dove qualche antico Budda aveva passeggiato dopo la meditazione. Nuvole di buon auspicio si alzavano all’alba, e la sera appariva una misteriosa luce. Ah, la mente non può afferrare ciò, e nemmeno le parole possono esprimerlo!

                                                                                  L’uomo si aggirò avanti e indietro, domandandosi che cosa aveva davanti, ora fermandosi a pensare, ora riprendendo i suoi passi. Improvvisamente s’imbatté in un santo. Osservando cosa stava facendo, vide che recitava il Sutra del Loto e la sua voce lo toccò nel profondo. Sbirciando attraverso la finestra del tranquillo rifugio del santo, vide che sedeva con i gomiti appoggiati sul tavolo, riflettendo sul profondo significato del sutra.

                                                                                    Il santo, intuendo che l’uomo non illuminato ricercava la Legge, chiese con voce gentile: «Perché sei venuto fino a questa caverna tra le montagne?».

                                                                                      L’altro rispose: «Perché attribuisco poca importanza alla vita e molta alla Legge».

                                                                                        «Quali pratiche segui?» chiese il santo.

                                                                                          L’uomo rispose: «Ho vissuto tutta la vita tra la polvere del mondo secolare e non ho ancora imparato a liberarmi dalle sofferenze di nascita e morte. Mi è capitato di incontrare vari bravi maestri, dai quali ho imparato prima le regole della disciplina e quindi gli insegnamenti del Nembutsu, della Vera parola e dello Zen. Ma sebbene io abbia ascoltato i loro insegnamenti, non sono in grado di distinguere il vero dal falso».

                                                                                            Il santo disse: «Ascoltando le tue parole, capisco che le cose stanno proprio come tu dici. Considerare poco la vita e dare grande importanza alla Legge è l’insegnamento dei santi del passato e io lo conosco bene.

                                                                                              «Dal regno al di sopra delle nubi, dove non esiste né pensiero né assenza di pensiero27, fino al profondo dell’inferno, c’è qualche essere che abbia ricevuto la vita e sia riuscito a sfuggire alla morte? Così, perfino negli scritti secolari non illuminati si trova scritto: “Sebbene tu sia partito all’alba per il viaggio della vita, orgoglioso delle tue belle guance rosee, alla sera non sarai che un mucchio di bianche ossa che marciscono nella brughiera”28. Per quanto tu possa frequentare la compagnia dei nobili di corte, coi capelli acconciati elegantemente come nuvole e le maniche svolazzanti come turbini di neve, tutti questi piaceri, quando ti fermi a considerarli, non sono nient’altro che un sogno dentro un sogno. Alfine dovrai venire a giacere sotto il tappeto d’erba ai piedi della collina, e i tuoi baldacchini ingioiellati e le tende di broccato a cosa ti serviranno sulla strada per l’aldilà? Ono no Komachi29 e Soto’ori Hime30 erano belle come fiori, ma col tempo anche la loro bellezza fu spazzata via dai venti dell’impermanenza. Fan K’uai e Chang Liang, malgrado la loro abilità nelle arti militari, alla fine soffrirono sotto i bastoni dei guardiani dell’inferno. È per questo che uomini sensibili del passato scrissero poesie come queste:

                                                                                                Com’è triste il fumo serale

                                                                                                  sul monte Toribe!31

                                                                                                    Coloro che salutano il morto,

                                                                                                      per quanto tempo resteranno?

                                                                                                        Rugiada sulle punte dei rami,

                                                                                                          gocce sul tronco,

                                                                                                            tutto prima o poi

                                                                                                              deve sparire da questo mondo32.

                                                                                                                «La regola secondo cui prima o poi tutti moriremo, ormai non dovrebbe più meravigliarti. Ciò che devi desiderare più di ogni altra cosa è la via del Budda, e ciò che devi ricercare più di ogni altra cosa sono gli insegnamenti dei sutra. Ora, le dottrine buddiste di cui hai parlato, sia hinayana sia mahayana, lasciando da parte la questione di quale sia superiore e quale inferiore, anziché portare alla salvezza, portano a rinascere nei cattivi sentieri».

                                                                                                                  A questa affermazione l’uomo non illuminato esclamò sorpreso: «Ma i sacri insegnamenti esposti dal Budda nella sua vita erano intesi a beneficiare tutti gli esseri viventi. A cominciare dalla predicazione [del Sutra della Ghirlanda di fiori] nei sette luoghi e otto assemblee fino alla cerimonia della predicazione [del Sutra del Nirvana] sulle rive del fiume Ajitavati, tutte le dottrine furono insegnate dal Budda Shakyamuni. Anche ammesso che esistano piccole differenze di valore tra l’una e l’altra, come potrebbe qualcuna di queste dottrine essere causa della rinascita nei cattivi sentieri?».

                                                                                                                    Il santo replicò: «I sacri insegnamenti predicati dal Tathagata nel corso della sua vita si distinguono in provvisori e veri, hinayana e mahayana. Inoltre possono essere classificati in due sentieri: essoterico ed esoterico. Quindi non sono tutti dello stesso tipo. Ti spiegherò il problema nelle linee generali per liberarti dalla tua confusione.

                                                                                                                      «Quando Shakyamuni, il signore degli insegnamenti nel triplice mondo, aveva diciannove anni, lasciò la città di Gaya e si ritirò sul monte Dandaka33 dove si esercitò in difficili e penose pratiche austere. Ottenne l’illuminazione all’età di trent’anni e in quel momento eliminò in un colpo solo le tre categorie di illusioni ponendo fine alla lunga notte dell’ignoranza. Può sembrare che a questo punto avrebbe dovuto predicare l’unico veicolo del Sutra del Loto della Legge meravigliosa per realizzare il suo voto originale. Ma, poiché le persone presentavano un’infinita varietà di capacità e di cause esterne e mancavano della capacità di comprendere il veicolo del Budda, dedicò i seguenti quarant’anni e più a sviluppare la loro capacità. Poi, negli ultimi otto anni di vita, realizzò lo scopo del suo avvento nel mondo predicando il Sutra del Loto.

                                                                                                                        «Perciò, quando il Budda a settantadue anni predicò il Sutra degli Innumerevoli significati, l’introduzione al Sutra del Loto, affermò: “Dopo essere rimasto seduto con la schiena diritta per sei anni sotto l’albero della bodhi nel luogo dell’illuminazione, ho potuto ottenere la suprema perfetta illuminazione. Con l’occhio del Budda ho osservato tutti i fenomeni e compreso che [questa illuminazione] non poteva essere spiegata o descritta. Perché? Perché sapevo che la natura e i desideri degli esseri viventi non sono tutti uguali. E poiché la loro natura e i loro desideri non sono uguali, esposi la Legge in molti modi differenti. Nel predicare la Legge in modi differenti, mi sono avvalso del potere degli espedienti. Ma in questi quarant’anni e più non ho ancora rivelato la verità”.

                                                                                                                          «Il significato di questo passo è che, quando il Budda aveva trent’anni e sedette nel luogo dell’illuminazione sotto l’albero della bodhi, percepì l’intima natura di tutti gli esseri con l’occhio del Budda e comprese che non era il momento giusto per predicare il Sutra del Loto, la via diretta che conduce tutti gli esseri alla Buddità. Perciò, come una persona che agita la mano davanti a un neonato per rallegrarlo, fece ricorso a vari espedienti e per i successivi quarant’anni e più si astenne dal rivelare la verità. E definì il periodo degli espedienti così chiaramente come il sorgere del sole nel cielo limpido o della luna piena in una notte buia.

                                                                                                                            «Dopo aver letto questo passo, come possiamo aggrapparci con la stessa fede agli insegnamenti provvisori dei sutra precedenti il Sutra del Loto, definiti vuoti dal Budda, con il risultato di continuare a ritornare alla solita vecchia dimora nel triplice mondo?

                                                                                                                              «Perciò, nel capitolo “Espedienti” del primo volume del Sutra del Loto, il Budda dice: “Mettendo da parte onestamente gli espedienti, esporrò unicamente la via suprema”34. Questa frase significa che si devono scartare onestamente gli insegnamenti esposti dal Budda nei vari sutra predicati durante i precedenti quarantadue anni, ossia le dottrine Nembutsu, della Vera parola, Zen e dei Precetti delle quali tu hai parlato.

                                                                                                                                «Il significato di questo passo è estremamente chiaro. Inoltre, nel capitolo “Parabola e similitudine” del secondo volume, troviamo questo avvertimento: “Desiderano abbracciare soltanto il sutra del grande veicolo, non accettando un solo verso degli altri sutra”35. Questo passo afferma che non si deve accettare nemmeno un singolo verso di qualsiasi sutra che non sia il Sutra del Loto, indipendentemente dal periodo in cui il Budda lo predicò.

                                                                                                                                  «Le svariate dottrine delle otto scuolesono numerose come le varietà di orchidee e di crisantemi; i preti e i credenti laici differiscono nell’aspetto, ma sono tutti d’accordo quando affermano di tenere in gran conto il Sutra del Loto. Ma come interpretano i passi del Sutra del Loto che parlano di “mettere da parte onestamente” gli insegnamenti precedenti e proibiscono di accettare anche solo un verso di qualunque altro sutra? Le dottrine Nembutsu, della Vera parola, Zen e dei Precetti non sono forse basate sugli “altri sutra”?

                                                                                                                                    «Ora questo Sutra del Loto della Legge meravigliosa di cui ho parlato è la vera ragione per la quale tutti i Budda compaiono nel mondo ed è la via diretta alla Buddità per tutti gli esseri. Il Budda Shakyamuni lo affidò ai suoi discepoli, il Budda Molti Tesori attestò la sua veridicità e tutti gli altri Budda allungarono la lingua fino al cielo di Brahma, proclamando: “Tutto ciò che hai esposto, [Budda Shakyamuni], è la verità!”36. Ogni singolo carattere di questo sutra rappresenta la vera intenzione dei Budda, e ogni suo tratto è un aiuto per coloro che ripetono il ciclo di nascita e morte. In esso non esiste nemmeno una parola che non sia vera.

                                                                                                                                      «Colui che non segue gli ammonimenti di questo sutra non sta mozzando la lingua dei Budda e ingannando i santi e i saggi? Questa è una colpa davvero spaventosa! Nel secondo volume si legge: “Chi non riesce ad avere fede e invece offende questo sutra distruggerà immediatamente tutti i semi per divenire Budda in qualsiasi mondo”37. Il significato di questo passo è che la persona che contravviene anche a un solo verso o frase di questo sutra è colpevole di un crimine pari a quello di uccidere tutti i Budda delle dieci direzioni nelle tre esistenze di passato, presente e futuro.

                                                                                                                                        «Se esaminiamo il nostro attuale mondo nello specchio dei sutra, vediamo che è veramente difficile trovare qualcuno che non tradisca il Sutra del Loto. E, riflettendo su questo argomento, vediamo che, se la persona che non crede non può evitare di cadere nell’inferno d’incessante sofferenza, a maggior ragione non potrà evitarlo una persona come l’Onorevole Honen, fondatore della scuola Nembutsu, che esortava a scartare il Sutra del Loto in favore del Nembutsu! Dove, nei cinquemila o settemila volumi dei sutra, si trova un passo che ci induca a scartare il Sutra del Loto?

                                                                                                                                          «Il Reverendo Shan-tao, riverito come un praticante che si era illuminato attraverso la meditazione38 e come l’incarnazione vivente del Budda Amida, indicò cinque tipi di pratiche diverse da scartare e disse che il Sutra del Loto non poteva salvare “neanche una persona su mille”; cioè che se mille persone credono in questo sutra, nemmeno una conseguirà la Buddità. Eppure nel Sutra del Loto leggiamo: “Fra coloro che ascoltano la Legge, nemmeno uno mancherà di conseguire la Buddità”39. Ciò indica che tutti gli esseri dei Dieci mondi insieme ai loro ambienti, se ascoltano questo sutra, raggiungeranno la via del Budda. E, infatti, predice che Devadatta, sebbene abbia commesso i cinque peccati capitali, diventerà nel futuro il Tathagata Re del Cielo, e racconta come la figlia del re drago, benché fosse una donna soggetta ai cinque ostacoli e incapace di conseguire la Buddità, fu in grado di raggiungere istantaneamente la via del Budda nel regno meridionale. Pertanto, perfino lo scarabeo stercorario può risalire lungo i sei stadi della pratica e non è affatto escluso dal conseguimento della Buddità40.

                                                                                                                                            «Le parole di Shan-tao e le frasi del Sutra del Loto sono distanti fra loro come la terra e il cielo, differenti come il fango e le nuvole. Quali dovremmo seguire? A rigor di logica, Shan-tao è il nemico mortale di tutti i Budda e di tutti i sutra, è l’avversario dei preti saggi e dei semplici credenti laici. Se le parole del Sutra del Loto sono vere, come può sfuggire all’inferno della sofferenza incessante?».

                                                                                                                                              A queste parole l’uomo non illuminato arrossì di rabbia e disse: «Tu sei una persona di umile condizione, come osi pronunciare tali orrende accuse! Mi è difficile capire se sei illuminato o illuso, se hai ragione o no. Dobbiamo ricordare che il Reverendo Shan-tao viene considerato una reincarnazione di Amida, il “Ben andato”41, o del suo attendente il Bodhisattva Grande Potere. Anche dell’Onorevole Honen si dice la stessa cosa, oppure che fosse una reincarnazione di Shan-tao. Entrambi erano straordinari personaggi dell’antichità; inoltre avevano acquisito grandissimi meriti grazie alle loro pratiche religiose e possedevano la più profonda comprensione. Come avrebbero mai potuto cadere nei cattivi sentieri?».

                                                                                                                                                Il santo replicò: «Ciò che dici è corretto; anch’io avevo un grande rispetto per questi uomini e come te credevo in loro. Però non si può giudicare una dottrina buddista dalla posizione, eminente o umile, della persona: bisogna considerare per prima cosa le parole del sutra. Non sottovalutare un insegnamento solo perché la persona che lo sostiene è umile. La volpe del regno di Bima, che recitò il verso di dodici sillabe che dice: “C’è chi ama la vita e odia la morte; c’è chi ama la morte e odia la vita”, fu proclamata maestro dal dio Shakra42, e il demone che recitò il verso di sedici caratteri che comincia così: “Tutto è mutevole, niente è costante”, fu trattato con grande onore dal ragazzo delle Montagne Nevose. Ciò avvenne non per l’eminenza della volpe o del demone, ma semplicemente per rispetto verso le dottrine che insegnavano.

                                                                                                                                                  «Pertanto nel sesto volume del Sutra del Nirvana, l’insegnamento finale esposto nel boschetto di alberi di sal, il nostro compassionevole genitore, il Budda Shakyamuni, signore degli insegnamenti, affermò: “Affidatevi alla Legge e non alla persona”. Perfino i grandi bodhisattva come Virtù Universale e Manjushri, uomini che erano ritornati43 allo stadio di illuminazione quasi perfetta, non devono essere seguiti quando espongono gli insegnamenti buddisti se non lo fanno col testo dei sutra in mano.

                                                                                                                                                    «Il Gran Maestro T’ien-t’ai afferma: “Ciò che si accorda con i sutra deve essere trascritto e reso accessibile, ma non dovete prestare fede alle parole o ai princìpi che non si trovano nei testi [dei sutra]”44. Questo commento spiega che si deve accettare ciò che è scritto chiaramente nel testo dei sutra e scartare tutto ciò che non è confermato dal testo. Il Gran Maestro Dengyo dice: “Basatevi su ciò che ha predicato il Budda, non prestate fede a ciò che è trasmesso oralmente”45, esprimendo lo stesso concetto del commentario di T’ien-t’ai. Anche le parole del Bodhisattva Nagarjuna: “Affidati ai trattati che sono fedeli ai sutra e non affidarti a quelli che distorcono i sutra”46 significano che, anche fra i sutra, si devono scartare gli insegnamenti provvisori esposti prima del Sutra del Loto e riporre la propria fede in questo sutra, il Sutra del Loto. Quindi, sia i sutra sia i trattati affermano esplicitamente che si dovrebbero scartare tutte le scritture eccetto il Sutra del Loto.

                                                                                                                                                      «In nessuno dei cinquemila o settemila volumi dei sutra elencati nel catalogo dell’era K’ai-yüan47 si trova un solo passo che esprima disapprovazione per il Sutra del Loto e consigli di abbandonarlo e ripudiarlo, né alcun passo che lo classifichi fra le pratiche diverse che bisogna scartare. Perciò sarà meglio che tu trovi qualche passo attendibile dei sutra [che confermi il tuo punto di vista], cosicché tu possa salvare Shan-tao e Honen dai tormenti dell’inferno d’incessante sofferenza.

                                                                                                                                                        «Oggigiorno i praticanti Nembutsu, sia preti che uomini e donne laici, non solo violano le parole dei sutra, ma vanno anche contro le istruzioni dei loro stessi maestri. Shan-tao scrisse un commentario nel quale spiegò le cinque pratiche diverse che devono essere abbandonate dai praticanti Nembutsu. A proposito di queste pratiche diverse, Preferire il Nembutsu a qualsiasi altra cosa afferma: “Per quanto riguarda la prima pratica diversa, cioè la lettura e la recitazione dei sutra, egli [Shan-tao] dichiara che è una pratica diversa abbracciare, leggere e recitare tutti i sutra, sia mahayana sia hinayana, essoterici o esoterici, con l’eccezione della recitazione del Sutra della Meditazione sul Budda Vita Infinita e degli altri sutra che predicano la rinascita nella Pura terra […]. Per quanto riguarda la terza, cioè l’adorazione, egli afferma che è una pratica diversa adorare od onorare qualsiasi Budda, bodhisattva o divinità di questo mondo, con la sola eccezione dell’adorazione del Budda Amida. Per quanto riguarda la quarta, cioè l’invocazione del nome, egli dichiara che è una pratica diversa l’invocazione di qualsiasi Budda, bodhisattva o divinità di questo mondo, con la sola eccezione dell’invocazione del nome del Budda Amida. Per quanto riguarda la quinta, cioè lodare e fare offerte, afferma che è una pratica diversa lodare e fare offerte a qualsiasi Budda, bodhisattva o divinità di questo mondo, con la sola eccezione della lode e delle offerte al Budda Amida”.

                                                                                                                                                          «Questo passo del commentario, riguardante la prima pratica diversa, precisa quali siano i sutra che i preti e i laici, uomini e donne, seguaci del Nembutsu, devono leggere e quali non devono leggere. Fra i sutra che non devono essere letti ci sono: quello del Loto, dei Re benevolenti, del Maestro della Medicina, della Grande raccolta, del Cuore, della Donna nata come uomo per diventare un Budda e della Stella Polare che prolunga la vita, e tra gli otto volumi del Sutra del Loto, in particolare, il Sutra del Percettore dei Suoni del Mondo48 che viene letto da tante persone. Se una persona legge anche una sola frase o un singolo verso di questi sutra, anche se è un devoto praticante Nembutsu, sarà incluso tra coloro che seguono pratiche diverse e non potrà rinascere nella Pura terra. Eppure, quando osservo il mondo con i miei occhi, noto che tra coloro che recitano il Nembutsu molti leggono questi vari sutra, disobbedendo ai loro maestri e commettendo di conseguenza uno dei sette peccati capitali49.

                                                                                                                                                            «Inoltre, nel passo riguardante la terza pratica diversa, cioè l’adorazione, viene detto che adorare e onorare qualsiasi Budda, bodhisattva o divinità celeste o dio benevolente, con l’eccezione dell’adorazione del Budda Amida e dei due onorevoli bodhisattva50 che lo affiancano, deve essere considerata una pratica diversa, proibita ai praticanti Nembutsu. Ma il Giappone è la terra degli dèi. Fu creato dalle auguste divinità Izanagi e Izanami51, la Dea del Sole si degna di risiedere qui, e il fiume Mimosuso52 dai tempi antichi fino a oggi ha continuato a scorrere [attraverso le terre dove si trova il suo tempio]. Come potrebbe chiunque sia nato in questo paese seguire una simile dottrina errata? Inoltre, poiché siamo nati sotto il grande cielo e traiamo beneficio dai tre corpi luminosi, il sole, la luna e le stelle, sarebbe una cosa terrificante se dovessimo mancare di rispetto verso gli dèi di questi corpi celesti.

                                                                                                                                                              «E ancora, nel passo riguardante la quarta pratica diversa, quella dell’invocazione del nome, si afferma che ci sono nomi di Budda e bodhisattva che il credente Nembutsu deve invocare, e nomi di Budda e bodhisattva che non deve invocare. I nomi che deve invocare sono quelli del Budda Amida e dei suoi due onorevoli attendenti. I nomi che non deve invocare sono quelli di Shakyamuni, Maestro della Medicina, Mahavairochana e degli altri Budda; quelli dei bodhisattva Deposito della Terra, Virtù Universale e Manjushri, degli dèi del sole, della luna e delle stelle, delle divinità dei templi di Izu e Hakone, di Mishima, di Kumano e di Haguro, della Dea del Sole e del Grande Bodhisattva Hachiman. Se qualcuno invoca uno qualsiasi di questi nomi anche una sola volta, anche se recitasse il Nembutsu per centomila o un milione di volte, cadrà nell’inferno della sofferenza incessante e non potrà rinascere nella Pura terra perché ha commesso l’errore di invocare il nome di uno di quei Budda, bodhisattva, dèi del sole, della luna e altre divinità. Ma quando mi guardo attorno in questo mondo, trovo credenti Nembutsu che invocano i nomi di questi vari Budda, bodhisattva, dèi celesti e divinità benevolenti. Così, anche in questo caso, essi vanno contro le istruzioni dei loro maestri.

                                                                                                                                                                «Nel passo che parla della quinta pratica diversa, quella di lodare e fare offerte, viene ingiunto al credente Nembutsu di fare offerte al Budda Amida e ai due bodhisattva suoi attendenti. Ma se offrisse anche solo un po’ d’incenso o pochi fiori ai Budda, bodhisattva, dèi celesti e divinità benevolenti, allora, malgrado i grandi meriti acquisiti con la pratica Nembutsu, a causa della colpa commessa, sarebbe classificato tra coloro che svolgono pratiche diverse. Eppure, quando mi guardo attorno in questo mondo, vedo i credenti Nembutsu visitare vari templi e offrire rotoli di carta e tessuto, o entrare in varie sale buddiste e inchinarsi riverentemente. Anche qui vanno contro le istruzioni dei loro maestri. Se hai dei dubbi su ciò che dico, allora leggi il testo di Preferire il Nembutsu a qualsiasi altra cosa. È molto chiaro su questi punti.

                                                                                                                                                                  «Inoltre Il sutra dell’insegnamento sulla Meditazione53 del Reverendo Shan-tao afferma: “Per quanto riguarda gli alcolici, la carne e i cinque cibi dal forte sapore54, si deve fare voto di non toccarli e non assaggiarli mai. Si deve giurare: ‘Se dovessi trasgredire queste regole, possano aprirsi piaghe fetide sul mio corpo e sulla mia bocca’”. Il significato di questo passo è che i credenti del Nembutsu, i seguaci laici uomini e donne, le monache e i preti, non devono bere vino e non devono mangiare pesce o pollame. Oltre a ciò non possono mangiare alcuno dei cinque cibi dal forte sapore, cibi piccanti o dal forte odore come aglio e porri. Se un credente Nembutsu non rispetta questa regola, nella vita presente il suo corpo si coprirà di piaghe fetide e nella prossima cadrà nell’inferno della sofferenza incessante. Ma in realtà ci sono molti laici, uomini, donne, monache e preti che non prestano attenzione a questo divieto, ma bevono vino e mangiano pesce e pollame a piacimento. In realtà non stanno ingoiando coltelli con i quali ferirsi?».

                                                                                                                                                                    Al che l’uomo non illuminato disse: «A dire il vero, ascoltando la tua esposizione della dottrina capisco che, anche se l’insegnamento Nembutsu potesse far rinascere nella Pura terra, i suoi precetti e le sue pratiche sono molto difficili da osservare. E naturalmente, visto che i sutra e i trattati sui quali si basa appartengono tutti agli insegnamenti provvisori, è perfettamente chiaro che non potrà mai portare a rinascere nella Pura terra. Ma non c’è alcun motivo di refutare gli insegnamenti della Vera parola. Il Sutra di Mahavairochana è l’insegnamento segreto di Mahavairochana, il Re dell’Illuminazione. È stato tramandato in un’ininterrotta linea di trasmissione dal Tathagata Mahavairochana a Shan-wu-wei e Pu-k’ung. E in Giappone il Gran Maestro Kobo ha diffuso gli insegnamenti dei mandala del regno di Diamante e del regno del Grembo. Questi sono gli insegnamenti segreti e arcani dei trentasette venerabili55. Perciò le dottrine più profonde degli insegnamenti essoterici non sono nemmeno paragonabili all’introduzione degli insegnamenti esoterici. Per questo il Gran Maestro Chisho, del tempio Goto56, affermò nel suo commentario: “Il Sutra del Loto non può competere [con il Sutra di Mahavairochana], tanto meno le altre dottrine”57. Ora qual è il tuo punto di vista su questa faccenda?».

                                                                                                                                                                      Il santo rispose: «All’inizio anch’io ho riposto la mia fiducia nel Tathagata Mahavairochana e ho desiderato seguire gli insegnamenti della scuola della Vera parola. Ma quando ho approfondito gli insegnamenti fondamentali della scuola, ho scoperto che le sue concezioni sono in realtà un’offesa all’insegnamento corretto.

                                                                                                                                                                        «Il Gran Maestro [Kobo] del monte Koya, di cui hai parlato, era un maestro vissuto al tempo dell’imperatore Saga. Avendo ricevuto dall’imperatore il mandato di chiarire e spiegare la profondità relativa dei diversi insegnamenti buddisti, scrisse un’opera in dieci volumi intitolata Trattato sui dieci stadi della mente. Dato che è un’opera molto vasta e particolareggiata, ne fece un compendio in tre volumi, che porta il titolo La chiave preziosa della volta segreta. Questo lavoro descrive dieci stadi di sviluppo della mente, dal primo stadio, la “mente dell’uomo inferiore, bestiale nei suoi desideri”58, fino all’ultimo stadio, “la mente gloriosa, la più segreta e sacra”59. Egli assegna il Sutra del Loto all’ottavo stadio, il Sutra della Ghirlanda di fiori al nono stadio e gli insegnamenti della Vera parola [del Sutra di Mahavairochana] al decimo stadio. Così giudica il Sutra del Loto inferiore perfino al Sutra della Ghirlanda di fiori, e lo pone al terzo posto dopo il Sutra di Mahavairochana. In quest’opera scrive: “Benché ognuno pretenda che il proprio veicolo sia il veicolo della Buddità, quando vengono esaminati in uno stadio successivo60, tutti appaiono teorie puerili”. Egli inoltre definisce il Sutra del Loto come un insieme di “parole insensate e frasi fiorite” e disprezza il Budda Shakyamuni dicendo che è perso nella regione dell’oscurità.

                                                                                                                                                                          «Come conseguenza il discepolo di Kobo in un’epoca successiva, Shogaku-bo, fondatore del tempio Dembo, scrisse che il Sutra del Loto non è degno nemmeno di badare i sandali del Sutra di Mahavairochana e che il Budda Shakyamuni non è degno nemmeno di fare il mandriano per il Tathagata Mahavairochana61.

                                                                                                                                                                            «Calma la tua mente e ascolta quello che ti dico! In tutti i cinquemila o settemila volumi dei sutra predicati dal Budda in tutta la sua esistenza, o nei tremila o più volumi delle scritture confuciane e taoiste, c’è qualche passo che definisca il Sutra del Loto come una dottrina di “teorie puerili”, o che lo classifichi due stadi più in basso del Sutra di Mahavairochana, inferiore anche al Sutra della Ghirlanda di fiori, o che dica che il Budda Shakyamuni sia ancora perso nella regione dell’oscurità e che non sia degno nemmeno di fare il mandriano per il Tathagata Mahavairochana? E anche se esistesse davvero un simile passo, bisognerebbe esaminarlo con grande attenzione!

                                                                                                                                                                              «Quando i sutra e gli insegnamenti buddisti vennero portati dall’India in Cina, non esistevano regole precise per le traduzioni e il modo di tradurli dipendeva dalle inclinazioni del singolo traduttore. Per questo motivo il Maestro del Tripitaka Kumarajiva dell’ultima dinastia Ch’in era solito dire: “Esaminando gli insegnamenti buddisti così come esistono in Cina, trovo che in molti casi sono differenti dagli originali sanscriti. Se le mie traduzioni dei sutra sono esenti da errori, dopo che sarò morto e cremato, il mio corpo impuro sarà senza dubbio consumato dalle fiamme, ma solo la mia lingua non brucerà”. E quando infine fu cremato, il suo corpo si ridusse a un cumulo di ossa e rimase solo la lingua, appoggiata sopra a un fiore di loto blu, che emetteva una luce così brillante da oscurare i raggi del sole. Che cosa meravigliosa!

                                                                                                                                                                                «Fu proprio per questo che la traduzione del Sutra del Loto del Maestro del Tripitaka Kumarajiva si diffuse rapidamente in tutta la Cina. E il Gran Maestro Kompon [Dengyo] dell’Enryaku-ji, confutando gli insegnamenti delle altre scuole, disse: “La prova consiste nel fatto che la lingua del Maestro del Tripitaka Kumarajiva, il traduttore del Sutra del Loto, non venne consumata dalle fiamme. I sutra a cui voi vi affidate sono tutti errati!”.

                                                                                                                                                                                  «Anche nel Sutra del Nirvana il Budda afferma che quando i suoi insegnamenti saranno trasmessi in altri paesi, conterranno molti errori. Anche se il testo di un sutra affermasse che il Sutra del Loto è inutile, o che il Budda Shakyamuni è un Budda perso nella regione dell’oscurità, dovremmo indagare accuratamente se tale testo appartiene agli insegnamenti veri o provvisori, al Mahayana o allo Hinayana, se è stato predicato all’inizio o alla fine della vita del Budda e su chi sia il traduttore.

                                                                                                                                                                                    «Si dice che Lao Tzu e Confucio pensassero nove volte prima di proferire una singola parola, o tre volte prima di pronunciare una sola parola. E Tan, il duca di Chou, era così ansioso di ricevere i suoi visitatori da sputare tre volte il cibo durante il pasto e torcersi i capelli tre volte mentre li lavava [per non farli attendere]. Se perfino le persone descritte in superficiali testi non buddisti si comportavano così, quanto più dovrebbero farlo coloro che studiano le profonde dottrine delle scritture buddiste!

                                                                                                                                                                                      «Ora, da nessuna parte nei sutra e nei trattati si trova la benché minima prova che sostenga tale asserzione [che il Sutra del Loto sia inferiore al Sutra di Mahavairochana]. Il Gran Maestro Kobo stesso, nel suo commentario, afferma che chi calunnia le persone e disprezza l’insegnamento corretto cadrà nei cattivi sentieri62. Una persona come Kobo cadrà sicuramente nell’inferno, su questo non ci può essere dubbio».

                                                                                                                                                                                        L’uomo non illuminato sembrava stupito e improvvisamente si rattristò. Dopo un po’ disse: «Il Gran Maestro Kobo era un esperto di scritture buddiste e non buddiste, un maestro e una guida per la gente. Nelle pratiche virtuose superava ogni altra persona della sua epoca e la sua reputazione era conosciuta ovunque. Si dice che dalla Cina abbia scagliato un vajra a tre punte63 che superò più di ottantamila ri attraverso il grande mare fino a giungere in Giappone e che, quando espose il significato del Sutra del Cuore, i malati di peste che recuperarono la salute erano così numerosi da riempire le strade. Pertanto non era sicuramente una persona comune, ma la manifestazione di un grande santo nella sua forma temporale. Non possiamo fare a meno di stimarlo e avere fede nei suoi insegnamenti».

                                                                                                                                                                                          Il santo replicò: «Dapprima anch’io pensavo così. Ma dopo aver intrapreso la strada delle dottrine buddiste, ho cominciato a distinguere quello che si accorda con tali princìpi da quello che non si accorda, e mi sono reso conto che la capacità di fare miracoli a piacimento non è necessariamente un criterio per determinare se un insegnamento buddista sia vero o falso. Ecco perché il Budda stabilì la regola che afferma: “Affidatevi alla Legge e non alla persona” come ho detto precedentemente.

                                                                                                                                                                                            «L’asceta Agastya si versò il fiume Gange in un orecchio e ve lo lasciò per dodici anni, l’asceta Jinu bevve tutta l’acqua del grande mare in un solo giorno, Chang Chiehesalò nebbia e Luan Pa esalò nuvole64. Ma ciò non significa che sapessero quale dottrina buddista è corretta e quale è errata, o che avessero compreso il principio di causa ed effetto. In Cina, quando il Maestro del Dharma Fa-yün tenne una lezione sul Sutra del Loto, immediatamente piovvero fiori dai cieli. Ma il Gran Maestro Miao-lo affermò che, sebbene Fa-yün avesse provocato tale portento, le sue parole non erano in accordo con la verità [del Sutra del Loto]65. In questo modo Miao-lo lo accusò di non avere compreso la verità del Buddismo.

                                                                                                                                                                                              «Il Sutra del Loto refuta le tre predicazioni del passato, del presente e del futuro66. Esso rinnega i sutra precedenti, dicendo che in essi il Budda “non aveva ancora rivelato la verità”67. Refuta i sutra dello stesso periodo con le parole “predicazione del presente” e i sutra successivi con le parole “predicazione del futuro”. Il Sutra del Loto è realmente il sutra supremo fra tutti quelli predicati nel passato, nel presente e nel futuro.

                                                                                                                                                                                                «Nel quarto volume del Sutra del Loto si legge: “Re della Medicina, questo ora ti dico, ho predicato diversi sutra, e fra questi il Sutra del Loto è il supremo!”68. Questo passo significa che nell’assemblea sul Picco dell’Aquila il Budda si rivolse al Bodhisattva Re della Medicina e gli disse che, a cominciare dal Sutra della Ghirlanda di fiori fino al Sutra del Nirvana, esistono innumerevoli sutra quanti sono i granelli di sabbia del Gange, ma che, fra tutti, il Sutra del Loto che egli stava predicando occupa il primo posto. Ma evidentemente il Gran Maestro Kobo ha frainteso “terzo” anziché “primo”.

                                                                                                                                                                                                  «Nello stesso volume del Sutra del Loto il Budda afferma: “Per amore della via del Budda in un numero infinito di terre dal principio fino a questo momento ho predicato ampiamente molti sutra, ma fra tutti questo sutra è il supremo”69. Questo passo significa che il Budda Shakyamuni è apparso in innumerevoli terre, assumendo nomi diversi e con vite di diversa durata; esso stabilisce che, tra tutti i sutra che egli ha predicato nelle varie forme in cui si è manifestato, il Sutra del Loto occupa il primo posto.

                                                                                                                                                                                                    «Nel quinto volume del Sutra del Loto si afferma che al Sutra del Loto “spetta il posto più alto”70, chiarendo che questo sutra è superiore a quello di Mahavairochana, della Corona di diamanti e a tutti gli altri innumerevoli sutra. Ma evidentemente il Gran Maestro Kobo lesse che “gli spetta il posto più basso”. Come si vede, Shakyamuni e Kobo, il Sutra del Loto e La chiave preziosa della volta segreta sono, in effetti, totalmente in contrasto l’uno con l’altro. Hai intenzione di rifiutare Shakyamuni e di seguire Kobo? O vuoi rifiutare Kobo e seguire Shakyamuni? Vuoi andare contro le parole del sutra e accettare le parole di un maestro qualunque? O vuoi rifiutare le parole di un maestro qualunque e onorare le auree parole del Budda? Pensa attentamente prima di decidere che cosa accettare e che cosa rifiutare!

                                                                                                                                                                                                      «Per di più, nel capitolo “Re della Medicina” del settimo volume sono esposte dieci similitudini in lode del Sutra del Loto. La prima è la similitudine dell’acqua: i fiumi e i torrenti sono paragonati agli altri vari sutra, il grande mare al Sutra del Loto. Così, se qualcuno dovesse sostenere che il Sutra di Mahavairochana è superiore e il Sutra del Loto inferiore, in effetti sta dicendo che il grande mare contiene meno acqua di un piccolo torrente! Oggigiorno tutti sanno che il grande mare supera per dimensione i vari fiumi, eppure non comprendono che il Sutra del Loto è il primo tra tutti i sutra.

                                                                                                                                                                                                        «La seconda è la similitudine delle montagne: le montagne comuni vengono paragonate agli altri sutra e il monte Sumeru al Sutra del Loto. Il monte Sumeru è alto 168.000 yojana dalla base alla cima: quale altra montagna può essergli paragonata? Affermare che il Sutra di Mahavairochana è superiore al Sutra del Loto è come dire che il monte Fuji è più alto del monte Sumeru.

                                                                                                                                                                                                          «La terza è la similitudine della luna e delle stelle: gli altri sutra vengono paragonati alle stelle e il Sutra del Loto è paragonato alla luna. Confrontando la luna e le stelle, qualcuno può avere dei dubbi su quale sia superiore?

                                                                                                                                                                                                            «Più avanti in questa serie di similitudini si legge: “Così questo sutra è il sommo tra tutti gli insegnamenti dei sutra predicati da tutti i Tathagata, predicati da tutti i bodhisattva o predicati da tutti gli ascoltatori della voce”71. Questo passo afferma che il Sutra del Loto non solo rappresenta la dottrina più importante tra tutte quelle predicate dal Budda Shakyamuni nel corso della sua vita, ma occupa anche il primo posto tra tutti gli insegnamenti e i sutra predicati da Budda quali Mahavairochana, Maestro della Medicina o Amida, e da bodhisattva quali Virtù Universale o Manjushri. Pertanto se qualcuno dovesse affermare che esiste un sutra superiore al Sutra del Loto, sappi che sta esponendo le idee dei seguaci degli insegnamenti non buddisti o del demone celeste.

                                                                                                                                                                                                              «Per quanto riguarda inoltre l’identità del Tathagata Mahavairochana, quando il Budda Shakyamuni, il signore degli insegnamenti, illuminato fin dal remoto passato, per quarantadue anni offuscò la propria luce e si mescolò con la polvere del mondo adattandosi alle capacità della gente del suo tempo, egli, un Tathagata che unisce i tre corpi in uno, assunse provvisoriamente le sembianze di Vairochana72. Perciò, quando il Budda Shakyamuni rivelò il vero aspetto di tutti i fenomeni73, divenne chiaro che Vairochana era una forma temporanea in cui Shakyamuni si era manifestato per adeguarsi alle capacità della gente. Per questa ragione il Sutra di Virtù Universale spiega che al Budda Shakyamuni venne dato il nome di “Vairochana Presente in ogni Luogo”, e che il luogo dove vive il Budda venne chiamato “Luce Eternamente Tranquilla”.

                                                                                                                                                                                                                «Il Sutra del Loto espone la dottrina del mutuo possesso dei Dieci mondi, del singolo istante di vita che comprende tremila regni, l’unificazione delle tre verità e l’inseparabilità dei quattro tipi di terre. Inoltre, l’essenza dei sacri insegnamenti esposti dal Budda Shakyamuni in tutta la sua vita − l’illuminazione delle persone dei due veicoli e la sua illuminazione in un passato inconcepibilmente remoto − si trova solamente in questo sutra, il Sutra del Loto. C’è qualche cenno su queste fondamentali questioni nei tre sutra esoterici di cui hai parlato, i sutra di Mahavairochana, della Corona di diamanti e così via? Shan-wu-wei e Pu-k’ung rubarono queste dottrine fondamentali dal Sutra del Loto e ne fecero il fondamento dei loro sutra. Ma questa è una frode, nei loro sutra e trattati non c’è traccia di queste dottrine. Affrettati a correggere il tuo modo di pensare su questo argomento!

                                                                                                                                                                                                                  «Il fatto è che il Sutra di Mahavairochana include ognuno dei quattro tipi di insegnamento74 ed espone quei precetti il cui beneficio si esaurisce quando la forma corporea cessa di esistere75. Esso è un insegnamento provvisorio, classificato dai maestri cinesi76 come uno dei sutra Corretti ed equi, il gruppo di sutra predicati nel terzo periodo, secondo la classificazione di T’ien-t’ai. È deplorevole [considerarlo superiore al Sutra del Loto]! Se davvero hai in mente di ricercare la via, affrettati a pentirti dei tuoi errori passati! In ultima analisi questo Sutra del Loto della Legge meravigliosa riassume tutti gli insegnamenti e le pratiche meditative dell’intera vita del Budda Shakyamuni in un singolo istante di vita, e comprende tutti gli esseri viventi dei Dieci mondi e i loro ambienti nei tremila regni».

                                                                                                                                                                                                                    A queste parole, alquanto placato, l’uomo non illuminato disse: «Le parole del sutra sono chiare come uno specchio; non lasciano adito a dubbi o a incertezze. Tuttavia, sebbene il Sutra del Loto sia superiore a tutti i sutra esposti dal Budda prima, nello stesso periodo e successivamente, e rappresenti l’apice della sua predicazione, esso non è paragonabile alla singola verità dello Zen, che non può essere vincolata alle parole né confinata al testo di un sutra, poiché riguarda la vera natura della nostra mente. Il regno in cui le innumerevoli dottrine sono messe da parte e dove le parole non possono giungere è chiamato la verità dello Zen.

                                                                                                                                                                                                                      «Ecco perché nel boschetto di alberi di sal sulle rive del fiume Ajitavati, il Budda Shakyamuni si levò dal suo aureo giaciglio, rigirò un fiore fra le dita e, vedendo Mahakashyapa accennare un sorriso, gli trasmise l’insegnamento Zen. Da allora questo insegnamento è stato trasmesso senza interruzioni secondo una linea di successione di ventotto patriarchi in India ed è stato propagato da sei patriarchi in Cina. Bodhidharma fu l’ultimo patriarca indiano e il primo dei sei patriarchi cinesi. Non dobbiamo permettere che questa trasmissione si interrompa e cada nelle trappole delle dottrine.

                                                                                                                                                                                                                        «Nel Sutra sulle Risposte del Budda alle domande del grande re celeste Brahma, il Budda dice: “Possiedo un insegnamento sottile riguardo all’occhio e tesoro dell’insegnamento corretto, la meravigliosa mente del nirvana, il vero aspetto [della realtà] che è privo di caratteristiche. Esso rappresenta una trasmissione separata, al di fuori dei sutra, indipendente da parole o scritti. Lo affido a Mahakashyapa”.

                                                                                                                                                                                                                          «Come vediamo, questa singola verità dello Zen fu trasmessa a Mahakashyapa al di fuori dei sutra. Tutti gli insegnamenti dei sutra sono come un dito che indica la luna; una volta che abbiamo visto la luna a cosa serve il dito? E una volta compresa la singola verità dello Zen, la vera natura della mente, perché dovremmo interessarci oltre agli insegnamenti del Budda? Per questo un uomo dell’antichità disse: “Le dodici suddivisioni delle scritture sono tutte inutili”.

                                                                                                                                                                                                                            «Se leggi Il sutra del palco di Hui-neng, sesto patriarca di questa scuola, vedrai che ciò corrisponde al vero. Dopo aver ascoltato anche una singola parola e aver afferrato e compreso la verità, a cosa servono gli insegnamenti? Ma come interpretare questo principio?».

                                                                                                                                                                                                                              Il santo replicò: «Prima di tutto, metti da parte le dottrine e ragiona. Chi può ammonire il paese e insegnare agli altri, se prima non si è interrogato sul significato essenziale degli insegnamenti della vita del Budda o non ha esaminato i princìpi fondamentali delle dieci scuole? Lo Zen di cui tu parli è un argomento che ho studiato a fondo per qualche tempo. Alla luce dei suoi insegnamenti estremi, direi che si tratta di una dottrina assai distorta.

                                                                                                                                                                                                                                «Esistono tre tipi di Zen, conosciuti come Zen del Tathagata, Zen dottrinale e Zen patriarcale77. Tu ti riferisci a quest’ultimo e adesso te ne darò un’idea generale. Ascolta e comprendi di che cosa si tratta.

                                                                                                                                                                                                                                  «[Questo terzo tipo di Zen] parla di trasmissione al di fuori degli insegnamenti; ma al di fuori degli insegnamenti non vi sono princìpi e al di fuori dei princìpi non vi sono insegnamenti. Non ti rendi conto che i princìpi non sono altro che gli insegnamenti e che gli insegnamenti non sono altro che i princìpi? L’episodio del fiore rigirato fra le dita, del sorriso accennato, e di qualcosa che fu affidato a Mahakashyapa sono di per sé un insegnamento, e la frase di quattro caratteri “indipendente da parole o scritti”, è a sua volta un insegnamento espresso a parole. Sono discorsi che circolano da molto tempo in Cina e in Giappone. A te possono sembrare nuovi, ma ti citerò uno o due passi che fugheranno le tue idee distorte.

                                                                                                                                                                                                                                    «L’undicesimo volume del Supplemento alle tre opere maggiori di T’ien t’ai afferma: “Se si sostiene che le spiegazioni verbali sono un ostacolo, in che modo potremmo continuare anche per un solo istante l’opera del Budda in questo mondo di saha? I seguaci dello Zen non si servono anch’essi di parole quando insegnano agli altri? Se non usassimo parole e frasi, non ci sarebbe modo di spiegare il significato dell’emancipazione: chi mai potrebbe ascoltarlo?”.

                                                                                                                                                                                                                                      «Più avanti si legge: “Si dice che Bodhidharma venne da ovest e insegnò ad ‘additare direttamente la mente dell’uomo’ e a ‘percepire la propria vera natura e conseguire la Buddità’. Ma questi concetti non sono forse esposti anche nel Sutra della Ghirlanda di fiori e in altri sutra mahayana? Ahimè, quanto è stupida la gente del nostro tempo! Abbiate tutti fede negli insegnamenti del Budda. I Budda, i Tathagata non dicono menzogne!”.

                                                                                                                                                                                                                                        «Il significato di questo passo è che, se qualcuno dice di seguire una pratica al di fuori degli insegnamenti dei sutra perché gli scritti dottrinali ci ostacolano e le spiegazioni verbali ci condizionano, allora in che modo possiamo continuare l’opera del Budda e creare buone cause in questo mondo di saha? Persino i seguaci dello Zen, che sostengono queste idee, si servono di parole quando insegnano agli altri. Infatti, quando qualcuno cerca di far comprendere la via del Budda, non può farlo se non con parole e frasi. Bodhidharma giunse in Cina dall’ovest e, additando direttamente la mente delle persone, dichiarò che quella mente è il Budda. Ma questo principio è enunciato in diversi punti anche nei sutra provvisori mahayana che precedettero il Sutra del Loto, come i sutra della Ghirlanda di fiori, della Grande raccolta e della Grande saggezza. Considerarlo un principio tanto raro e meraviglioso è ridicolo. Ahimè, come possono avere pensieri così distorti le persone del nostro tempo? Esse dovrebbero riporre la loro fede nelle parole di verità del Tathagata di perfetta illuminazione e completa ricompensa, il quale incarna il principio della Via di mezzo, il vero aspetto di tutte le cose.

                                                                                                                                                                                                                                          «Inoltre il Gran Maestro Miao-lo nel primo volume di Annotazioni su “Grande concentrazione e visione profonda” commenta a questo proposito: “La gente di oggi guarda con disprezzo agli insegnamenti dei sutra e attribuisce importanza solo alla contemplazione della verità, ma commette un grande errore, veramente un grande errore!”.

                                                                                                                                                                                                                                            «Questo passo si riferisce a quelle persone che, nel mondo d’oggi, mettono al primo posto la meditazione sulla mente e varie altre cose e non studiano né approfondiscono gli insegnamenti dei sutra, ma anzi li disprezzano e li tengono in scarsa considerazione. Questo passo afferma che si tratta di un errore.

                                                                                                                                                                                                                                              «Inoltre, i seguaci Zen della nostra epoca sono confusi anche sugli insegnamenti della propria scuola. Se apriamo le pagine del Seguito delle biografie degli eminenti monacitroviamo che la biografia del primo patriarca Zen della Cina, il Gran Maestro Bodhidharma, afferma che “attraverso gli insegnamenti si può comprendere il significato essenziale”. Per questo dobbiamo studiare e mettere in pratica tutti i sacri insegnamenti predicati dal Tathagata nel corso della sua vita e, attraverso di essi, acquisire la comprensione del contenuto essenziale delle varie dottrine e della natura delle diverse scuole.

                                                                                                                                                                                                                                                «Nella biografia di Hui-k’o, discepolo di Bodhidharma e secondo dei sei patriarchi cinesi, si dice che il Maestro di Meditazione Bodhidharma, consegnò a Hui-k’o i quattro volumi del Sutra Lankavatara asserendo: “Osservando la Cina, mi rendo conto che solo questo sutra è appropriato. Se tu basi la pratica su di esso, potrai salvare il mondo”. Questa frase spiega che quando il Gran Maestro Bodhidharma giunse dall’India in Cina, portò con sé i quattro volumi del Sutra Lankavatara e li affidò a Hui-k’o con queste parole: “Considerando la situazione di questo paese, questo è il sutra migliore: abbracciandolo e praticandolo conseguirai la Buddità”.

                                                                                                                                                                                                                                                  «Come si vede, questi maestri patriarchi attribuivano un’importanza primaria ai testi dei sutra. Ma se, di conseguenza, affermiamo che bisogna affidarsi ai sutra, dovremmo prima verificare attentamente se sono mahayana o hinayana, se sono insegnamenti veri o provvisori.

                                                                                                                                                                                                                                                    «Quando fa uso dei sutra, la scuola Zen si basa su opere come il Sutra Lankavatara, il Sutra Shuramgama o quello della Saggezza di diamante. Sono tutti insegnamenti provvisori predicati prima del Sutra del Loto, dottrine che nascondono la verità.

                                                                                                                                                                                                                                                      «Essi espongono verità parziali come: “la mente è il Budda e il Budda non è altro che la mente”. I seguaci dello Zen si sono lasciati fuorviare da una o più di tali frasi o versi, senza accertarsi se siano mahayana o hinayana, insegnamenti veri o provvisori, dottrine che rivelano la verità oppure la nascondono. Essi sostengono il principio di non dualità senza conoscere il principio di dualità78 e commettono un grande atto di arroganza quando si proclamano uguali al Budda. Seguono le orme del Grande Brahmano Arrogante indiano e imitano le antiche pratiche del Maestro di Meditazione cinese San-chieh. Ma dobbiamo ricordare che il Grande Brahmano Arrogante cadde vivo nell’inferno della sofferenza incessante e che San-chieh si trasformò dopo morto in un enorme serpente. È veramente spaventoso!

                                                                                                                                                                                                                                                        «Il Budda Shakyamuni, con la sua comprensione che aveva penetrato le tre esistenze, e con la luce della chiara luna di saggezza della perfetta illuminazione e completa ricompensa, guardò nel futuro e, nel Sutra sulla Risoluzione dei dubbi riguardanti il Medio giorno della Legge, fece questa predizione: “Tra i monaci malvagi ci saranno alcuni che praticheranno la meditazione e, invece di fare affidamento sui sutra e sui trattati, aderiranno solo alle proprie opinioni, dichiarando giusto ciò che è sbagliato. Incapaci di distinguere fra ciò che è corretto e ciò che è errato, essi si rivolgeranno al clero e ai laici con queste parole: ‘Io posso capire e vedere ciò che è giusto’. Sappiate che persone come queste distruggeranno in breve tutti i miei insegnamenti”.

                                                                                                                                                                                                                                                          «Questo passo significa che ci saranno monaci malvagi che riporranno la loro fede nello Zen e non si dedicheranno allo studio dei sutra e dei trattati. Si baseranno su idee distorte e non riusciranno a distinguere le dottrine vere da quelle errate. Inoltre, si rivolgeranno ai credenti, uomini e donne, monaci e monache, dicendo: “Io sono in grado di comprendere le dottrine, gli altri non le comprendono” e, in questo modo, propagheranno gli insegnamenti Zen. In verità sappiate che costoro distruggeranno il corretto insegnamento del Budda. Se compariamo la situazione del mondo d’oggi con quella descritta in questo passo, vediamo che esse combaciano perfettamente come le due metà di un tagliando79. Stai attento! C’è molto da temere in tutto ciò!

                                                                                                                                                                                                                                                            «Prima hai parlato di ventotto patriarchi indiani che trasmisero oralmente la dottrina Zen, ma quale prova esiste di ciò? Tutti i testi che ho consultato parlano di ventiquattro o di ventitré persone che tramandarono gli insegnamenti del Budda. In quale traduzione si dichiara che sono esistiti ventotto patriarchi? Io non ho mai trovato questa affermazione. Non si può scrivere arbitrariamente sulla questione delle persone che tramandarono gli insegnamenti del Budda. Il Tathagata stesso lasciò precise indicazioni su come sarebbe avvenuta la trasmissione.

                                                                                                                                                                                                                                                              «In Storia dei successori del Budda si afferma: “Nel regno del Kashmir ci sarà un monaco di nome Aryasimha che si adopererà strenuamente per compiere l’opera del Budda. In quell’epoca il sovrano si chiamerà Mirakutsu80, un uomo dalle opinioni estremamente accese e distorte, e dal cuore totalmente privo di fede e di rispetto. Egli distruggerà i templi buddisti e gli stupa e massacrerà i monaci in tutto il regno del Kashmir. Impugnerà una spada affilata e la alzerà per decapitare Aryasimha, ma dal collo del monaco non uscirà sangue ma solo latte. Con questo sarà interrotta la linea delle persone che trasmettono la Legge”.

                                                                                                                                                                                                                                                                «In questo passo il Budda dice che, dopo la sua entrata nel nirvana, i suoi insegnamenti saranno tramandati da una successione di ventiquattro persone. L’ultima di queste sarà un monaco di nome Aryasimha che si adopererà per diffondere la Legge del Budda nel regno del Kashmir. Il sovrano di questa regione sarà il re Dammira, un uomo dalle opinioni errate e dalla condotta dissoluta, che non avrà fede negli insegnamenti del Budda né rispetto per i monaci. Distruggerà templi buddisti e stupa, e con una spada taglierà la testa dei monaci. Ma quando decapiterà Aryasimha, dal suo collo non sgorgherà sangue ma latte. Il Budda dichiara che in quel momento la linea di trasmissione dei suoi insegnamenti sarà interrotta.

                                                                                                                                                                                                                                                                  «Ed esattamente come il Budda aveva predetto, la testa del Venerabile Aryasimha fu tagliata e, quando cadde a terra, cadde anche il braccio del re.

                                                                                                                                                                                                                                                                    «È un grossolano errore parlare di ventotto patriarchi: questo è l’inizio degli errori commessi dalla scuola Zen. Il motivo per cui Hui-neng nel Sutra del palco elenca ventotto patriarchi è che, quando designò Bodhidharma come il primo patriarca dello Zen cinese, si accorse che troppi anni separavano Aryasimha da Bodhidharma; perciò inserì arbitrariamente il nome di tre maestri Zen per colmare l’intervallo e dimostrare che la Legge era stata trasmessa dall’India alla Cina senza interruzioni o irregolarità nella linea di trasmissione. Dichiarò il falso per far sì che le persone rispettassero gli insegnamenti Zen.

                                                                                                                                                                                                                                                                      «Questo inganno si è protratto per lungo tempo in Cina. L’undicesimo volume delle Tre opere maggiori afferma: “Nella nostra scuola [T’ien-t’ai] viene riconosciuta la trasmissione attraverso ventitré patriarchi; come può esserci errore? Non esiste alcuna traduzione che confermi la successione di ventotto patriarchi. Recentemente i preti Zen raffigurano i sette Budda e i ventotto patriarchi in sculture di pietra e incisioni in legno, recanti ciascuna un versetto sacro, e le consegnano ai loro discepoli. Come può esistere una simile palese falsità! Se le persone intelligenti hanno ancora un qualche potere, dovrebbero fare il possibile per correggere tali abusi!”.

                                                                                                                                                                                                                                                                        «Questo passo indica che affermare una successione di ventotto patriarchi e rappresentarli scolpiti in pietra o incisi su legno, per significare la linea di trasmissione, sono atti molto gravi e chi comprende ciò deve cercare in ogni modo di correggere questi errori. Per questo motivo dico che lo Zen patriarcale è una dottrina estremamente errata.

                                                                                                                                                                                                                                                                          «Prima hai citato un passo del Sutra sulle Risposte del Budda alle domande del grande re celeste Brahma come prova della trasmissione separata al di fuori dei sutra. Ma citando un passo del sutra non hai fatto altro che contraddire le tue stesse affermazioni. Inoltre questo sutra ha l’aspetto di un insegnamento provvisorio e non è elencato nei cataloghi delle opere buddiste del periodo Chen-yüane K’ai-yüan. Per questo motivo gli studiosi della nostra epoca non lo citano mai e non può essere usato per dimostrare nulla.

                                                                                                                                                                                                                                                                            «Venendo adesso al Sutra del Loto, dobbiamo considerare i gruppi di persone che ne hanno beneficiato quando fu predicato. Quando nell’insegnamento transitorio del Sutra del Loto fu esposta la dottrina dei cento mondi e dei mille fattori, o tremila regni in un singolo istante di vita, nelle persone dei due veicoli, i cui semi erano deteriorati, germogliò il seme della Buddità. Per quarantadue anni erano stati tacciati di essere per sempre incapaci di conseguire la Buddità. In ogni riunione e assemblea avevano subìto solo ingiurie e offese, erano evitati dagli esseri dei regni umano e celeste e sembrava che fossero destinati a morire di fame. Ma quando il Budda espose il Sutra del Loto fu predetto che Shariputra sarebbe diventato il Tathagata Fiore Splendente, Maudgalyayana il Tathagata Fragranza di Sandalo Tamalapattra, Ananda il Budda Re di Saggezza e Potere Illimitato Come i Mari e i Monti, Rahula il Tathagata Che Cammina su Sette Preziosi Fiori, i cinquecento arhat sarebbero divenuti i Tathagata Splendore Universale e i duemila ascoltatori della voce sarebbero diventati i Tathagata Vessillo Ingioiellato. E il giorno in cui fu rivelata la durata della vita del Budda dal tempo in cui ottenne l’illuminazione nel remoto passato, i bodhisattva innumerevoli come granelli di polvere approfondirono la loro comprensione della via e, scartate le restanti illusioni, raggiunsero l’ultimo stadio che precede la suprema illuminazione.

                                                                                                                                                                                                                                                                              «Se esaminiamo il commentario del Gran Maestro T’ien-t’ai, leggiamo: “Gli altri sutra affermano che i bodhisattva possono diventare Budda, ma che le persone dei due veicoli non potranno mai diventarlo; si dice che le persone buone diventeranno Budda, ma non si rivela il conseguimento della Buddità da parte delle persone cattive. Si dice che gli uomini diventeranno dei Budda, mentre le donne sono definite messaggere dell’inferno. Gli esseri umani e celesti possono conseguire la Buddità, ma non si dice che le creature non umane possano farlo. Invece in questo sutra si afferma che tutti questi esseri possono conseguire la Buddità”81.

                                                                                                                                                                                                                                                                                «Che cosa meravigliosa! Nonostante siamo nati nel mondo impuro dell’Ultimo giorno della Legge, non abbiamo commesso i cinque peccati capitali o i tre peccati capitali82 come fece Devadatta. Eppure, se persino Devadatta ricevette la profezia che sarebbe divenuto il Tathagata Re Celeste, tanto più sarà possibile per noi, che non abbiamo commesso simili peccati, conseguire la Buddità! Se la figlia di otto anni del re drago, senza mutare la sua forma di rettile, ottenne nel regno meridionale83 il meraviglioso frutto della Buddità, tanto più potranno farlo le donne nate nel regno umano!

                                                                                                                                                                                                                                                                                  «È molto difficile nascere in forma umana ed estremamente raro incontrare l’insegnamento corretto. Se vuoi liberarti al più presto delle credenze erronee e seguire quelle corrette, trasformare la tua condizione di persona comune e conseguire la Buddità, devi abbandonare gli insegnamenti Nembutsu, della Vera parola, Zen e dei Precetti e abbracciare il meraviglioso testo dell’unico veicolo84. Così facendo, potrai sicuramente eliminare la polvere e la contaminazione delle illusioni e delle impurità e manifestare la pura condizione dell’illuminazione».

                                                                                                                                                                                                                                                                                    L’uomo non illuminato disse: «Ascoltando gli insegnamenti e gli ammonimenti di un santo come te, la mia cecità e confusione di questi ultimi tempi è improvvisamente svanita. È come se una saggezza innata si fosse risvegliata in me. Quando il vero e il falso diventano così chiari, come si può non prendere fede?

                                                                                                                                                                                                                                                                                      «Tuttavia, se guardo il mondo intorno a me, vedo che tutti, dal sovrano fino al più umile cittadino, ripongono profonda fede negli insegnamenti Nembutsu, della Vera parola, Zen e dei Precetti. Poiché sono nato in questo paese, come posso andare contro l’esempio del sovrano?

                                                                                                                                                                                                                                                                                        «Inoltre i miei genitori e i miei antenati hanno avuto fede nei princìpi del Nembutsu e in altri insegnamenti, e con quella fede sono morti scomparendo fra le nubi dell’altro mondo.

                                                                                                                                                                                                                                                                                          «Qui in Giappone ci sono davvero molte persone, eminenti e umili. Quelli che aderiscono agli insegnamenti provvisori e alle scuole che si basano su di essi sono numerosi, mentre non ho ancora sentito il nome di una sola persona che abbia preso fede negli insegnamenti che tu mi hai esposto. Perciò, lasciando da parte la questione di quali insegnamenti ci guidino verso luoghi buoni e quali verso luoghi cattivi [nella prossima vita] e senza nemmeno chiedersi quali dottrine siano vere o false, vediamo che i cinquemila o settemila volumi delle scritture buddiste e i tremila o più volumi degli scritti confuciani e taoisti sottolineano l’importanza di obbedire agli ordini del sovrano e di rispettare il volere dei genitori.

                                                                                                                                                                                                                                                                                            «In India, Shakyamuni, il signore degli insegnamenti, espose i princìpi della pietà filiale e del ripagare i propri obblighi e, in Cina, Confucio stabilì la via del servire lealmente il sovrano e onorare i genitori. Una persona che vuole ripagare il debito di gratitudine verso il proprio maestro non esiterebbe a strapparsi la carne o a offrire il proprio corpo. Fra le persone consapevoli del debito di gratitudine verso il loro signore, Hung Yen si aprì il ventre e Yü Jang si gettò sulla propria spada e, fra quelle veramente consapevoli dei propri obblighi nei confronti dei genitori, Ting Lan modellò un’immagine di legno della madre defunta e Han Po-yü pianse [rendendosi conto di quanto fosse diventata fragile l’anziana madre] quando lei lo colpì con il bastone. Nonostante che le dottrine del Confucianesimo, del Brahmanesimo e del Buddismo differiscano fra loro, hanno in comune il principio di ripagare i debiti di gentilezza e ringraziare per i favori ricevuti.

                                                                                                                                                                                                                                                                                              «Per questo motivo se io per primo riponessi fede in una dottrina che né il sovrano, né il mio maestro, né i miei genitori hanno seguito, non sarei certamente colpevole di disobbedienza? Allo stesso tempo, però, i passi dei sutra che tu hai citato chiariscono perfettamente la verità di questa dottrina e tutti i miei dubbi sono risolti. Se non mi preparo per la vita futura adesso, nella prossima esistenza sarò sicuramente sommerso dalla sofferenza. Sia che avanzi, sia che retroceda, la mia strada è irta di ostacoli. Cosa devo fare?».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                Il santo replicò: «Tu comprendi la dottrina, eppure dici una cosa simile. Non sei riuscito a capire il ragionamento? Oppure è al di là della tua comprensione?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                  «Sin da quando ho iniziato a studiare la Legge trasmessa dal Budda Shakyamuni e a praticare il Buddismo, ho sempre considerato che fosse della massima importanza comprendere la gratitudine che si deve agli altri e che il mio primo dovere fosse di ripagare tali debiti di gratitudine. In questo mondo ci sono quattro debiti di gratitudine. Chi ne è consapevole è degno di essere chiamato uomo, mentre chi non lo comprende non è che una bestia.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                    «Poiché desidero aiutare mio padre e mia madre ad avere una vita migliore nella loro prossima esistenza e ripagare il debito verso il mio paese, sono pronto a sacrificare la mia vita semplicemente perché comprendo il debito che ho verso di loro e per nessun’altra ragione.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                      «Prima di tutto, chiudi gli occhi, acquieta la tua mente e rifletti. Se qualcuno conosce la strada migliore e vede i genitori o il sovrano imboccare una cattiva strada, non li ammonirà? Chi sapendo che uno sciocco ubriaco sta per bere del veleno, non cercherà di impedirglielo? Allo stesso modo, chi comprende la verità degli insegnamenti buddisti e conosce le sofferenze del fuoco, del sangue e delle spade85 può non addolorarsi nel vedere qualcuno verso cui ha un debito di gratitudine cadere nei cattivi sentieri? Piuttosto offrirebbe il suo corpo e sacrificherebbe la sua vita nel tentativo di salvarlo. Non si stancherà mai di ammonirlo e non ci saranno limiti al suo rammarico.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                        «Le sofferenze che incontrano i nostri occhi in questo mondo sono dolorose. Ma quanto più dolorose sono quelle che incontreranno sul lungo cammino della morte! Come può non addolorarci questo pensiero? Ciò per cui dobbiamo temere più di tutto è la vita dopo la morte; ciò per cui dobbiamo preoccuparci più di tutto è la prossima esistenza! Seguire il volere dei genitori senza interrogarsi su ciò che è vero e ciò che è falso, obbedire agli ordini del sovrano senza stabilire ciò che è corretto e ciò che è sbagliato, a uno sciocco potrà apparire un comportamento leale e filiale, ma un saggio penserà che non vi siano slealtà e mancanza di amore filiale maggiori di queste.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                          «Il Budda Shakyamuni, signore degli insegnamenti, era un discendente dei re che mettono in moto la ruota, il nipote del re Simhahanu, l’erede del re Shuddhodana, ed era destinato a diventare per diritto il grande sovrano delle cinque regioni dell’India. Quando egli si risvegliò alla verità dell’impermanenza della vita e cominciò a detestare il mondo, desiderando una via per fuggire da questo regno di sofferenza e conseguire l’emancipazione, il re Shuddhodana, rattristato, ideò un piano ingegnoso per distogliere il principe dalla sua intenzione, offrendogli [col massimo risalto] lo spettacolo delle quattro stagioni nelle quattro direzioni.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                            «A est, dove si apriva uno squarcio nella striscia di nebbia egli additò le oche selvatiche che tornavano al nord, i susini in fiore vicino alla finestra e il loro profumo che si diffondeva fra i paraventi ornati di perle, gli incantevoli colori dei fiori, gli infiniti gorgheggi degli usignoli e altri segni della primavera.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                              «A sud, il re mostrò al principe i colori cristallini delle fontane e le deutzie in fiore sulle rive dei limpidi ruscelli, i cuculi della foresta di Shinoda86 e altri segni dell’estate.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                «A ovest, le foglie arrossate d’autunno si mischiavano ai sempreverdi a formare il disegno di un broccato, le brezze spiravano dolcemente sui fiori del canneto e i venti soffiavano impetuosi tra i pini. E, come per ricordare l’estate trascorsa, le lucciole brillavano ai margini della palude così numerose da essere scambiate per le stelle del cielo, e gli insistenti richiami del grillo dei pini e del grillo canterino commuovevano fino alle lacrime.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  «A nord, si passava inaspettatamente al colore malinconico dei campi spogli, agli argini degli stagni resi immobili dal ghiaccio e al triste mormorio dei ruscelletti nella valle.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    «Oltre a tentare di consolare la mente di suo figlio mostrandogli tutto questo, il re pose anche cinquecento soldati di guardia a ciascuna delle quattro porte del palazzo. Ma alla fine, all’età di diciannove anni, a mezzanotte dell’ottavo giorno del secondo mese, il principe chiamò il suo servitore Chandaka, gli ordinò di sellare il suo cavallo Kanthaka e si allontanò dalla città di Gaya.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      «Si inoltrò sul monte Dandaka dove per dodici anni raccolse legna da ardere sugli alti pendii, si procurò l’acqua nelle profonde valli e si dedicò a varie austerità e difficili pratiche. A trent’anni ottenne il meraviglioso frutto dell’illuminazione, diventò l’unico uomo degno di onore nel triplice mondo e il signore di tutti gli insegnamenti che espose nel corso della sua vita. Egli salvò suo padre e sua madre e aprì la strada per tutti gli esseri viventi. Un tale uomo può essere definito un figlio ingrato?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        «Le novantacinque scuole dei brahmani furono le sole ad accusare il Budda di avere un comportamento non filiale. Disobbedendo agli ordini del padre e della madre ed entrando nel regno dell’incondizionato, egli fu in grado di condurli alla salvezza e dimostrò di essere un vero modello di pietà filiale.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          «Quanto a Puro Forziere e Puro Occhio, il loro padre, il re Ornamento Meraviglioso, aderiva agli insegnamenti non buddisti e si opponeva a quelli del Budda, ma i suoi due figli ed eredi, disobbedendo al padre, divennero discepoli del Budda Re del Suono della Nuvola Tonante e alla fine furono in grado di convertire il padre che divenne il Budda Re dell’Albero di Sal87. Perciò chi può affermare che furono figli indegni?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            «Un passo di un sutra afferma: “Rinunciando ai propri obblighi per entrare nella vita buddista, una persona può veramente ripagare tali debiti di gratitudine fino in fondo”88. Quindi, chi si libera da tutti i legami di amore e obbligo in questa vita ed entra nel vero sentiero del Buddismo, è una persona che conosce realmente il significato della gratitudine.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              «Inoltre, io so meglio di te quanto è profondo il debito che abbiamo verso il sovrano. Se desideri ripagare i suoi favori, devi ammonirlo dal profondo del cuore e consigliarlo con vigore. Obbedire agli ordini del sovrano anche quando sono ingiusti è un’espressione di totale servilismo e il massimo della slealtà.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                «Il re Chou della dinastia Yin era un cattivo sovrano e Pi Kan era il suo leale ministro. Quando questi si accorse che il governo del re era ingiusto, lo ammonì severamente. Come risultato il petto di Pi Kan fu squarciato, ma dopo la sua morte il re Chou fu spodestato dal re dei Chou. Ancor oggi Pi Kan è ricordato come un fedele ministro mentre il re Chou è conosciuto come un cattivo sovrano.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  «Kuan Lung-feng venne decapitato per aver ammonito il sovrano, il re Chieh della dinastia Hsia. Ma il re Chieh è noto per essere stato un cattivo sovrano, mentre Kuang Lung-feng è ricordato come un fedele ministro. Ci è stato insegnato che se uno ammonisce il sovrano tre volte e il suo consiglio non viene ascoltato, egli si deve ritirare nelle foreste sulle montagne89. Perché rimani in silenzio vedendo i suoi errori?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    «Ho raccolto alcuni esempi di saggi dell’antichità che abbandonarono il mondo per ritirarsi nelle foreste sulle montagne. Apri i tuoi orecchi ottusi e ascolta un momento! Durante la dinastia Yin, T’ai-kung Wang si ritirò in una valle chiamata P’o-ch’i; durante la dinastia Chou, Po I e Shu Ch’i si nascosero sul monte Shou-yang; Ch’i Li-chi90 della dinastia Ch’in si ritirò sul monte Shang; Yen Kuang91 della dinastia Han visse in una capanna solitaria; e Chieh Tzu-sui92 dello stato di Chin divenne un eremita sul monte Mien-shang. Dobbiamo definirli sleali per questo? Chi lo facesse sarebbe un pazzo! Se capisci cosa significa essere leale, ammonisci il sovrano, e se vuoi essere filiale, devi parlare!

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      «Prima hai detto che coloro che aderiscono agli insegnamenti provvisori e alle scuole che si basano su di essi sono molto numerosi, mentre quelli che seguono questa scuola sono pochi, e mi domandi perché si debbano abbandonare gli insegnamenti preferiti dai molti e accettare quelli preferiti dai pochi. Ma i molti non sono necessariamente degni di rispetto, né i pochi meritevoli di disprezzo.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        «Le persone sagge e buone sono rare, mentre gli sciocchi e i malvagi sono numerosi. Il ch’i-lin è la più nobile e bella fra le bestie e la fenice lo è fra gli uccelli, eppure ne esistono pochissimi esemplari. D’altra parte le vacche e le pecore, i corvi e i piccioni sono tra gli animali più umili e di poco conto, ma ve ne sono moltissimi. Se i molti sono sempre rispettabili e i pochi disprezzabili, allora si dovrebbe preferire una pecora o una vacca a un ch’i-lin, oppure scegliere un corvo o un piccione invece di una fenice?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          «Il gioiello mani e il diamante sono le pietre preziose più meravigliose. Queste gemme sono rare, mentre cocci e detriti, zolle di terra e sassi sono tra gli oggetti più inutili e allo stesso tempo più abbondanti. Se fosse come dici tu, si dovrebbero scartare i gioielli preziosi e accontentarsi di cocci e detriti? Sarebbe insensato!

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            «Un sovrano santo è una cosa rara, appare ogni mille anni, un bravo ministro compare una volta ogni cinquecento anni. Il gioiello mani è così raro che ne abbiamo solo sentito parlare e chi ha mai visto veramente un ch’i-lin o una fenice? Sia nel mondo secolare che in quello religioso le persone buone sono rare, mentre quelle malvagie sono numerose. Perché insisti a disprezzare i pochi e a tenere in gran conto i molti? La terra e la sabbia sono abbondanti, ma il riso e gli altri cereali sono rari; la corteccia degli alberi è disponibile in grande quantità, ma i tessuti di canapa e seta sono difficili da trovare. Dovresti anteporre a tutto la verità della dottrina e non basare il tuo giudizio sul numero degli aderenti».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              A questo punto l’uomo non illuminato si levò dalla sua stuoia in segno di rispetto, si aggiustò le maniche e disse: «Ho ascoltato ciò che hai detto riguardo ai princìpi dei sacri insegnamenti. È più difficile nascere esseri umani che gettare un filo dal cielo e farlo passare attraverso la cruna di un ago posto in fondo al mare; è più raro che una persona possa ascoltare la Legge del Budda che per una tartaruga con un occhio solo riuscire a trovare un tronco galleggiante [con una cavità che si adatti alle sue dimensioni]. Ora sono nato nel regno umano, cosa difficile da raggiungere, e ho avuto il privilegio di udire gli insegnamenti del Budda che raramente è dato ascoltare. Se trascorro questa vita senza fare nulla, in quale esistenza potrò liberarmi dalle sofferenze di nascita e morte e ottenere l’illuminazione?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                «Le ossa che mi sono lasciato dietro nelle esistenze che si sono succedute nel corso di un kalpa superano l’altezza di una montagna, ma finora non ho sacrificato un solo osso per la Legge del Budda. Nel corso di queste innumerevoli esistenze ho versato più lacrime per amore e riconoscenza di quanta acqua c’è nel mare, ma non ho mai versato una sola lacrima per le mie esistenze future. Sono il più stupido degli stupidi, veramente un pazzo tra i pazzi! A costo di sacrificare la mia vita e distruggere questo mio corpo, entrerò nella via del Budda senza dare grande peso alla mia esistenza, per contribuire all’ottenimento dell’illuminazione di mio padre e mia madre ed evitare alla mia umile persona le catene dell’inferno. Ti prego di insegnarmi precisamente. Come deve comportarsi una persona che prende fede nel Sutra del Loto? Delle cinque pratiche, quale devo svolgere per prima? Istruiscimi per favore sui tuoi degni insegnamenti!».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Il santo rispose: «Ti sei intrattenuto con un amico nella stanza delle orchidee e ti sei raddrizzato come l’artemisia che cresce fra la canapa93. Un albero spoglio non è mai veramente spoglio perché all’arrivo della primavera si ricopre di gemme. Un campo brullo non è mai veramente tale, infatti con l’arrivo dell’estate tornerà fresco e verde. Se ti sei pentito dei tuoi precedenti errori e sei pronto ad abbracciare la dottrina corretta, sicuramente potrai nuotare nelle calme profondità [del nirvana] e dimorerai a tuo agio nel palazzo dell’incondizionato.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    «Ora, per propagare ampiamente gli insegnamenti del Budda e condurre tutte le persone alla salvezza, prima di tutto bisogna tener conto dell’insegnamento, della capacità delle persone, del tempo, del paese e dell’ordine di propagazione. La ragione è questa: per quanto riguarda il tempo ci sono il Primo, il Medio e l’Ultimo giorno della Legge, e per quanto riguarda gli insegnamenti esistono dottrine hinayana e mahayana. Quanto alla pratica che dev’essere adottata, esistono shoju e shakubuku. È un errore praticare shakubuku quando il tempo richiede shoju, ed è ugualmente sbagliato praticare shoju quando è più appropriato shakubuku. Innanzitutto è necessario stabilire se l’epoca presente richiede shoju o shakubuku.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      «Si pratica shoju quando il Sutra del Loto è diffuso in tutto il paese e non c’è un solo maestro distorto che esponga dottrine errate. Solo allora ti potrai ritirare nelle foreste sulle montagne per meditare o dedicarti alle cinque, alle sei o alle dieci pratiche94. Il tempo in cui è necessario shakubuku è molto diverso: è il tempo in cui molti sutra e insegnamenti diversi tra loro spuntano qua e là come tante orchidee e crisantemi; quando le varie scuole godono di ampio seguito e di una grande fama, il vero e il falso stanno fianco a fianco e Mahayana e Hinayana si contendono la superiorità. In tale epoca bisogna mettere da parte tutto il resto e impegnarsi a correggere coloro che offendono la Legge: questa è la pratica di shakubuku.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        «Chi non capisce questo principio e pratica shoju o shakubuku nel tempo sbagliato, non solo non conseguirà la Buddità, ma cadrà nei cattivi sentieri. Tutto ciò è affermato nel Sutra del Loto e nel Sutra del Nirvana ed è chiaramente sostenuto da T’ien-t’ai e Miao-lo nei loro commentari. Questo è un principio molto importante della pratica buddista.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          «Possiamo paragonare questi due metodi di pratica ai due tipi di governo, civile e militare. Ci sono periodi in cui sono necessari regimi militari e altri in cui è più indicato un governo civile. Quando il mondo è in pace e la calma regna nel paese, le misure civili hanno la precedenza. Ma se i barbari dell’est, dell’ovest, del nord o del sud, animati da mire ambiziose, si sollevano come calabroni, allora occorre dare la precedenza alle misure militari.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            «Se uno, pur comprendendo l’importanza delle arti civili e belliche, non riconosce il tempo e indossa l’armatura e impugna le armi quando tutti i paesi sono in pace e nel mondo non succede niente, commette un’azione sbagliata. D’altra parte chi depone le armi sul campo di battaglia, e prende pennello e calamaio proprio quando i nemici stanno marciando contro il suo sovrano, non sta agendo in accordo con il tempo.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              «I metodi di shoju e shakubuku funzionano allo stesso modo. Quando solo l’insegnamento corretto viene propagato, quando non ci sono dottrine erronee e ­maestri distorti, si può entrare nelle profonde valli e vivere in quiete dedicando il proprio tempo a leggere, recitare, copiare il sutra e a meditare. Questo equivale a prendere pennello e calamaio quando il mondo è in pace. Ma se vi sono scuole provvisorie o persone che offendono l’insegnamento corretto, allora è tempo di mettere da parte ogni altra cosa e dedicarsi a rimproverare l’offesa alla Legge. Questo equivale a impugnare le armi sul campo di battaglia.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                «A questo proposito il Gran Maestro Chang-an nel suo commentario al Sutra del Nirvana afferma: “Nei tempi passati, poiché l’epoca era pacifica e la Legge era diffusa in tutto il paese, era giusto osservare i cinque precetti e non portare bastoni. Oggi questa è un’epoca pericolosa e la Legge è oscurata, perciò è giusto portare bastoni e trascurare i precetti. Nel presente come nel passato, se i tempi sono pericolosi, è corretto portare bastoni. Nel presente come nel passato, se i tempi sono pacifici, è corretto osservare i precetti. Dovreste compiere le scelte più appropriate e non aderire unicamente all’una o all’altra”. Il significato di questo passo è perfettamente chiaro.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  «Nei tempi passati il mondo era onesto, le persone erano rette e non c’erano insegnamenti o dottrine errate. Era possibile pertanto comportarsi in maniera dignitosa e seguire pacificamente le pratiche religiose. Non era necessario ricorrere a bastoni e rimproverare gli altri, né si presentavano occasioni per confutare insegnamenti errati.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    «Ma l’era in cui viviamo è impura. L’insegnamento corretto non può prevalere perché la mente delle persone è distorta e abbondano soltanto gli insegnamenti provvisori e le offese alla Legge. In tempi come questi, non serve leggere, recitare e copiare il Sutra del Loto, né dedicarsi ai metodi e alle pratiche della meditazione. Si deve praticare solo shakubuku e, se una persona ne ha la capacità, deve usare la propria influenza per eliminare le offese all’insegnamento corretto e la propria conoscenza degli insegnamenti per confutare le dottrine errate.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      «Come si è visto, bisogna scegliere nella maniera più appropriata e non seguire soltanto l’uno o l’altro. Perciò dobbiamo osservare il mondo d’oggi e chiederci se nel nostro paese prevale la dottrina corretta oppure se in esso prosperano le dottrine errate.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        «Honen della scuola della Pura terra ha invitato a “scartare, chiudere, ignorare e abbandonare” il Sutra del Loto in favore del Nembutsu; Shan-tao nei suoi scritti ha definito il Sutra del Loto “una pratica diversa” e ha scritto “neanche una persona su mille”, cioè su mille persone che prendono fede in questo sutra nemmeno una raggiungerà l’illuminazione.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          «Kobo della scuola della Vera parola ha scritto che il Sutra del Loto è inferiore anche al Sutra della Ghirlanda di fiori, che è di due gradini inferiore al Sutra di Mahavairochana e l’ha definito un esempio di “teoria puerile”. Shogaku-bo, della stessa scuola, ha dichiarato che il Sutra del Loto non è degno neppure di badare i sandali del Sutra di Mahavairochana e che il Budda Shakyamuni non è degno neanche di fare il mandriano per il Tathagata Mahavairochana.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            «I preti della scuola Zen denigrano il Sutra del Loto paragonandolo a un grumo di saliva sputato dalla bocca, a un dito che indica la luna o a una rete di insegnamenti [che imprigionano le persone]. I preti della scuola hinayana dei Precetti definiscono il Sutra del Loto un insegnamento erroneo, il sermone del demone celeste.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              «Persone come queste non offendono forse l’insegnamento corretto? Non si è mai troppo severi nel condannarli né troppo energici nell’ammonirli!».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                L’uomo non illuminato disse: «Nelle oltre sessanta province del Giappone ci sono molti tipi di persone e una grande varietà di dottrine buddiste. Fra i preti Nembutsu, i maestri della Vera parola, i seguaci degli insegnamenti Zen o dei Precetti non c’è una sola persona che non offenda l’insegnamento corretto. Tuttavia, per quale motivo dovrei criticare gli altri? A mio parere, devo semplicemente coltivare una profonda fede nel cuore e considerare gli errori degli altri come qualcosa che non mi riguarda».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Il santo replicò: «Ciò che dici è giusto e io sarei incline a condividere la tua opinione. Ma esaminando i sutra scopriamo che ci dicono di non risparmiare la nostra vita [per la causa della Legge] e [che si dovrebbe propagare il Buddismo] anche a costo della vita95. Il motivo per cui insegnano questo è che, se propaghiamo i princìpi del Buddismo così come sono esposti nei sutra, senza esitare per paura della gente, in un’epoca in cui molte persone offendono l’insegnamento corretto, invariabilmente appariranno i tre tipi di nemici che in molti casi potranno persino toglierci la vita. Ma, come affermano i sutra, se una persona vede deviazioni dall’insegnamento del Budda e non le denuncia né si appella al sovrano perché intervenga, tradisce gli insegnamenti e non è degno di essere considerato discepolo del Budda.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    «Il terzo volume del Sutra del Nirvana afferma: “Se un buon prete vede qualcuno distruggere l’insegnamento e non se ne cura, non lo rimprovera, lo espelle o lo punisce per la sua offesa, dovresti comprendere che quel monaco sta tradendo l’insegnamento del Budda. Ma se espelle il distruttore della Legge, lo rimprovera o lo punisce, allora questi è un mio discepolo, un vero ascoltatore della voce”.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      «Questo passo significa che, se una persona che sta propagando il corretto insegnamento del Budda sente e vede qualcuno predicare gli insegnamenti dei sutra in maniera errata e non lo rimprovera o, se non è in grado di farlo personalmente, non si rivolge al sovrano perché lo corregga, costui sta tradendo l’insegnamento del Budda. Ma se come indicano i sutra, egli, senza paura degli altri, lo corregge personalmente o si rivolge al sovrano perché intervenga, questa persona può essere considerata un discepolo del Budda e un vero prete.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        «Perciò, per evitare l’accusa di tradire l’insegnamento del Budda, a costo di essere odiato da tutti, io ho dedicato la mia vita al Budda Shakyamuni e al Sutra del Loto mostrando compassione verso tutti gli esseri viventi e denunciando le offese all’insegnamento corretto. Quelli che non comprendono il mio cuore stringono le labbra e mi guardano con occhi furiosi. Se sei veramente preoccupato per la tua vita dopo la morte, non badare alla tua sicurezza e considera la Legge sopra ogni altra cosa. Perciò il Gran Maestro Chang-an afferma: “‘[Un inviato del re … preferirebbe] perdere la vita, piuttosto che nascondere anche una sola parola del suo sovrano’96 significa che il corpo è insignificante mentre la Legge è suprema. Si dovrebbe dare la vita per propagare la Legge”97.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          «Questo passo insegna che, anche a costo di sacrificare la vita, non si dovrebbe tener celato il corretto insegnamento. La ragione è che il corpo è insignificante mentre la Legge è suprema. Anche se il corpo sarà distrutto, ci si deve sforzare di propagare la Legge.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            «Quanto è triste il nostro destino! Chi nasce deve inevitabilmente morire. Si può anche vivere a lungo, ma alla fine non si può sfuggire all’impermanenza. In questo nostro mondo la vita dura al massimo un centinaio d’anni. Riflettendo è solo un sogno dentro un sogno. Persino nel cielo in cui non c’è né pensiero né assenza di pensiero e la vita dura ottantamila anni, nessuno può sfuggire alla legge dell’impermanenza, e anche nel cielo dei trentatré dèi dove la vita dura mille anni, essa infine viene spazzata via dai venti del mutamento e della decadenza. Quanto più triste è il destino degli esseri umani che vivono in questa terra di Jambudvipa, la cui vita è più effimera della rugiada, più fragile di una foglia di banano, più inconsistente delle bolle o della schiuma! Come la luna riflessa nell’acqua non siamo neppure certi di esistere o no; come la rugiada sull’erba possiamo svanire in ogni momento.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              «Chiunque afferri questo principio dovrebbe rendersi conto della grande importanza di preoccuparsi della prossima esistenza. Nell’ultimo periodo del Budda Gioia Crescente, quando il monaco Realizzazione di Virtù propagava l’insegnamento corretto, innumerevoli monaci che violavano i precetti si risentirono e attaccarono questo devoto. Il sovrano, il re Possessore di Virtù, per proteggere il corretto insegnamento, perse la vita combattendo contro questi denigratori, ma rinacque nella terra del Budda Akshobya e divenne il suo principale discepolo. Il re Sen’yo che onorava gli insegnamenti mahayana e aveva punito le offese dei cinquecento brahmani, raggiunse lo stadio di non regressione. Com’è rassicurante sapere che coloro che rispettano i monaci dell’insegnamento corretto e ammoniscono quelli malvagi e in errore ricevono tali benefici!

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                «Ma, se nella nostra epoca seguiamo la pratica di shoju [e non quella di shakubuku], sicuramente cadremo nei cattivi sentieri insieme a coloro che offendono l’insegnamento corretto. Il Gran Maestro Nan-yüeh nella sua opera Le quattro pratiche pacifiche afferma: “Se un bodhisattva protegge le persone malvagie e non le punisce […], quando giungerà al termine della vita cadrà nell’inferno insieme a quelle persone malvagie!”.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  «Questo significa che se un praticante del Buddismo non punisce le persone malvagie che offendono la Legge, ma si dedica interamente alla meditazione e alla contemplazione, senza distinguere tra dottrine corrette ed erronee, tra insegnamenti veri e provvisori, pretendendo invece di essere un modello di compassione, costui cadrà nei cattivi sentieri insieme ai malvagi. Chi non corregge i praticanti della Vera parola, Nembutsu, Zen e dei Precetti che offendono l’insegnamento corretto e invece pretende di essere un modello di compassione incontrerà questo destino».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Allora l’uomo non illuminato, esprimendo in parole la sua intima convinzione, disse: «Ammonire il proprio sovrano e mettere la propria famiglia sulla giusta via è l’insegnamento dei saggi dei tempi antichi, chiaramente indicato nei testi che hai citato: tutte le scritture non buddiste sottolineano questo punto e anche le scritture buddiste concordano pienamente. Vedere il male e non ammonirlo, essere consapevoli di un’offesa e non combatterla, significa andare contro le parole dei sutra e disobbedire ai patriarchi. La punizione per questa offesa è estremamente dura, perciò d’ora in poi mi dedicherò alla fede.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      «Però è veramente difficile mettere in pratica il Sutra del Loto. Puoi spiegarmi se c’è qualche punto essenziale da osservare?».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Il santo replicò: «Vedo che la tua aspirazione alla via è seria e sincera. La cosa essenziale che occorre ai Budda per raggiungere la vera via o illuminazione non è altro che i cinque caratteri di Myoho-renge-kyo. Fu unicamente grazie a questi cinque caratteri che il re Suzudan rinunciò al trono tempestato di gioielli [e conseguì la Buddità] e la figlia del re drago trasformò le sue caratteristiche di rettile [in quelle di un Budda]98.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          «Riguardo a quanta parte del sutra dobbiamo abbracciare, il sutra stesso dice che è sufficiente abbracciare un singolo verso o una singola frase e, riguardo al tempo di pratica [necessario per ottenere l’illuminazione], dice che chi gioisce anche per un solo istante udendolo [è certo di diventare un Budda]. Tutti gli ottantamila insegnamenti nella loro vastità e interezza e le numerose parole e frasi degli otto volumi del Sutra del Loto sono stati esposti unicamente allo scopo di rivelare questi cinque caratteri. Quando il Budda Shakyamuni, sulle nuvole della Montagna Sacra, fra le nebbie del Picco dell’Aquila, riassunse l’essenza della dottrina e l’affidò ai Bodhisattva della Terra, quale insegnamento credi che fosse? Nient’altro che questi cinque caratteri, la Legge essenziale.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            «I seimila fogli99 dei commentari di T’ien-t’ai e Miao-lo, simili a collane di gioielli, e i numerosi rotoli delle esegesi di Tao-sui e Hsing-man paragonabili a tanto oro, non vanno oltre il significato di questo insegnamento. Se davvero temi il regno di nascita e morte e brami il nirvana, se mantieni la fede fino in fondo e aneli alla via, le sofferenze del mutamento e dell’impermanenza non saranno altro che il sogno di ieri, e il risveglio dell’illuminazione diverrà la realtà di oggi. Se solo reciti Nam-myoho-renge-kyo quale colpa non potrà essere cancellata? Quale fortuna non verrà concessa? Questa è la verità ed è estremamente profonda. Devi credervi e accettarla».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              L’uomo non illuminato, congiungendo i palmi delle mani e inginocchiandosi rispettosamente, disse: «Queste tue inestimabili parole mi hanno profondamente commosso e i tuoi insegnamenti hanno risvegliato la mia mente. Eppure, per il principio che le cose superiori contengono quelle inferiori, il largo dovrebbe includere lo stretto e il molto comprendere il poco. Considerando che i cinque caratteri che hai menzionato sono pochi, mentre le parole del testo del sutra sono molte, che il daimoku, o titolo, del Sutra del Loto è stretto, mentre gli otto rotoli che lo costituiscono sono molto larghi, come potrebbero portare uguali benefici?».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Il santo disse: «Quanto sei stolto! Il tuo attaccamento all’idea di abbandonare il poco in favore del molto è più alto del monte Sumeru, e la tua convinzione che lo stretto è disprezzabile e il largo sia da onorare è più profonda del grande mare! Nel corso della nostra discussione ho già dimostrato che il molto non è necessariamente degno di rispetto e che il poco non è necessariamente disprezzabile. Ora ti spiegherò ulteriormente come il piccolo possa comprendere il grande e l’uno essere superiore ai tanti.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  «Il seme dell’albero di nyagrodha, sebbene sia la terza parte di un seme di senape, ha la virtù di ospitare in sé cinquecento carri100. Non è questo il caso del piccolo che contiene il grande? Il gioiello che esaudisce i desideri, pur essendo uno, è capace di far piovere diecimila tesori senza che ne manchi alcuno. Non è questo il caso del poco che supera il tanto? Il popolare proverbio dice che “uno è la madre di diecimila”. Non comprendi questi princìpi? La cosa importante è che la dottrina sia o non sia conforme al principio del vero aspetto di tutte le cose. Non essere ciecamente attaccato al problema dei tanti o dei pochi!

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    «Poiché sei così stolto, consentimi di chiarire il concetto con un’analogia. Myoho-renge-kyo è la natura di Budda di tutti gli esseri viventi. La natura di Budda è la natura del Dharma e la natura del Dharma è l’illuminazione. La natura di Budda posseduta da Shakyamuni, Molti Tesori e i Budda delle dieci direzioni; da Pratiche Superiori, Pratiche Illimitate e dagli altri Bodhisattva della Terra; da Virtù Universale, Manjushri, Shariputra, Maudgalyayana e dagli altri; dal grande Brahma e dal signore Shakra, dalle divinità del sole e della luna, dalla stella del mattino, dalle sette stelle dell’Orsa Maggiore nel cielo del nord, dalle ventotto costellazioni e le sterminate altre stelle, dagli dèi celesti e terreni, dai draghi, dagli otto tipi di esseri non umani e dagli esseri umani e celesti raccolti nella grande assemblea per ascoltare la predicazione del Budda; dal re Yama – in breve da tutti gli esseri viventi del regno ove non c’è né pensiero né assenza di pensiero, da sopra le nuvole fin giù nelle fiamme delle profondità dell’inferno – la natura di Budda che tutti questi esseri posseggono viene chiamata con il nome di Myoho-renge-kyo. Quindi, quando recitiamo una volta queste parole del daimoku, richiamiamo intorno a noi la natura di Budda di tutti gli esseri viventi e in quel momento verranno richiamati e si manifesteranno i tre corpi della natura del Dharma che esistono in noi: il corpo del Dharma, il corpo di ricompensa e il corpo manifesto. Questo si chiama “conseguire la Buddità”. Per chiarire con un esempio, quando un uccello in gabbia canta, i molti uccelli che volano in cielo si raccolgono tutti immediatamente intorno a lui e, vedendoli, l’uccello in gabbia si sforza di uscire».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      L’uomo non illuminato disse: «Mi hai appena illustrato esaurientemente i benefici del daimoku e il significato della Legge mistica. Vorrei sapere però se sono spiegati così anche nel sutra».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Il santo replicò: «Poiché hai già compreso i princìpi, non c’è una reale necessità di domandare su quali passi della scrittura sono fondati. Ma citerò lo stesso un passo del sutra, come mi chiedi.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          «Nell’ottavo volume del Sutra del Loto, nel capitolo “Dharani”, il Budda dice: “Se voi proteggerete coloro che accettano e sostengono anche soltanto il nome del Sutra del Loto, il vostro merito sarà immenso”101. In questo passo il Budda loda la Madre dei Fanciulli Demoni e le dieci fanciulle demoni per il loro voto di proteggere i devoti del Sutra del Loto, dicendo che i benefici che derivano dal voto di proteggere chi abbraccia il daimoku del Sutra del Loto sono persino al di là del potere di comprensione della saggezza del Budda, che permea completamente le tre esistenze. Benché non ci sia nulla che la saggezza del Budda non possa comprendere, qui il Budda afferma che i benefici derivanti dall’accettare e abbracciare il daimoku del Sutra del Loto sono l’unica cosa che tale saggezza non può misurare.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            «Tutti i benefici dell’intero Sutra del Loto sono contenuti solamente nei cinque caratteri di Myoho-renge-kyo. Mentre le parole degli otto volumi del Sutra del Loto differiscono a seconda del contenuto dei ventotto capitoli, i cinque caratteri del daimoku rimangono sempre uguali. Per chiarire, nei due caratteri del nome “Giappone”, sono incluse più di sessanta province e le due isole. C’è qualche distretto, o qualche provincia, che non sia compreso in questo nome?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              «Se si pronuncia la parola “uccelli”, la gente sa che si parla delle creature che volano nel cielo; se si dice “bestie”, la gente capisce che ci si riferisce agli animali che camminano sulla terra. Come finora descritto, i nomi hanno grande importanza in tutte le cose. Questo è ciò che intendeva il Gran Maestro T’ien-t’ai quando diceva che i nomi comunicano la natura propria di una cosa mentre le frasi descrivono come essa differisca da altre cose, o che i nomi designano il carattere fondamentale di una cosa.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                «Inoltre, i nomi hanno la virtù di richiamare le cose a cui si riferiscono e, a loro volta, le cose hanno funzioni che si accordano al loro nome. Così anche il nome o daimoku del Sutra del Loto ha il potere [di richiamare la natura di Budda a cui si riferisce]».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  L’uomo non illuminato disse: «Se è come dici tu, i benefici del daimoku sono davvero immensi. Però saranno diversi a seconda che si comprenda o meno il significato del daimoku. Io sono un uomo che porta arco e frecce e si dedica alla professione delle armi, non conosco la vera natura degli insegnamenti buddisti. Come può uno come me ottenere profondi benefici?».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Il santo replicò: «Per il principio della perfetta e immediata illuminazione, non c’è alcuna differenza essenziale tra i primi e gli ultimi stadi della pratica: nel primo stadio della fede sono contenuti i meriti degli stadi successivi. Poiché una pratica include tutte le pratiche, non c’è beneficio che non vi sia incluso.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      «Se le cose stessero come dici tu e non si potesse ottenere fortuna se non dopo aver compreso la verità del Buddismo, allora nessuno, a partire dai bodhisattva giunti allo stadio di illuminazione quasi perfetta per scendere fino a coloro che si trovano allo stadio di udire il nome e le parole della verità, sarebbe in grado di ottenere alcuna fortuna. La ragione di ciò è che, come dice il Sutra del Loto, la verità può essere compresa solo “tra Budda”102.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        «Nel capitolo “Parabola e similitudine” del Sutra del Loto il Budda dichiara: “Tu stesso, Shariputra, nel caso di questo sutra sei riuscito ad accedervi solo grazie alla fede. A maggior ragione gli altri ascoltatori della voce”103.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          «In questo passo egli dice che persino il grande saggio Shariputra è stato in grado di varcare la soglia della comprensione del Sutra del Loto con la fede e non con il potere della sua saggezza. A maggior ragione ciò vale per gli altri ascoltatori della voce.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            «Quindi, con la predicazione del Sutra del Loto, Shariputra per mezzo della fede riuscì a cancellare l’appellativo di “escluso per sempre dalla Buddità” e seppe che in futuro sarebbe diventato il Tathagata Fiore Splendente.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              «È come nel caso di un bambino al quale sia dato del latte da bere: anche se il bambino non comprende il sapore del latte, bevendolo crescerà naturalmente. Similmente quando un medico dà una medicina a un malato, se il malato la prende anche senza conoscerne l’origine e la natura, la malattia guarirà naturalmente. Ma se rifiuta di prenderla obiettando che non ne conosce l’origine, credi che la sua malattia possa mai essere curata? Sia che conosca o no la medicina, se la prende verrà comunque curato.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                «Il Budda è stato chiamato un abile medico, la Legge è stata paragonata alla buona medicina e tutti gli esseri viventi a dei malati104. Il Budda ha raccolto tutti gli insegnamenti impartiti nel corso della sua vita, li ha macinati, setacciati, mescolati e ha preparato un’ottima medicina, la pillola della Legge mistica. A prescindere dalla comprensione, chi prende questa pillola come può non guarire dalla malattia delle illusioni e dei desideri? Sebbene il paziente non conosca la medicina o non conosca la natura della sua malattia, se prende la medicina non può non guarire.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  «Lo stesso accade a chi pratica il Sutra del Loto: sebbene non capisca i princìpi del Buddismo e non sappia che sta soffrendo a causa delle illusioni e dei desideri, basta che abbia fede e riuscirà senza dubbio a liberarsi simultaneamente dalle malattie delle tre categorie di illusioni: le illusioni del pensiero e del desiderio, le illusioni innumerevoli come i granelli di polvere e di sabbia, e le illusioni sulla vera natura dell’esistenza. Raggiungerà la Terra della Ricompensa Effettiva e della Luce Tranquilla e farà risplendere i tre corpi di un Tathagata che possiede intrinsecamente.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    «Perciò il Gran Maestro Dengyo dice: “Né il maestro né i discepoli devono sottoporsi a innumerevoli kalpa di pratiche austere per conseguire la Buddità. Grazie al potere del Sutra del Loto della Legge meravigliosa, possono farlo nella loro forma presente”105. Questo significa che sia il maestro che espone i princìpi del Sutra del Loto, sia il discepolo che riceve il suo insegnamento, in breve tempo conseguiranno insieme la Buddità grazie al potere del Sutra del Loto.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      «Il Gran Maestro T’ien-t’ai produsse trenta volumi di commento al Sutra del Loto: Il significato profondo del Sutra del Loto, Parole e frasi del Sutra del Loto e Grande concentrazione e visione profonda. Il Gran Maestro Miao-lo compose trenta volumi di note sulle opere di T’ien-t’ai: Annotazioni su “Il significato profondo del Sutra del Loto”, Annotazioni su “Parole e frasi del Sutra del Loto” e Annotazioni su “Grande concentrazione e visione profonda”. Complessivamente questi lavori sono noti come “i sessanta volumi della scuola T’ien-t’ai”.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        «Nel Significato profondo T’ien-t’ai stabilì i cinque princìpi maggiori di nome, entità, qualità, funzione e insegnamento e, alla luce di questi, spiegò il potere e l’efficacia dei cinque caratteri di Myoho-renge-kyo. Descrivendo il terzo dei cinque princìpi maggiori, la qualità del Sutra del Loto, egli scrive: “Quando si tira la corda principale di una rete, non c’è alcuna maglia che non si muova e, quando si solleva un lembo del vestito, non c’è filo del vestito che non si sollevi”. Il significato di questo passo è che, con la sola pratica della fede in Myoho-renge-kyo, non ci sono benefici che non si ottengano, e non c’è buon karma che non cominci a operare. È come il caso della rete da pesca: benché la rete sia composta di innumerevoli piccole maglie, quando si tira la corda principale della rete, non c’è una maglia che non si muova. O come il caso di una veste: sebbene la veste sia fatta di innumerevoli fili sottili, quando se ne solleva un lembo, non ci sono fili che non siano sollevati.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          «In Parole e frasi T’ien-t’ai spiega una per una le parole e frasi contenute nel Sutra del Loto, dalla prima frase: “Questo è ciò che io ho udito” fino alle ultime parole “si inchinarono rispettosamente e si accomiatarono”, secondo quattro criteri: cause e condizioni, insegnamenti correlati, insegnamento transitorio e originale, e osservazione della mente106.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            «Inoltre, in Grande concentrazione e visione profonda, egli espone la meditazione sulla regione dell’insondabile, cioè sui tremila regni in un singolo istante di vita, basata sulla sua profonda comprensione del Sutra del Loto. Questa è una pratica che deriva dall’illuminazione originale del Budda e una verità inerente al proprio essere. Ma non mi addentrerò in dettagli su questo punto.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              «Quale occasione per rallegrarsi! Seppure nati in un’epoca malvagia, macchiata dalle cinque impurità, siamo riusciti a vedere e ascoltare le vere parole dell’unico veicolo. Si legge che chi ha piantato tante radici di fortuna [sotto altri Budda] quanti sono i granelli di sabbia dell’Hiranyavati o del Gange può incontrare questo sutra e aver fede in esso107. Ora tu hai risvegliato la mente che gioisce nella fede anche per un singolo istante e, senza dubbio, proprio come una scatola e il suo coperchio combaciano, la tua fede evocherà la risposta compassionevole del Budda, unendosi [a essa] in un’unica via».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                L’uomo non illuminato chinò la testa, congiunse le mani e disse: «D’ora in poi accetterò e abbraccerò il re dei sutra, il Loto dell’unica verità, e prenderò come mio vero maestro il Budda, l’unico degno d’onore nel triplice mondo. Da adesso, col mio attuale corpo di essere comune, fino a quando avrò ottenuto il corpo di un Budda, non abbandonerò mai questa fede. Anche se le nuvole dei cinque peccati capitali si addensassero su di me, mi sforzerò di emulare l’esempio di Devadatta nel conseguire la Buddità. Anche se le onde delle dieci azioni malvagie mi colpissero, continuerò a desiderare di essere simile a coloro che strinsero un legame col Sutra del Loto ascoltando i principi predicare»108.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Il santo disse: «Il cuore umano è come l’acqua che assume la forma del recipiente e la natura degli esseri fluttua come il riflesso della luna sulle onde. Adesso tu dici di avere una fede salda, ma in seguito cambierai certamente idea. Se i diavoli e i demoni venissero a tentarti, non dovrai farti distrarre. Il demone celeste odia la Legge del Budda e i non buddisti avversano il sentiero degli insegnamenti buddisti. Ma tu devi essere come una montagna dorata che risplende più luminosa quando viene raschiata dal cinghiale, come il mare che accoglie tutti i corsi d’acqua, come il fuoco che brucia più alto quando vengono aggiunti ceppi o come l’insetto kalakula che diventa più grande quando soffia il vento. Se segui questi esempi, come potrebbe il risultato non essere positivo?».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Cenni Storici

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Si ritiene che questo trattato sia stato scritto nel secondo anno dell’era Bun’ei (1265). Il destinatario rimane sconosciuto, ma verso la fine del testo l’uomo non illuminato si riferisce a se stesso come «un uomo che porta arco e frecce e si dedica alla professione delle armi», e ciò fa pensare che possa trattarsi di un samurai.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Lo scritto è diviso in due parti e si presenta perlopiù in forma di domanda e risposta. Il “santo” indicato dal titolo è il devoto del Sutra del Loto, o Nichiren Daishonin stesso, mentre “l’uomo non illuminato” rappresenta tutte le persone comuni dell’Ultimo giorno della Legge. Nella prima parte, l’uomo non illuminato, che ha compreso l’impermanenza della vita e sta ricercando la verità, riceve, una dopo l’altra, le visite di un prete della scuola dei Precetti, di un credente laico della scuola della Pura terra, di un praticante della scuola della Vera parola, e di un prete della scuola Zen. Attraverso le loro conversazioni, il Daishonin descrive gli assunti principali delle quattro maggiori scuole buddiste del suo tempo.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Il primo visitatore, il prete della scuola dei Precetti, asserisce che gli insegnamenti riguardanti i precetti sono i più importanti tra gli ottantamila insegnamenti sacri del Buddismo. Cita come esempio Ryokan, capo dei preti del tempio di Gokuraku, esortando l’uomo non illuminato a osservare i cinque precetti e i duecentocinquanta precetti e a dedicarsi a opere di carità come Ryokan.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Il visitatore successivo, un credente della Pura terra, loda l’insegnamento Nembutsu che permette di rinascere nella Pura terra del Budda Amida e in tal modo poter ottenere l’emancipazione dalle sofferenze di nascita e morte, e asserisce che anche coloro che si rendono colpevoli delle dieci azioni malvagie e dei cinque peccati capitali possono rinascere nella Pura terra invocando il nome di questo Budda.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      È poi la volta del praticante della scuola della Vera parola, il quale dichiara che anche la più profonda tra le dottrine degli insegnamenti essoterici è solo un’introduzione agli insegnamenti esoterici. Spiega, infatti, che gli insegnamenti essoterici furono esposti da Shakyamuni, il Budda dal corpo manifesto, in accordo con le capacità dei suoi discepoli, mentre quelli esoterici sono stati predicati spontaneamente da Mahavairochana, il Budda dal corpo del Dharma, per la sua infinita gioia della Legge. Esorta quindi l’uomo non illuminato a scartare gli insegnamenti essoterici per prender fede nei più profondi insegnamenti esoterici.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      L’ultimo a presentarsi è un prete mendicante Zen, che paragona tutti i sutra a un dito che indica la luna e denuncia come insensate le dottrine in essi contenute, esortando l’uomo non illuminato a sedere in meditazione per percepire la vera natura della sua mente in accordo con “l’insegnamento senza parole” dello Zen.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Turbato dalle contraddizioni riscontrate in ciò che ascolta e determinato a scoprire quale sia l’insegnamento corretto, l’uomo non illuminato decide di intraprendere un viaggio alla ricerca di un maestro che possa chiarirgli la questione. Dopo aver visitato vari templi, finalmente incontra un “santo” che abbraccia il Sutra del Loto. Il titolo Conversazione fra un santo e un uomo non illuminato si riferisce al successivo dialogo che si svolge tra i due. L’uomo non illuminato confessa che, pur avendo ascoltato gli insegnamenti della scuola dei Precetti, Nembutsu, della Vera parola e Zen, non è riuscito a comprenderne il valore. In risposta, il santo dichiara che le dottrine di quelle quattro scuole sono la causa per rinascere nei sentieri malvagi, perché si basano su insegnamenti provvisori, mentre solo il vero insegnamento del Sutra del Loto permette a tutte le persone, senza eccezioni, di conseguire la Buddità.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      La comparazione tra gli insegnamenti provvisori e quello vero rappresenta il fulcro di questo trattato. Il santo refuta i precetti delle scuole basate su insegnamenti provvisori e cita passi dei sutra per dimostrare come la supremazia del Sutra del Loto venga attestata dallo stesso Budda Shakyamuni.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      La sua confutazione delle dottrine Nembutsu e della Vera parola conclude la prima parte del trattato, quella dello Zen apre la seconda parte.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      L’uomo non illuminato è ormai convinto della validità del Sutra del Loto, ma esita ancora ad abbracciarlo per un senso di lealtà e pietà filiale, sostenendo che tutti, dal signore alla gente comune, hanno fede in altre scuole e che i suoi stessi genitori e i suoi antenati abbracciavano gli insegnamenti della Pura terra.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Il santo replica che il modo migliore per ripagare i propri debiti di gratitudine nei confronti dei genitori e del sovrano è quello di abbracciare l’insegnamento buddista corretto, così da guidare anche loro alla salvezza. Inoltre, osserva, si dovrebbero giudicare gli insegnamenti buddisti per il loro valore e non per la loro diffusione.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Il santo spiega poi che esistono due modalità di propagazione nella pratica buddista, shoju e shakubuku, che dipendono dal tempo: l’epoca attuale, in cui prosperano insegnamenti distorti, è quella in cui si deve svolgere la pratica di shakubuku.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      A questo punto l’uomo non illuminato decide di abbracciare il Sutra del Loto e il santo gli rivela che l’essenza del sutra risiede nei cinque caratteri di Myoho-renge-kyo che ne costituiscono il titolo.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Myoho-renge-kyo, egli spiega, è la natura di Budda inerente a tutte le forme di vita. Quando si recita Nam-myoho-renge-kyo, la natura di Budda inerente a tutti gli esseri viventi viene richiamata e, simultaneamente, la Buddità emerge dalla propria vita. Anche senza una profonda comprensione degli insegnamenti buddisti è possibile manifestare la Buddità nella propria forma presente. Il santo conclude esortando l’uomo non illuminato a mantenere la fede per tutta la vita, senza mai vacillare nella sua determinazione.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Note

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      1. L’originale giapponese può anche essere tradotto: «Possiamo spaventarci al pensiero dell’ignoto e disperarci per la brevità del mondo a noi familiare».
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      2. Chuang Tzu, “La conoscenza si diresse a nord”: «La vita dell’uomo tra il cielo e la terra è come il passaggio di un puledro bianco intravisto da una fessura nel muro – oplà! – ed è finita».
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      3. Si riferisce ai grandi terremoti, inondazioni e altri disastri che si verificarono durante l’era Shoka (1257-1259), causando la morte di molte persone.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      4. Re di Ch’u: re Huai (r. 328-299 a.C.). Egli ebbe in sogno un incontro romantico con una dea. Prima di lasciarlo, ella disse che gli sarebbe sempre rimasta accanto sotto forma di nuvoletta al mattino e di pioggia la sera.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      5. Liu: Liu Ch’en, uomo vissuto nell’era Yung-p’ing (58-75 d.C.) durante il regno dell’imperatore Ming, si smarrì sul monte T’ien-t’ai dove incontrò un essere immortale di sesso femminile con cui visse in beatitudine. Quando, dopo sei mesi, Liu Ch’en fece ritorno a casa, era trascorso tanto tempo che si ritrovò a vivere fra i suoi discendenti della settima generazione.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      6. Non si conosce con certezza l’identità del poeta al quale fa riferimento il Daishonin. Il verso a cui egli allude sottintende che il poeta, essendo un umile taglialegna e quindi ignorante in materia di religione, spera di non dover affrontare grandi sofferenze nel corso della vita.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      7. L’inferno di calore bruciante e il grande inferno di calore bruciante: il sesto e il settimo degli otto inferni caldi; l’ottavo è l’inferno della sofferenza incessante.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      8. L’inferno del loto scarlatto e il grande inferno del loto scarlatto: il settimo e l’ottavo degli otto inferni freddi. In questi due inferni si dice che il gelo sia così intenso da produrre squarci nella carne, facendola assomigliare a fiori di loto scarlatto.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      9. Cinque componenti del corpo e della mente: dette anche cinque componenti della vita o cinque aggregati. Esse sono: forma, percezione, concezione, volizione e coscienza, che si uniscono temporaneamente per formare il singolo essere vivente.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      10. Dopo questo passo introduttivo, il testo continua in terza persona.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      11. Ling Lun: suddito di Huang Ti, detto l’Imperatore Giallo, leggendario sovrano dell’antica Cina. Dotato di udito finissimo, si dice che eccellesse nella musica e fosse in grado di distinguere sottilissime differenze di tono.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      12. Li Chu: chiamato anche Li Lou. Figura leggendaria dell’antica Cina, famoso per la sua vista, così acuta da riuscire a discernere la punta di un capello a cento passi.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      13. Porto di Iijima: l’unico porto che serviva Kamakura al tempo del Daishonin. Dazio di Mutsura: posto di controllo a Mutsura, situato nell’attuale Yokohama, prefettura di Kana­gawa.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      14. Sette strade principali: le sette strade che portavano a Kamakura.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      15. Otto similitudini: paragoni elencati nel Sutra delle Pure regole monastiche, mediante i quali il Budda Shakyamuni sottolineò la superiorità dei precetti mahayana nei confronti di quelli hinayana. Per esempio, i precetti hinayana praticati dagli ascoltatori della voce non producono neanche benefici piccoli come l’impronta di uno zoccolo di vacca, mentre quelli mahayana osservati dai bodhisattva producono benefici vasti come l’oceano.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      16. Diciassette differenze: diciassette motivi per cui i precetti hinayana risultano inferiori a quelli mahayana, elencati nel Sutra delle Pure regole monastiche. Per esempio, a differenza dei precetti mahayana, i precetti hinayana riflettono avversione per il triplice mondo, abitato dagli esseri non illuminati, e disdegno per i benefici.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      17. Sutra del Nirvana.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      18. Una delle cinque meditazioni per estinguere i vari pensieri; la meditazione su un cadavere mirava a estinguere il desiderio sessuale.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      19. Il Daishonin usa un’immagine tratta dal settimo capitolo del Sutra del Loto, “Parabola della città fantasma”, in cui gli insegnamenti provvisori vengono paragonati a una città fantasma fatta apparire magicamente da una guida per permettere al gruppo di viaggiatori esausti di riposare durante il cammino verso il luogo del tesoro (l’unico veicolo del Budda) che è la loro vera destinazione.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      20. I fondamenti per la rinascita nella Pura terra.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      21. Voti originali: i quarantotto voti che il Budda Amida avrebbe pronunciato quando era ancora impegnato nella pratica di bodhisattva come Bodhisattva Tesoro del Dharma.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      22. Il primo voto afferma: «Se, dopo che io avrò conseguito la Buddità, ci sarà nella mia terra un qualsiasi essere dei mondi di inferno, degli spiriti affamati o degli animali, che io non possa ottenere la suprema illuminazione». Pertanto si dice che non esistano esseri dei tre cattivi sentieri nella Pura terra di Amida. Tre tipi di percezione: 1) percepire la verità in quello che si ode; 2) seguire la verità; 3) percepire il vero aspetto delle cose, che trascende nascita e morte.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      23. “Parole insensate e frasi fiorite”: si tratta di una frase usata dal poeta Po Chü-i per descrivere i suoi scritti secolari. Buddisti e confuciani hanno usato spesso questa espressione riferita a opere poetiche o in prosa prive di valore educativo.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      24. Tre sutra esoterici: i sutra di Mahavairochana, della Corona di diamanti e Susiddhikara.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      25. Ventotto patriarchi: coloro che hanno ereditato e trasmesso l’insegnamento di Shakyamuni non esposto a parole, ma comunicato direttamente da una mente all’altra. Il primo è Mahakashyapa, l’ultimo è Bodhidharma, il fondatore dello Zen cinese. I sei patriarchi sono: Bodhidharma, Hui-k’o, Seng-ts’an, Tao-hsin, Hung-jen e Hui-neng.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      26. Buon maestro: lett. zenchishiki = buon amico.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      27. Riferimento all’ultimo dei quattro regni in cui è diviso il mondo della non forma. Il mondo della non forma è la più alta suddivisione del triplice mondo.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      28. Poesia di Fujiwara no Yoshitaka, che compare nella Raccolta di poesie cinesi e giapponesi per il canto, compilata attorno al 1013.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      29. Ono no Komachi: poetessa della metà del nono secolo sulla quale sono fiorite molte romantiche leggende.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      30. Soto’ori Hime: leggendaria donna che compare in Cronache del Giappone e in Cronache degli antichi avvenimenti.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      31. La fonte originale di questa poesia è ignota. Toribe: montagna nei pressi di Kyoto, usata come luogo di cremazione.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      32. Poesia dell’Amministratore del clero Henjo (816-890), che compare nelle Poesie cinesi e giapponesi per il canto.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      33. In altri scritti il Daishonin, seguendo la tradizione, parla del diciannovenne Shakyamuni che lascia il palazzo di suo padre a Kapilavastu. Non si sa perché in questa occasione egli dica che il giovane principe “lasciò la città di Gaya”. Si ritiene che Shakyamuni, una volta lasciata Kapilavastu, si sia diretto subito verso sud a Magadha. Monte Dandaka: montagna che si diceva sorgesse a Gandhara, nell’India settentrionale.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      34. Il Sutra del Loto, cap. 2, p. 90.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      35. Ibidem, cap. 3, p. 131.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      36. Queste parole furono in realtà pronunciate dal Budda Molti Tesori nel capitolo “Torre preziosa” (vedi Il Sutra del Loto, cap. 11, p. 244). Tuttavia, dal momento che anche l’atto dei Budda di estendere la lingua descritto nel capitolo ventunesimo, “Poteri sovrannaturali”, significava confermare la verità del sutra, il Daishonin attribuisce quest’affermazione a tutti i Budda.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      37. Il Sutra del Loto, cap. 3, p. 125.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      38. «Illuminato attraverso la meditazione»: lett. «attraverso le pratiche meditative per raggiungere il samadhi», termine sanscrito che indica l’illuminazione.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      39. Il Sutra del Loto, cap. 2, p. 85.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      40. La frase relativa a questa affermazione è nel commentario di Ssu-ming Chih-li al Sutra della Meditazione sul Budda Vita Infinita.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      41. Ben andato: o Colui che conseguì il suo scopo. Uno dei dieci titoli onorifici del Budda, che sta a indicare colui che è entrato nel mondo dell’illuminazione.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      42. Questa storia compare nel Sutra dell’Inaudita relazione causale. Innumerevoli kalpa fa una volpe cadde in un pozzo mentre fuggiva inseguita da un leone. Sapendo che sarebbe morta di fame, la volpe si risvegliò all’impermanenza di tutte le cose e la espresse recitando un verso. Fu udita da Shakra che discese dal cielo e la onorò come suo maestro.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      43. Nel testo giapponese si legge «erano ritornati» ma potrebbe significare semplicemente “avevano raggiunto”. Il testo originale di questo passo non è più esistente.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      44. Annotazioni su “Il significato profondo del Sutra del Loto”.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      45. Gli eminenti princìpi del Sutra del Loto.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      46. Commentario al Sutra dei Dieci stadi.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      47. Catalogo dell’era K’ai-yüan: Catalogo del canone Buddista dell’epoca K’ai-yüan. Un catalogo completo di testi buddisti in cinese compilato da Chih-sheng e terminato nel 730, diciottesimo anno dell’era K’ai-yüan (713-741) durante il regno dell’imperatore Hsüan-tsung della dinastia T’ang.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      48. Sutra del Percettore dei Suoni del Mondo: un altro nome del capitolo del Sutra del Loto “Percettore dei Suoni del Mondo” che veniva usato anche come sutra indipendente.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      49. Sette peccati capitali: secondo Annotazioni su “Grande concentrazione e visione profonda” di Miao-lo, si tratta dei cinque peccati capitali più l’uccisione di un prete e l’uccisione di un maestro. I “maestri” in questo caso sono Shan-tao e Honen.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      50. Due onorevoli bodhisattva: Percettore dei Suoni del Mondo e Grande Potere.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      51. Izanagi e Izanami: le due divinità, rispettivamente maschile e femminile, considerate dalla mitologia giapponese come i creatori del Giappone e i progenitori delle sue divinità.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      52. Il fiume Mimosuso: un fiume che scorre all’interno del tempio di Ise, dedicato alla Dea del Sole. Il fatto che il fiume Mimosuso continuasse a scorrere indica che la linea imperiale, che ha origine dalla Dea del Sole, non si è mai interrotta.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      53. Il sutra dell’insegnamento sulla meditazione: in realtà non si tratta di un sutra ma di un’opera sui benefici che si ottengono dalla meditazione sul Budda Amida.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      54. Cinque cibi dal forte sapore: i cinque tipi di radici pungenti, cipolla, aglio, zenzero, porro e scalogno. Si diceva che causassero irritabilità, collera o desiderio sessuale ed erano perciò proibiti ai monaci e alle monache buddiste.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      55. I trentasette venerabili: i Budda e bodhisattva che costituiscono la sezione centrale del mandala del regno di Diamante, formato da nove parti.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      56. Tempio Goto (giap. Goto-in): lett. Nuova Sala T’ang. Costruzione che Chisho, quinto capo dei preti dell’Enryaku-ji sul monte Hiei, tempio principale della scuola Tendai, fece erigere nel recinto del tempio Mii (giap. Mii-dera) nella prefettura di Shiga. Il To-in (Sala T’ang), eretto in precedenza per ordine di Jikaku, terzo capo dei preti dell’Enryaku-ji, è chiamato Zento-in (Vecchia Sala T’ang).
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      57. I fondamenti del Sutra di Mahavairochana.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      58. Si riferisce allo stadio della mente umana prima del risveglio della coscienza morale o religiosa, in cui l’uomo, come gli animali, è preda delle passioni e degli istinti.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      59. Ultimo stadio: il supremo stadio nel quale si rivelano gli immensi benefici contenuti nella propria vita attraverso la dottrina segreta del Budda Mahavairochana.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      60. Stadio successivo: indica il decimo e ultimo dei dieci stadi della mente, quello in cui si comprende l’insegnamento esoterico.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      61. Regole dei riti per riverire le reliquie del Budda.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      62. La chiave preziosa della volta segreta.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      63. Vajra (sans.: diamante, folgore) a tre punte: oggetto usato nel Buddismo esoterico della Vera parola. Il racconto è tratto da Biografia del Gran Maestro Kobo: prima di lasciare la Cina, Kobo lanciò in aria un vajra a tre punte. Quando, tornato in Giappone, si recò sul monte Koya per celebrarvi le pratiche esoteriche lo ritrovò fra i rami di un albero.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      64. Agastya: asceta brahmano indiano. I suoi poteri occulti vengono menzionati nel Sutra del Nirvana. Jinu: altro asceta brahmano indiano, menzionato nel Sutra del Nirvana. Chang Chieh: vissuto nella tarda dinastia Han. Secondo La storia della tarda dinastia Han, eccelleva nelle arti occulte taoiste e fece apparire una fitta nebbia che si estese per più di cinque ri cinesi (circa 2 chilometri). Luan Pa: vissuto nella tarda dinastia Han. Secondo le Vite dei santi dai poteri misteriosi, durante un banchetto bevve del vino e lo sputò verso sud-ovest. Egli spiegò di aver agito così per spegnere un incendio scoppiato nella città di Ch’eng-tu, che sorgeva in quella direzione. Da un’indagine risultò che pioggia mista a vino era caduta sulla città spegnendo un incendio che vi era divampato.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      65. Annotazioni su “Il significato profondo del Sutra del Loto”.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      66. In Parole e frasi del Sutra del Loto T’ien-t’ai interpreta i sutra predicati nel passato come gli insegnamenti predicati per oltre quarantadue anni prima del Sutra del Loto; quelli predicati nel presente come il Sutra degli Innumerevoli significati e quelli predicati nel futuro come il Sutra del Nirvana.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      67. Cfr. Sutra degli Innumerevoli significati, p. 17.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      68. Il Sutra del Loto, cap. 10, p. 235.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      69. Ibidem, cap. 11, p. 254.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      70. Ibidem, cap. 14, p. 288.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      71. Ibidem, cap. 23, p. 392.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      72. Vairochana: Budda menzionato nei sutra della Ghirlanda dei fiori, di Mahavairochana e altri. Nel Buddismo esoterico della Vera parola viene identificato col Budda Mahavairochana.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      73. Riferimento alla predicazione del Sutra del Loto.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      74. Quattro tipi di insegnamento: sono l’insegnamento Tripitaka, l’insegnamento di condivisione, l’insegnamento specifico e l’insegnamento perfetto. Qui si afferma che il Sutra di Mahavairochana non è un insegnamento perfetto puro. Vedi otto insegnamenti nel Glossario.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      75. Riferimento ai precetti hinayana.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      76. Riferimento a Kuang-hsiu (771-843), ottavo patriarca nel lignaggio dottrinale della scuola T’ien-t’ai, e Wei-chüan, il suo discepolo più importante.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      77. Zen del Tathagata: la meditazione del Budda come descritta nei sutra. Secondo il Sutra Lankavatara, con questa meditazione si acquistano poteri mistici mediante i quali il Budda può salvare le persone. Zen dottrinale: metodi di meditazione formulati sulla base dei sutra. Zen patriarcale: insegnamento Zen che deriva da Bodhidharma, secondo il quale l’illuminazione viene trasmessa dal maestro al discepolo senza l’ausilio di parole.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      78. Secondo gli insegnamenti della scuola Zen, “non dualità” si riferisce qui all’identità di Budda e persona comune. Il Daishonin afferma che i seguaci dello Zen non comprendono la “dualità”, cioè la differenza tra il Budda risvegliato alla verità fondamentale e le persone comuni che sono ancora illuse rispetto a essa.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      79. Tagliando: si trattava di una tavoletta di legno usata come ricevuta sulla quale veniva apposto un segno di riconoscimento e poi veniva spezzata. Per attestarne l’autenticità, le due metà, in possesso di persone diverse, dovevano combaciare.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      80. Mirakutsu: il nome sanscrito è sconosciuto. Un altro nome della stessa persona è re Dammira, citato nel paragrafo successivo.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      81. Parole e frasi: il Daishonin riformula il passo originale cambiandolo leggermente. “Questo sutra” è il Sutra del Loto.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      82. Tre peccati capitali: tre dei cinque peccati capitali: 1) ferire un Budda; 2) essere causa di disgregazione nell’ordine buddista; 3) uccidere un arhat. Gli altri due sono uccidere la madre e uccidere il padre.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      83. Ciò viene descritto nel dodicesimo capitolo del Sutra del Loto, “Devadatta”.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      84. Meraviglioso testo dell’unico veicolo: il Sutra del Loto.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      85. Sofferenze del fuoco, del sangue e delle spade: le sofferenze dei tre cattivi sentieri, cioè l’inferno, il regno degli animali e il regno degli spiriti affamati.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      86. Foresta di Shinoda: una foresta sul monte Shinoda a Izumi, nella zona di Osaka, famosa per la bellezza del paesaggio.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      87. Questa storia appare nel ventisettesimo capitolo del Sutra del Loto, “Re Ornamento Meraviglioso”.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      88. Sutra della Salvezza grazie agli uomini di fede pura: il sutra è andato perduto, ma è citato nella Foresta di gemme nel giardino della Legge. L’espressione “vita buddista” nel contesto del sutra rappresenta la vita monastica, ma qui viene intesa dal Daishonin come una vita basata sulla Legge mistica.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      89. Questa massima si trova nel Libro dei riti.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      90. Ch’i Li-chi: uno dei Quattro anziani canuti che, per sfuggire ai disordini sociali che caratterizzarono la fine della dinastia Ch’in (221-206 a.C.), si ritirarono sul monte Shang. Quando alla dinastia Ch’in succedette la dinastia Han, gli asceti vennero invitati dall’imperatrice Lü, vedova dell’imperatore Kao-tsu, fondatore della dinastia Han, per svolgere le funzioni di consiglieri del figlio, l’imperatore Hui, successore di Kao-tsu.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      91. Yen Kuang (39 a.C.-41 d.C.): compagno di studi di Liu Hsiu che divenne in seguito l’imperatore Kuang-wu, il primo sovrano della tarda dinastia Han. Quando Liu Hsiu salì al trono, Yen Kuang cambiò nome e si ritirò a vita solitaria. L’imperatore, rimpiangendo la perdita dell’ingegno di Yen Kuang, lo implorò di diventare suo ministro, ma Yen Kuang rifiutò e trascorse il resto dei suoi giorni in solitudine sul monte Fu-ch’un.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      92. Chieh Tzu-sui: seguace del duca Wen nel periodo di Primavera e Autunno (770-403 a.C.), servì il duca in esilio per diciannove anni. Quando il duca Wen riassunse il governo di Chin, offrì ricompense a coloro che lo avevano seguito in esilio, dimenticando però Chieh Tzu-sui. Questi lo rimproverò affermando che le ricompense devono essere dispensate dal cielo e non dagli uomini, quindi si ritirò sul monte Mien-shang.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      93. Lett.: «Intrattenendoti con l’amico della stanza delle orchidee, hai ottenuto la natura del campo di canapa». Amico della stanza delle orchidee: una persona virtuosa. Questa frase significa che la compagnia di una persona virtuosa esercita una buona influenza così come entrando in una stanza piena di orchidee si viene permeati dal loro profumo. Si dice che l’artemisia sostenuta dalle piante di canapa cresca diritta.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      94. Le sei pratiche, menzionate nel Trattato sulla grande perfezione della saggezza, sono: accettare, sostenere, leggere, recitare, insegnare e trascrivere. Le dieci pratiche, esposte nel Sutra del Re celeste Primato di Saggezza, sono: trascrivere, fare offerte, divulgare e trasmettere, ascoltare, leggere, tenere a mente, predicare, recitare, contemplare e praticare con impegno.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      95. Questi ammonimenti appaiono nel Sutra del Loto e nel Sutra del Nirvana.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      96. Sutra del Nirvana.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      97. Annotazioni sul Sutra del Nirvana.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      98. Ciò significa che la figlia del re drago acquisì le trentadue caratteristiche maggiori e gli ottanta segni minori di un Budda.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      99. Seimila fogli: le tre opere maggiori di T’ien-t’ai, Significato profondo, Parole e frasi e Grande concentrazione e visione profonda, e i relativi commentari di Miao-lo.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      100. In Grande perfezione della saggezza si afferma che il nyagrodha, o fico del Banian, è tanto largo da fare ombra a cinquecento carri, anche se il seme dal quale nasce è grande un terzo del seme di senape.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      101. Il Sutra del Loto, cap. 26, p. 423.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      102. Ibidem, cap. 2, p. 66.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      103. Ibidem, cap. 3, pp. 124-125.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      104. Il Daishonin si riferisce alla parabola dell’abile medico nel sedicesimo capitolo del Sutra del Loto, “Durata della vita” (pp. 315-316).
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      105. Eminenti princìpi.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      106. Quattro criteri: quattro criteri di T’ien-t’ai per interpretare le parole e frasi del Sutra del Loto. “Cause e condizioni” significa interpretare parole e frasi del sutra nei termini delle cause e condizioni che portarono il Budda a esporle. “Insegnamenti correlati” significa interpretare parole e frasi del sutra nei termini dei quattro tipi di insegnamento e dei cinque periodi. “Insegnamento transitorio e originale” significa interpretarle alla luce degli insegnamenti transitorio e originale del Sutra del Loto. “Osservazione della mente” è percepire la loro verità nella propria vita attraverso la pratica della meditazione.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      107. Il Daishonin modifica leggermente la formulazione del Sutra del Nirvana, nel quale si afferma che colui in cui si è destata l’aspirazione all’illuminazione sotto la guida di un numero di Budda pari alle sabbie del fiume Hiranyavati sarà in grado di abbracciare un sutra come questo nell’epoca malvagia.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      108. Riferimento ai sedici figli del Budda Grande Saggezza Universale descritto nel settimo capitolo del Sutra del Loto.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      La Biblioteca di Nichiren
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                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      otto per mille
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      nuovo rinascimento
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      buddismo e società
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      volo continuo
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      esperia

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      © Soka Gakkai. © Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai. | Via di Bellagio 2/E 50141 Firenze FI | C.F. 94069310483 | P.I. 04935120487 | Privacy & Cookie Policy.

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