268. La copia del sutra dimenticata
Minobu, Data sconosciuta. Indirizzata a Toki Jonin
Ho incaricato uno dei nostri preti tirocinanti di portarti la tua copia del sutra, che avevi dimenticato quando sei stato qui.
Il Duca Ai dello stato di Lu1 disse: «Alcune persone hanno una spiccata tendenza alla dimenticanza: una volta, un uomo che traslocò in un’altra casa si dimenticò della moglie». Confucio disse: «Alcune persone sono ancor più smemorate. I re tiranni Chieh e Chou si dimenticarono di pensare alla propria sicurezza».
Il venerabile Panthaka2, la persona più smemorata di tutto il continente di Jambudvipa, si dimenticò il suo nome. E l’Onorevole Jonin3 si è dimenticato la sua copia del sutra; forse è la persona più smemorata di tutto il Giappone!
Le persone che avevano formato legami con il Sutra del Loto ai tempi del Budda Grande Saggezza Universale si dimenticarono del gioiello che era stato loro cucito nella veste4 e, per tanti kalpa quanti i granelli di polvere di un sistema maggiore di mondi, vagarono raminghi per i sentieri della povertà. Le persone che avevano ricevuto i semi della Buddità in un passato ancor più remoto dimenticarono la buona medicina che era stata data loro, e continuarono a cadere nelle regioni pericolose dei tre cattivi sentieri dell’esistenza per tanti kalpa quanti i granelli di polvere di infiniti sistemi maggiori di mondi.
Ai nostri giorni gli studiosi delle scuole della Vera parola, Nembutsu, Zen, e dei Precetti hanno completamente dimenticato il vero significato degli insegnamenti del Budda e sono destinati a trascorrere innumerevoli kalpa futuri immersi negli abissi infuocati dell’inferno Avichi. Ma ancor peggiori sono i più smemorati di tutti, i cosiddetti studiosi dell’attuale scuola Tendai e sostenitori del Sutra del Loto, che offendono e diffamano Nichiren, e danno il loro sostegno ai credenti Nembutsu o di altre scuole. Sono come persone che si rivoltano contro i propri genitori o si schierano col nemico, che brandiscono una spada solo per farsi del male. Ma su questo non dirò altro.
Il Bodhisattva Sempre Dolente viaggiò a est, alla ricerca dell’insegnamento della perfezione della saggezza; il ragazzo Buoni Tesori viaggiò a sud per acquisire gli insegnamenti della Ghirlanda di fiori; il ragazzo delle Montagne Nevose sacrificò il suo corpo per conoscere metà di un verso e, per ottenere un singolo verso, l’asceta Aspirazione alla Legge si strappò la pelle.
Ma questi erano grandi uomini, santi del massimo grado. Se indaghiamo sulle loro identità transitorie, scopriamo che essi dimoravano nel primo stadio di sviluppo o nel primo stadio di sicurezza [dei cinquantadue stadi della pratica del bodhisattva]5. E, se esaminiamo le loro vere identità, comprendiamo che avevano ottenuto l’illuminazione quasi perfetta o l’illuminazione perfetta. Anche se i loro corpi potevano essere negli otto inferni caldi, essi avevano piena padronanza della meditazione dell’abisso infuocato6; anche se le loro menti erano negli otto inferni freddi, essi avevano conseguito la condizione vitale della meditazione chiara e fresca. Così né i loro corpi né le loro menti provavano sofferenza. Il caldo e il freddo non avevano alcun effetto su di loro, come una freccia scagliata nel cielo vuoto o una pietra gettata nell’acqua.
Ma adesso tu, Jonin, sei una persona ignorante dell’ultima epoca, una persona comune che deve ancora sradicare le illusioni del pensiero e del desiderio. Il tuo aspetto fisico non è né quello di un laico né quello di un prete, ma di un credente dalla testa rasata; e la tua mente non è né buona né cattiva, è quella di un caprone non del tutto cresciuto. Ciò nonostante avevi una madre amorevole. Al mattino ti recavi a servire il tuo signore e la sera tornavi a casa, dove facevi tutto ciò che era in tuo potere per la tua adorata madre, col pensiero interamente rivolto ai tuoi doveri filiali. Ma, alla fine del mese scorso, tua madre, obbedendo al principio di nascita e morte, ha intrapreso il viaggio verso le Sorgenti Gialle.
Per quanto tu possa essere dispiaciuto, aveva già più di novant’anni ed è naturale che un genitore di quell’età debba lasciare il figlio. Eppure continui a pensare e ripensare che, una volta partita, passeranno i giorni, passeranno i mesi, ma ella non tornerà mai più indietro. In questa terra non hai nessun’altra madre. D’ora in avanti di chi ti prenderai cura?
Immensamente addolorato da questa separazione, hai collocato le ceneri della defunta in un contenitore, te lo sei appeso al collo e, facendo affidamento sui tuoi piedi, ti sei messo in cammino sulla strada maestra e l’hai percorsa tutta, dalla provincia di Shimosa fino a questa provincia di Kai, per un totale di mille ri, andata e ritorno. Tutte le terre che hai attraversato erano colpite dalla carestia, e le montagne e le pianure pullulavano di banditi. Ovunque tu facessi sosta per la notte, il cibo era scarso; eri fisicamente provato, senza aiutanti che ti accompagnassero, e non sapevi mai dove avresti potuto procurarti buoi o cavalli freschi. Davanti a te si ergevano ripide montagne e c’erano molti ampi fiumi tumultuosi da guadare.
Quando scalavi un’alta montagna, la testa sembrava sfiorare il cielo, e quando scendevi in fondo a una valle, i piedi inciampavano nelle nuvole. Non essendo un uccello era difficile farsi strada in luoghi del genere; non essendo un cervo c’erano barriere quasi impossibili da attraversare; avevi gli occhi annebbiati, e i piedi quasi congelati. Le prove che hai dovuto superare erano come quelle del Maestro del Tripitaka Kumarajiva quando attraversò il Pamir e come quelle di En no Ubasoku7 sulle catene montuose di Omine.
E infine sei arrivato in questa valle remota e hai scorto un eremo solitario dal quale il suono della recitazione del Sutra del Loto riecheggiava nel cielo azzurro, e in mezzo a quelle montagne si udivano parole che predicavano l’unico veicolo. Seguendo la guida che ti era stata assegnata, sei entrato nella stanza e, dopo aver collocato i resti di tua madre al sicuro davanti alla sacra immagine del Budda Shakyamuni, il signore degli insegnamenti, esserti inchinato profondamente al suolo in segno di rispetto, aver giunto le mani e aperto gli occhi per rendere omaggio al nobile volto, il tuo corpo si è colmato d’immensa gioia e tutte le sofferenze sono istantaneamente svanite dalla tua mente.
La mia testa, hai pensato, è la testa dei miei genitori, i miei piedi sono i loro piedi, le mie dieci dita sono le loro dieci dita, e la mia bocca è la loro bocca. Io sto a loro come il frutto al seme dal quale proviene, come l’ombra sta al corpo. Quando il Budda Shakyamuni, il signore degli insegnamenti, ottenne l’illuminazione, rese possibile ottenerla anche a suo padre Shuddhodana e a sua madre Maya. Kissen Shishi e Shodai-nyo8, padre e madre del Venerabile Maudgalyayana, conseguirono la Buddità nel suo stesso momento. Riflettendo su questi esempi, hai saputo che anche tua madre sarebbe stata rapidamente libera dagli impedimenti karmici accumulati sin dal tempo senza inizio, e il loto meraviglioso, che è la natura intrinseca della sua mente, avrebbe presto dischiuso i suoi petali.
Poi ti sei dedicato completamente a eseguire i servizi funebri buddisti, e infine sei tornato sano e salvo a casa.
Con profondo rispetto
Al prete laico Toki
Cenni Storici
Toki Jonin aveva perso sua madre alla fine del secondo mese del 1276, e nel terzo mese intraprese il lungo viaggio da Shimosa, luogo in cui abitava, al monte Minobu per far visita al Daishonin, portando con sé le ceneri della defunta. Giunto in quel luogo, vi celebrò le cerimonie funebri per la madre, adempiendo così devotamente i suoi doveri filiali.
Quando ripartì da Minobu, egli dimenticò la copia del Sutra del Loto che aveva portato con sé. Il Daishonin incaricò un discepolo di recapitare a Jonin questa lettera insieme alla copia del sutra dimenticata. Pertanto, anche se la lettera non è datata, si ritiene che sia stata scritta nel 1276.
Nella lettera, Nichiren Daishonin mette in guardia Jonin nei confronti della dimenticanza, e loda la sua fede sincera e la sua devozione filiale nei confronti della madre defunta. Citando alcuni esempi tratti dalla letteratura cinese e buddista sulla dimenticanza, il Daishonin chiama affettuosamente Jonin la «persona più smemorata di tutto il Giappone». Poi, accenna a un tipo ben più serio di dimenticanza: dimenticare il vero significato degli insegnamenti del Budda. A questo proposito, egli menziona i maestri delle scuole buddiste della Vera parola, Nembutsu, Zen e dei Precetti. Ma ancor peggiori, egli afferma, sono gli studiosi della scuola Tendai, basata sul Sutra del Loto, e i loro seguaci, che diffamano il Daishonin e si schierano contro di lui insieme ai credenti Nembutsu e di altre scuole. Il Daishonin li descrive come «i più smemorati di tutti».
Per concludere, il Daishonin loda la devozione di Jonin per avere compiuto il faticoso viaggio fino a Minobu con le ceneri della madre, al fine di celebrarne le onoranze funebri, sottolineando che una tale fede sincera permetterà al figlio e al genitore di conseguire insieme la Buddità.