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85. La storia di Ohashi no Taro

RSND, VOLUME I

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Minobu, 1276. Indirizzata a Nanjo Tokimitsu

Ho ricevuto la veste sfoderata1, il carico di sale, e cinque sho di olio.

    Le vesti proteggono dal freddo e dal caldo, nascondono la nudità e ornano il corpo. Il capitolo “Re della Medicina”, nel settimo volume del Sutra del Loto, dice: «[Come] una veste per chi è nudo»2; ciò vuol dire che chi [incontra questo sutra] sarà felice come una persona nuda che ottiene una veste. Uno dei successori del Budda, chiamato Shanavasa3, nacque indossando una veste. Questo avvenne perché egli in una precedente esistenza aveva offerto una veste al Buddismo. Nel Sutra del Loto si dice: «Gentilezza e pazienza sono la veste»4.

      Sulle montagne K’un-lun non si trovano pietre e sul monte Minobu non c’è sale. Dove non ci sono pietre, le pietre sono più preziose delle gemme e, dove non c’è sale, il sale è più prezioso del riso. Per un re, le gemme sono i ministri della sinistra e della destra5; i ministri della sinistra e della destra sono chiamati “il sale e l’aceto”6. Se mancano miso o sale, è difficile campare, e senza ministri della sinistra e della destra, il paese non si può governare.

        Per quanto riguarda l’olio, il Sutra del Nirvana dice che «nel vento non c’è olio e nell’olio non c’è vento»7; l’olio è la migliore medicina per le malattie causate dal vento.

          Non ci sono parole per la gentilezza che hai dimostrato inviandomi queste cose. In definitiva, non è una dimostrazione della profondità della fede nel Sutra del Loto del defunto Nanjo8? Questo è il significato del detto che un ministro dimostra la sincerità del suo re e un figlio la sincerità di suo padre. Il defunto signore di Nanjo ne sarà felice.

            A Tsukushi viveva un signore feudale chiamato Ohashi no Taro9. Essendo incorso nell’ira dello shogun, fu imprigionato per dodici anni in una cella scavata sul fianco della collina presso la spiaggia di Yui a Kamakura.

              Quando subì l’umiliazione dell’arresto, mentre stava per abbandonare Tsukushi, egli disse alla moglie: «Ho preso arco e frecce per servire il mio signore e non mi lamento di essere incorso nella sua ira. Non so dire quanto sia penoso ora separarmi da te dopo essere stati uniti sin dalla fanciullezza. Ma lasciamo da parte ciò. Quello che rimpiango è di non aver avuto neanche un figlio, né maschio né femmina. Ora tu mi dici di essere incinta e sono avvilito di non poter essere qui a vedere se sarà un maschio o una femmina. Inoltre mi rattrista il fatto che, quando sarà cresciuto, non avrà nessuno da chiamare padre. Vorrei poter fare qualcosa, ma sono impotente». Così dicendo, partì.

                Passarono i giorni e i mesi e, a suo tempo, la moglie dette felicemente alla luce un figlio maschio. Quando il ragazzo ebbe sette anni, lo fece entrare in un tempio sulla montagna, ma gli altri ragazzi suoi compagni ridevano di lui perché non aveva padre. Tornato a casa, egli chiese alla madre notizie del padre, ma la madre non riusciva a parlare e non faceva altro che piangere.

                  Allora il ragazzo la sollecitò dicendo: «Se non ci fosse il cielo, la pioggia non potrebbe cadere; se non ci fosse la terra, le piante non potrebbero crescere. Benché io abbia una madre, senza padre non posso diventare una persona adulta. Perché mi tieni nascosto dove si trova mio padre?».

                    Così sollecitata, la madre replicò: «Non ne ho parlato perché eri troppo giovane. Ma ecco come stanno le cose».

                      Il ragazzo pianse copiosamente, poi chiese: «C’è qualche ricordo di mio padre?».

                        «Ci sono questi» rispose la madre, e gli consegnò un registro degli antenati della famiglia Ohashi e una lettera che il padre stesso aveva scritto per il figlio che era ancora nel grembo materno. Il ragazzo provò un desiderio ancora più struggente per il padre, ma non poteva far altro che piangere. «Che cosa posso fare?» chiese.

                          «Quando egli partì – disse la madre – molti suoi uomini lo accompagnavano, ma, poiché cadde in disgrazia presso il suo signore, tutti lo abbandonarono e si dispersero. Dopo di allora, nessuno mi ha più dato sue notizie e non so se è vivo o morto».

                            Al che il figlio si gettò a terra piangendo e neanche i rimproveri servirono a farlo smettere.

                              Allora la madre disse: «Ti ho mandato al tempio sulla montagna perché tu potessi adempiere ai tuoi doveri filiali. Offri fiori al Budda, leggi un volume del sutra e ripaga il tuo debito di gratitudine».

                                Il ragazzo ripartì immediatamente per il tempio e, senza più pensare di tornare a casa, recitò notte e giorno il Sutra del Loto finché, non solo giunse a leggerlo agevolmente, ma lo imparò anche a memoria.

                                  Quando compì dodici anni, non prese gli ordini, ma si legò i capelli, scappò da Tsukushi e giunse a Kamakura. Recatosi al santuario di Hachiman10, dopo essersi inchinato rispettosamente, disse: «Il Grande Bodhisattva Hachiman fu il sedicesimo imperatore del Giappone e, nella sua identità originale, è il Budda Shakyamuni, il signore degli insegnamenti, che predicò il Sutra del Loto nella pura terra del Picco dell’Aquila11. Per esaudire i desideri di tutti gli esseri, egli si è manifestato come una divinità. Ora esaudisci la mia preghiera: voglio sapere se mio padre è vivo o morto».

                                    All’ora del cane (dalle diciannove alle ventuno) cominciò a recitare il Sutra del Loto e continuò fino all’ora della tigre (dalle tre alle cinque). La sua bella voce infantile echeggiava nella sacra sala del tempio toccando il cuore di coloro che l’udivano. Tutte le persone che erano venute a rendere omaggio, dimenticando di tornare a casa, si adunarono intorno, come al mercato, per vedere chi recitasse e scoprirono che non era un monaco né una donna, ma un ragazzo.

                                      In quel momento, giunse al tempio la signora Kyo-no-nii12. Era venuta evitando di farsi notare dagli altri, ma, poiché la recitazione del sutra era più bella del solito, rimase ad ascoltare fino alla fine. Poi se ne andò, ma era così riluttante ad allontanarsi che lasciò indietro un servitore. Quando riferì la cosa allo shogun, questi convocò il ragazzo e lo mise a recitare il Sutra del Loto nel tempietto adiacente al suo palazzo.

                                        Il giorno seguente al ragazzo fu nuovamente chiesto di recitare il sutra per lo shogun e, proprio allora, si udì un trambusto alla porta occidentale. Si udì chiedere quale fosse la causa e qualcuno sgarbatamente rispose: «Oggi il prigioniero sarà decapitato!».

                                          «Ahimé – pensò il ragazzo – non credo che mio padre sia ancora vivo, ma sentendo dire che qualcuno sarà decapitato, ho la sensazione che si tratti di una mia disgrazia» e gli occhi gli si riempirono di lacrime. Lo shogun lo guardò insospettito e chiese: «Ragazzo, dimmi la verità, chi sei?». Allora il ragazzo raccontò la storia in tutti i particolari e i feudatari maggiori e minori che prestavano servizio, così come le dame nascoste dietro le cortine di bambù, bagnarono le maniche con le loro lacrime.

                                            Lo shogun fece venire Kajiwara13 e ordinò: «Sia condotto qui il prigioniero Ohashi no Taro». Kajiwara osservò: «È stato appena condotto alla spiaggia di Yui per essere decapitato. Probabilmente l’esecuzione sta per essere eseguita proprio ora». A queste parole il ragazzo, benché in presenza dello shogun, si gettò a terra singhiozzando.

                                              «Kajiwara!» disse lo shogun, «Va personalmente più in fretta che puoi e, se l’esecuzione non ha ancora avuto luogo, riconduci il prigioniero con te».

                                                Kajiwara si precipitò alla spiaggia. Prima ancora di giungere sul luogo, urlò di sospendere l’esecuzione. Arrivò quando il carnefice aveva già sguainato la spada pronto a colpire.

                                                  Kajiwara giunse al palazzo conducendo Ohashi no Taro ancora in ceppi e lo fece sedere nel cortile. Lo shogun ordinò che il prigioniero fosse consegnato al ragazzo. Questi scese di corsa nel cortile e sciolse le corde. Ohashi no Taro, non sapendo che quello era suo figlio, non capiva per quale ragione fosse stato risparmiato.

                                                    Quindi lo shogun chiamò di nuovo il ragazzo, gli dette vari regali e, non solo gli restituì Ohashi no Taro, ma anche il feudo originario.

                                                      Lo shogun disse: «Sin dal passato ho sentito parlare del grande potere del Sutra del Loto, ma in due occasioni ne ho avuto la prova personalmente. La prima fu quando il mio defunto padre fu decapitato dal prete laico primo ministro14. Ne fui sconvolto oltre ogni dire e non sapevo a quale divinità o Budda rivolgermi, quando la monaca Myoho15 del Monte Izu mi disse di recitare il Sutra del Loto. Dopo averlo recitato mille volte, giunse il prete Mongaku16 di Takao recando la testa di mio padre e me la mostrò. Dopo di ciò, non solo mi vendicai dei nemici, ma divenni il comandante in capo dei guerrieri di tutto il Giappone. Ciò fu dovuto esclusivamente al potere del Sutra del Loto.

                                                        La seconda occasione è lo straordinario modo in cui questo ragazzo ha salvato suo padre. Io consideravo questo Ohashi no Taro come un individuo assolutamente spregevole e lo avrei fatto decapitare anche a costo di contravvenire a un ordine imperiale. L’odiavo tanto che lo tenni chiuso per ben dodici anni in una cella scavata nella collina. E poi è accaduto questo strano evento! Il Sutra del Loto è veramente meraviglioso! Benché come comandante dei guerrieri abbia commesso un gran numero di azioni riprovevoli, poiché ripongo fede nel Sutra del Loto, credo che mi saranno risparmiate le punizioni». Così parlò, con le lacrime agli occhi.

                                                          Ora, considerando la sincerità delle tue offerte, penso che il defunto signore di Nanjo, benché ti amasse grandemente come suo figlio, non abbia mai immaginato che tu avresti assolto i tuoi doveri filiali attraverso la fede nel Sutra del Loto. Anche ammesso che egli abbia qualche colpa, ovunque si trovi ora, la tua devozione filiale sarà riconosciuta dal re Yama e dai re celesti Brahma e Shakra. Come potrebbero abbandonarlo il Budda Shakyamuni e il Sutra del Loto? La tua devozione non è inferiore a quella del ragazzo che sciolse le corde del padre e mentre sto scrivendo ho le lacrime agli occhi.

                                                            Per quanto riguarda l’imminente attacco dei mongoli, finora non ho avuto notizie. Quando ne parlo, la gente dice che Nichiren si rallegra ogni volta che sente parlare dell’attacco dei mongoli, ma questo è infondato. Poiché ho detto che tale cosa sarebbe accaduta, sono stato attaccato da tutti come un nemico. Ma poiché è scritto nei sutra, i mongoli verranno sicuramente. A prescindere da quanto io possa dire, è inevitabile.

                                                              Io non avevo alcuna colpa, volevo semplicemente salvare il mio paese, eppure nessuno mi ha dato ascolto, anzi sono stato colpito sulla faccia col quinto rotolo del Sutra del Loto17. Lo hanno visto Brahma e Shakra, l’ha visto anche il Grande Bodhisattva di Kamakura Hachiman. Ma ora siamo in un’epoca in cui non si ascoltano gli ammonimenti e così mi sono ritirato a vivere su queste montagne.

                                                                Date le circostanze, pur provando pietà per ognuno di voi, non posso far molto per aiutarvi, ma prego giorno e notte il Sutra del Loto. Oltre a mantenere una salda fede, devi pregare senza risparmiare le forze. La mia determinazione [di salvarvi] non è affatto debole, ma tutto dipende dalla forza della fede di ciascuno.

                                                                  Eppure, temo che alla fine tutte le persone di alto rango del Giappone saranno fatte prigioniere. Che pena, che pena!

                                                                    Con profondo rispetto,

                                                                      Nichiren

                                                                        Il ventiquattresimo giorno del terzo mese intercalare

                                                                          Risposta a Nanjo

                                                                              Cenni Storici

                                                                              Nichiren Daishonin scrisse questa lettera da Minobu, nel terzo mese intercalare del secondo anno di Kenji (1276), per Nanjo Tokimitsu che viveva nel villaggio di Ueno, nella provincia di Suruga. Il padre di Tokimitsu, Nanjo Hyoe Shichiro, era morto nel 1265, quando lui aveva sette anni e sua madre era incinta del fratello, Shichiro Goro. La morte di suo padre e, più tardi, del fratello maggiore, avevano costretto Tokimitsu ad assumere l’incarico di amministratore di Ueno quando era ancora un ragazzo. Quando ricevette questa lettera aveva solo diciotto anni.

                                                                              Nel settimo mese del 1274, subito dopo che il Daishonin si era ritirato a Minobu, Tokimitsu si recò a fargli visita. Lo aveva conosciuto insieme ai suoi genitori quando era ancora un bambino e, dopo quel nuovo incontro, prese a dedicarsi alla fede con grande devozione. Nel primo mese del 1275, Tokimitsu incontrò Nikko Shonin che si era recato a rendere omaggio alla tomba del defunto Nanjo Hyoe Shichiro per conto del Daishonin. Da quel momento si unì a lui, seguendone la guida e sostenendolo nell’attività di propagazione.

                                                                              Ci sono pervenute trenta lettere rivolte a Nanjo Tokimitsu, di cui undici risalenti ai due anni che intercorsero tra il ritiro del Daishonin a Minobu e la presente lettera.

                                                                              Nella parte iniziale il Daishonin loda la sincerità della fede di Tokimitsu, che si esprime nelle sue offerte di un abito sfoderato, sale e olio. Questa serietà, scrive il Daishonin, riflette fondamentalmente la profonda fede del padre di Tokimitsu, il defunto Nanjo, che sicuramente ora gioisce della fede del figlio.

                                                                              Il Daishonin racconta, poi, la storia di Ohashi no Taro e di suo figlio. Ohashi no Taro, un generale del Kyushu discendente del clan Taira, era incorso per qualche motivo nell’ira dello shogun Minamoto no Yoritomo, e per questo venne rinchiuso in una cella a Kamakura per dodici anni. Quando il figlio, spinto dall’ardente desiderio di salvare il padre, recitò il Sutra del Loto, la potenza della sua recitazione spinse Yoritomo a sospendere l’esecuzione e a concedere la grazia a suo padre. Con questa storia, il Daishonin sottolinea che la fede sincera di Tokimitsu è di per sé la più alta espressione di devozione filiale, e salverà sicuramente il suo defunto padre.

                                                                              Nella conclusione il Daishonin accenna alle voci di un’imminente attacco dei mongoli e sostiene che l’unica protezione nei confronti di questa minaccia è una salda fede nel Sutra del Loto. Quindi, pur desiderando ardentemente salvaguardare i suoi seguaci, avverte che è fondamentale che essi stessi sviluppino la propria fede.

                                                                              Note

                                                                              1. Veste sfoderata (giap. katabira): veste corta e sfoderata, per l’estate, di cotone o di seta crespa.
                                                                              2. Il Sutra del Loto, cap. 23, p. 392.
                                                                              3. Shanavasa: ricco abitante di Rajagriha, capitale del Magadha. Fu il quarto dei ventiquattro successori di Shakyamuni. Questo racconto appare nel secondo volume di Storia dei successori del Budda.
                                                                              4. Il Sutra del Loto, cap. 10, p. 239. In questo capitolo si afferma che coloro che desiderano predicare il Sutra del Loto dopo la morte del Tathagata «dovrebbero entrare nella stanza del Tathagata, indossare la veste del Tathagata e sedere sul seggio del Tathagata». La «veste del Tathagata», dice il sutra, «è una mente gentile e paziente» (Ibidem, p. 238). Una mente gentile e paziente permette di sostenere la Legge e di sopportare attacchi e calunnie con calma e cortesia.
                                                                              5. Ministri della sinistra e della destra: funzionari della corte imperiale, che avevano la responsabilità di proteggere la famiglia imperiale e assistere l’imperatore negli affari di stato.
                                                                              6. Sale e aceto: ingredienti che devono essere esattamente bilanciati per fare una buona zuppa. In Cina e in Giappone il giusto equilibrio di sale e aceto viene paragonato all’adeguato svolgimento delle proprie rispettive funzioni da parte dei ministri che assistono il re nel governo del paese.
                                                                              7. Il Sutra del Nirvana raccomanda l’uso di olio per trattare le malattie causate da alterazione dell’elemento vento, quali mal di testa, dolori agli arti e difficoltà di movimento.
                                                                              8. Nanjo: Nanjo Hyoe Shichiro (m. 1265), seguace laico di Nichiren Daishonin e padre di Nanjo Tokimitsu.
                                                                              9. Ohashi no Taro: il nome di questo personaggio non compare in alcun documento o cronaca del periodo Kamakura (1185-1333). Una tradizione risalente al periodo Edo (1600-1867) lo identifica con Taira no Michisada, un generale vissuto alla fine dell’epoca Heian (794-1185), figlio di Taira no Sadayoshi, governatore di Higo nel Kyushu e legato al primo ministro Taira no Kiyomori. Con la caduta del clan Taira, la sua famiglia perse sempre più il suo potere nel Kyushu. Secondo la tradizione, nel 1186 Michisada incorse nell’ira di Minamoto no Yoritomo, fondatore dello shogunato di Kamakura, fu incarcerato e infine salvato grazie alla forte fede del figlio nel Sutra del Loto. Tsukushi è un antico nome dell’isola di Kyushu.
                                                                              10. Santuario di Hachiman: santuario dedicato al dio Hachiman costruito da Minamoto no Yoritomo a Kamakura nella seconda parte del dodicesimo secolo.
                                                                              11. Verso l’inizio del periodo Heian (794-1185), Hachiman ricevette dalla corte imperiale il titolo di Grande Bodhisattva, uno dei primi esempi di fusione del Buddismo con elementi shintoisti. Sempre durante il periodo Heian, fu identificato con il leggendario Ojin, il sedicesimo imperatore del Giappone. «Nella sua identità originale, è il Budda Shakyamuni, il signore degli insegnamenti» si riferisce alla diffusa credenza che le divinità indigene giapponesi fossero manifestazioni locali di Budda e bodhisattva. Il Daishonin qui associa Hachiman con il Budda Shakyamuni.
                                                                              12. Kyo-no-nii: titolo di Fujiwara no Kenshi (1155-1229), la governante dell’imperatore Gotoba che in seguito ebbe notevole influenza nella vita politica di Kyoto. Tuttavia, dal contesto risulta che qui non si tratta di Fujiwara no Kenshi, ma di Hojo Masako (1157-1225), moglie dello shogun Minamoto no Yoritomo.
                                                                              13. Kajiwara Kagetoki (m. 1200): generale del clan Minamoto, che godeva della fiducia dello shogun, Yoritomo.
                                                                              14. Prete laico primo ministro: Taira no Kiyomori, capo del clan Taira. Dopo aver vinto due brevi campagne, nel 1156 e nel 1160, conquistò il potere militare assoluto. Il padre di Minamoto no Yoritomo, Yoshitomo, fu ucciso combattendo contro Kiyomori, nella prima di queste campagne.
                                                                              15. Myoho (d.s.): monaca del santuario della divinità del monte Izu, nella provincia di Izu, che praticava il Sutra del Loto. Nello Specchio del Giappone orientale, una storia dello shogunato di Kamakura, è menzionata una monaca del Monte Izu che fu maestra religiosa della moglie dello shogun, Hojo Masako.
                                                                              16. Mongaku (d.s.): prete della scuola della Vera parola che diede inizio alla ricostruzione del tempio Jingo sul monte Takao a Kyoto. Si era rivolto all’ex imperatore Goshirakawa chiedendo un contributo finanziario e le sue insistenti richieste ne causarono l’esilio a Izu, dove incontrò Minamoto no Yoritomo e ne conquistò la fiducia. La storia secondo la quale egli spinse Yoritomo a prendere le armi contro i Taira mostrandogli la testa del padre, appare nella Storia degli Heike.
                                                                              17. Il dodicesimo giorno del nono mese del 1271, Hei no Saemon si recò con una scorta armata ad arrestare il Daishonin. Uno dei suoi uomini, Sho-bo, colpì in viso il Daishonin con il quinto volume del Sutra del Loto. Ogni volume del sutra, come usava allora, era arrotolato attorno a un pesante bastone di legno, per cui il Daishonin interpretò questo gesto come l’attacco, da parte di laici ignoranti di Buddismo, ai devoti del Sutra del Loto «con spade e bastoni», predetto nel capitolo “Esortazione alla devozione”, contenuto proprio nel quinto volume del Sutra del Loto.
                                                                              La Biblioteca di Nichiren
                                                                              istituto buddista italiano soka gakkai
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                                                                              buddismo e società
                                                                              volo continuo
                                                                              esperia

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