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30. L'apertura degli occhi

RSND, VOLUME I

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Sado, 1272. Indirizzata a Seguaci in generale

Esistono tre categorie di persone che tutti gli uomini e le donne dovrebbero rispettare: il sovrano, il maestro e il genitore. Esistono tre tipi di dottrina che si dovrebbero studiare: il Confucianesimo, il Brahmanesimo e il Buddismo.

    Il Confucianesimo parla dei Tre sovrani, dei Cinque imperatori e dei Tre re e li definisce gli Onorevoli del Cielo; essi sono come teste per i ministri del governo e come ponti per il popolo. Nel periodo precedente ai Tre sovrani, gli uomini erano come uccelli e bestie in quanto non sapevano neppure chi fossero i loro padri. Dai Cinque imperatori in poi, essi impararono a riconoscere i loro padri e le loro madri e a trattarli con amore filiale. Ch’ung-hua1 servì con riverenza suo padre, sebbene quest’ultimo fosse ostinato e caparbio. Anche il governatore di P’ei2, dopo essere divenuto imperatore, continuò a portare il massimo rispetto al Venerabile Sire [suo padre]. Il re Wu, della dinastia Chou, scolpì nel legno un’immagine di suo padre, il Conte dell’Ovest3, e Ting Lan modellò una statua raffigurante la propria madre4. Tutti questi uomini erano modelli di pietà filiale.

      L’alto ministro Pi Kan, vedendo che la dinastia Yin si stava avviando alla rovina, ammonì severamente l’imperatore, anche se ciò gli costò la testa. Hung Yen, quando scoprì che il duca Yi, suo signore, era stato massacrato, si aprì il ventre e prima di morire vi inserì il fegato del duca. Questi uomini sono esempi di lealtà.

        Yin Shou era il maestro dell’imperatore Yao, Wu Ch’eng era il maestro dell’imperatore Shun, T’ai-kung Wang era il maestro del re Wen5 e Lao Tzu era il maestro di Confucio6. Questi maestri sono noti come i quattro santi. Perfino gli Onorevoli del Cielo dinnanzi a loro chinano il capo in segno di rispetto e tutte le persone li riveriscono giungendo le palme delle mani. Santi come questi hanno lasciato più di tremila opere, fra le quali le Tre cronache, i Cinque canoni e le Tre storie. Ma tutte queste opere in sostanza non vanno al di là dei tre misteri. Il primo dei tre misteri è l’Essere. Questo è il principio insegnato dal Duca di Chou e altri. Il secondo mistero è il Non essere, che fu esposto da Lao Tzu. Il terzo è Essere e Non essere, cioè il mistero descritto da Chuang Tzu. Mistero significa oscurità. Alcuni dicono che, se ci chiedessimo cosa esisteva prima della nascita dei nostri avi, scopriremmo che la vita fu generata dalla forza primigenia, mentre altri dichiarano che nobiltà e abiezione, gioia e dolore, giusto e sbagliato, guadagno e perdita fanno semplicemente parte dell’ordine naturale.

          Queste teorie sono formulate abilmente, ma ignorando del tutto sia il passato sia il futuro. Mistero, come abbiamo detto, significa oscurità e buio, ed è per questa ragione che viene chiamato mistero. È una teoria che tratta i problemi solo dal punto di vista del presente. Riguardo al presente, i confuciani dichiarano che ci si dovrebbe conformare ai princìpi di benevolenza e rettitudine7, assicurando in tal modo la salvezza a se stessi e pace e ordine al paese. Essi dicono che, se ci si allontana da questi princìpi, la nostra famiglia sarà destinata alla rovina e la casa verrà distrutta. Ma benché i saggi e i santi [che predicano questa dottrina] siano acclamati come tali, essi non sanno vedere il passato più di quanto una persona comune sia in grado di vedere la propria schiena e conoscono tanto poco del futuro quanto un cieco che non può vedere ciò che gli sta di fronte.

            Riguardo al presente, se un uomo porta ordine nella sua famiglia, soddisfa le esigenze della pietà filiale e pratica le cinque virtù costanti, sarà rispettato dal suo seguito e il suo nome sarà conosciuto in tutto il paese. Se al trono c’è un regnante saggio, lo inviterà a diventare suo ministro o suo maestro, o potrà perfino cedergli la sua posizione. Anche il cielo lo proteggerà e vigilerà su di lui. Persone di tale specie furono i cosiddetti Cinque anziani8 che si riunirono intorno al re Wu della dinastia Chou dandogli assistenza, oppure i ventotto generali venuti [in aiuto] dell’imperatore Kuang-wu del tardo Han che furono paragonati alle ventotto costellazioni del cielo. Ma, dato che tali persone non conoscono nulla del passato o del futuro, non possono essere d’aiuto ai propri genitori, al proprio sovrano o al proprio maestro per le vite future e perciò si rendono colpevoli di non ripagare i debiti di gratitudine che hanno verso di loro. Uomini del genere non sono veri saggi e santi.

              Confucio dichiarò che non esistevano saggi e santi nella sua terra, ma che nelle terre a occidente c’era un uomo chiamato Budda che era un santo9. Questo significa che dovremmo considerare gli insegnamenti non buddisti come il primo passo per accedere alla dottrina buddista. Prima di tutto il Confucianesimo insegnò le norme di buon comportamento e la musica10, cosicché, quando le scritture buddiste vennero introdotte in Cina, i concetti di «precetto, meditazione e saggezza»11, poterono essere compresi più facilmente. Insegnò poi i concetti di sovrano e di ministro in modo che fosse chiara la distinzione fra superiore e subordinato, insegnò il concetto di genitore cosicché potesse essere riconosciuta l’importanza della pietà filiale, infine spiegò il concetto di maestro in modo che gli uomini imparassero a seguirlo.

                Il Gran Maestro Miao-lo scrive: «La propagazione del Buddismo dipende effettivamente da questo. Prima furono esposte le regole cerimoniali e la musica, poi venne introdotta la vera via»12. T’ien-t’ai afferma: «Nel Sutra della Luce ­dorata si dice che “tutti i buoni insegnamenti esistenti nel mondo derivano da questo sutra. Avere una profonda conoscenza di questo mondo è di per sé Buddismo”»13. In Grande concentrazione e visione profonda si legge: «Io, [il Budda], ho mandato i Tre santi14 a insegnare alle genti della Cina». In Annotazioni su “Grande concentrazione e visione profonda” si legge: «Il Sutra della Pratica della pura Legge afferma che il Bodhisattva Luce della Luna apparve in quella terra con il nome di Yen Hui, il Bodhisattva Purezza Splendente vi apparve come Confucio e il Bodhisattva Kashyapa come Lao Tzu. Dato che il sutra ha la sua origine in India, per “quella terra” si intende la Cina».

                  Passiamo quindi agli insegnamenti non buddisti dell’India. Nel Brahmanesimo troviamo le due divinità Shiva, con tre occhi e otto braccia, e Vishnu. Esse sono chiamate padre amoroso e madre compassionevole di tutti gli esseri viventi, e anche Onorevoli del Cielo e sovrani. Ci sono poi tre uomini, Kapila, Uluka e Rishabha,15 conosciuti come i tre asceti. Essi vissero all’incirca ottocento anni prima dell’avvento del Budda. Gli insegnamenti esposti dai tre asceti sono conosciuti come i quattro Veda e ammontano a sessantamila opere.

                    In seguito, al tempo del Budda, ci furono i sei maestri non buddisti, che studiarono e trasmisero tutte queste scritture non buddiste e rivestirono il ruolo di consiglieri dei re delle cinque regioni dell’India. I loro insegnamenti si suddivisero in ben novantacinque o novantasei linee differenti. I vessilli del loro orgoglio si innalzarono oltre il cielo in cui non vi è né pensiero né assenza di pensiero16, e la loro rigidità dogmatica era più dura di qualsiasi pietra o metallo, ma per capacità e profondità di comprensione superarono di gran lunga il Confucianesimo. Erano in grado di risalire a due, tre, addirittura sette esistenze passate, un periodo di ottantamila kalpa, ed erano allo stesso modo in grado di predire il futuro per ottantamila kalpa. Per quanto riguarda il principio fondamentale delle loro dottrine, alcune scuole insegnarono che le cause producono effetti, altre che le cause non producono effetti, altre ancora che le cause producono e non producono effetti. Questi erano i princìpi fondamentali di tali scuole di pensiero non buddiste.

                      I seguaci degli insegnamenti non buddisti osservano i cinque precetti, i dieci buoni precetti, praticano una forma di meditazione ancora accompagnata da efflussi, e quando, salendo attraverso i mondi della forma e della non forma17, raggiungono il mondo più alto, credono di essere arrivati al nirvana. Ma, nonostante proseguano a salire lentamente come bruchi, ricadono dal cielo in cui non vi è né pensiero né assenza di pensiero e precipitano nei tre cattivi sentieri. Non uno riesce a rimanere al livello del cielo, nonostante essi credano che una volta raggiunto non possano più retrocedere. Ognuno di essi accetta e pratica i princìpi insegnati dal proprio maestro e vi si conforma rigorosamente. Alcuni di essi si bagnano tre volte al giorno nel Gange, anche durante gli inverni più freddi, altri si radono i capelli, si gettano nei dirupi, si espongono al fuoco, bruciano le proprie membra e vanno per strada completamente nudi. Ci sono anche alcuni che credono di poter attirare la fortuna sacrificando molti cavalli, o che bruciano erbe e alberi, o che invece si prostrano ogni volta che trovano un albero.

                        Questi princìpi distorti sono troppi per essere enumerati tutti. Coloro che vi aderiscono rispettano e onorano i maestri che li propongono, come le varie divinità fanno nei confronti del dio Shakra o i ministri di corte nei confronti del sovrano dell’impero. Ma non uno solo dei seguaci di questi novantacinque insegnamenti non buddisti, inferiori o superiori, potrà mai sfuggire al ciclo di nascita e morte. I discepoli dei migliori maestri cadranno nei cattivi sentieri dopo due o tre vite; i discepoli dei peggiori vi cadranno subito nella prossima vita.

                          Tuttavia il punto d’arrivo di questi insegnamenti non buddisti costituisce un importante tramite per l’introduzione al Buddismo. Alcuni di essi affermano: «Fra mille anni il Budda apparirà nel mondo»18, altri: «Fra cento anni, il Budda apparirà nel mondo»19. Il Sutra del Nirvana dice: «Tutte le scritture non buddiste e i testi della società sono insegnamenti buddisti. Non sono insegnamenti non buddisti». E nel Sutra del Loto si legge: «Al cospetto delle moltitudini sembrano preda dei tre veleni o manifestare i segni di visioni distorte. Così i miei discepoli fanno uso di espedienti per salvare gli esseri viventi»20.

                            In terzo luogo, consideriamo il Buddismo. Dobbiamo sapere che l’Onorato dal Mondo di Grande Illuminazione è una grande guida di tutti gli esseri viventi, è un grande occhio, un grande ponte, un gran timoniere, un grande campo di fortuna. I quattro santi e i tre asceti delle scritture e degli insegnamenti confuciani e brahmani sono considerati dei santi, ma in realtà sono persone comuni che non sono ancora riuscite a sradicare le tre categorie di illusioni. Sono chiamati saggi, ma in realtà sono come bambini che non comprendono il principio di causa ed effetto. Usando il loro insegnamento come una nave, potremmo mai attraversare il grande mare della nascita e della morte? Con il loro insegnamento come ponte, potremmo sfuggire al labirinto dei sei sentieri? Ma il Budda, il nostro grande maestro, ha superato persino il ciclo di trasmigrazione con cambiamento e avanzamento, per non parlare di quello di trasmigrazione con differenze e limitazioni21. Egli può estirpare persino le radici dell’oscurità fondamentale, senza parlare dei rami e delle foglie delle banali illusioni del pensiero e del desiderio.

                              Questo Budda, dal tempo della sua illuminazione all’età di trent’anni fino alla sua entrata nel nirvana quando ne aveva ottanta, espose i suoi sacri insegnamenti per un periodo di cinquant’anni. Ogni parola, ogni frase da lui pronunciata rappresenta la verità; non una frase, non un verso è falso. Le parole dei santi e dei saggi conservate nelle scritture e negli insegnamenti del Confucianesimo e del Brahmanesimo, come abbiamo notato, sono prive di errore e conformi allo spirito con il quale furono pronunciate. Ciò è ancora più vero nel caso del Budda che da innumerevoli kalpa non ha mai detto falsità. In confronto alle scritture e agli insegnamenti non buddisti, le dottrine che egli espose durante un periodo di circa cinquant’anni rappresentano il grande veicolo, le parole di verità del grande uomo22. Ogni cosa che egli predicò dall’alba della sua illuminazione fino al tramonto, quando entrò nel nirvana, non è altro che la verità.

                                Tuttavia esaminando gli ottantamila insegnamenti che il Budda espose per un periodo di circa cinquant’anni, trascritti nei sutra, si osservano varie distinzioni: Hinayana e Mahayana, sutra provvisori e veri, insegnamenti essoterici ed esoterici, discorsi generici e particolari, verità e falsità, vedute corrette e distorte. Ma tra questi, il Sutra del Loto rappresenta il corretto insegnamento del Budda Shakyamuni, il signore degli insegnamenti, le vere parole dei vari Budda delle tre esistenze e delle dieci direzioni. Riferendosi al periodo dei [precedenti] quarant’anni e più, l’Onorato dal Mondo di Grande Illuminazione definì i vari sutra, numerosi come i granelli di sabbia del Gange, predicati in tale periodo come sutra nei quali «non ho ancora rivelato la verità»23. E chiamò il Sutra del Loto, predicato durante gli otto anni [successivi], il sutra in cui «adesso deve rivelare la verità»24. Per questo il Budda Molti Tesori sorse dalla terra e testimoniò: «Tutto ciò che hai esposto è la verità!»25. E i Budda che sono le emanazioni di Shakyamuni si riunirono ed estesero le loro lunghe lingue fino al cielo di Brahma quale testimonianza26. Queste parole sono perfettamente chiare, perfettamente comprensibili, più chiare del sole in una bella giornata e della luna piena a mezzanotte. Guardatele con rispetto e credete in esse, e quando distogliete lo sguardo, custoditele nel cuore!

                                  Il Sutra del Loto contiene due importanti dottrine27. Le scuole del Tesoro dell’Abhidharma, dell’Affermazione della verità, dei Precetti, delle Caratteristiche dei dharma e dei Tre trattati non ne conoscono neppure il nome. Le scuole della Ghirlanda di fiori e della Vera parola, d’altra parte, se ne sono fraudolentemente appropriate e ne hanno fatto il cuore dei propri insegnamenti. La dottrina dei tremila regni in un singolo istante di vita si trova solo nascosta nella profondità del capitolo “Durata della vita” dell’insegnamento originale del Sutra del Loto. I bodhisattva Nagarjuna e Vasubandhu ne erano consapevoli, ma non la esposero apertamente. Solo T’ien-t’ai Chih-che l’abbracciò e la custodì sempre nel suo cuore.

                                    La dottrina dei tremila regni in un singolo istante di vita inizia con il mutuo possesso dei Dieci mondi. Le scuole delle Caratteristiche dei dharma e dei Tre trattati parlano di otto mondi soltanto, non sanno nulla dei Dieci mondi, ancor meno del loro mutuo possesso. Le scuole del Tesoro dell’Abhidharma, dell’Affermazione della verità e dei Precetti derivano i loro insegnamenti dai sutra Agama: conoscono sei mondi soltanto e non sanno nulla degli altri quattro. Essi dichiarano che in tutte le dieci direzioni c’è solo un Budda e non predicano l’esistenza di un Budda in ogni direzione. Non dicono che «tutti gli esseri senzienti possiedono ugualmente la natura di Budda»28, anzi non l’ammettono neanche in una sola persona. Nonostante ciò, a volte i membri delle scuole dei Precetti e dell’Affermazione della verità affermano che esistono dei Budda in tutte le dieci direzioni o che tutti gli esseri viventi possiedono la natura di Budda. Questo perché i maestri di queste scuole che apparvero dopo la morte del Budda si sono appropriati di queste dottrine mahayana e le hanno assimilate nei loro insegnamenti.

                                      Per esempio, nel periodo precedente la comparsa del Buddismo, coloro che propugnavano gli insegnamenti non buddisti [in India] non avevano concezioni molto profonde. Ma dopo la comparsa del Budda, quando ebbero ascoltato e osservato la religione buddista, divennero consapevoli dei limiti dei loro insegnamenti. Allora ebbero la brillante idea di appropriarsi degli insegnamenti buddisti e di includerli nelle dottrine della loro scuola, e il risultato fu che caddero in un errore ancora più grave del precedente. Questi sono esempi del tipo di errori noti come “impossessarsi del Buddismo” e “plagiare il Buddismo”29.

                                        Lo stesso avvenne nel caso delle scritture non buddiste [in Cina]. Prima che il Buddismo fosse introdotto in Cina, il Confucianesimo e il Taoismo erano dottrine piuttosto ingenue e puerili. Ma, nel tardo Han, in Cina fu introdotto il Buddismo e si contrappose alle dottrine locali. Col tempo, quando il Buddismo si era diffuso tra la popolazione, alcuni preti buddisti per avere infranto i precetti furono costretti a ritornare alla vita secolare o decisero di adeguarsi alle credenze locali. Tramite questi uomini le dottrine buddiste furono introdotte fraudolentemente nel Confucianesimo e nel Taoismo.

                                          Nel quinto volume di Grande concentrazione e visione profonda si legge: «Di questi tempi ci sono molti monaci diabolici che rinunciano ai loro voti e ritornano alla vita laica. Per paura di essere puniti a causa del loro agire, essi si schierano nelle file dei taoisti. Sperando di ottenere fama e profitti, essi cantano le lodi di Lao Tzu e Chuang Tzu, usurpano i concetti buddisti e li mescolano alle loro scritture distorte. Distorcono ciò che è elevato e lo pongono fra ciò che è basso, distruggono ciò che è nobile e lo trascinano fra ciò che è vile, riducendo tutto allo stesso livello».

                                            Su “Grande concentrazione e visione profonda” commenta questo passo come segue: «Benché siano monaci, essi distruggono il Buddismo. Alcuni rinunciano ai voti e ritornano alla vita secolare, come fece Wei Yüan-sung. Poi, come laici, agiscono distruggendo il Buddismo. Simili uomini rubano e usurpano i corretti insegnamenti buddisti e li usano per integrare e sostenere le scritture distorte. Il passo “distorcono ciò che è elevato” significa che, avendo aderito al Taoismo, essi cercano di collocare Buddismo e Taoismo allo stesso livello, dando lo stesso valore a ciò che è corretto e a ciò che è distorto, benché la ragione ci dica che questo è assolutamente impossibile. Essendo stati una volta seguaci del Buddismo, si appropriano di ciò che è corretto per sostenere ciò che è distorto. Distorcono gli ottantamila elevati insegnamenti delle dodici suddivisionidel canone buddista adattandole al mediocre contesto dei due capitoli e delle cinquemila parole [di Lao Tzu] per spiegare le dottrine vili e distorte di quel testo. Questo è il significato di “distruggono ciò che è nobile e lo trascinano fra ciò che è vile”». Questo commento merita attenta considerazione, perché spiega il significato degli eventi sopra descritti.

                                              All’interno dello stesso Buddismo si verificarono fatti del genere. Il Buddismo fu introdotto in Cina durante l’era Yung-p’ing (58-75 d.C.) della tarda dinastia Han, e col tempo affermò la sua supremazia sul Confucianesimo e il Taoismo. Al suo interno, però, si vennero definendo differenti interpretazioni dalle quali si svilupparono le così dette tre scuole del sud e sette scuole del nord, che spuntarono qua e là come orchidee e crisantemi. Tuttavia, all’epoca delle dinastie Ch’en e Sui, il Gran Maestro Chih-che sconfisse le varie scuole e il Buddismo fu di nuovo in grado di salvare tutti gli esseri viventi.

                                                In seguito, furono introdotti dall’India gli insegnamenti delle scuole delle Caratteristiche dei dharma e della Vera parola e fece la sua comparsa anche la scuola della Ghirlanda di fiori. Fra queste scuole, quella delle Caratteristiche dei dharma divenne la grande rivale della T’ien-t’ai, poiché i rispettivi insegnamenti erano incompatibili come il fuoco e l’acqua. Più tardi, quando il Maestro del Tripitaka Hsüan-tsang e il Gran Maestro Tz’u-en esaminarono più da vicino l’opera di T’ien-t’ai, compresero che le opinioni della loro scuola erano distorte e, benché non ripudiarono apertamente la propria scuola, sembra che intimamente si fossero convertiti agli insegnamenti di T’ien-t’ai.

                                                  All’inizio le scuole della Ghirlanda di fiori e della Vera parola erano fondate su sutra provvisori. Ma i maestri del Tripitaka Shan-wu-wei e Chin-kang-chih [che introdussero gli insegnamenti esoterici della Vera parola in Cina] si impadronirono della dottrina dei tremila regni in un singolo istante di vita di T’ien-t’ai e ne fecero il cuore della propria scuola, aggiunsero la pratica delle mudra e dei mantra e si convinsero che il loro insegnamento fosse superiore [a quello di T’ien-t’ai]. Di conseguenza, gli studiosi del Buddismo, all’oscuro dei fatti, giunsero a credere che la dottrina dei tremila regni in un singolo istante di vita fosse stata esposta nel Sutra di Mahavairochana e che fosse stata elaborata in India. Analogamente, all’epoca del patriarca Ch’eng-kuan della scuola della Ghirlanda di fiori, la dottrina dei tremila regni in un singolo istante di vita di T’ien-t’ai fu subdolamente incorporata nella scuola della Ghirlanda di fiori e venne usata per interpretare il passo del Sutra della Ghirlanda di fiori che dice: «La mente umana è come un abile pittore». La gente ignora questi fatti.

                                                    Nel caso del nostro paese, il Giappone, le sei scuole di Nara, fra cui quella della Ghirlanda di fiori, furono introdotte prima delle scuole T’ien-t’ai (o Tendai) e della Vera parola. La scuola della Ghirlanda di fiori, quella dei Tre trattati, quella delle Caratteristiche dei dharma discutevano e rivaleggiavano una contro l’altra come l’acqua e il fuoco. Quando apparve in Giappone il Gran Maestro Dengyo, questi non solo smascherò gli errori delle sei scuole, ma dimostrò che la scuola della Vera parola si era appropriata dei princìpi del Sutra del Loto spiegati da T’ien-t’ai ponendoli alla base dei suoi insegnamenti. Il Gran Maestro Dengyo mise da parte le varie interpretazioni dei maestri delle altre scuole e, unicamente sulla base delle scritture, condannò i loro punti di vista. Di conseguenza egli poté sconfiggere in un dibattito otto eminenti preti delle sei scuole, poi dodici, poi quattordici, infine circa trecento preti, compreso il Gran Maestro Kobo. Ben presto non ci fu più una sola persona in tutto il Giappone che non riconoscesse l’autorità della scuola Tendai. Inoltre, i grandi templi di Nara, il tempio To e gli altri templi di tutte le province divennero subordinati al tempio principale della scuola Tendai sul monte Hiei. Il Gran Maestro Dengyo fece notare che i fondatori delle varie altre scuole cinesi, riconoscendo l’autorità delle dottrine T’ien-t’ai, avevano evitato l’errore di offendere i corretti insegnamenti del Buddismo.

                                                      In seguito il mondo gradualmente declinò, la saggezza delle persone divenne sempre più scarsa e alla fine cessarono di studiare le profonde dottrine Tendai. Le altre scuole si ancorarono sempre più fermamente alle proprie convinzioni preconcette e alla fine le sei scuole di Nara e la scuola della Vera parola si rivoltarono e attaccarono la scuola Tendai. Quest’ultima, divenuta sempre più debole, si rese conto di non poter competere con le altre scuole. Ad aggravare la situazione si aggiunsero nuove assurde scuole come la Zen e quella della Pura terra che cominciarono anch’esse a opporsi alla scuola Tendai, così che un numero sempre maggiore di credenti laici si convertì a quegli insegnamenti distorti. Per finire, anche quei preti della scuola Tendai che venivano considerati uomini di eminente virtù, si dichiararono sconfitti e offrirono il loro sostegno a queste scuole. Non solo la Tendai, ma anche la Vera parola e le sei scuole furono costrette a cedere le loro proprietà e i loro beni alle nuove scuole e il corretto insegnamento [del Sutra del Loto] scomparve. Di conseguenza, la Dea del Sole, il dio Hachiman, il Re della Montagna del monte Hiei e le altre divinità tutelari che proteggono il paese, nell’impossibilità di gustare il sapore del corretto insegnamento, lasciarono il paese. I demoni si fecero avanti per prendere il loro posto e divenne evidente che il paese era condannato.

                                                        Vorrei a questo punto esprimere il mio umile parere: gli insegnamenti esposti dal Budda Shakyamuni nei primi quarant’anni e più si differenziano notevolmente da quelli esposti nel Sutra del Loto negli ultimi otto anni. Gli studiosi contemporanei hanno già espresso l’opinione, da me condivisa, che la differenza principale consiste nell’illuminazione delle persone dei due veicoli e nella vera illuminazione del Budda Shakyamuni in un passato inconcepibilmente remoto.

                                                          Esaminando il Sutra del Loto, troviamo la predizione che Shariputra diverrà il Tathagata Fiore Splendente, Mahakashyapa diverrà il Tathagata Fulgida Luce, Subhuti il Tathagata Forma Rara, Katyayana il Tathagata Aurea Luce di Jambunada, Maudgalyayana il Budda Fragranza di Sandalo Foglia di Tamala, Purna il Tathagata Fulgida Legge, Ananda il Budda Re di Saggezza e Potere Illimitato come i Mari e i Monti, Rahula il Tathagata che Cammina su Sette PreziosiFiori, i cinquecento e i settecento ascoltatori della voce diverranno i Tathagata Splendore Universale, i duemila che devono ancora apprendere e che non hanno più nulla da apprendere, diverranno i Tathagata Vessillo Ingioiellato, le monache Mahaprajapati e Yashodhara diverranno rispettivamente il Tathagata Gioia per gli Occhi di Tutti gli Esseri e il Tathagata Dotato di Mille, Diecimila Segni Splendenti.

                                                            Leggendo il Sutra del Loto si comprende che queste persone sono degne di grande rispetto. Ma esaminando le scritture che espongono gli insegnamenti precedenti al Sutra del Loto troviamo che, purtroppo, la situazione è molto diversa.

                                                              Il Budda, l’Onorato dal Mondo, è un uomo dalle parole veritiere e perciò è chiamato il santo e il grande uomo. Anche nelle scritture non buddiste dell’India e della Cina vi sono uomini rispettati come santi, saggi o asceti celesti perché dicono il vero. Ma, poiché il Budda li supera tutti, è chiamato il grande uomo.

                                                                [Quando espose il Sutra del Loto] il Budda disse: «I Budda, gli Onorati dal Mondo, appaiono nel mondo per un’unica grande ragione»30. Disse anche: «Non ho ancora rivelato la verità»31 e inoltre: «L’Onorato dal Mondo ha esposto a lungo le sue dottrine e adesso deve rivelare la verità»32 e «Mettendo da parte onestamente gli espedienti, [esporrò unicamente la via suprema]»33. Il Budda Molti Tesori unì la propria testimonianza alle parole del Bud­da e le emanazioni del Budda mostrarono la lingua in segno di assenso. Chi può dunque dubitare che Shariputra diverrà il Tathagata Fiore Splendente o che Mahakashya­pa diverrà il Tathagata Fulgida Luce e che le profezie del Budda si avvereranno?

                                                                  Ciò nonostante, anche tutti i sutra precedenti il Sutra del Loto rappresentano le vere parole del Budda. Il Sutra della Ghirlanda di fiori del grande e vasto Budda afferma: «Esistono solo due luoghi dove il Grande Albero Re della Medicina, la saggezza del Tathagata, non crescerà e non porterà beneficio al mondo. Non crescerà se cadrà nel vasto vuoto costituito dal profondo abisso in cui cadono le persone dei due veicoli, o nelle profonde acque delle vedute distorte e della brama insaziabile in cui annegano gli esseri incapaci di conseguire la Buddità che distruggono le loro stesse radici del bene».

                                                                    Questo passo può essere così spiegato. Sulle Montagne Nevose si trova un albero altissimo che ha innumerevoli radici. È chiamato il Grande Albero Re della Medicina ed è sovrano di tutti gli alberi che crescono nella terra di Jambudvipa. Misura centosessantottomila yojana di altezza. Tutti gli altri alberi e piante di Jambudvipa, per fiorire e dare frutti, dipendono dalle radici, dai rami, dai fiori e dai frutti di questo albero. Perciò questo albero simboleggia la natura del Budda e tutti gli altri alberi simboleggiano gli esseri viventi. Ma questo grande albero non cresce nell’abisso infuocato o nel cerchio d’acqua34. L’abisso infuocato è usato come metafora della mente delle persone dei due veicoli e il cerchio d’acqua come metafora della mente degli icchantika o persone di incorreggibile miscredenza. La scrittura dice che queste due categorie di esseri non conseguiranno mai la Buddità.

                                                                      Il Sutra della Grande raccolta afferma: «Vi sono due tipi di persone che sono destinate a morire e a non rinascere e che alla fine non saranno mai in grado di riconoscere e ripagare i loro debiti di gratitudine. Uno è l’ascoltatore della voce, l’altro il risvegliato all’origine dipendente. Supponiamo che una persona cada in un profondo abisso: questa persona sarà incapace di portare beneficio a se stessa e agli altri. Anche gli ascoltatori della voce e i risvegliati all’origine dipendente sono così: cadono nell’abisso dell’emancipazione e non possono portare beneficio né a se stessi né agli altri».

                                                                        Gli oltre tremila volumi delle scritture confuciane e taoiste della Cina, in definitiva, pongono l’accento su due princìpi: la pietà filiale e la lealtà al sovrano, ma la lealtà non è altro che l’estensione della pietà filiale; la pietà filiale è una cosa elevata; anche il cielo è elevato ma non tanto quanto la pietà filiale. La pietà filiale è profonda; anche la terra è profonda, ma non è più profonda della pietà filiale. I saggi e i santi sono il prodotto della pietà filiale. Come possono dunque coloro che studiano il Buddismo non riconoscere e ripagare i loro debiti di gratitudine? I discepoli del Budda devono assolutamente conoscere i quattro debiti di gratitudine35 e sapere come assolverli.

                                                                          Per di più, Shariputra, Mahakashyapa e gli altri discepoli dei due veicoli osservavano scrupolosamente i duecentocinquanta precetti e le tremila regole di condotta, conoscevano alla perfezione i tre tipi di meditazione – la meditazione sul gusto, la meditazione pura, la meditazione libera da efflussi – e i sutra Agama ed erano liberi dalle illusioni del pensiero e del desiderio del triplice mondo. Avrebbero dovuto essere persone esemplari nel saper riconoscere e ripagare i debiti di gratitudine.

                                                                            Eppure l’Onorato dal Mondo dichiarò che non riconoscevano i debiti di gratitudine, poiché, egli sosteneva, quando un uomo lascia i suoi genitori e la sua casa per divenire monaco, dovrebbe sempre avere come scopo la salvezza di suo padre e di sua madre. Ma questi uomini appartenevano ai due veicoli e, benché pensassero di aver conseguito l’emancipazione, non facevano niente per il bene degli altri. E anche se avessero fatto qualcosa di bene per gli altri, avendo condotto i propri genitori su un sentiero che non li avrebbe mai portati alla Buddità, erano divenuti al contrario uomini che non riconoscevano i debiti di gratitudine.

                                                                              Nel Sutra di Vimalakirti si legge: «Vimalakirti ancora una volta interrogò Manjushri: “Quali sono i semi della Buddità?”. Manjushri rispose: “Tutte le illusioni e le contaminazioni sono i semi della Buddità. Anche se una persona commette i cinque peccati capitali ed è condannata all’inferno della sofferenza incessante, è ancora capace di concepire il grande desiderio della via”».

                                                                                Lo stesso sutra afferma: «Uomini devoti, permettetemi di fare una metafora. Le pianure e le regioni montuose non produrranno mai gli steli e i fiori del loto blu o della ninfea. Ma nei campi fangosi e acquitrinosi che giacciono in basso, là troverete questi fiori».

                                                                                  Dice anche: «Colui che è già divenuto un arhat e ha raggiunto il livello di verità corrispondente allo stato di arhat, non può concepire il desiderio della via e conseguire la Buddità. È paragonabile a un uomo che abbia distrutto i cinque organi sensoriali e che perciò non può più godere delle cinque gioie che ne derivano».

                                                                                    Secondo questo sutra, i tre veleni di avidità, collera e stupidità possono diventare i semi della Buddità, e i cinque peccati capitali, come ad esempio l’uccisione del proprio padre, possono diventare anch’essi semi della Buddità. Potrebbe anche succedere che sugli altipiani nascano fiori di loto blu, ma le persone dei due veicoli non potranno mai diventare Budda. Il testo afferma che paragonando le virtù dei due veicoli ai vizi dell’uomo comune si scoprirà che questi ultimi possono condurre alla Buddità, mentre le virtù dei due veicoli non potranno mai. I vari sutra hinayana biasimano il male e lodano il bene. Ma questo sutra, il Vimalakirti, condanna le virtù delle persone dei due veicoli e loda i vizi dell’uomo comune. Sembrerebbe quasi che non si tratti di una scrittura buddista, ma piuttosto dell’insegnamento di qualche scuola non buddista. In realtà il sutra vuole affermare categoricamente che le persone dei due veicoli non potranno mai diventare Budda.

                                                                                      Il Sutra corretto ed equo delle Dharani afferma: «Manjushri disse a Shariputra: “Può un albero secco produrre nuovi fiori? Può un torrente di montagna invertire il suo corso e risalire alla sorgente? Può ricomporsi una roccia frantumata? Può un seme bruciato germogliare?”. Shariputra rispose: “No”. Manjushri continuò: “Se queste cose sono impossibili, perché gioisci in cuor tuo chiedendomi se ti è stata predetta la Buddità?”».

                                                                                        Il passo significa che come un albero secco non produce fiori, come un torrente di montagna non risale indietro, come una roccia frantumata non può essere ricomposta, come un seme bruciato non può germogliare, così i due veicoli [non potranno mai conseguire la Buddità]. Il loro seme della Buddità è stato bruciato.

                                                                                          Nell’Ampio Sutra della Saggezza si legge: «Tutti voi, figli del cielo, se non avete ancora concepito il desiderio della perfetta illuminazione, ora è tempo di farlo. Una volta entrati nel mondo dell’illuminazione degli ascoltatori della voce, non sarete più capaci di concepire questo desiderio della perfetta illuminazione. Perché questo? Perché sareste fuori dal mondo di nascita e morte e questo di per sé sarebbe un ostacolo». Il senso di questo passo è che il Budda36 non apprezza le persone dei due veicoli perché non nutrono il desiderio della perfetta illuminazione, mentre apprezza le divinità celesti perché concepiscono questo desiderio.

                                                                                            Il Sutra Shuramgama afferma: «Se una persona colpevole dei cinque peccati capitali ascolta questa meditazione shuramgama e concepisce il desiderio della suprema illuminazione, allora sarà ancora capace di diventare Budda. Ma, Onorato dal Mondo, un arhat che ha annientato tutti gli efflussi è come un recipiente rotto: non sarà mai capace di ricevere e tenere questa meditazione»37.

                                                                                              Il Sutra di Vimalakirti dice: «Chi vi fa l’elemosina, non si coltiva un campo di fortuna. Chi vi fa delle offerte cadrà nei tre cattivi sentieri». Questo passo indica che gli esseri umani e celesti che sostengono preti santi come Mahakashyapa e Shariputra cadranno infallibilmente nei tre cattivi sentieri. Si pensava che simili preti santi fossero gli occhi degli esseri umani e celesti, le guide di tutti gli esseri viventi, secondi solo al Budda. Era mai possibile che il Budda parlasse in tal modo di tali uomini ripetutamente davanti alle grandi assemblee di esseri umani e celesti? Voleva veramente rimproverare a morte i suoi discepoli? Si servì anche di numerose metafore per condannare i due veicoli paragonandoli al latte d’asina rispetto al latte di vacca, a vasi di argilla rispetto a vasi d’oro, alla luce di una lucciola in confronto alla luce del sole.

                                                                                                E non espresse tali giudizi in una parola o due, per un giorno o due, un mese o due, un anno o due, in un sutra o due, bensì per un periodo di più di quarant’anni, in innumerevoli sutra, davanti ad assemblee di innumerevoli persone condannò i due veicoli, senza attenuanti. Così ognuno seppe che questa condanna era vera. Lo seppe il cielo, lo seppe la terra. Non un uomo o due, ma centinaia, migliaia e decine di migliaia di persone, le divinità celesti, le divinità drago e gli asura del triplice mondo, tutti gli esseri umani e celesti, i due veicoli e i grandi bodhisattva che si addensarono come nuvole nell’assemblea dalle cinque regioni dell’India, dai quattro continenti, dai sei cieli del mondo del desiderio, dai mondi della forma e della non forma e dai mondi delle dieci direzioni, ascoltarono e seppero; inoltre ognuno di essi, ritornando alla propria terra, riferì a tutti gli abitanti delle rispettive terre ciò che il Budda aveva insegnato nel mondo di saha, così che non ci fu un singolo essere degli innumerevoli mondi delle dieci direzioni che non apprendesse che Mahakashyapa, Shariputra e i loro simili non avrebbero mai conseguito la Buddità e che era sbagliato far loro offerte.

                                                                                                  Tuttavia, nel Sutra del Loto predicato negli ultimi otto anni, il Budda, ritrattando improvvisamente le precedenti affermazioni, insegnò che i due veicoli avrebbero conseguito la Buddità. Potevano gli esseri umani e celesti, riuniti nell’assemblea per ascoltarlo, credergli? Non soltanto non lo credettero, ma iniziarono a nutrire dubbi su tutti i sutra predicati nei periodi precedenti e successivi. Si chiesero se tutti gli insegnamenti esposti dal Budda in una cinquantina d’anni di predicazione non fossero dottrine false e vuote.

                                                                                                    È vero che un sutra dice: «In questi quarant’anni e più non ho ancora rivelato la verità»38, ma non si poteva pensare che il demone celeste avesse assunto la forma di Budda per predicare questo sutra [del Loto] negli ultimi otto anni? In verità specificando quando i discepoli dei due veicoli avrebbero raggiunto la Buddità, in quali kalpa e paesi, il nome che avrebbero portato e a quali discepoli avrebbero insegnato, il venerabile Shakyamuni, il signore degli insegnamenti, sta dicendo due cose diverse; vale a dire che sta contraddicendo le sue stesse parole. Ed è per questo che i brahmani lo chiamano con derisione il gran bugiardo.

                                                                                                      Ma proprio quando gli esseri umani e celesti presenti alla grande assemblea si sentivano scoraggiati di fronte a questa contraddizione, il Tathagata Molti Tesori, che dimora a est nel Mondo della Purezza Preziosa, apparve in una torre ornata dai sette tipi di gemme,alta cinquecento yojana e larga duecentocinquanta. L’assemblea di esseri umani e celesti rimproverava il Budda Shakyamuni di contraddire le sue stesse parole ed egli, benché cercasse di spiegare ora in un modo ora nell’altro, si trovava in grande imbarazzo nell’incapacità di dissipare i loro dubbi, quando la torre preziosa emerse dalla terra davanti a lui e si innalzò nel cielo. Apparve come la luna piena che sorge da dietro le montagne dell’est nel buio della notte. La torre ornata dai sette tipi di gemme si innalzò nel cielo senza appoggiarsi alla terra o alla volta celeste, ma rimanendo sospesa a mezz’aria, mentre dal suo interno usciva una voce chiara e risonante che pronunciò parole di testimonianza. [Così il Sutra del Loto ne parla:] «A quel tempo dalla torre preziosa si udì una voce possente pronunciare parole di lode: “Eccellente, eccellente! Shakyamuni, Onorato dal Mondo, tu puoi predicare alla grande assemblea il Sutra del Loto della Legge meravigliosa, la grande saggezza imparziale, un insegnamento per istruire i bodhisattva, custodito e serbato nel cuore dai Budda! È come dici, proprio come dici tu. Shakyamuni, Onorato dal Mondo, tutto ciò che hai esposto è la verità!”»39.

                                                                                                        [Il sutra dice ancora]: «A quel tempo l’Onorato dal Mondo, alla presenza di Manjushri e degli altri innumerevoli bodhisattva e mahasattva, centinaia, migliaia, decine di migliaia, milioni, che vivevano da tempo remoto nel mondo di saha, e […] degli esseri umani e non umani, alla presenza di tutti costoro manifestò i suoi grandi poteri sovrannaturali. Estese in alto la sua lunga e larga lingua fino a raggiungere il cielo di Brahma e da ogni poro emise innumerevoli raggi di ogni colore, che illuminarono tutti i mondi nelle dieci direzioni.

                                                                                                          «Gli altri Budda seduti sui troni di leone sotto i numerosi alberi ingioiellati, fecero lo stesso: estesero le lunghe e larghe lingue ed emisero innumerevoli raggi di luce»40.

                                                                                                            Afferma inoltre: «Il Budda Shakyamuni fece tornare i Budda emanazioni del suo corpo, che erano giunti dalle dieci direzioni, alle loro terre d’origine dicendo: “[Ciascuno di questi Budda può andare a suo piacimento]. Anche la torre del Budda Molti Tesori ritorni dove stava prima”»41.

                                                                                                              Nel passato, quando l’Onorato dal Mondo di Grande Illuminazione raggiunse per la prima volta la via42, i Budda delle dieci direzioni apparvero per consigliarlo e incoraggiarlo e gli inviarono numerosi grandi bodhisattva. Quando predicò il Sutra della Saggezza coprì con la sua lunga lingua un sistema maggiore di mondi e apparvero mille Budda nelle dieci direzioni. Quando predicò il Sutra della Luce dorata, i quattro Budda43 apparvero nelle quattro direzioni e quando predicò il Sutra di Amida, i Budda delle sei direzioni44 coprirono con le loro lingue il sistema maggiore di mondi. Quando predicò il Sutra della Grande raccolta, i Budda e i bodhisattva delle dieci direzioni si radunarono nella Sala del Grande Tesoro.

                                                                                                                Ma paragonare questi segni con quelli [che accompagnarono la predicazione] del Sutra del Loto è come paragonare una pietra gialla all’oro, una nuvola bianca a una montagna bianca, il ghiaccio a uno specchio d’argento, o il colore nero al blu; solo chi ha la vista annebbiata, gli strabici, gli orbi e chi ha difetti di vista può confonderli.

                                                                                                                  Il Sutra della Ghirlanda di fiori fu il primo a essere predicato e non esistevano parole precedenti del Budda per contraddirlo, quindi naturalmente non fece sorgere dubbi. Nel Sutra della Grande raccolta, nell’Ampio Sutra della Saggezza, nel Sutra della Luce dorata e nel Sutra di Amida, il Budda, per condannare l’ideale dei due veicoli dei vari sutra hinayana, descrisse le pure terre delle dieci direzioni, ispirando nei bodhisattva e nelle persone comuni il desiderio di raggiungerle, e provocando turbamento e irritazione nelle persone dei due veicoli.

                                                                                                                    Troviamo inoltre certe differenze fra i sutra hinayana e i sutra mahayana: in alcuni appaiono i Budda delle dieci direzioni; in altri i grandi bodhisattva vengono inviati dalle dieci direzioni; in alcuni si dice che un particolare sutra è predicato nei mondi delle dieci direzioni, in altri partecipano all’assemblea tutti i Budda delle dieci direzioni; a volte il Budda Shakyamuni ricopre con la sua lingua il sistema maggiore di mondi, altre volte sono i vari Budda che estendono le loro lingue. Tutto questo unicamente per confutare l’idea sostenuta dai sutra hinayana che vi sia un solo Budda nei mondi delle dieci direzioni.

                                                                                                                      Ma nel caso del Sutra del Loto, esso differisce talmente dai precedenti sutra mahayana che Shariputra e gli altri ascoltatori della voce, i grandi bodhisattva, i vari esseri umani e celesti furono indotti a pensare: «Che sia un demone che finge di essere il Budda?»45. Eppure, gli uomini dagli occhi offuscati delle scuole della Ghirlanda di fiori, delle Caratteristiche dei dharma, dei Tre tesori, della Vera parola e Nembutsu sembrano pensare che i loro sutra particolari siano uguali al Sutra del Loto. Direi che hanno una pessima vista!

                                                                                                                        Mentre il Budda era ancora in questo mondo, ci furono senza dubbio persone che, messi da parte i sutra che egli aveva insegnato durante i primi quarant’anni e più, abbracciarono il Sutra del Loto. Ma, dopo la sua morte, deve essere stato difficile trovare qualcuno che aprisse e leggesse questo sutra e accettasse i suoi insegnamenti. In primo luogo, i sutra predicati in precedenza sono composti da innumerevoli parole, mentre il Sutra del Loto ha un’estensione limitata. I sutra precedenti sono numerosi, e il Sutra del Loto è uno solo. I sutra precedenti furono predicati per molti anni e il Sutra del Loto venne predicato per soli otto anni.

                                                                                                                          Inoltre il Budda, come abbiamo visto, è stato chiamato il gran bugiardo e perciò è difficile che qualcuno possa credere alle sue parole. Se uno si sforza di credere a ogni costo in ciò che non è credibile, potrà arrivare a credere nei sutra precedenti, ma non crederà mai nel Sutra del Loto. Al giorno d’oggi esistono molte persone che sembrano credere nel Sutra del Loto, ma in realtà quello in cui credono non è realmente il Sutra del Loto: se uno assicura loro che il Sutra del Loto è identico al Sutra di Mahavairochana o al Sutra della Ghirlanda di fiori o al Sutra di Amida, allora ne sono compiaciuti e ripongono fede in questa persona; ma se qualcuno dice che il Sutra del Loto è completamente differente da tutti gli altri sutra, essi non lo ascoltano, oppure, anche se lo ascoltano, pensano che non sta dicendo la verità.

                                                                                                                            Nichiren deve dire questo: sono passati più di settecento anni da quando il Buddismo è stato introdotto in Giappone; in tutti questi anni, soltanto il Gran Maestro Dengyo comprese veramente il Sutra del Loto, ma nessuno è disposto a prestare attenzione a ciò che Nichiren dice. È proprio come afferma il Sutra del Loto: «Anche se afferraste il monte Sumeru e lo scagliaste oltre innumerevoli terre del Budda, anche questo non sarebbe difficile. […] Ma se dopo l’estinzione del Budda, in un’era malvagia, predicherete questo sutra, ciò sarà davvero difficile!»46.

                                                                                                                              Le mie forti asserzioni sono in completo accordo con il sutra stesso. Ma come afferma il Sutra del Nirvana, che fu concepito per propagare il Sutra del Loto: «Nel mondo impuro dell’ultima epoca, coloro che offendono la vera Legge sono numerosi come i granelli di polvere delle terre delle dieci direzioni, mentre coloro che sostengono la vera Legge sono pochi come il terriccio che può stare su un’unghia». Cosa ne pensi di questo? Potresti affermare che le persone del Giappone stanno nello spazio di un’unghia? Potresti affermare che io, Nichiren, occupo le dieci direzioni? Considera la questione attentamente.

                                                                                                                                Nel regno di un sovrano saggio vincerà il buon senso, invece nel regno di un sovrano poco capace prevarrà la mancanza di buon senso. Alla stessa maniera, quando un santo è in questo mondo, il vero significato del Sutra del Loto diviene manifesto.

                                                                                                                                  Nelle mie annotazioni precedenti ho confrontato i sutra del primo periodo con l’insegnamento transitorio del Sutra del Loto, e potrebbe sembrare che i sutra precedenti prevalgano. Ma, se fossero veramente superiori all’insegnamento transitorio, vorrebbe dire che Shariputra e le altre persone dei due veicoli non potrebbero mai conseguire la Buddità. Ciò sarebbe sicuramente deplorevole!

                                                                                                                                    Vengo ora al secondo importante insegnamento del Sutra del Loto47. Il Budda Shakyamuni, signore degli insegnamenti, nacque nel kalpa della continuità, nel nono periodo di diminuzione quando la durata della vita umana era di cento anni. Egli era nipote del re Simhahanu e figlio ed erede del re Shuddhodana. Da ragazzo era conosciuto come il principe ereditario Siddhartha, o come il Bodhisattva che Realizza Tutti gli Scopi. All’età di diciannove anni lasciò la sua casa [per divenire monaco] e a trenta ottenne l’illuminazione. Nel luogo dell’illuminazione egli rivelò per prima cosa la cerimonia del Budda Vairochana del Mondo del Tesoro del Loto, una Terra della Ricompensa Effettiva, ed espose i dieci misteri, le sei forme, la perfetta fusione di tutte le cose e il sottile e meraviglioso grande insegnamento per il conseguimento immediato del frutto ultimo. Allora anche i Budda delle dieci direzioni apparvero e tutti i bodhisattva si radunarono intorno come nuvole. In considerazione del luogo dove Shakyamuni predicò, della capacità degli ascoltatori, della presenza dei Budda e del fatto che si trattava del suo primo discorso, non c’era ragione che il Budda nascondesse o dissimulasse il grande insegnamento. Perciò il Sutra della Ghirlanda di fiori dice: «Usando liberamente dei suoi poteri, espose un sutra perfetto e completo».

                                                                                                                                      L’opera, che consiste di sessanta volumi, è veramente un sutra perfetto e completo in ogni suo carattere o tratto. Può essere paragonato al gioiello che esaudisce i desideri: un singolo gioiello equivale a innumerevoli gioielli perché un singolo gioiello può elargire diecimila tesori, tanti quanti i tesori che elargirebbero diecimila gioielli. Allo stesso modo, un singolo carattere del Sutra della Ghirlanda di fiori è uguale a diecimila caratteri. Il passo che espone l’identità di «mente, Budda e tutti gli esseri viventi» rappresenta il cuore non solo degli insegnamenti della Ghirlanda di fiori, ma anche degli insegnamenti delle scuole delle Caratteristiche dei dharma, dei Tre trattati, della Vera parola e Tendai.

                                                                                                                                        In un sutra così superbo, come potrebbero esservi delle verità celate all’ascoltatore? E tuttavia, il sutra dichiara che i due veicoli e gli icchantika non potranno mai conseguire la Buddità. Qui sta l’imperfezione della gemma. Inoltre in tre punti il sutra afferma che il Budda Shakyamuni ottenne l’illuminazione per la prima volta in questo mondo, nascondendo il fatto, rivelato nel capitolo “Durata della vita” del Sutra del Loto, che egli in realtà ottenne l’illuminazione nel remoto passato. Quindi il Sutra della Ghirlanda di fiori è in effetti un gioiello scheggiato, una luna nascosta dalle nuvole, un sole eclissato. Com’è sorprendente!

                                                                                                                                          I sutra dei periodi Agama, Corretto ed equo e della Saggezza, come il Sutra di Mahavairochana, dal momento che furono predicati dal Budda, sono splendide opere e, tuttavia, non possono neanche lontanamente essere paragonati al Sutra della Ghirlanda di fiori. Perciò è impossibile che dottrine rimaste celate persino nel Sutra della Ghirlanda di fiori siano rivelate in questi sutra; infatti il Sutra Agama misto afferma che il Budda Shakyamuni ha raggiunto per la prima volta la via nell’esistenza presente, il Sutra della Grande raccolta dice: «Sono passati sedici anni da quando il Tathagata raggiunse per la prima volta la via» e il Sutra di Vimalakirti asserisce: «Per la prima volta il Budda sedette sotto l’albero della bodhi e con il suo potere sconfisse il demone». Similmente il Sutra di Mahavairochana descrive l’illuminazione del Budda come se avesse avuto luogo «nel passato quando sedetti nel luogo della meditazione» e il Sutra della Saggezza dei re benevolenti si riferisce a essa come a un avvenimento di ventinove anni fa.

                                                                                                                                            Ma questa sarebbe ben poca cosa di cui non vale la pena parlare; la cosa che veramente sorprende sia gli occhi sia gli orecchi è che anche il Sutra degli Innumerevoli significati parla nello stesso modo. In esso il Budda elenca queste grandi dottrine – quella del Sutra della Ghirlanda di fiori che il mondo fenomenico non è che una creazione della mente, quella dei sutra del periodo Corretto ed equo della meditazione sui riflessi sulla superficie del grande mare, quella del Sutra della Saggezza sulla mutua identificazione e non dualità – e poi le nega dicendo di non aver ancora rivelato la verità oppure che queste pratiche richiedono molti kalpa per essere completate. Tuttavia lo stesso sutra afferma: «Dopo essere rimasto seduto con la schiena diritta per sei anni sotto l’albero della bodhi nel luogo dell’illuminazione, ho potuto ottenere la suprema perfetta illuminazione», parlando negli stessi termini del Sutra della Ghirlanda di fiori, il primo sutra che Shakyamuni predicò dopo la sua illuminazione, quando dice che il Budda ottenne l’illuminazione per la prima volta in questo mondo.

                                                                                                                                              Per strano che possa sembrarci, possiamo supporre che, essendo il Sutra degli Innumerevoli significati soltanto un prologo del Sutra del Loto, si astenga deliberatamente dall’esporre dottrine che saranno rivelate in quest’ultimo. Ma arrivati al Sutra del Loto, troviamo che quando il Budda, prima sommariamente poi estesamente, parla della sostituzione dei tre veicoli con l’unico veicolo, afferma: «Il vero aspetto di tutti i fenomeni può essere compreso e condiviso solo tra Budda»48, «L’Onorato dal Mondo ha esposto a lungo le sue dottrine [e adesso deve rivelare la verità]» e ancora: «Mettendo da parte onestamente gli espedienti, [esporrò unicamente la via suprema]». Il Budda Molti Tesori attesta la verità degli otto capitoli49 dell’insegnamento transitorio dichiarando che sono tutti veri. Dopo di ciò, si dovrebbe supporre che non rimanesse più nulla da tenere segreto. E invece il Budda tiene segreto di aver ottenuto l’illuminazione innumerevoli kalpa fa, poiché afferma: «La prima volta che sedetti nel luogo dell’illuminazione contemplai l’albero e vi camminai intorno»50. Questa è sicuramente la cosa più sorprendente di tutte.

                                                                                                                                                Nel capitolo “Emergere dalla Terra”, una moltitudine di grandi bodhisattva che non erano mai stati visti durante i quarant’anni e più di predicazione del Budda appaiono improvvisamente e il Budda afferma: «Li ho istruiti e convertiti facendo nascere in loro l’aspirazione alla via»51. Il Bodhisattva Maitreya, confuso da questa affermazione, domanda: «[Onorato dal Mondo], quando il Tathagata era principe ereditario, lasciò il palazzo degli Shakya e, seduto nel luogo dell’illuminazione non lontano dalla città di Gaya, conseguì la suprema perfetta illuminazione. Sono trascorsi circa quarant’anni da quel momento. Onorato dal Mondo, com’è possibile che in un periodo tanto breve tu abbia svolto un così grande lavoro come Budda?»52.

                                                                                                                                                  Per dissipare il dubbio e la confusione che ne era nata, il Budda Shakyamuni, signore degli insegnamenti, predicò allora il capitolo “Durata della vita”. Prima riferisce la versione presentata nei sutra precedenti e nell’insegnamento transitorio del Sutra del Loto: «Gli dèi, gli uomini e gli asura di tutti i mondi credono che l’attuale Budda Shakyamuni, dopo aver lasciato il palazzo degli Shakya, si sia seduto nel luogo dell’illuminazione non lontano dalla città di Gaya e là abbia conseguito la suprema perfetta illuminazione»53. Ma poi, per dissipare i dubbi, dice: «Invece, uomini devoti, sono trascorsi innumerevoli, infinite centinaia di migliaia di miriadi di milioni di nayuta di kalpa da quando ho realmente conseguito la Buddità»54.

                                                                                                                                                    Tutti i sutra, come quello della Ghirlanda di fiori, quello della Saggezza e quello di Mahavairochana, non solo nascondono che i due veicoli possono conseguire la Buddità, ma non spiegano nemmeno che il Budda ottenne l’illuminazione innumerevoli kalpa fa. Questi sutra contengono due errori. Primo, poiché sostengono che i Dieci mondi sono separati l’uno dall’altro55, non vanno al di là degli insegnamenti provvisori e mancano di rivelare la dottrina dei tremila regni in un singolo istante di vita che sarà esposta nell’insegnamento transitorio [del Sutra del Loto]. Secondo, poiché insegnano che il Budda Shakyamuni ottenne l’illuminazione per la prima volta in questo mondo, non hanno ancora abbandonato il transitorio e mancano di rivelare il fatto sottolineato nell’insegnamento originale, cioè che il Budda ottenne l’illuminazione innumerevoli kalpa fa. Queste due grandi dottrine sono l’ossatura fondamentale dell’intera predicazione del Budda, sono il cuore e il midollo di tutti i sutra.

                                                                                                                                                      Il capitolo “Espedienti” dell’insegnamento transitorio rivela la dottrina dei tremila regni in un singolo istante di vita e predica il conseguimento della Buddità per i due veicoli. Evita in tal modo uno dei due errori commessi dai sutra precedenti. Ciò nonostante conserva l’aspetto provvisorio dell’illuminazione del Budda e non ne rivela l’aspetto eterno; in tal modo non espone concretamente la vera dottrina dei tremila regni in un singolo istante di vita e non stabilisce il conseguimento della Buddità da parte dei due veicoli. I suoi insegnamenti sono come la luna riflessa nell’acqua o come piante senza radici che galleggiano sulle onde.

                                                                                                                                                        Arrivati all’insegnamento originale del Sutra del Loto, viene distrutta l’idea che il Budda Shakyamuni ottenne l’illuminazione per la prima volta in questo mondo e, di conseguenza, vengono distrutti anche gli effetti dei quattro insegnamenti. Essendo distrutti gli effetti dei quattro insegnamenti anche le cause56 lo sono. La causa e l’effetto dei Dieci mondi, così come erano spiegati nei sutra precedenti e nell’insegnamento transitorio del Sutra del Loto, vengono annullati e vengono rivelati la causa e l’effetto dei Dieci mondi57 dell’insegnamento originale. Questa è la dottrina della causa originale e dell’effetto originale: essa rivela che i nove mondi sono tutti presenti nella Buddità senza inizio e che la Buddità è intrinsecamente presente nei nove mondi senza inizio. Questo è il vero mutuo possesso dei Dieci mondi, i veri cento mondi e mille fattori, i veri tremila regni in un singolo istante di vita.

                                                                                                                                                          Considerando le cose da questo punto di vista, è evidente che il Budda Vairochana seduto sul piedistallo di loto delle dieci direzioni descritto nel Sutra della Ghirlanda di fiori, il piccolo Shakyamuni dei sutra Agama58 e i Budda provvisori dei sutra dei periodi Corretto ed equo e della Saggezza, come i sutra della Luce dorata, di Amida e di Mahavairochana, non sono altro che riflessi del Budda del capitolo “Durata della vita”, come immagini della luna riflesse in grandi e piccoli contenitori d’acqua. Gli studiosi delle varie scuole buddiste, persi nelle dottrine delle proprie scuole e ignari del capitolo “Durata della vita”, confondono il riflesso sull’acqua per la luna reale e alcuni entrano nell’acqua per afferrarla con le mani o cercano di legarla con una fune. Come dice T’ien-t’ai: «Non sanno niente della luna nel cielo, guardano solo la luna nello stagno »59.

                                                                                                                                                            Avendo riflettuto su ciò, ritengo che, sebbene il Sutra del Loto insegni che i due veicoli possono conseguire la Buddità, la tesi opposta, sostenuta dai sutra precedenti, è quella che prevale. E a maggior ragione ciò si verifica per la dottrina dell’illuminazione del Budda nel remoto passato! In questo caso, non soltanto il Sutra del Loto è in contraddizione con i sutra precedenti, ma l’insegnamento originale del Sutra del Loto è in contraddizione sia con i sutra precedenti sia con l’insegnamento transitorio del Loto. Oltre a ciò, anche i quattordici capitoli dell’insegnamento originale, tutti, con l’eccezione dei capitoli “Emergere dalla Terra” e “Durata della vita”, sostengono che il Budda Shakyamuni ottenne per la prima volta l’illuminazione in questo mondo.

                                                                                                                                                              I quaranta volumi del Sutra del Mahaparinirvana, l’ultimo predicato dal Budda prima della morte nel boschetto di alberi di sal, così come gli altri sutra mahayana, escluso il Sutra del Loto, non contengono una singola parola [sull’illuminazione del Budda nel remoto passato]. Essi parlano del corpo del Dharma del Budda come senza inizio e senza fine, ma non rivelano la natura originale degli altri due corpi, il corpo di ricompensa e il corpo manifesto60. Perché dovremmo scartare la vasta raccolta di scritture dei sutra mahayana del primo periodo, del Sutra del Nirvana e della maggior parte dei capitoli transitori e originali [del Sutra del Loto], per riporre fede solamente nei due capitoli “Emergere dalla Terra” e “Durata della vita”?

                                                                                                                                                                Esaminando le origini della scuola delle Caratteristiche dei dharma vediamo che, novecento anni dopo la morte del Budda, visse in India un grande erudito chiamato Bodhisattva Asanga. Di notte egli saliva nella corte interna del cielo Tushita dove incontrava il Bodhisattva Maitreya per chiarire i propri dubbi sui sacri insegnamenti esposti dal Budda nel corso della sua vita. Di giorno propagava le dottrine delle Caratteristiche dei dharma nello stato di Ayodhya61. Fra i suoi discepoli vi furono diversi grandi eruditi, come Vasubandhu, Dharmapala, Nanda e Shilabhadra62. Il grande sovrano, il re Shiladitya, chinò il capo in segno di rispetto e i popoli di tutte e cinque le regioni dell’India abbandonarono la loro arroganza e si dichiararono seguaci di questo insegnamento.

                                                                                                                                                                  Il Maestro del Tripitaka cinese Hsüan-tsang si recò in India e trascorse diciassette anni visitando più di centotrenta stati indiani. Rifiutò tutti gli altri insegnamenti buddisti, ma portò in Cina le dottrine della scuola delle Caratteristiche dei dharma e le presentò al saggio sovrano, l’imperatore T’ai-tsung. Hsüan-tsang annoverò fra i suoi discepoli uomini come Shen-fang, Chia-shang, P’u-kuang e K’uei-chi. Predicò nel tempio Ta-tz’u-en e diffuse il suo insegnamento in più di trecentosessanta distretti della Cina.

                                                                                                                                                                    Durante il regno dell’imperatore Kotoku, il trentasettesimo sovrano del Giappone, Doji, Dosho e altri preti si recarono in Cina a studiare quelle dottrine e al loro ritorno le predicarono nel tempio Yamashina63. Fu così che la scuola delle Caratteristiche dei dharma divenne la principale scuola buddista nei tre paesi [Cina, India e Giappone].

                                                                                                                                                                      Secondo questa scuola, in tutti gli insegnamenti del Budda, a partire dal Sutra della Ghirlanda di fiori, il più antico dei sutra, fino al Sutra del Loto e a quello del Nirvana, che vennero predicati per ultimi, si afferma che quegli esseri senzienti che sono privi della natura dell’illuminazione oppure sono predestinati ai due veicoli non potranno mai diventare Budda. Il Budda, affermano, non si contraddice mai. Perciò, se egli una volta ha dichiarato che queste persone non conseguiranno mai la Buddità, anche se il sole e la luna cadessero sulla terra e la grande terra stessa si rovesciasse, questa dichiarazione non potrà mai essere alterata. Nei sutra precedenti, si dice che quegli esseri senzienti privi della natura dell’illuminazione oppure predestinati ai due veicoli sono incapaci di conseguire la Buddità. Perciò essi concludono che nemmeno nel Sutra del Loto o del Nirvana venga mai detto che possano conseguirla.

                                                                                                                                                                        «Chiudi gli occhi e considera la questione» dicono i membri della scuola delle Caratteristiche dei dharma. «Se nel Sutra del Loto e nel Sutra del Nirvana fosse stato dichiarato esplicitamente che chi è privo della natura dell’illuminazione o è destinato ai due veicoli può conseguire la Buddità, allora come mai grandi eruditi, come Asanga e Vasubandhu, oppure i maestri del Tripitaka e gli insegnanti, come Hsüan-tsang e Tz’u-en, non l’hanno notato? Perché non lo hanno menzionato nei loro scritti? Perché non lo hanno accettato e trasmesso? Perché Asanga non interrogò il Bodhisattva Maitreya su questo punto? Tu, Nichiren, sostieni di basarti sul testo del Sutra del Loto, ma in realtà non fai che accettare le opinioni distorte di uomini come T’ien-t’ai, Miao-lo e Dengyo, e interpreti il testo del sutra alla luce dei loro insegnamenti. Perciò tu sostieni che il Sutra del Loto è differente dai sutra precedenti come il fuoco dall’acqua».

                                                                                                                                                                          Vi sono poi le scuole della Ghirlanda di fiori e della Vera parola, che sono a un livello incomparabilmente più alto delle scuole delle Caratteristiche dei dharma e dei Tre trattati, per le quali le dottrine che i due veicoli possono conseguire la Buddità e che il Budda ottenne l’illuminazione nel remoto passato si trovano non solo nel Sutra del Loto, ma anche nei sutra della Ghirlanda di fiori e di Mahavairochana.

                                                                                                                                                                            Secondo queste scuole, Tu-shun, Chih-‌yen, Fa-tsang e Ch’eng-kuan della scuola della Ghirlanda di fiori, e Shan-wu-wei, Chin-kang-chih e Pu-k’ung della scuola della Vera parola furono molto più eminenti di T’ien-t’ai e di Dengyo. Inoltre sostengono che gli insegnamenti di Shan-wu-wei discendono in linea diretta dal Tathagata Mahavairochana. Com’è possibile che uomini come questi, che sono manifestazioni del Budda, possano sbagliarsi? Essi si rifanno al passo del Sutra della Ghirlanda di fiori in cui si legge: «Alcuni percepiscono che è passato un incommensurabile numero di kalpa da quando Shakyamuni conseguì la via del Budda», oppure al passo del Sutra di Mahavairochana che dice: «Io [Budda Mahavairochana] sono l’origine e l’inizio di tutte le cose». Come si fa, essi si chiedono, a sostenere che l’illuminazione del Budda nel remoto passato si trova solo nel capitolo “Durata della vita” del Sutra del Loto? Chi lo fa è come il ranocchio in fondo a un pozzo che non ha mai visto il grande mare, o come un montanaro che non sa niente della capitale. «Voi guardate solamente il capitolo “Durata della vita” e niente sapete dei sutra della Ghirlanda di fiori, di Mahavairochana e degli altri sutra! Supponete forse che anche in India, in Cina, a Silla e a Paekche [in Corea] la gente creda che queste due dottrine siano limitate al Sutra del Loto?».

                                                                                                                                                                              Come si è visto, il Sutra del Loto, che fu predicato per circa otto anni, è molto diverso dai sutra precedenti predicati per circa quarant’anni. Se qualcuno dovesse scegliere fra i due, a rigor di logica dovrebbe scegliere il sutra predicato per ultimo [il Sutra del Loto], eppure i sutra precedenti sembrano comunque avere una maggiore importanza.

                                                                                                                                                                                Quando il Budda era ancora in vita, ci sarebbero state buone ragioni per scegliere il Sutra del Loto. Ma, nell’epoca dopo la sua morte eruditi e maestri, nella maggioranza dei casi, hanno mostrato una preferenza per i sutra precedenti. È estremamente difficile credere nel Sutra del Loto e inoltre, con l’avvento dell’ultima epoca, i santi e i saggi diventano sempre più rari e le persone illuse sempre più numerose. È facile commettere errori anche nelle superficiali faccende mondane, quanto più facile sarà cadere in errore circa i profondi insegnamenti buddisti che conducono all’illuminazione!

                                                                                                                                                                                  Vatsa e Vaipulya64 erano acuti e perspicaci eppure confusero i sutra hinayana e mahayana. Vimalamitra e Madhava erano molto intelligenti, ma non riuscirono a distinguere correttamente fra insegnamenti veri e insegnamenti provvisori. Questi uomini vissero durante il periodo di mille anni conosciuto come Primo giorno della Legge, non molto lontano dall’epoca del Budda, e nel suo stesso paese, l’India, e nonostante ciò caddero in errore, come abbiamo visto. Quanto sarà più facile, allora, che in Cina e Giappone si faccia altrettanto, dal momento che questi paesi sono lontani [dall’India] e parlano lingue differenti?

                                                                                                                                                                                    Adesso gli uomini sono diventati sempre più ottusi; la lunghezza delle loro vite diminuisce costantemente65; i veleni di avidità, collera e stupidità sono andati moltiplicandosi. Sono passati ormai molti secoli dalla morte del Budda e le scritture buddiste vengono tutte fraintese. In quest’epoca chi potrebbe avere la saggezza per interpretarle correttamente?

                                                                                                                                                                                      Infatti il Budda predisse nel Sutra del Nirvana che, nell’Ultimo giorno della Legge, coloro che aderiranno all’insegnamento corretto saranno pochi come il terriccio che può stare su un’unghia, mentre coloro che offenderanno l’insegnamento corretto saranno numerosi come i granelli di tutte le terre delle dieci direzioni.

                                                                                                                                                                                        Nel Sutra del Declino della Legge troviamo un passo nel quale si afferma che coloro che offendono il corretto insegnamento saranno numerosi come le sabbie del Gange, mentre coloro che aderiscono al corretto insegnamento non saranno più di uno o due sassolini. Nel corso di cinquecento o mille anni sarà difficile trovare anche una singola persona che creda nel corretto insegnamento. Quelli che cadono nei cattivi sentieri a causa di crimini secolari saranno un numero così insignificante come il terriccio che può stare su un’unghia, ma quelli che vi cadono per aver violato gli insegnamenti buddisti saranno numerosi come i granelli di tutte le terre delle dieci direzioni. Più monaci che laici, e più monache che laiche, cadranno nei cattivi sentieri.

                                                                                                                                                                                          Avendo riflettuto su ciò Nichiren vorrebbe far notare quanto segue. Sono già passati più di duecento anni da quando il mondo è entrato nell’Ultimo giorno della Legge. Io sono nato in una terra lontana e sono un prete di umili condizioni e modeste conoscenze. Durante il ciclo di nascita e morte nei sei sentieri, forse talvolta sono nato come un grande sovrano nei mondi umano o celeste, e ho piegato al mio volere le moltitudini come un grande vento piega i rami dei piccoli alberi. Eppure non fui in grado di diventare un Budda.

                                                                                                                                                                                            Studiai i sutra hinayana e mahayana, cominciando come un praticante comune senza alcuna comprensione e salendo gradualmente allo stato di grande bodhisattva. Per un kalpa, due kalpa, per innumerevoli kalpa, mi dedicai alle pratiche del bodhisattva, fin quasi a raggiungere lo stadio di non regressione. E invece fui tirato indietro dalla forza schiacciante delle influenze demoniache, e non conseguii mai la Buddità. Non so se ho fatto parte del terzo gruppo66 di coloro che non credettero quando ascoltarono predicare il Sutra del Loto dai figli del Budda Grande Saggezza Universale e non riuscirono a conseguire la Buddità nemmeno durante la vita del Budda Shakyamuni, oppure se esitai e mi allontanai dagli insegnamenti che avevo udito in quel tempo lontano tanti kalpa quanti i granelli di polvere di innumerevoli sistemi maggiori di mondi e perciò sono rinato in quest’epoca.

                                                                                                                                                                                              Quando una persona predica gli insegnamenti del Sutra del Loto, può superare tutte le difficoltà provocate dalle influenze demoniache del mondo secolare, o dalle persecuzioni di sovrani, non buddisti, o seguaci dei sutra hinayana. E tuttavia può incontrare qualcuno come Tao-ch’o, Shan-tao, o Honen, preti che sembrano conoscere a fondo gli insegnamenti dei sutra mahayana provvisori e veri, ma che di fatto sono posseduti dai demoni. Simili uomini sembrano esaltare il Sutra del Loto, ma in realtà sminuiscono la capacità delle persone di capirlo, asserendo che i suoi princìpi sono molto profondi mentre la comprensione umana è scarsa67. Essi sviano gli altri dicendo: «Non una singola persona ha mai ottenuto l’illuminazione» [con quel sutra], oppure «Neanche una persona su mille» [può esser salvata da esso]68. Così, per un periodo di innumerevoli vite, le persone vengono ingannate un numero di volte maggiore delle sabbie del Gange, finché [abbandonano la loro fede nel Sutra del Loto e] regrediscono agli insegnamenti dei sutra mahayana provvisori, abbandonano questi e regrediscono agli insegnamenti dei sutra hinayana, e infine abbandonano anche questi e regrediscono a insegnamenti e scritture non buddiste. Capisco fin troppo bene come, alla fine, gli uomini siano arrivati a cadere nei cattivi sentieri.

                                                                                                                                                                                                Io, Nichiren, sono l’unica persona in tutto il Giappone che capisce questo. Ma se pronuncio anche una sola parola al riguardo, allora genitori, fratelli e maestri sicuramente mi criticheranno, e il governante del paese prenderà provvedimenti contro di me69. D’altronde, sono pienamente consapevole che, se non parlo apertamente, manco di compassione. Ho riflettuto su quale strada prendere alla luce degli insegnamenti del Sutra del Loto e del Nirvana. Se rimango in silenzio, posso evitare problemi in questa vita, ma nella prossima cadrò sicuramente nell’inferno della sofferenza incessante. Se parlo, sono pienamente consapevole che dovrò lottare contro i tre ostacoli e i quattro demoni. Ma di queste due strade, quella da scegliere è sicuramente la seconda.

                                                                                                                                                                                                  Comunque, se dovessi retrocedere dalla mia determinazione di fronte alle persecuzioni del sovrano, sarebbe meglio non parlare. Riflettendo su questo, ho richiamato alla mente gli insegnamenti del capitolo “Torre preziosa” sulle sei azioni difficili e le nove azioni facili. Persone come me di mediocre forza potrebbero sollevare il monte Sumeru e gettarlo in aria; persone come me che sono prive di poteri sovrannaturali potrebbero portare sulle spalle un carico di erba secca e non bruciare nel fuoco alla fine del kalpa del declino70, e persone come me prive di saggezza potrebbero leggere e memorizzare tanti sutra quante sono le sabbie del Gange. Queste azioni non sono difficili, ci viene detto, se paragonate alla difficoltà di abbracciare anche una sola frase o verso del Sutra del Loto nell’Ultimo giorno della Legge. Tuttavia, io feci il voto di risvegliare in me il potente cuore dell’illuminazione71 e di non retrocedere mai.

                                                                                                                                                                                                    Sono già passati più di venti anni da quando cominciai a proclamare le mie dottrine. Giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno ho subìto ripetute persecuzioni. Le persecuzioni minori sono troppo numerose per poterle enumerare, ma le persecuzioni maggiori sono quattro. Fra queste quattro, due volte ho subìto persecuzioni da parte delle autorità del paese72. La più recente mi è quasi costata la vita. In più, i miei discepoli, i miei seguaci laici e persino quelli che hanno soltanto ascoltato i miei insegnamenti sono stati severamente puniti e trattati come se fossero colpevoli di tradimento.

                                                                                                                                                                                                      Nel quarto volume del Sutra del Loto si legge: «Poiché odio e gelosia nei confronti di questo sutra abbondano perfino mentre il Tathagata è nel mondo, quanto peggio sarà dopo la sua scomparsa?»73. Il secondo volume afferma: «Se qualcuno dovesse offendere [un sutra come questo] oppure se, vedendo coloro che leggono, recitano, copiano e sostengono questo sutra, li dovesse disprezzare, odiare, invidiare, o provare rancore nei loro confronti»74. E il quinto volume dice: «Nel mondo [questo Sutra del Loto] dovrà fronteggiare molta ostilità e sarà difficile credervi»75. E anche: «Ci saranno molte persone ignoranti che ci malediranno e parleranno male di noi»76, e «Si rivolgeranno ai sovrani, agli alti dignitari, ai brahmani e ai capifamiglia, [come pure agli altri monaci,] calunniandoci e parlando male di noi; diranno: “Questi sono uomini dalle visioni distorte [che predicano dottrine non buddiste]!”»77. Nello stesso volume si afferma anche: «Saremo esiliati più e più volte»78, e [nel settimo volume], «Alcuni del gruppo afferravano dei bastoni, delle tegole o delle pietre per colpirlo e percuoterlo»79.

                                                                                                                                                                                                        Il Sutra del Nirvana riporta: «A quel tempo, innumerevoli non buddisti, tutti d’accordo, si recarono da Ajatashatru, re di Magadha, e gli dissero: “Esiste attualmente un uomo di incomparabile malvagità, un monaco chiamato Gautama. […] Intorno a lui si è raccolta ogni sorta di persone malvagie che, sperando di trarne profitto ed elemosine, sono diventate suoi seguaci. Esse non praticano il bene ma usano il potere degli incantesimi e della magia per attirare uomini come Mahakashyapa, Shariputra e Maudgalyayana”».

                                                                                                                                                                                                          T’ien-t’ai dice: «Sarà molto peggio in futuro perché i princìpi [del Sutra del Loto] sono così difficili da insegnare»80. Miao-lo dice: «“Odio” si riferisce a coloro che ancora non si sono liberati dagli impedimenti e “gelosia” a coloro che non provano alcun piacere ad ascoltare la dottrina»81. I maestri delle tre scuole del sud e delle sette scuole del nord della Cina, così come gli altri innumerevoli studiosi cinesi, consideravano T’ien-t’ai con risentimento e animosità. Così Tokuitsu disse: «Ehi, Chih-i, che razza di discepolo sei? Con una lingua lunga meno di tre pollici tu offendi gli insegnamenti che provengono da una lingua tanto grande da coprire il volto!»82.

                                                                                                                                                                                                            Nel Tung-ch’un si dice: «Domanda: Quando il Budda era nel mondo, molti nutrivano risentimento e gelosia nei suoi confronti. Ma adesso, nell’epoca dopo la sua morte, perché quando qualcuno predica questo sutra [del Loto] così tanti lo osteggiano? Risposta: Si dice che una buo­na medicina abbia un sapore amaro. Questo sutra, che è come una buona medicina, disperde gli attaccamenti ai cinque veicoli e stabilisce l’unico principio supremo. Esso respinge le persone comuni e rimprovera i santi, nega il Mahayana e confuta lo Hinayana, parla dei demoni celesti come di insetti velenosi e chiama i non buddisti83 demoni. Esso disprezza coloro che aderiscono alle dottrine hinayana chiamandoli vili e miserabili e liquida i bodhisattva chiamandoli principianti. Per questo, i demoni celesti detestano ascoltarlo, i non buddisti trovano che offenda i loro orecchi, le persone dei due veicoli ne sono sbalordite e insospettite e i bodhisattva fuggono terrorizzati. Questo è il motivo per cui tutti questi tipi di persone cercano di creare ostacoli [al devoto del Sutra del Loto]. Che odio e gelosia sarebbero abbondati non erano dunque parole vuote».

                                                                                                                                                                                                              In Una chiarificazione dei precetti si afferma: «I sovrintendenti del clero [della capitale di Nara] sottoposero un’istanza all’autorità regia, dicendo: “Così come in una terra ad ovest della Cina c’era un brahmano chiamato Eloquenza Demoniaca, ora, in questo reame orientale del Giappone, c’è un monaco dalla testa rasata che vomita astute parole. Gli spiriti maligni convocano segretamente persone come loro per ingannare e fuorviare il mondo”. Io [Dengyo] risposi a queste accuse dicendo: “Una volta si sentiva parlare dell’arrogante sovrintendente del clero Hui-kuang della dinastia Ch’i della Cina, adesso nel nostro paese vediamo questi sei sovrintendenti del clero84. Era proprio vero, come afferma il Sutra del Loto, che la situazione sarebbe stata molto peggiore dopo la sua scomparsa”».

                                                                                                                                                                                                                Negli Eminenti princìpi del Sutra del Loto, si afferma: «A proposito dell’epoca, [la propagazione del vero insegnamento avrà inizio] nell’epoca in cui finisce il Medio giorno della Legge e si apre l’Ultimo giorno. Per quanto riguarda la terra, inizierà in una terra a est di T’ang e a ovest di Katsu. Per quanto concerne la gente, si diffonderà fra gente macchiata dalle cinque impurità che vive in un’epoca di conflitti. Il sutra dice: “Poiché odio e gelosia nei confronti di questo sutra abbondano perfino mentre il Tathagata è nel mondo, quanto peggio sarà dopo la sua scomparsa?”. C’è una ragione valida per questa affermazione».

                                                                                                                                                                                                                  Quando a un bambino viene fatto il trattamento con la moxa, egli odierà la madre per un po’ di tempo; quando a una persona gravemente malata viene data una buona medicina, essa senza dubbio si lamenterà del suo sapore amaro. Lo stesso avveniva [nei confronti del Sutra del Loto] anche durante la vita del Budda. Quanto peggio sarà dopo la sua scomparsa, specialmente nel Medio e Ultimo giorno della Legge e in un paese tanto lontano [come il Giappone]? Come le montagne si sovrappongono alle montagne e le onde seguono le onde, così le persecuzioni si aggiungono alle persecuzioni e le critiche si aggiungono alle critiche.

                                                                                                                                                                                                                    Durante il Medio giorno della Legge, un solo uomo, il Gran Maestro T’ien-t’ai, comprese e spiegò il Sutra del Loto e gli altri sutra. Gli altri maestri buddisti della Cina settentrionale e meridionale lo odiarono per questo, ma i due sovrani santi, della dinastia Ch’en e Sui, gli concessero un’udienza al fine di stabilire [con un dibattito] chi avesse torto e chi ragione. Così infine cessò di avere altri oppositori. Al termine del Medio giorno della Legge un solo uomo, Dengyo, fu capace di esporre il Sutra del Loto e gli altri sutra proprio come li aveva esposti il Budda. I sette maggiori templi di Nara insorsero come dei calabroni contro di lui, ma i due sovrani saggi, l’imperatore Kammu e l’imperatore Saga, indagarono personalmente per chiarire chi fosse nel giusto, dopo di che non ci furono ulteriori fastidi.

                                                                                                                                                                                                                      Ora sono passati più di duecento anni da quando è iniziato l’Ultimo giorno della Legge. Il Budda predisse che le condizioni sarebbero state molto peggiori dopo la sua morte, e possiamo vedere avverata la predizione nelle liti e nelle dispute che oggi si ripetono a causa del prevalere di dottrine irragionevoli. A riprova del fatto che viviamo in un’epoca impura, vediamo che, invece di essere convocato per un dibattito dottrinale, io sono stato mandato in esilio e la mia stessa vita è messa in pericolo.

                                                                                                                                                                                                                        Per quanto riguarda la comprensione del Sutra del Loto, io ho solo una minima parte delle grandi capacità possedute da T’ien-t’ai e Dengyo, ma per la mia capacità di sopportare le persecuzioni e la grande compassione, credo che incuterei loro soggezione. [Come devoto del Sutra del Loto] credevo che sarei stato sicuramente protetto dagli dèi e tuttavia non ne vedo ancora il minimo segno. Al contrario, vengo sottoposto a condanne sempre più gravi. Alla luce di ciò, mi chiedo, forse dopotutto non sono il devoto del Sutra del Loto? O forse gli dèi celesti e le divinità benevolenti se ne sono andati, abbandonando questa terra del Giappone? Sono molto perplesso.

                                                                                                                                                                                                                          Ma poi mi ricordo la strofa di venti versi nel capitolo “Esortazione alla devozione” del quinto volume del Sutra del Loto85. Se io Nichiren, non fossi nato in questa terra del Giappone, allora le parole dell’Onorato dal Mondo che predicevano tali persecuzioni sarebbero state menzognere, e quegli ottocentomila milioni di nayuta di bodhisattva sarebbero stati colpevoli dello stesso crimine di Devadatta, di ingannare e sviare gli altri.

                                                                                                                                                                                                                            Il sutra afferma: «Ci saranno molte persone ignoranti che ci malediranno e parleranno male di noi; ci attaccheranno con spade e bastoni, con tegole o pietre»86. Guarda intorno a te oggi nel mondo: c’è qualche monaco oltre Nichiren che sia maledetto e diffamato a causa del Sutra del Loto o che sia attaccato con spade e bastoni? Se non fosse per Nichiren, la profezia fatta in questo sutra sarebbe pura menzogna.

                                                                                                                                                                                                                              Lo stesso passo afferma: «In quell’epoca malvagia ci saranno monaci di saggezza perversa, adulatori e sleali»87 e «predicheranno la Legge ai laici vestiti di abiti bianchi e saranno rispettati e riveriti dal mondo quasi fossero arhat in possesso dei sei poteri sovrannaturali»88. Se non esistessero i preti delle scuole Nembutsu, Zen e dei Precetti della nostra epoca, allora l’Onorato dal Mondo sarebbe stato un grande bugiardo.

                                                                                                                                                                                                                                Il passo dice anche: «Nelle grandi assemblee […] si rivolgeranno ai sovrani, agli alti dignitari, ai brahmani e ai capifamiglia, […] [calunniandoci e parlando male di noi]»89. Se i monaci di oggi non mi avessero diffamato presso le autorità e fatto condannare all’esilio, allora questo passo del sutra non si sarebbe compiuto.

                                                                                                                                                                                                                                  «Saremo esiliati più e più volte»90 dice il sutra. Ma se Nichiren non fosse stato esiliato più volte per il Sutra del Loto, che significato avrebbero avuto queste parole «più e più volte»? Fino a ora né T’ien-t’ai né Dengyo lessero [con la loro vita] questa predizione rappresentata dalle parole «più e più volte», e ancor meno chiunque altro. Ma, nascendo all’inizio dell’Ultimo giorno della Legge, «l’epoca terribile e malvagia» descritta nel sutra, solo io ho potuto leggere queste parole [con la mia vita].

                                                                                                                                                                                                                                    Come ulteriori esempi di profezie che si sono realizzate, nel Sutra dei Successori del Budda è riportato che l’Onorato dal Mondo disse: «Cento anni dopo la mia morte un sovrano conosciuto come il grande re Ashoka apparirà». Nel Sutra di Maya egli disse che seicento anni dopo la sua morte un uomo chiamato Bodhisattva Nagarjuna sarebbe apparso nell’India meridionale e nel Sutra della Grande compassione egli disse che sessant’anni dopo la sua morte un uomo chiamato Madhyantikaavrebbe stabilito la propria sede nel palazzo del drago. Tutte queste profezie si sono avverate. Difatti, se così non fosse stato, chi avrebbe fede negli insegnamenti del Budda?

                                                                                                                                                                                                                                      Così il Budda stabilì il tempo [in cui il devoto del Sutra del Loto sarebbe apparso], descrivendolo come «l’epoca terribile e malvagia», «l’epoca posteriore», «l’epoca posteriore in cui la Legge scomparirà» e «gli ultimi cinquecento anni», com’è testimoniato dalle due versioni cinesi del Sutra del Loto, il Sutra del Loto della Legge corretta e il Sutra del Loto della Legge meravigliosa91. Se in quest’epoca non apparissero i tre potenti nemici predetti dal Sutra del Loto, chi avrebbe fede nelle parole del Budda? Se non ci fosse Nichiren, chi potrebbe realizzare le profezie del Budda sul devoto del Sutra del Loto? Le tre scuole della Cina meridionale e le sette scuole della Cina settentrionale, insieme ai sette maggiori templi di Nara, sono annoverate tra i nemici del Sutra del Loto nel tempo del Medio giorno della Legge. E se è così, come potranno i preti Zen, dei Precetti e Nembutsu dell’epoca attuale sperare di sfuggire a una definizione analoga?

                                                                                                                                                                                                                                        Le profezie del sutra corrispondono perfettamente alla mia persona. Più le autorità governative si accaniscono contro di me, più grande è la mia gioia. Per esempio, vi sono alcuni bodhisattva hinayana non ancora liberati dalle illusioni, che assumono volontariamente un cattivo karma [per adempiere al loro voto di compassione]. Così se uno di essi vede sua madre e suo padre caduti nell’inferno e in grande sofferenza, deliberatamente creerà il karma appropriato nella speranza di poter anch’egli cadere nell’inferno, condividere le loro sofferenze e assumerle su di sé; per lui sarà una gioia e per me è lo stesso. Sebbene io adesso debba affrontare prove che posso a malapena sopportare, gioisco quando penso che nel futuro eviterò di nascere nei cattivi sentieri.

                                                                                                                                                                                                                                          E tuttavia la gente dubita di me e anch’io dubito di me stesso. Perché gli dèi non mi assistono? Gli dèi celesti e le altre divinità guardiane fecero il loro voto di fronte al Budda. Anche se il devoto del Sutra del Loto fosse una scimmia invece che un uomo, gli dèi dovrebbero accorrere per mantenere il voto fatto di fronte al Budda. Il fatto che non lo facciano significa, forse, che io non sono il devoto del Sutra del Loto? Questo dubbio è il punto essenziale di questo scritto. E poiché è d’importanza capitale per la mia vita, lo solleverò più volte e lo approfondirò prima di provare a rispondervi.

                                                                                                                                                                                                                                            Il principe Chi-cha92 in cuor suo aveva promesso di dare al signore di Hsü la preziosa spada regale che egli indossava. Perciò, [quando più tardi scoprì che il signore di Hsü era morto], pose la spada nella sua tomba. Wang Shou, che aveva bevuto dell’acqua da un fiume, gettò con sollecitudine una moneta d’oro nell’acqua come pagamento93. Hung Yen, avendo trovato ucciso il suo signore, si aprì il ventre e vi introdusse il fegato del suo signore prima di morire. Questi furono uomini saggi che sapevano come adempiere i loro debiti di gratitudine. A maggior ragione avrebbero dovuto saperlo grandi santi come Shariputra e Mahakashyapa che osservavano tutti i duecentocinquanta precetti e le tremila regole di condotta, che avevano sradicato le illusioni del pensiero e del desiderio e si erano emancipati dal triplice mondo. Essi sono degni di essere le guide di Brahma, Shakra e degli altri dèi celesti, e di essere gli occhi di tutti gli esseri viventi. Durante i primi quarant’anni e più di predicazione del Budda, questi uomini furono mal visti, relegati in disparte e ammoniti che non avrebbero mai conseguito la Buddità. Ma quando essi assaggiarono la medicina dell’immortalità nel Sutra del Loto, furono come semi bruciati che germogliano, come una roccia frantumata e nuovamente riunita, o come alberi disseccati che producono fiori e frutti. Il Sutra del Loto rivelò che, dopo tutto, essi avrebbero conseguito la Buddità, sebbene dovessero ancora entrare nelle otto fasi dell’esistenza di un Budda. Perché allora non fanno qualcosa per ripagare il loro debito nei confronti del sutra? Se non lo fanno, essi si mostreranno inferiori ai saggi che ho citato prima, nient’altro che animali che non conoscono i debiti di gratitudine.

                                                                                                                                                                                                                                              La tartaruga che fu salvata da Mao Pao94 non dimenticò di ripagare il favore ricevuto in passato. Il grande pesce dello stagno K’un-ming95, per poter ripagare l’uomo che gli aveva salvato la vita, gli fece omaggio di un gioiello lucente nel cuore della notte. Se perfino gli animali sanno come ripagare i propri debiti di gratitudine, perché non dovrebbero farlo uomini che sono dei grandi santi?

                                                                                                                                                                                                                                                Il Venerabile Ananda era il secondo figlio del re Dronodana e il Venerabile Rahula era il nipote del re Shuddhodana. Entrambi erano nati in famiglie molto illustri e avevano anche raggiunto il livello di arhat. Eppure gli era stato precluso il conseguimento della Buddità. Tuttavia, durante l’assemblea di otto anni sul Picco dell’Aquila [in cui fu predicato il Sutra del Loto], fu rivelato che sarebbero divenuti Budda coi nomi di Tathagata [Re di] Saggezza [e Potere Illimitato] come i Mari e i Monti e Tathagata che Cammina su Sette Preziosi Fiori. Malgrado fossero grandi santi, di nobile famiglia, se non fosse stato per la rivelazione nel Sutra del Loto, chi li avrebbe riveriti?

                                                                                                                                                                                                                                                  Il re Chieh della dinastia Hsia e il re Chou della dinastia Yin96 comandavano un esercito di diecimila carri e disponevano dell’obbedienza dell’intera popolazione dei loro regni. Ma poiché essi governarono dispoticamente e provocarono la caduta delle loro dinastie, la gente parla di Chieh e di Chou come esempi di uomini malvagi. Perfino una persona di umili condizioni o un lebbroso se venisse paragonato a Chieh o Chou monterebbe in collera, considerandolo un insulto.

                                                                                                                                                                                                                                                    Se non fosse stato per il Sutra del Loto, chi avrebbe mai sentito parlare dei milleduecento ascoltatori della voce97 e degli innumerevoli altri ascoltatori della voce [che avrebbero conseguito la Buddità attraverso il sutra], e chi avrebbe ascoltato la loro voce? Nessuno avrebbe letto i sutra buddisti compilati dai mille ascoltatori della voce98, né avrebbe eretto e venerato le loro immagini e le loro statue. È esclusivamente grazie al potere del Sutra del Loto che questi arhat sono seguiti e riveriti. Se questi ascoltatori della voce si fossero allontanati dal Sutra del Loto, sarebbero stati come pesci senz’acqua o come una scimmia senza albero o come un bambino senza il seno materno, o come un popolo senza sovrano. Come possono allora abbandonare il devoto del Sutra del Loto?

                                                                                                                                                                                                                                                      Nei sutra che precedono il Sutra del Loto, gli ascoltatori della voce acquisiscono l’occhio celeste e l’occhio della saggezza in aggiunta ai loro occhi fisici. Con il Sutra del Loto sono dotati anche dell’occhio del Dharma e dell’occhio del Budda99. La loro vista può penetrare ciascuno dei mondi nelle dieci direzioni. Allora, com’è possibile che non vedano me, il devoto del Sutra del Loto, qui nel mondo di saha? Anche se fossi stato un uomo malvagio che ha detto una parola o due contro di loro, anche se li avessi maledetti e insultati per uno o due anni, uno o due kalpa, per cento, mille, diecimila, un milione di kalpa, anche se avessi voluto colpirli con spade e bastoni, finché mantengo la fede nel Sutra del Loto e agisco come suo devoto, essi non dovrebbero mai abbandonarmi.

                                                                                                                                                                                                                                                        Un bambino può maledire i suoi genitori, ma essi lo ripudierebbero per questo motivo? I giovani gufi mangiano la loro madre, ma nonostante ciò essa non li abbandona. La bestia hakei uccide suo padre, ma il padre non fa nulla per impedirlo. Se persino gli animali si comportano così, perché mai, allora, grandi santi dovrebbero abbandonare il devoto del Sutra del Loto?

                                                                                                                                                                                                                                                          I quattro grandi ascoltatori della voce, nel passo che parla della loro comprensione, proclamarono: «Ora siamo diventati veri ascoltatori della voce, perché facciamo nostra la voce della via del Budda e la faremo udire a tutti. Ora siamo diventati veri arhat e ovunque, fra gli dèi e gli uomini, i demoni e i Brahma di svariati mondi, noi siamo degni di ricevere offerte. L’Onorato dal Mondo nella sua grande benevolenza si avvale di una cosa rara; pieno di pietà e compassione insegna e converte arrecando beneficio a noi tutti. Chi mai potrebbe ripagare il debito anche nel corso di innumerevoli milioni di kalpa? Se anche offrissimo mani e piedi, chinassimo il capo in segno di obbedienza e offrissimo doni di ogni tipo, nessuno di noi potrebbe ripagarlo. Se anche lo sollevassimo al di sopra delle nostre teste, lo portassimo sulle spalle per un numero di kalpa pari alle sabbie del Gange e lo riverissimo con tutto il nostro cuore; se venissimo a lui con cibi raffinati, con innumerevoli abiti ingioiellati, con giacigli di finissima fattura, diversi tipi di bevande e medicine, con sculture in sandalo testa di bue e con tutti i tipi di pietre preziose; se costruissimo torri in suo onore e cospargessimo il suolo di stoffe preziose; se anche facessimo tutto ciò in segno di gratitudine per un numero di kalpa pari alle sabbie del Gange, ancora non saremmo in grado di ripagarlo»100.

                                                                                                                                                                                                                                                            Nei vari sutra del primo periodo di predicazione del Budda, paragonati ai primi quattro gusti, gli ascoltatori della voce in numerose occasioni venivano descritti come soggetti a ogni sorta di abuso o umiliazione davanti alla grande assemblea di esseri umani e celesti. Così ci viene riferito che il lamento del Venerabile Mahakashyapa101 riecheggiò in tutto il sistema maggiore di mondi, che il Venerabile Subhuti102 fu così stupefatto che quasi se ne andò lasciando la ciotola per le elemosine che teneva in mano, che Shariputra sputò il cibo che stava mangiando103e che Purna fu accusato di introdurre escrementi in un vaso prezioso104.

                                                                                                                                                                                                                                                              Quando l’Onorato dal Mondo si trovava nel Parco dei Cervi, celebrò i sutra Agama esortando i discepoli a seguire come maestro i duecentocinquanta precetti, lodando caldamente quelli che così agivano e tuttavia dopo poco, come si è visto, cambiò opinione e iniziò a condannare tali uomini. Egli è colpevole, si potrebbe dire, di aver fatto due dichiarazioni differenti e completamente contraddittorie.

                                                                                                                                                                                                                                                                Per esempio, l’Onorato dal Mondo così inveì contro Devadatta: «Tu sei un imbecille che lecca lo sputo altrui!». Infiammato dall’ira, come se fosse trafitto da una freccia avvelenata, Devadatta gridò: «Gautama non è un Budda! Io sono il primogenito del re Dronodana, il fratello maggiore del Venerabile Ananda e il cugino di Gautama. Anche se mi fossi macchiato di una gravissima colpa, avrebbe dovuto ammonirmi in privato. Accusarmi pubblicamente davanti a questa grande assemblea di esseri umani e celesti, è questo il modo di agire di un grande uomo, di un Budda? In passato è stato mio nemico per la sposa105, ora si mostra mio nemico in questa assemblea. D’ora in poi, lo considererò il mio più acerrimo nemico, vita dopo vita, era dopo era»106.

                                                                                                                                                                                                                                                                  Se ci fermiamo a riflettere, dobbiamo considerare che alcuni di questi ascoltatori della voce provenivano da famiglie brahmane, erano stati capi di vari ordini non buddisti, avevano convertito ai loro insegnamenti dei re ed erano venerati da molti seguaci. Altri appartenevano a nobili famiglie o possedevano grandi ricchezze. Ma tutti rinunciarono agli onori, abbassarono il vessillo dell’orgoglio, abbandonarono l’abito laico per indossare l’umile veste scura dei monaci buddisti. Gettarono via i bianchi scacciamosche, gli archi e le frecce e presero in mano solo la ciotola delle elemosine, come poveri mendicanti, per seguire l’Onorato dal Mondo. Non avevano un alloggio per ripararsi dal vento e dal freddo, si vestivano e si nutrivano il minimo necessario per sopravvivere. Per di più tutti gli abitanti delle cinque regioni e dei quattro mari dell’India erano discepoli o sostenitori laici di altri insegnamenti non buddisti, per cui il Budda stesso dovette subire per nove volte gravi persecuzioni.

                                                                                                                                                                                                                                                                    Devadatta gli scagliò una grossa pietra, il re Ajatashatru scatenò contro di lui un elefante ubriaco, il re Agnidatta, [negandogli le offerte] obbligò il Budda e i suoi discepoli a nutrirsi per novanta giorni di foraggio per cavalli. In una città di brahmani gli fu offerta una pappa di riso inacidita e Chincha, la figlia di un brahmano, si legò sul ventre una bacinella [accusando il Budda di averla messa incinta]107.

                                                                                                                                                                                                                                                                      Anche i discepoli naturalmente dovettero subire molte persecuzioni: innumerevoli membri del clan Shakya furono massacrati dal re Virudhaka e dieci milioni di seguaci del Budda furono calpestati da elefanti ubriachi aizzati contro di loro. La monaca Utpalavarna fu uccisa da Devadatta, il Venerabile Kalodayin fu seppellito sotto il letame dei cavalli e il Venerabile Maudgalyayana fu bastonato a morte dai [membri di un gruppo brahmano chiamato] Bastone di bambù108. Inoltre, i [seguaci dei] sei maestri non buddisti si coalizzarono per accusare il Budda davanti al re Ajatashatru e al re Prasenajit, dicendo: «Gautama è l’uomo più malvagio di tutto il continente di Jambudvipa. Dovunque egli si rechi, imperversano le tre calamità e i sette disastri. Come tutti i fiumi confluiscono nel grande mare, come gli alberi formano una foresta sulle grandi montagne, così gli uomini cattivi si affollano intorno a Gautama. Mahakashyapa, Shariputra, Maudgalyayana e Subhuti sono degli esempi. Tutti coloro che nascono in forma umana devono porre al primo posto la lealtà al sovrano e la pietà filiale. Ma questi uomini sono stati così traviati dalle parole di Gautama che ignorano l’insegnamento dei genitori e abbandonano la famiglia, trasgrediscono le leggi del sovrano e se ne vanno nella foresta. Devono essere banditi da questo paese. Se il sole, la luna e le stelle presentano fenomeni sinistri e se molti strani eventi si verificano sulla terra, è perché si permette loro di rimanere»109.

                                                                                                                                                                                                                                                                        Gli ascoltatori della voce erano già al limite della sopportazione e, quando alle loro sofferenze si aggiunsero [le accuse da parte del Budda], trovarono difficile seguirlo. Sentendosi condannare ripetutamente nelle grandi assemblee di esseri umani e celesti, e non sapendo come comportarsi, rimasero più disorientati che mai.

                                                                                                                                                                                                                                                                          Oltre a tutto questo, si trovarono di fronte alla difficoltà più grave di tutte quando il Budda, come racconta il Sutra di Vimalakirti, li apostrofò dicendo: «Chi vi fa l’elemosina non si coltiva un campo di fortuna. Chi vi fa delle offerte cadrà nei tre cattivi sentieri». Queste parole furono pronunciate nel giardino di Ambapali110, dove si erano radunati Brahma e Shakra, gli dèi del sole e della luna, i quattro re celesti, gli dèi celesti del triplice mondo, gli dèi della terra, le divinità drago e altri esseri numerosi come le sabbie del Gange. Il Budda disse: «Gli esseri umani e celesti che faranno l’elemosina a Subhuti e agli altri monaci cadranno nei tre cattivi sentieri». Dopo aver udito ciò, come era possibile che gli esseri umani e celesti facessero offerte agli ascoltatori della voce? Sembrerebbe quasi che con queste parole il Budda avesse voluto deliberatamente causare la morte dei discepoli dei due veicoli. Le persone più sensibili rimasero senza dubbio inorridite dalle azioni del Budda. Comunque sia, gli ascoltatori della voce poterono ricevere una parte, per quanto minima, delle offerte fatte al Budda, che permise loro di mantenersi in vita.

                                                                                                                                                                                                                                                                            Considerando la situazione, mi viene in mente che, se il Budda fosse scomparso dopo aver predicato solo i sutra dei primi quarant’anni e più senza predicare il Sutra del Loto degli ultimi otto anni, chi mai avrebbe offerto elemosine a questi venerabili? A quest’ora essi vivrebbero nel regno degli spiriti affamati!

                                                                                                                                                                                                                                                                              Ma come il sole primaverile che discioglie il ghiaccio invernale, come il forte vento che disperde le innumerevoli gocce di rugiada, con una sola parola il Budda smentì in un momento tutti i sutra insegnati per più di quarant’anni dicendo: «Non ho ancora rivelato la verità». Come il forte vento che fuga le nubi oscure, come la luna piena nell’immensità dello spazio, come il sole splendente nel cielo azzurro, egli proclamò: «L’Onorato dal Mondo ha esposto a lungo le sue dottrine e adesso deve rivelare la verità». Nel Sutra del Loto fu rivelato, con lo splendore del sole e la lucentezza della luna, che Shariputra sarebbe diventato il Tathagata Fiore Splendente e Mahakashyapa il Tathagata Fulgida Luce. Grazie al Sutra del Loto, che è la fenice fra le scritture e lo specchio degli insegnamenti, dopo la scomparsa del Budda gli ascoltatori della voce furono venerati dai seguaci umani e celesti come se fossero il Budda stesso.

                                                                                                                                                                                                                                                                                Se l’acqua è limpida, la luna non mancherà di riflettersi in essa. Se il vento soffia, l’erba e gli alberi dovranno inchinarsi di fronte a esso. E se esiste un devoto del Sutra del Loto, allora i santi e gli ascoltatori della voce dovrebbero accorrere al suo fianco anche a costo di attraversare un gran fuoco o di farsi strada attraverso una grande roccia. Mahakashyapa, anche se immerso in profonda meditazione111, non intende fare qualcosa per questa situazione? Sono veramente perplesso. Non è forse questo l’ultimo periodo di cinquecento anni? È forse la predizione di un’ampia diffusione del Sutra del Loto una pura assurdità?112. Forse Nichiren non è il devoto del Sutra del Loto? Oppure gli ascoltatori della voce stanno proteggendo coloro che disprezzano il Sutra del Loto in quanto mero insegnamento scritto e sostengono la grande bugia che essi chiamano “trasmissione speciale”113? Stanno forse proteggendo coloro che scrivono: «Scartate, chiudete, ignorate, abbandonate!»114, che spingono gli uomini a sbarrare la porta agli insegnamenti del Sutra del Loto e a gettarne via i rotoli, e che causano la rovina dei suoi templi? Le varie divinità celesti giurarono davanti al Budda di proteggere il devoto del Sutra del Loto, ma vedendo quanto feroci sono le persecuzioni di quest’epoca impura, hanno forse deciso di non scendere? Il sole e la luna sono sempre in cielo. Il monte Sumeru non è crollato. Le maree fluiscono e rifluiscono e le quattro stagioni si susseguono nel loro ordine regolare. Perché allora non c’è segno di aiuto per il devoto del Sutra del Loto? I miei dubbi si fanno più profondi che mai.

                                                                                                                                                                                                                                                                                  Nei sutra predicati prima del Sutra del Loto, si osserva il Budda predire che diversi grandi bodhisattva ed esseri umani e celesti conseguiranno la Buddità nel futuro. Ma cercare di realizzare queste predizioni è come cercare di afferrare la luna nell’acqua, è come confondere il riflesso con l’oggetto: hanno sì la forma e il colore, ma non la realtà. Allo stesso modo, anche se la benevolenza del Budda sembra profonda [nel fare queste predizioni], non lo è.

                                                                                                                                                                                                                                                                                    Quando l’Onorato dal Mondo aveva ottenuto per la prima volta l’illuminazione e non aveva ancora cominciato a predicare, più di sessanta grandi bodhisattva, fra i quali Saggezza del Dharma, Foresta di Meriti, Vessillo di Diamante e Forziere del Diamante, apparvero dalle varie terre di Budda delle dieci direzioni e si presentarono al Budda Shakyamuni, signore degli insegnamenti. Qui, su richiesta dei bodhisattva Saggio Condottiero, Luna della Liberazione e di altri, essi predicarono le dottrine dei dieci stadi di sicurezza, dei dieci stadi di pratica, dei dieci stadi di devozione, dei dieci stadi di sviluppo, e così via115. Le dottrine che questi grandi bodhisattva predicarono non erano state apprese dal Budda Shakyamuni. A quel tempo, Brahma e le altre divinità dei mondi delle dieci direzioni si riunirono per predicare i vari insegnamenti, ma anche in questo caso non era qualcosa che avevano appreso da Shakyamuni.

                                                                                                                                                                                                                                                                                      Questi grandi bodhisattva, divinità, draghi e altri esseri che apparvero nell’assemblea descritta nel Sutra della Ghirlanda di fiori, erano esseri che avevano dimorato nello stato di “inconcepibile emancipazione”116 già prima [della predicazione] di Shakyamuni. Forse erano stati discepoli del Budda Shakyamuni quando questi seguiva le pratiche di bodhisattva in esistenze precedenti, o forse erano stati discepoli di precedenti Budda dei mondi delle dieci direzioni. In ogni caso essi non erano discepoli dello Shakyamuni che ottenne per la prima volta l’illuminazione in questa esistenza.

                                                                                                                                                                                                                                                                                        Solo quando il Budda enunciò i quattro insegnamenti nei periodi Agama, Corretto ed equo e della Saggezza, egli ebbe infine dei discepoli. E benché fossero predicate dal Budda, queste non erano dottrine che rivelavano la sua vera intenzione. Perché dico questo? Perché gli insegnamenti specifico e perfetto, esposti nei sutra dei periodi Corretto ed equo e della Saggezza, non differiscono nel significato dagli insegnamenti specifico e perfetto esposti nel Sutra della Ghirlanda di fiori. Gli insegnamenti specifico e perfetto del Sutra della Ghirlanda di fiori non sono gli insegnamenti specifico e perfetto del Budda Shakyamuni: sono gli insegnamenti specifico e perfetto di Saggezza del Dharma e degli altri grandi bodhisattva citati precedentemente. Alla maggior parte della gente questi grandi bodhisattva possono sembrare discepoli del Budda Shakyamuni, ma in effetti sarebbe meglio chiamarli suoi maestri. Dopo che l’Onorato dal Mondo ebbe acquisito la saggezza e la comprensione ascoltando predicare questi bodhisattva, procedette a esporre gli insegnamenti specifico e perfetto dei sutra del periodo Corretto ed equo e della Saggezza. Ma questi non differiscono in alcun modo dagli insegnamenti specifico e perfetto del Sutra della Ghirlanda di fiori.

                                                                                                                                                                                                                                                                                          Sappiamo perciò che questi bodhisattva furono i maestri di Shakyamuni. Questi bodhisattva citati nel Sutra della Ghirlanda di fiori vengono chiamati “buoni amici”. Chiamare una persona “buon amico” significa che non è né il maestro né il discepolo. I due insegnamenti del Tripitaka e di condivisione sono derivazioni degli insegnamenti specifico e perfetto. Chiunque comprenda gli insegnamenti specifico e perfetto comprenderà invariabilmente anche gli insegnamenti Tripitaka e di condivisione.

                                                                                                                                                                                                                                                                                            Un maestro è qualcuno che insegna ai suoi discepoli cose di cui questi non erano precedentemente a conoscenza. Per esempio, nelle epoche precedenti la venuta del Budda, gli esseri umani e celesti, i seguaci del Brahmanesimo, erano tutti discepoli delle due divinità117 e dei tre asceti. Benché le loro dottrine si fossero diramate fino a formare novantacinque scuole diverse, tutte non andavano oltre le idee dei tre asceti. Anche Shakyamuni, il signore degli insegnamenti, studiò queste dottrine e per un certo periodo divenne discepolo di maestri brahmani. Ma, dopo aver passato dodici anni tra pratiche dolorose e pratiche confortevoli118, arrivò a capire i princìpi della sofferenza, della vacuità, dell’impermanenza e del non io. Perciò smise di chiamarsi discepolo degli insegnamenti brahmani e si proclamò invece in possesso di una saggezza acquisita senza maestro. Così, con il passare del tempo, gli esseri umani e celesti giunsero a rispettarlo come un grande maestro.

                                                                                                                                                                                                                                                                                              È chiaro dunque che durante il periodo d’insegnamento dei primi quattro gusti, Shakyamuni, il signore degli insegnamenti, fu un discepolo di Saggezza del Dharma e di altri grandi bodhisattva. Fu anche il nono discepolo del Bodhisattva Manjushri119. Questo è il motivo per cui il Budda dichiara ripetutamente nei primi sutra: «Io non ho mai predicato una singola parola».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                Quando il Budda Shakyamuni ebbe settantadue anni, predicò il Sutra degli Innumerevoli significati sul Picco dell’Aquila nel regno di Magadha. A quel tempo egli negò tutti i sutra che aveva predicato durante i precedenti quarant’anni e più e tutti gli insegnamenti frammentari derivati da quei sutra, dicendo: «In questi quarant’anni e più non ho ancora rivelato la verità». Allora, i grandi bodhisattva e i vari esseri umani e celesti ansiosamente lo implorarono di rivelare la vera dottrina. Infatti nel Sutra degli Innumerevoli significati aveva pronunciato una singola dichiarazione che sembrava accennare alla vera dottrina120, ma non l’aveva elaborata. È come quando la luna sta per sorgere: è ancora nascosta dietro le colline a est e il suo bagliore comincia a illuminare le colline a ovest, ma ancora non se ne vede il corpo.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Nel capitolo “Espedienti” del Sutra del Loto, nella sezione che rivela concisamente la sostituzione dei tre veicoli con l’unico veicolo, il Budda accennò brevemente al concetto dei tremila regni in un singolo istante di vita, la dottrina che aveva serbato in cuore per la rivelazione finale. Ma poiché questa era la prima volta che toccava l’argomento, venne inteso solo vagamente, come la prima nota del cuculo udita da qualcuno ancora mezzo assopito, o come la luna emersa a metà della collina, ma velata da nuvole sottili. Shariputra e gli altri, sorpresi, chiamarono gli esseri celesti, le divinità drago e i grandi bodhisattva a raccolta, implorando una spiegazione. Come dice il sutra: «Gli dèi, i draghi, gli spiriti e gli altri, numerosi come le sabbie del Gange, i bodhisattva che aspirano a divenire Budda, in una grande moltitudine di ottantamila, e i saggi re che mettono in moto la ruota, giunti da diecimila milioni di terre, tutti a mani giunte e con animo reverente, desiderano udire l’insegnamento della perfetta via»121.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Il passo indica che essi chiesero di ascoltare una dottrina che non avevano ascoltato nei precedenti quarant’anni e più, una dottrina che era diversa dai quattro gusti e dai tre insegnamenti. Riguardo al verso «desiderano udire l’insegnamento della via perfetta», si può notare che il Sutra del Nirvana afferma: «Sad122 significa perfettamente dotato». Il Significato profondo dei quattro trattati mahayana afferma: «Sad significa sei. In India il numero sei significa perfettamente dotato». Nel suo commentario Chi-tsang scrive: «Sad si traduce perfettamente dotato»123. Nell’ottavo volume del suo Significato profondo del Sutra del Loto T’ien-t’ai osserva: «Sad è una parola sanscrita che si traduce con myo, o meraviglioso». Il Bodhisattva Nagarjuna nel cuore dei mille volumi del suo Trattato sulla grande perfezione della saggezza commenta: «Sad significa sei». Nagarjuna fu il tredicesimo nella linea dei successori del Budda, il fondatore delle scuole della Vera parola, della Ghirlanda di fiori e altre, un grande santo del primo stadio di sviluppo la cui identità originale era il Tathagata Re Libertà delle Nuvole del Dharma.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                      I caratteri Myoho-renge-kyo sono cinesi. In India il Sutra del Loto è chiamato Sad­dharma-pundarika sutra. Il seguente è il mantra sull’essenza del Sutra del Loto composto dal Maestro del Tripitaka Shan-wu-wei:

                                                                                                                                                                                                                                                                                                        namah samanta-buddhanam

                                                                                                                                                                                                                                                                                                          om a a am ah

                                                                                                                                                                                                                                                                                                            sarva-buddha-jna-sakshebhyah

                                                                                                                                                                                                                                                                                                              gagana-sambhavalakshani

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                saddharma-pundarika-sutra

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  jah hum bam hoh vajrarakshaman

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    hum svaha

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Salute a tutti i Budda! Tathagata dai tre corpi! Aprite la porta, mostratemi, fatemi risvegliare e penetrare nella saggezza e nell’illuminata comprensione di tutti i Budda. Voi che siete come lo spazio, che vi siete liberati dalla forma! Oh, Sutra del Bianco Loto della Legge corretta! Fatemi penetrare, essere ovunque, dimorare e gioire in voi. Oh, Protettore Adamantino! Oh, sutra vuoto, libero dall’aspetto e dai desideri!124

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Questo mantra, che esprime l’essenza del Sutra del Loto, fu trovato in una torre di ferro nell’India meridionale125. In questo mantra saddharma significa “Legge corretta”. Sad significa corretto. Corretto è lo stesso di myo [meraviglioso], myo è lo stesso di corretto. Quindi il Sutra del Loto della Legge corretta è il Sutra del Loto della Legge meravigliosa. E quando i due caratteri di namu sono anteposti a Myoho-renge-kyo, abbiamo la formula Nam-myoho-renge-kyo126.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Myo significa perfettamente dotato. “Sei” si riferisce alle sei paramita che rappresentano tutte le diecimila pratiche. Chiedendo di ascoltare l’insegnamento perfettamente dotato, essi chiedono come fare a essere perfettamente dotati delle sei paramita e delle diecimila pratiche dei bodhisattva. Nell’espressione “perfettamente dotato”, “dotato” si riferisce al mutuo possesso dei Dieci mondi, mentre “perfetto” significa che, dal momento che c’è il mutuo possesso dei Dieci mondi, allora ciascuno dei mondi contiene tutti gli altri mondi, il che indica che è “perfetto”. Questo Sutra del Loto è una singola opera che consiste di otto volumi, ventotto capitoli e 69.384 caratteri. Ciascun singolo carattere è dotato del carattere myo, ciascuno è un Budda dotato delle trentadue caratteristiche e degli ottanta segni minori. Ognuno dei Dieci mondi manifesta la sua Buddità. Come scrive Miao-lo: «Se perfino la Buddità è presente in tutti gli esseri viventi, allora tutti gli altri mondi, naturalmente, saranno anch’essi presenti»127.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Il Budda rispose alla richiesta dei suoi ascoltatori dicendo: «I Budda […], desiderano aprire la porta della saggezza del Budda a tutti gli esseri viventi»128. Il termine “tutti gli esseri” qui si riferisce a Shariputra e anche agli icchantika, o persone di incorreggibile miscredenza. Si riferisce anche ai nove mondi. Il Budda realizzò le sue parole «tutti gli esseri sono innumerevoli, io ho fatto il voto di salvarli»129 quando disse: «All’inizio ho fatto il voto di rendere tutte le persone uguali a me, senza alcuna distinzione tra noi, e quello in cui ho sperato a lungo ora si è realizzato».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Tutti i grandi bodhisattva, esseri celesti e altri, quando ebbero udito la dottrina del Budda e la compresero, dissero: «Da lungo tempo noi abbiamo udito predicare l’Onorato dal Mondo, ma mai abbiamo udito una Legge profonda, meravigliosa, suprema come questa»130.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Il Gran Maestro Dengyo commenta: «“Da lungo tempo noi abbiamo udito predicare l’Onorato dal Mondo” si riferisce al fatto che essi lo avevano ascoltato predicare le grandi dottrine del Sutra della Ghirlanda di fiori e di altri sutra nel tempo precedente alla predicazione del Sutra del Loto. “Mai abbiamo udito una Legge profonda, meravigliosa, suprema come questa” significa che non avevamo mai ascoltato la dottrina dell’unico veicolo della Buddità del Sutra del Loto»131.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Essi capirono, cioè, che nessuno dei sutra mahayana precedenti − quelli dei periodi della Ghirlanda di fiori, Corretto ed equo e della Saggezza, come il Sutra dei Profondi segreti e il Sutra di Mahavairochana, che sono numerosi come le sabbie del Gange − aveva mai chiarito il grande principio dei tremila regni in un singolo istante di vita che è il cuore di tutti gli insegnamenti della vita del Budda, o le dottrine dell’illuminazione dei due veicoli e dell’illuminazione del Budda nel remoto passato che ne sono la spina dorsale e il midollo.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Da quel momento, i grandi bodhisattva, Brahma, Shakra, gli dèi del sole e della luna e i quattro re celesti divennero discepoli del Budda Shakyamuni, il signore degli insegnamenti. Infatti nel capitolo “Torre preziosa” del Sutra del Loto, il Budda tratta questi grandi bodhisattva come i suoi discepoli, ammonendoli e istruendoli con queste parole: «Così mi rivolgo alla grande assemblea: dopo la mia estinzione, chi darà protezione e sostegno, chi leggerà e reciterà questo sutra? Ora, al cospetto del Budda, si faccia innanzi e pronunci il suo voto!»132. Questa fu la solennità con cui si rivolse loro. Allora, [secondo le parole del sutra] «come un vento impetuoso che agita i rami di piccoli alberi»133, i grandi bodhisattva furono sospinti verso il Budda, così come l’erba kusha134 si piega di fronte ad un grande vento e i fiumi e i ruscelli si riversano nel grande mare.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Tuttavia, il Budda aveva da poco cominciato a predicare sul Picco dell’Aquila e ciò che diceva appariva agli ascoltatori irreale come in un sogno. La torre preziosa era dapprima apparsa per confermare quanto era stato detto fino allora [l’insegnamento transitorio o prima metà del Sutra del Loto] e poi per preparare la via a ciò che sarebbe seguito [l’insegnamento originale o seconda metà]. Si radunarono tutti i Budda delle dieci direzioni e il Budda Shakyamuni annunciò che erano tutti sue emanazioni. Allora la torre preziosa rimase sospesa in aria con Shakyamuni e Molti Tesori seduti in essa fianco a fianco, come il sole e la luna apparsi uno accanto all’altro nel cielo azzurro. Gli esseri umani e celesti si erano radunati in cielo come stelle e i Budda che erano emanazioni del Budda Shakyamuni sedevano per terra ognuno sul proprio trono di leone, sotto alberi ingioiellati.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Nel Mondo del Tesoro del Loto descritto nel Sutra della Ghirlanda di fiori, tutti i Budda, nei loro corpi di ricompensa, dimorano separatamente, ognuno nel proprio mondo. I Budda degli altri mondi non vengono in questo mondo e non si dichiarano emanazioni [come nel caso del Sutra del Loto], né i Budda di questo mondo vanno in altri mondi. Soltanto Saggezza del Dharma e gli altri grandi bodhisattva vanno e vengono.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          I nove venerabili seduti sul loto a otto petali e i trentasette venerabili135 dei sutra di Mahavairochana e della Corona di Diamanti, sebbene appaiono come corpi di trasformazione del Tathagata Mahavairochana, non sono Budda illuminati sin dal remoto passato o dotati dei tre corpi.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            I mille Budda descritti nell’Ampio Sutra della Saggezza e i Budda delle sei direzioni che compaiono nel Sutra di Amida non si riuniscono mai in questo mondo [come le emanazioni del Budda nel Sutra del Loto], e i Budda che si riunirono quando fu predicato il Sutra della Grande raccolta non erano emanazioni di Shakyamuni. I quattro Budda delle quattro direzioni rappresentati nel Sutra della Luce dorata non sono altro che i corpi di trasformazione del Budda Shakyamuni.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              In nessuno dei vari sutra diversi da quello del Loto Shakyamuni convoca i Budda che hanno svolto diverse austerità e pratiche e posseggono i tre corpi, né li definisce come proprie emanazioni. [Lo fa solo nel capitolo “Torre preziosa” del Sutra del Loto]. Questo capitolo, perciò, ha lo scopo di introdurre il successivo capitolo “Durata della vita”. Il Budda Shakyamuni, che si credeva avesse ottenuto l’illuminazione per la prima volta solo una quarantina d’anni prima, convoca dei Budda che si erano illuminati anche uno o perfino dieci kalpa fa e dichiara che sono sue emanazioni. Questo è davvero molto diverso dal suo consueto insegnamento sull’uguaglianza di tutti i Budda [nei loro corpi del Dharma] e causa quindi grande sorpresa. Se Shakyamuni avesse ottenuto per la prima volta l’illuminazione una quarantina di anni prima, difficilmente così tanti esseri nelle dieci direzioni avrebbero potuto ricevere i suoi insegnamenti e, anche se avesse avuto il privilegio di possedere emanazioni, non sarebbe stato di alcun beneficio mostrarle ai propri ascoltatori. T’ien-t’ai, descrivendo quello che accadde nelle menti sbalordite dell’assemblea, dice: «Dato che il Budda Shakyamuni possedeva numerose emanazioni, capirono che doveva aver ottenuto l’illuminazione in un passato molto lontano»136.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Inoltre, dalla terra emersero i grandi bodhisattva numerosi come i granelli di polvere di mille mondi. Neanche Virtù Universale e Manjushri, che erano considerati i maggiori discepoli di Shakyamuni, erano paragonabili a loro. I grandi bodhisattva descritti nelle assemblee dei sutra dei periodi della Ghirlanda di fiori, Corretto ed equo, della Saggezza e nel capitolo “Torre preziosa” del Sutra del Loto, o Vajrasattva e il resto dei sedici grandi bodhisattva del Sutra di Mahavairochana [e di quello della Corona di diamanti], paragonati a questi bodhisattva sembravano un branco di scimmie, fra le quali i nuovi bodhisattva spiccavano come tanti Shakra. Era come se grandi ministri di corte si mescolassero a umili montanari. Persino Maitreya, che sarebbe stato il prossimo Budda dopo Shakyamuni, rimase interdetto, per non parlare dei personaggi minori.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Fra questi grandi bodhisattva numerosi come i granelli di polvere di mille mondi c’erano quattro santi chiamati Pratiche Superiori, Pratiche Illimitate, Pratiche Pure e Pratiche Salde. Questi quattro erano tali che tutti gli altri bodhisattva sospesi nell’aria o seduti sul Picco dell’Aquila non potevano sostenerne lo sguardo né tantomeno immaginarne la profondità del cuore. Perfino i quattro bodhisattva del Sutra della Ghirlanda di fiori137, i quattro del Sutra di Mahavairochana138 o i sedici grandi bodhisattva del Sutra della Corona di diamanti139, alla presenza di questi quattro erano come uomini dagli occhi annebbiati che cercano di guardare il sole, o come umili pescatori davanti all’imperatore. Questi quattro erano come T’ai-kung Wang e gli altri tre dei quattro santi dell’antica Cina140 che sovrastavano la moltitudine. Erano come i Quattro anziani canuti del monte Shang141 che assistettero l’imperatore Hui. Erano esseri maestosi e nobili. Lasciando da parte Shakyamuni, Molti Tesori e le emanazioni di Shakyamuni nelle dieci direzioni, tutti gli uomini dovevano considerarli buoni amici su cui fare affidamento.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Allora il Bodhisattva Maitreya rifletté fra di sé: «Sin da quando il Budda Shakyamuni era principe ereditario e durante i quarantadue anni da quando ottenne l’illuminazione all’età di trent’anni fino a questa assemblea sul Picco dell’Aquila, io ho conosciuto tutti i bodhisattva di questo mondo e tutti i bodhisattva dei mondi delle dieci direzioni riuniti in questa assemblea. Inoltre ho visitato tutte le terre pure e impure delle dieci direzioni, talvolta come inviato del Budda, altre di mia iniziativa, e ho conosciuto tutti i grandi bodhisattva di quelle terre. Quale Budda sarà il maestro di questi grandi bodhisattva [apparsi dalla terra]? Certamente deve essere un Budda incomparabilmente superiore anche a Shakyamuni, a Molti Tesori e ai Budda emanazioni nelle dieci direzioni! Osservando la furia della pioggia possiamo capire la mole del drago che l’ha causata e osservando la grandezza del loto possiamo capire la profondità dello stagno in cui cresce. Da quale paese sono venuti questi grandi bodhisattva, con quale Budda hanno studiato e quale grande insegnamento hanno praticato?».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Maitreya si interrogò in questo modo, troppo perplesso per poter emettere un solo suono. Ma, forse con il potere del Budda, alla fine riuscì a tradurre i suoi dubbi in parole e disse: «Innumerevoli migliaia, decine di migliaia, milioni, una vasta schiera di bodhisattva quale mai fu vista in passato […]. A questa schiera di bodhisattva, con la loro grande dignità, virtù, diligenza, chi predicò la Legge, chi li istruì, li convertì e li portò a questa condizione? Sotto la guida di chi per la prima volta ricercarono l’illuminazione, la Legge di quale Budda lodano e proclamano? […] Onorato dal Mondo, in tutte le epoche passate mai ho visto qualcosa di simile! Ti imploro di dirmi da dove siano venuti, il nome della loro terra. Io ho viaggiato di continuo di terra in terra, ma non ho mai visto una cosa simile! In tutta questa moltitudine non c’è una sola persona che io conosca. Improvvisamente essi sono emersi dalla terra: ti prego di spiegarne la causa»142.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        [Parafrasando la dichiarazione di Maitreya] T’ien-t’ai commenta: «Dal momento dell’illuminazione del Budda nel luogo della meditazione fino alla presente assemblea, grandi bodhisattva erano convenuti incessantemente dalle dieci direzioni [per partecipare alle varie assemblee]. Il loro numero era illimitato, ma io [Maitreya], con il potere e la saggezza del Budda del futuro, li avevo visti e conosciuti tutti. Eppure tra questa moltitudine non riconosco una sola persona, nonostante abbia viaggiato nelle dieci direzioni, abbia servito i vari Budda e sia ben conosciuto dai loro numerosi ascoltatori»143.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Miao-lo commenta: «I sapienti sanno percepire l’origine delle cose, come i serpenti conoscono la via dei serpenti»144.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Il significato di questi commenti è perfettamente chiaro: dal tempo dell’illuminazione di Shakyamuni fino all’assemblea [sul Picco dell’Aquila], [il Bodhisattva Maitreya] non aveva mai visto o sentito parlare di questi bodhisattva, né in questa terra né in tutte le terre delle dieci direzioni.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Il Budda, rispondendo alla domanda di Maitreya, disse: «Ajita145, questi bodhisattva […] che tu non hai mai visto in passato, allorché ho conseguito la suprema perfetta illuminazione in questo mondo di saha, io li ho convertiti e li ho guidati, ho allenato le loro menti e ho fatto nascere in loro il desiderio della via»146.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Aggiunse poi: «Allorché mi trovavo nella città di Gaya seduto sotto l’albero della bodhi, ho conseguito la somma, corretta illuminazione e ho messo in moto la ruota della Legge suprema. In seguito li ho istruiti e convertiti facendo nascere in loro l’aspirazione alla via. Ora dimorano tutti nello stadio della non regressione […]. Sin dal lontano, remoto passato ho istruito e convertito questa moltitudine»147.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Ma Maitreya e gli altri grandi bodhisattva rimasero ancor più perplessi a queste parole del Budda. Quando il Budda predicò il Sutra della Ghirlanda di fiori, Saggezza del Dharma e altri innumerevoli grandi bodhisattva comparvero nell’assemblea. Maitreya e gli altri si domandarono chi fossero, ma il Budda disse: «Sono miei buoni amici» ed essi pensarono che ciò fosse vero. E la stessa cosa pensarono dei grandi bodhisattva apparsi in seguito durante la predicazione [del Sutra della Grande raccolta] nella Sala del Grande Tesoro e [dell’Ampio Sutra della Saggezza] presso il lago dell’Airone Bianco148.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Ma questi grandi bodhisattva sembravano incomparabilmente più venerabili degli altri. Potevano benissimo essere maestri del Budda Shakyamuni, ma egli aveva detto “di aver fatto nascere per la prima volta in loro l’aspirazione alla via” e di averli convertiti e fatti suoi discepoli quand’erano ancora piccoli. Questo li rendeva profondamente perplessi.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Il principe Shotoku era figlio dell’imperatore Yomei, il trentaduesimo sovrano del Giappone. Quando arrivarono in Giappone alcuni anziani dai regni coreani di Paekche e Koguryo˘ e dalla Cina, il principe che aveva solo sei anni esclamò: «Questi sono i miei discepoli!» e gli anziani a loro volta giunsero le mani in segno di rispetto e dissero: «Tu sei il nostro maestro!». Questo fu davvero strano!

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Una storia simile appare anche in un’o­pera secolare. Un uomo stava camminando quando vide al bordo della strada un giovane di circa trent’anni che picchiava un vecchio ottantenne. Quando gli chiese cosa stesse facendo, il giovane rispose: «Questo vecchio è mio figlio».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Il Bodhisattva Maitreya e gli altri, continuando a dubitare, dissero: «Onorato dal Mondo, quando il Tathagata era principe ereditario, lasciò il palazzo degli Shakya e, seduto nel luogo dell’illuminazione non lontano dalla città di Gaya, conseguì la suprema perfetta illuminazione. Sono trascorsi circa quarant’anni da quel momento. Onorato dal Mondo, com’è possibile che in un periodo tanto breve tu abbia svolto un così grande lavoro come Budda?»149.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            I bodhisattva che presenziarono alle numerose assemblee nei quarant’anni e più da quando il Budda predicò il Sutra della Ghirlanda di fiori avevano sollevato dubbi in ogni assemblea, chiedendo al Budda di dissolverli a beneficio della moltitudine; ma questo era il dubbio più grande di tutti, più grande anche di quello degli ottantamila bodhisattva, come Grande Ornamento, nel Sutra degli Innumerevoli significati quando il Budda, dopo aver insegnato per più di quarant’anni che l’illuminazione si ottiene dopo innumerevoli kalpa, dichiarò che si poteva raggiungere in breve tempo.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Secondo il Sutra della Meditazione sul Budda Vita Infinita, il re Ajatashatru, istigato da Devadatta, imprigionò il padre e fu sul punto di uccidere la madre, la regina Vaidehi. Tuttavia, ammonito da [i ministri] Jivaka e Chandraprabha, risparmiò la vita della madre. Allora ella pregò che il Budda le apparisse150 e quindi gli pose queste domande: «Che peccato ho commesso nel passato per avere generato un figlio tanto malvagio? E inoltre, Onorato dal Mondo, in virtù di quali cause hai una relazione di parentela con Devadatta?».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Dei dubbi qui sollevati, il secondo, «Onorato dal Mondo, in virtù di quali cause…», è il maggiore. Infatti, si dice che un re che mette in moto la ruota non viene mai al mondo insieme ai suoi nemici e che non si troverà mai Shakra in compagnia dei demoni. Il Budda è un uomo che ha esercitato la compassione per innumerevoli kalpa e tuttavia il fatto che Shakyamuni fosse nato insieme al suo acerrimo nemico poteva far sorgere il dubbio che egli non fosse realmente un Budda. Il Budda comunque non rispose alla domanda della regina Vaidehi, perciò chi legge e recita solo il Sutra della Meditazione e non esamina il capitolo “Devadatta” del Sutra del Loto avrà perso il suo tempo [in quanto non saprà mai la risposta]151.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Anche le trentasei domande poste dal Bodhisattva Kashyapa nel Sutra del Nirvana non si possono paragonare a questa [domanda di Maitreya]. Se il Budda non avesse dissipato questi dubbi, i sacri insegnamenti di tutta la sua vita sarebbero stati come schiuma sull’acqua e tutti gli uomini sarebbero rimasti intrappolati nella rete del dubbio. Questo è il motivo per cui era così importante che predicasse il capitolo “Durata della vita”.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Più tardi, quando il Budda predicò il capitolo “Durata della vita”, disse: «Gli dèi, gli uomini e gli asura di tutti i mondi credono che l’attuale Budda Shakyamuni, dopo aver lasciato il palazzo degli Shakya, si sia seduto nel luogo dell’illuminazione non lontano dalla città di Gaya e là abbia conseguito la suprema perfetta illuminazione»152. Questo passo esprime l’opinione di tutti i grandi bodhisattva e degli altri dal tempo dell’illuminazione del Budda fino alla predicazione del capitolo “Pratiche pacifiche” del Sutra del Loto. «Invece, uomini devoti, sono trascorsi innumerevoli, infinite centinaia di migliaia di miriadi di milioni di nayuta di kalpa da quando ho realmente conseguito la Buddità»153.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      In tre punti del Sutra della Ghirlanda di fiori si dice che il Budda ottenne l’illuminazione per la prima volta nella sua esistenza presente. Nei sutra Agama parla di aver raggiunto la via per la prima volta nella sua esistenza presente; nel Sutra di Vimalakirti dice: «Per la prima volta il Budda sedette sotto l’albero della bodhi»; nel Sutra della Grande raccolta: «Sono passati sedici anni [da quando il Tathagata raggiunse per la prima volta la via]»; nel Sutra di Mahavairochana: «Molti anni fa sedendo nel luogo della meditazione»; nel Sutra dei Re benevolenti: «Ventinove anni [dopo la sua illuminazione]»; nel capitolo “Espedienti” del Sutra del Loto: «La prima volta che sedetti nel luogo della meditazione»154. Ma ora tutti questi passi sono stati dimostrati falsi da questa singola dichiarazione del capitolo “Durata della vita”.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Quando il Budda Shakyamuni rivelò di avere ottenuto l’illuminazione in un passato lontanissimo, divenne evidente che tutti gli altri Budda erano sue emanazioni. Al contrario, quando il Budda aveva predicato i sutra precedenti e l’insegnamento transitorio del Sutra del Loto, si riteneva che tutti i Budda, dopo aver completato le rispettive pratiche e discipline, equivalessero a Shakyamuni. Perciò coloro che hanno come oggetto di culto uno di questi Budda tengono in scarsa considerazione Shakyamuni. Ma ora è evidente che il Budda Vairochana del Sutra della Ghirlanda di fiori e i vari Budda dei sutra dei periodi Corretto ed equo e della Saggezza, come il Sutra di Mahavairochana, sono tutti seguaci di Shakyamuni.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Quando il Budda raggiunse la via, all’età di trent’anni, prese possesso del mondo di saha strappandolo al grande re celeste Brahma e al re demone del sesto cielo. Nei sutra precedenti e nell’insegnamento transitorio del Sutra del Loto egli aveva chiamato le regioni delle dieci direzioni “terre pure” e il mondo presente “terra impura”. Ma ora nel capitolo “Durata della vita” rovescia tutto questo rivelando che questo mondo è la vera terra e che le cosiddette “terre pure” delle dieci direzioni sono terre impure, nient’altro che terre provvisorie.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Poiché il Budda [del capitolo “Durata della vita”] si è rivelato come Budda [che ottenne l’illuminazione] nel remoto passato, ne consegue che i grandi bodhisattva da lui istruiti come Budda transitori e i grandi bodhisattva delle altre terre [istruiti dai Budda delle rispettive terre] sono tutti discepoli di Shakyamuni, signore degli insegnamenti. Se dovesse mancare questo capitolo “Durata della vita”, tutti i numerosi sutra sarebbero come cieli senza né sole né luna, come paesi senza sovrano, come montagne e fiumi senza gemme e come uomini senza spirito.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Tuttavia, Ch’eng-kuan, Chia-hsiang, Tz’u-en, Kobo e altri, considerati uomini sapienti di scuole provvisorie come quella della Ghirlanda di fiori o della Vera parola, per esaltare i sutra su cui basano le loro dottrine, dicono: «Il Budda del Sutra della Ghirlanda di fiori è il Budda dal corpo di ricompensa, il Budda del Sutra del Loto non è altro che il Budda dal corpo manifesto»155, oppure: «Il Budda del capitolo “Durata della vita” è nella regione dell’oscurità, mentre il Budda del Sutra di Mahavairochana occupa la posizione dell’illuminazione»156.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Come le nuvole oscurano la luna, così i ministri che diffondono calunnie possono oscurare un saggio. Una pietra gialla, se è lodata dalla gente, può essere scambiata per un gioiello e i ministri abili nell’adulare possono essere scambiati per uomini saggi. Nell’età impura in cui viviamo, studiosi e altri, confusi dalle asserzioni calunniose di uomini simili, non apprezzano il gioiello del capitolo “Durata della vita”. Perfino nella scuola Tendai vi sono alcune persone che sono diventate così illuse da non distinguere l’oro dai sassi.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Bisognerebbe considerare che, se il Budda non avesse ottenuto l’illuminazione nel lontano passato, non potrebbe aver convertito e istruito tante persone. La luna non è avara della sua immagine, ma se non c’è acqua non può riflettersi. Il Budda può essere ansioso di convertire tutti gli uomini, ma, se la relazione con loro non è sufficientemente profonda, non può manifestare le otto fasi dell’esistenza di un Budda. Per esempio, gli ascoltatori della voce raggiunsero il primo stadio di sicurezza o il primo stadio di sviluppo, ma, finché seguivano gli insegnamenti precedenti il Sutra del Loto e cercavano solo di darsi regole e di salvare se stessi, dovettero rinviare l’ottenimento delle otto fasi dell’esistenza di un Budda a una vita futura.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Se il Budda Shakyamuni, il signore degli insegnamenti, avesse realmente ottenuto l’illuminazione per la prima volta nell’esistenza presente, allora, [quando predicò il Sutra del Loto], Brahma, Shakra, gli dèi del sole e della luna e i quattro re celesti, pur governando il mondo sin dall’inizio del kalpa della continuità, sarebbero stati discepoli di Shakyamuni da non più di quarant’anni. Questi esseri avrebbero dunque creato un legame con il Sutra del Loto negli otto anni di predicazione sul Picco dell’Aquila. Sarebbero stati come nuovi arrivati incapaci di avvicinarsi direttamente al loro signore perché tenuti a distanza da quelli che già c’erano da più tempo.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Ma adesso che il Budda Shakyamuni ha rivelato di avere ottenuto l’illuminazione innumerevoli kalpa fa, è chiaro che i bodhisattva Luce del Sole e Luce della Luna che seguono il Tathagata Maestro della Medicina della regione orientale, i bodhisattva Percettore dei Suoni del Mondo e Grande Potere che seguono il Tathagata Amida della regione occidentale, i discepoli di tutti i Budda delle dieci direzioni e i grandi bodhisattva discepoli del Tathagata Mahavairochana, apparsi nei sutra di Mahavairochana e della Corona di diamanti, sono tutti discepoli del Budda Shakyamuni, il signore degli insegnamenti. Poiché i vari Budda sono emanazioni del Tathagata Shakyamuni, ne deriva che i loro discepoli devono essere discepoli di Shakyamuni. E naturalmente anche le varie divinità del sole, della luna e delle stelle, che hanno dimorato in questo mondo sin dall’inizio del kalpa della continuità devono essere discepoli del Budda Shakyamuni.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Tuttavia, tutte le scuole buddiste, a eccezione della Tendai, sono andate fuori strada riguardo al vero oggetto di culto. Le scuole del Tesoro dell’Abhidharma, dell’Affermazione della verità e dei Precetti assumono come oggetto di culto il Budda Shakyamuni che eliminò le illusioni e raggiunse la via praticando trentaquattro tipi di purificazione spirituale157. Ciò è paragonabile al figlio di un grande imperatore che si crede figlio di un comune cittadino. Le quattro scuole della Ghirlanda di fiori, della Vera parola, dei Tre trattati e delle Caratteristiche dei dharma sono scuole di Buddismo mahayana. Le scuole delle Caratteristiche dei dharma e dei Tre trattati venerano un Budda che assomiglia al Budda dal corpo manifesto superiore158; ciò è paragonabile al caso dell’erede di un imperatore che si crede figlio di un samurai. Le scuole della Ghirlanda di fiori e della Vera parola tengono in scarsa considerazione il Budda Shakyamuni e venerano come oggetti di culto il Budda Vairochana e il Budda Mahavairochana. È come se l’erede di un imperatore disprezzasse il padre e onorasse un uomo di origini sconosciute che si finge il sovrano che abbraccia i princìpi di giustizia e rettitudine. La scuola della Pura terra considera Amida, che è solo un’emanazione di Shakyamuni, come il Budda con cui ha maggiore relazione e rifiuta Shakyamuni, che è il signore degli insegnamenti. La scuola Zen rifiuta sia il Budda sia le scritture, comportandosi come una persona di umili origini che si vanta delle sue modeste virtù e disprezza suo padre e sua madre.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Tutte queste scuole si sbagliano riguardo al vero oggetto di culto. Esse ricordano gli uomini dell’epoca precedente ai Tre sovrani dell’antica Cina che, come fossero uccelli o bestie, non sapevano chi erano i loro padri.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Analogamente, i membri delle scuole che ignorano gli insegnamenti del capitolo “Durata della vita” sono simili a bestie. Essi non conoscono la gratitudine. Per questo Miao-lo afferma: «Fra tutti gli insegnamenti della sua vita non v’è altro luogo [a parte il capitolo “Durata della vita”] in cui sia rivelata la vera longevità del Budda. Una persona deve conoscere l’età dei suoi genitori. Se un figlio ignora l’età del padre, non saprà con certezza neanche l’estensione delle terre che suo padre governa. Benché possa essere vanamente lodato per il suo talento e le sue capacità, non può essere considerato un figlio»159.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Il Gran Maestro Miao-lo visse nell’era T’ien-pao (742-756) alla fine della dinastia T’ang160. Dopo aver studiato a fondo e meditato sulle scuole dei Tre trattati, della Ghirlanda di fiori, delle Caratteristiche dei dharma, della Vera parola e altre e sui sutra su cui si basano, concluse che chi ignora il Budda del capitolo “Durata della vita” è come un animale dotato di talento, ma che non sa quali siano le terre governate dal padre. «Benché possa essere vanamente lodato per il suo talento e le sue capacità» si riferisce a uomini come Fa-tsang e Ch’eng-kuan della scuola della Ghirlanda di fiori o al Maestro del Tripitaka Shan-wu-wei della scuola della Vera parola. Questi maestri ­avevano talento e capacità, ma erano come figli che non sanno chi è il loro padre.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Il Gran Maestro Dengyo era il patriarca del Buddismo essoterico ed esoterico in Giappone161. Nel suo Eminenti princìpi egli scrive: «Nei sutra sui quali si basano le altre scuole si trova un aspetto parziale del Budda, soltanto l’amore materno, manca la fermezza paterna. Solo la scuola Tendai Loto contiene il senso dell’amore e della fermezza. Il Sutra del Loto è “il padre di tutti i saggi e i santi, di coloro che stanno ancora apprendendo, di coloro che hanno terminato di apprendere e di coloro che aspirano a diventare bodhisattva”162».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Nei sutra fondamentali delle scuole della Vera parola e della Ghirlanda di fiori non si trovano nemmeno i termini “semina, maturazione e raccolto” e ancor meno la dottrina alla quale essi si riferiscono. I sutra delle scuole della Ghirlanda di fiori e della Vera parola predicano per i loro seguaci l’entrata nel primo stadio di sviluppo in questa esistenza e il conseguimento della Buddità nella forma presente, ma essendo insegnamenti provvisori tengono nascosto [il seme piantato dal Budda nel] passato163. Aspettarsi di avere il raccolto senza avere seminato è paragonabile al tentativo del ministro Chao Kao di impadronirsi del trono e a quello del prete Dokyo di diventare imperatore del Giappone.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Le varie scuole si contendono il primato: ognuna afferma che il proprio sutra contiene i veri semi dell’illuminazione. Io non intendo entrare nella disputa, lascerò che i sutra parlino da sé. Il Bodhisattva Vasubandhu, parlando del seme dell’illuminazione del Sutra del Loto, lo ha definito «il seme senza pari»164. Questo seme dell’illuminazione non è altro che la dottrina dei tremila regni in un singolo istante di vita esposta da T’ien-t’ai.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Il seme dell’illuminazione dei vari Budda dei sutra della Ghirlanda di fiori, di Mahavairochana e degli altri vari sutra mahayana è l’unica dottrina dei tremila regni in un singolo istante di vita. E il Gran Maestro T’ien-t’ai Chih-che è stato il solo a comprendere questa dottrina. Ch’eng-kuan della scuola della Ghirlanda di fiori si impadronì di questa dottrina e la usò per interpretare un passo del Sutra della Ghirlanda di fiori che dice: «La mente è come un abile pittore».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Il Sutra di Mahavairochana della scuola della Vera parola non fa menzione dell’illuminazione dei due veicoli né dell’illuminazione di Shakyamuni nel lontanissimo passato, e nemmeno della dottrina dei tremila regni in un singolo istante di vita. Ma, quando il Maestro del Tripitaka Shan-wu-wei andò in Cina e lesse Grande concentrazione e visione profonda di T’ien-t’ai, acquisì sapienza; allora si appropriò della dottrina dei tremila regni in un singolo istante di vita, la usò per interpretare i passi del Sutra di Mahavairochana sul “vero aspetto della mente” oppure il passo che recita: «Io sono l’origine e l’inizio di tutte le cose», e ne fece il cardine degli insegnamenti della Vera parola, aggiungendola alla pratica delle mudra e dei mantra. Per tale motivo, quando paragonò i meriti del Sutra del Loto e del Sutra di Mahavairochana, affermò che i due sutra sono pari nel principio, ma il secondo è superiore nella pratica. I maestri della Vera parola affermano che i mandala dei due regni165 simboleggiano l’illuminazione dei due veicoli e il mutuo possesso dei Dieci mondi; ma queste dottrine non compaiono in alcun modo nel Sutra di Mahavairochana e chi lo afferma è colpevole di una grande menzogna.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Per tale ragione il Gran Maestro Dengyo scrive: «La scuola della Vera parola, recentemente introdotta [in Giappone], oscura deliberatamente come la trasmissione dei propri insegnamenti sia stata falsificata nella compilazione [da parte di I-hsing, che fu ingannato da Shan-wu-wei]; la scuola della Ghirlanda di fiori, introdotta precedentemente, ha cancellato le tracce delle influenze ricevute [dalle dottrine T’ien-t’ai]»166.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Per fare un esempio, supponete che una persona vada in qualche regione selvaggia come l’isola di Ezo e reciti la famosa poesia:167

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Vaga, vaga nella nebbia mattutina

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                della baia di Akashi

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  la barca scompare alla vista

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    oltre le isole

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      mentre io la penso

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Se dicesse agli incolti isolani che l’ha composta lui, quelli ci crederebbero. Gli studiosi buddisti della Cina e del Giappone si sono comportati allo stesso modo.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Il Reverendo Liang-hsü affermò che le dottrine delle scuole della Vera parola, Zen, della Ghirlanda di fiori, dei Tre trattati e di altre scuole, in confronto al Sutra del Loto possono servire tutt’al più come introduzione al vero insegnamento [del Sutra del Loto]. Sappiamo che il Maestro del Tripitaka Shan-wu-wei dovette subire il supplizio di Yama per le sue convinzioni errate [riguardo alla superiorità del Sutra di Mahavairochana rispetto al Sutra del Loto]. In seguito cambiò opinione e si convertì al Sutra del Loto; per questo gli furono risparmiate ulteriori torture. A dimostrazione di questo, in seguito Shan-wu-wei, Pu-k’ung e altri posero il Sutra del Loto al centro dei due mandala [del regno del Grembo e del regno di Diamante] come supremo sovrano, con il Sutra di Mahavairochana, in cui è raffigurato il regno del Grembo, e il Sutra della Corona di diamanti, in cui è raffigurato il regno di Diamante, collocati a sinistra e a destra come suoi ministri.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Quando il giapponese Kobo classificò le dottrine dal punto di vista teorico, fu maggiormente attratto dal Sutra della Ghirlanda di fiori e mise il Sutra del Loto all’ottavo posto168, ma quando trasmise la pratica concreta a Jitsue, Shinga, Encho, Kojo e agli altri discepoli, pose il Sutra del Loto al centro dei due regni del Grembo e di Diamante, come avevano fatto Shan-wu-wei e Pu-k’ung.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Un altro esempio è quello di Chia-hsiang della scuola dei Tre trattati che, nel suo Trattato sulla profondità del Sutra del Loto in dieci volumi, sostenne che il Sutra del Loto appartiene al quarto dei cinque periodi di predicazione169, affermando che esso ripudia i due veicoli per rivelare l’unico veicolo del bodhisattva e poi include i primi come mezzi per conseguire il secondo. Tuttavia, in seguito si convertì agli insegnamenti di T’ien-t’ai, cessò di predicare, congedò i suoi discepoli e per sette anni servì T’ien-t’ai, offrendogli il proprio corpo come un ponte di carne [per montare sull’alto seggio della predicazione].

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Tz’u-en, della scuola delle Caratteristiche dei dharma, nel suo Foresta di significati nel giardino della Legge, in sette e in dodici volumi, scrive che la dottrina dell’unico veicolo esposta nel Sutra del Loto è un espediente e la dottrina dei tre veicoli è la verità e molte altre assurdità del genere. Ma nel quarto volume de Il significato essenziale di “Lodare la profondità del Sutra del Loto” egli viene descritto mentre afferma che «entrambe le dottrine sono ammesse», rendendo così flessibile l’interpretazione dei princìpi della sua scuola. Anche se a parole ammetteva le due dottrine, in cuor suo abbracciava la dottrina di T’ien-t’ai [sul Sutra del Loto].

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Ch’eng-kuan della scuola della Ghirlanda di fiori, in un commento al Sutra della Ghirlanda di fiori, paragonandolo al Sutra del Loto, afferma che le dottrine del Sutra del Loto sono un espediente, ma in seguito scrisse che la scuola T’ien-t’ai definisce questo insegnamento [dei tremila regni in un singolo istante di vita] come la verità e che i suoi princìpi e le sue dottrine sono in accordo con quelli della propria scuola. Sembrerebbe proprio che ci avesse ripensato e si fosse pentito.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Lo stesso vale per Kobo. Se uno non ha uno specchio, non può vedere il proprio viso; se non si hanno avversari, non si verrà a conoscenza dei propri errori. I seguaci della Vera parola e delle altre scuole non conoscevano i loro errori, ma incontrando il Gran Maestro Dengyo poterono riconoscere gli sbagli della propria scuola.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Pertanto, può sembrare che i Budda, i bodhisattva, gli esseri celesti e umani descritti nei vari sutra precedenti a quello del Loto abbiano ottenuto l’illuminazione grazie a quei sutra, ma in realtà ottennero l’illuminazione solo grazie al Sutra del Loto. Il voto generale, pronunciato da Shakyamuni e dagli altri Budda, di salvare innumerevoli esseri viventi è realizzato in questo sutra. Questo è il significato del passo del sutra che afferma che il voto «ora si è realizzato»170.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Alla luce di questi fatti, io penso che coloro che leggono e praticano gli insegnamenti dei vari sutra, della Ghirlanda di fiori, della Meditazione o di Mahavairochana e altri, saranno senza dubbio protetti dai Budda, bodhisattva ed esseri celesti che appaiono in quei sutra. Tuttavia, se i devoti dei sutra di Mahavairochana, della Meditazione e altri, dovessero diventare nemici del devoto del Sutra del Loto, allora quei Budda, bodhisattva ed esseri celesti li abbandoneranno e proteggeranno il devoto del Sutra del Loto. È come il caso di un figlio rispettoso il cui padre si rivolta contro il proprio sovrano: se il figlio abbandona il padre e si schiera con il sovrano, dimostra il massimo della pietà filiale.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Lo stesso avviene nel Buddismo. I Budda, i bodhisattva e le dieci fanciulle demoni del Sutra del Loto non mancheranno di proteggere Nichiren. Inoltre, anche i Budda delle sei direzioni e i venticinque bodhisattva della scuola della Pura terra, i milleduecento venerabili della scuola della Vera parola171 e i vari venerabili e divinità guardiane delle sette scuole172 proteggeranno senza alcun dubbio Nichiren, così come accadde al Gran Maestro Dengyo che fu protetto dalle divinità guardiane delle sette scuole.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Io, Nichiren, ho questo da dire. Gli dèi del sole e della luna e le altre divinità erano presenti nei due luoghi e nelle tre assembleein cui fu predicato il Sutra del Loto. Se dovesse apparire il devoto del Sutra del Loto, allora, come il ferro è attratto dalla calamita o il riflesso della luna appare sull’acqua, accorrerebbero immediatamente [per subire le persecuzioni] al posto suo, per tener fede al voto pronunciato davanti al Budda. Ma ancora non si sono fatti vivi. Ciò significa forse che io non sono il vero devoto del Sutra del Loto? Se è così, devo riesaminare ancora una volta il testo del Sutra del Loto e applicarlo al mio caso per rendermi conto di dove sbaglio.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Domanda: Quale occhio di saggezza ti permette di capire che la scuola Nembutsu, Zen, e le altre scuole del nostro tempo sono nemiche del Sutra del Loto e “cattivi amici” di tutti gli uomini?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Risposta: Io non affermo opinioni arbitrarie, semplicemente impugno lo specchio dei sutra e dei commentari così che coloro che offendono la Legge possano vedervi il loro brutto volto e rendersi conto dei loro errori. Ma, se sono così ciechi, ciò va al di là del mio potere!

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Nel capitolo “Torre preziosa” nel quarto volume del Sutra del Loto si legge: «Allora il Budda Molti Tesori offrì la metà del suo trono nella torre preziosa al Budda Shakyamuni […]. A quel tempo, [i membri della grande assemblea videro] i due Tathagata seduti a gambe incrociate sul trono di leone nella torre dei sette tesori […]. Con voce sonora [Shakyamuni] si rivolse alle quattro categorie di credenti dicendo: “Chi è capace di predicare diffusamente il Sutra del Loto della Legge meravigliosa in questo mondo di saha? Ora è giunto il momento di farlo perché tra breve il Tathagata entrerà nel nirvana. Il Budda desidera affidare questo Sutra del Loto della Legge meravigliosa a qualcuno affinché possa essere preservato”»173.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Questo è il primo editto del Budda.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Inoltre si legge: «A quel tempo l’Onorato dal Mondo, desiderando ribadire le sue parole, si espresse in versi dicendo: “Questo santo signore, questo Onorato dal Mondo, sebbene si sia estinto da molto tempo, è ancora assiso nella torre preziosa e viene qui per amore della Legge. Voi, gente, perché non vi impegnate anche voi per amore della Legge? […] Inoltre queste emanazioni del mio corpo, Budda innumerevoli come le sabbie del Gange, sono venuti desiderando udire la Legge […]. Ciascuno di loro ha abbandonato la sua splendida terra e la schiera dei suoi seguaci, esseri umani e celesti, draghi e spiriti, e tutte le loro offerte, giungendo in questo luogo per assicurare che la Legge duri a lungo nel tempo. […] come un vento impetuoso che agita i rami di piccoli alberi. Tramite questo espediente si assicurano che la Legge duri a lungo nel tempo. Così mi rivolgo alla grande assemblea: dopo la mia estinzione, chi darà protezione e sostegno, chi leggerà e reciterà questo sutra? Ora, al cospetto del Budda, si faccia innanzi e pronunci il suo voto!”»174.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Questo è il secondo proclama del Budda. Il passo prosegue: «Il Tathagata Molti Tesori, io stesso, le emanazioni del Budda, tutti qui riuniti, sappiamo che questo è il nostro scopo. […] Tutti voi, uomini devoti, considerate con grande attenzione! Questo è un compito difficile: è opportuno che voi pronunciate un voto solenne. Gli altri sutra sono numerosi come le sabbie del Gange, ma, anche se voi li esponeste, non sarebbe un’impresa difficile. Anche se afferraste il monte Sumeru e lo scagliaste oltre innumerevoli terre del Budda, anche questo non sarebbe difficile. […] Ma dopo la mia estinzione trascrivere e abbracciare questo sutra oppure farlo trascrivere da altri, ciò sarà davvero difficile! […] Se, allorché arde l’incendio alla fine del kalpa, qualcuno potesse caricarsi dell’erba secca sulla schiena e passare nel fuoco senza bruciare ciò non sarebbe difficile. Ma se dopo la mia estinzione vi sarà chi abbraccia questo sutra e lo espone anche solo a una persona, ciò sarà davvero difficile! […] Tra voi tutti, uomini devoti, dopo la mia estinzione, chi potrà accettare e sostenere, leggere e recitare questo sutra? Ora, al cospetto del Budda, costui venga innanzi e pronunci il suo voto!»175.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Questo è il terzo ammonimento del Budda; il quarto e il quinto si trovano nel capitolo “Devadatta” e ne parlerò più avanti.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Il significato di questi passi balza agli occhi, evidente come il sole sospeso nel cielo azzurro o come un neo su un viso bianco. Eppure i ciechi, quelli che vedono in maniera distorta, i guerci, quelli che credono solo ai propri maestri, e quelli attaccati ai pregiudizi non riescono a vedere!

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Per quelli decisi a cercare la via, nonostante tutte le difficoltà, io cercherò di spiegare cosa significano questi passi. Ma sappiate che la verità è più rara a incontrarsi delle pesche dell’immortalità che crescono nel giardino della Regina Madre d’Occidente o del fiore di udumbara che sboccia ogni tremila anni quando appare un re che mette in moto la ruota176. Inoltre la disputa [tra Nichiren e le varie scuole] è più accanita di quella durata otto anni fra il governatore di P’ei e Hsiang Yü177 per l’impero cinese, di quella durata sette anni fra Yoritomo e Munemori178 per le isole del Giappone, della lotta fra Shakra e gli asura o fra il re drago e gli uccelli garuda presso il lago Anavatapta179.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                La verità del Sutra del Loto è già apparsa due volte in Giappone, la prima con il Gran Maestro Dengyo, la seconda con Nichiren. Ma chi non ha occhi dubita e [convincerli] va al di là del mio potere. Il Budda Shakyamuni, il Budda Molti Tesori e i Budda delle dieci direzioni si sono riuniti per giudicare i meriti relativi di tutti i sutra venerati in Giappone, in Cina, in India, nel palazzo del re drago, nel cielo e in tutti i mondi delle dieci direzioni, e hanno indicato questo sutra.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Domanda: Il Sutra della Ghirlanda di fiori, quelli dei periodi Corretto ed equo, della Saggezza, dei Profondi segreti, Lankavatara, di Mahavairochana e del Nirvana appartengono alla categoria delle “nove azioni facili” o a quella delle “sei azioni difficili”180?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Risposta: Tu-shun, Chih-yen, Fa-tsang e Ch’eng-kuan della scuola della Ghirlanda di fiori, tutti maestri delle tre divisioni del canone, affermano che tanto il Sutra del Loto che il Sutra della Ghirlanda di fiori rientrano nella categoria delle “sei azioni difficili”; differiscono nel nome, ma i loro insegnamenti e princìpi sono uguali. Ciò corrisponde all’affermazione «le quattro percezioni della realtà sono separate, ma la verità che si contempla è identica»181.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Il Maestro del Tripitaka Hsüan-tsang e il Gran Maestro Tz’u-en della scuola delle Caratteristiche dei dharma dichiarano che il Sutra dei Profondi segreti e il Sutra del Loto espongono entrambi la dottrina della Coscienza come unica realtà, appartengono al terzo periodo degli insegnamenti182 del Budda e alla categoria delle “sei azioni difficili”.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Chia-hsiang della scuola dei Tre trattati dichiara che il Sutra della Saggezza e il Sutra del Loto hanno nomi diversi, ma la sostanza è la stessa: sono due sutra che predicano un’unica dottrina.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Il Maestro del Tripitaka Shan-wu-wei, Chin-kang-chih e Pu-k’ung [della scuola della Vera parola] dicono che il Sutra di Mahavairochana e il Sutra del Loto sono identici nel principio e appartengono alle “sei azioni difficili”. Ma il giapponese Kobo [capo della scuola della Vera parola] dice che il Sutra di Mahavairochana non fa parte né delle “sei azioni difficili” né delle “nove azioni facili”; non rientra nei sutra predicati dal Budda Shakyamuni perché fu predicato dal Tathagata Mahavairochana, un Budda dal corpo del Dharma. Altri ancora affermano che il Sutra della Ghirlanda di fiori è stato predicato dal Tathagata dal corpo di ricompensa e quindi non rientra nelle “sei azioni difficili” né nelle “nove azioni facili”.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Siccome i fondatori di queste quattro scuole hanno parlato così, anche le migliaia di loro seguaci non si distaccano da tali idee.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Devo purtroppo osservare che, se Nichiren denuncia apertamente gli errori di tutti gli uomini suddetti, la gente di oggi non guarderà nemmeno dalla mia parte e continuerà a perseverare nell’errore, e alla fine mi calunnierà presso le autorità mettendo a repentaglio la mia vita. Eppure, il nostro padre compassionevole, il Budda Shakyamuni, prima di morire nel boschetto di alberi di sal, lasciò l’ultima raccomandazione: «Affidatevi alla Legge, non alla persona»183.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Non affidarsi alla persona significa che quando predicano persone del primo, secondo, terzo e quarto ordine184, fossero pure bodhisattva come Virtù Universale o Manjushri che hanno raggiunto lo stadio di illuminazione quasi perfetta, non bisogna ascoltarli se non predicano con il sutra in mano.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  È anche dichiarato: «Affidatevi ai sutra completi e definitivi, non a quelli incompleti e non definitivi»185. Perciò dobbiamo esaminare attentamente i vari sutra per stabilire quali siano completi e definitivi e quali no e prendere fede solo nei primi. Il Bodhisattva Nagarjuna nel suo Commentario al Sutra dei Dieci stadi ha detto: «Non affidatevi ai trattati che distorcono i sutra; affidatevi a quelli fedeli ai sutra». Il Gran Maestro T’ien-t’ai afferma: «Ciò che si accorda con i sutra deve essere trascritto e reso accessibile, ma non si deve prestare fede alle parole e ai princìpi che non si trovano nei testi [dei sutra]»186. Il Gran Maestro Dengyo afferma: «Basatevi su ciò che ha predicato il Budda, non prestate fede a ciò che è trasmesso oralmente»187. Enchin, chiamato anche Grande Maestro Chisho, afferma: «Nel trasmettere gli insegnamenti, affidatevi ai testi [delle scritture]»188.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    I maestri delle varie scuole, dei quali ho citato sopra le interpretazioni, si basano tutti su alcuni gruppi di sutra o trattati per stabilire quali dottrine siano superiori, ma poiché essi si attaccano fortemente alle dottrine della propria scuola e non correggono gli errori trasmessi dai loro predecessori, i loro giudizi sono caratterizzati da interpretazioni distorte e sentimenti personali. Le loro dottrine sono opinioni arbitrarie ammantate di autorità.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Le scuole non buddiste di uomini come Vatsa e Vaipulya, apparse in India dopo la morte del Budda, contengono idee molto più errate e dottrine molto più raffinate delle scuole che c’erano prima [perché hanno preso a prestito le idee buddiste]. Allo stesso modo, [le scuole non buddiste apparse dopo l’introduzione del Buddismo] in Cina nella tarda dinastia Han contengono idee molto più errate e dottrine molto più raffinate di quelle che si trovano nelle scritture confuciane dell’epoca dei Tre sovrani e dei Cinque imperatori. I maestri delle scuole della Ghirlanda di fiori, delle Caratteristiche dei dharma, della Vera parola e altre, gelosi delle dottrine corrette della scuola T’ien-t’ai, prendono le parole del vero sutra e le adattano in modo tale che si accordino con le loro dottrine provvisorie.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Coloro che ricercano l’illuminazione devono abbandonare simili atteggiamenti faziosi, cessare le contese fra la propria e le altre scuole e non devono disprezzare gli altri.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Nel Sutra del Loto il Budda afferma: «Tra quelli che ho predicato, che ora predico e che predicherò, [questo Sutra del Loto è il più difficile da credere e il più difficile da comprendere]»189.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Miao-lo commenta: «Sebbene altri sutra si proclamino i re dei sutra, nessuno sostiene di essere il supremo fra tutti i sutra predicati nel passato, nel presente e nel futuro»190. Egli dice inoltre: «C’è ancora chi travisa [l’affermazione del Budda] che questo meraviglioso sutra è superiore a tutti quelli del passato, presente e futuro, commettendo così la grave colpa di offesa al sutra che porta a soffrire per molti lunghi kalpa»191.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Quando, allarmato da questo commento, ho esaminato tutti i sutra e le spiegazioni dei vari maestri, i miei dubbi si sono dissolti. Eppure, i preti stolti della scuola della Vera parola, facendo assegnamento sulle loro mudra e sui loro mantra, credono che la scuola della Vera parola sia superiore al Sutra del Loto. È inutile dire che lo credono soltanto perché uomini come il Gran Maestro Jikaku hanno proclamato la superiorità della Vera parola.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Il Sutra della Solennità segreta dice: «I sutra dei Dieci stadi192, della Ghirlanda di fiori, del Re kimnara Grande Albero, dei Poteri sovrannaturali, di Shrimala e gli altri, derivano tutti da questo sutra. Perciò il Sutra della Solennità segreta è il più grande di tutti i sutra».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Il Sutra della Grande nuvola afferma: «Questo sutra fra tutti gli altri è come il re che mette in moto la ruota. Perché è così? Perché proclama la dottrina della permanenza della natura di Budda come vera natura di tutti gli esseri».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Il Sutra delle Sei paramita dice: «Tutti gli insegnamenti corretti spiegati dagli innumerevoli Budda del passato e gli ottantaquattromila meravigliosi insegnamenti che io spiego adesso possono essere suddivisi in cinque categorie: 1) sutra (gli insegnamenti del Budda); 2) vinaya (regole monastiche); 3) abhidharma (trattati); 4) prajna-paramita (gli insegnamenti della perfezione della saggezza); 5) dharani (formule mistiche o magiche). Le opere di queste cinque raccolte istruiranno tutti gli esseri senzienti. Tra gli esseri senzienti vi sono coloro che non riescono ad accettare e a restar fedeli ai sutra, vinaya, abhidharma e prajna-paramita, o coloro che commettono cattive azioni come le quattro offese maggiori, le otto offese maggiori, i cinque peccati capitali che conducono all’inferno di sofferenza incessante, oppure coloro che offendono i sutra corretti ed equi o vi sono anche icchantika che si rifiutano di credere nel Buddismo stesso. Per cancellare tali colpe e liberarli rapidamente permettendo loro di entrare nel nirvana, per il bene di costoro, io ho predicato questa raccolta di dharani.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      «Queste cinque divisioni del Dharma sono paragonate ai cinque gusti del latte, della panna, del latte cagliato, del burro e del ghee. Quest’ultimo ha il gusto più buono e delicato fra le cinque sostanze, cura varie malattie e ristora il corpo e lo spirito degli esseri senzienti. Allo stesso modo, fra le cinque divisioni, quella delle dharani è la migliore perché può cancellare gravi colpe».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Il Sutra dei Profondi segreti afferma: «A quel tempo il Bodhisattva Aspetto della Verità Superlativa si rivolse al Budda dicendo: “Onorato dal Mondo, nel primo periodo del tuo insegnamento, quando eri nella foresta dell’Assemblea degli Asceti, o Parco dei Cervi, a Varanasi, per coloro che aspiravano solo al veicolo degli ascoltatori della voce, tu hai messo in moto la ruota della Legge corretta insegnando la dottrina delle quattro nobili verità. Questa fu una cosa meravigliosa, una cosa davvero rara! Nessun essere umano o celeste in nessuno degli innumerevoli mondi aveva esposto prima una simile dottrina. Tuttavia, la ruota della Legge che mettesti in moto allora non era la più perfetta, lasciava adito al dubbio, il significato non era ancora completo e offriva materia di contesa.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          «“Poi, Onorato dal Mondo, nel secondo periodo del tuo insegnamento, per coloro che aspiravano solo al grande veicolo193, insegnasti che tutti i fenomeni sono privi di natura propria, che non nascono né muoiono, che sono fondamentalmente in stato di quiete e che la natura propria [degli esseri] è di per sé il nirvana. Mettesti in moto la ruota della Legge corretta, pur non rivelando l’intera verità. Questo fu ancora più prodigioso, una cosa davvero rara! Ma la ruota della Legge che mettesti in moto allora non era la più perfetta, lasciava adito al dubbio, il significato non era ancora completo e offriva materia di contesa.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            «“Ora, Onorato dal Mondo, nel terzo periodo di predicazione, per coloro che aspirano a praticare il veicolo che salva tutti gli esseri, insegnasti che tutti i fenomeni sono privi di natura propria, non nascono né muoiono, che sono fondamentalmente in stato di quiete e che la natura propria [degli esseri] è di per sé il nirvana, e hai rivelato che la loro ‘natura propria’ è la mancanza di natura propria. Hai messo in moto la ruota della Legge corretta e insegnato queste dottrine nella loro forma perfetta. Questa è la cosa più prodigiosa, più rara di tutte! Questa ruota della Legge che hai messo in moto è la più perfetta, non lascia adito al dubbio, il suo significato è completo e non offre materia di contesa”».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Il Sutra della Grande saggezza dice: «Se consideriamo tutti gli insegnamenti che possiamo udire, secolari o buddisti, come espedienti, arriveremo a capire che essi fanno parte dei profondi princìpi che solo la prajna, o saggezza del Budda, può comprendere. E se, con la stessa saggezza, comprendiamo che anche tutte le questioni e le azioni secolari sono la natura essenziale delle cose, vediamo che non c’è nulla al di fuori di tale natura essenziale».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Nel primo volume del Sutra di Mahavairochana si legge: «Maestro dei segreti [Vajrasattva], esiste una pratica del grande veicolo che risveglia la mente priva di attaccamento alle cose e fa comprendere che tutti i fenomeni sono privi di natura individuale. Come mai? Perché, nei tempi passati, coloro che praticavano questa via poterono osservare la coscienza alayaall’interno delle cinque componenti e comprendere che la natura individuale è un’illusione».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Nello stesso sutra si legge: «Maestro dei segreti, in tal modo questi uomini misero da parte il concetto di non io per arrivare a capire che la mente vive in un regno di assoluta libertà e che la mente individuale non ha mai conosciuto nascita [o morte]».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Dice inoltre: «Il vuoto è estraneo agli organi di senso e ai loro oggetti, è senza forma, senza limiti, trascende ogni possibile vana definizione, è identico allo spazio ed è assolutamente privo di natura propria».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      E più oltre: «Il Budda Mahavairochana si rivolse al Maestro dei Segreti dicendo: “Maestro dei Segreti, qual è il significato dell’illuminazione? È conoscere la propria mente per come realmente è”».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Il Sutra della Ghirlanda di fiori dice: «Tra i vari esseri di tutti i differenti mondi, sono pochi coloro che ricercano il veicolo degli ascoltatori della voce, ancora meno quelli che ricercano il veicolo dei risvegliati all’origine dipendente ed estremamente rari coloro che ricercano il grande veicolo. Ricercare il grande veicolo è relativamente facile, ma credere nelle dottrine di questo sutra è estremamente difficile e ancora più difficile è abbracciarlo correttamente, praticarlo com’è insegnato e capirne il vero significato.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          «Restare immobile per la durata di un kalpa con un sistema maggiore di mondi sulla sommità del capo non è difficile, ma credere nelle dottrine di questo sutra è estremamente difficile. Offrire per la durata di un kalpa generi di conforto a tutti gli esseri viventi, innumerevoli come i granelli di polvere di un sistema maggiore di mondi, non procura molti meriti, ma credere nelle dottrine di questo sutra procura molti meriti. Rimanere per un kalpa sospeso nel vuoto con dieci terre di Budda sul palmo della mano non è difficile, ma credere nelle dottrine di questo sutra è estremamente difficile. Offrire per la durata di un kalpa generi di conforto a tutti gli esseri viventi, innumerevoli come i granelli di polvere di quelle dieci terre di Budda, non è particolarmente meritorio; invece credere nelle dottrine di questo sutra procura molti meriti. Venerare per un kalpa tutti i Tathagata numerosi come i granelli di polvere di quelle dieci terre di Budda e far loro offerte, è meritorio, ma accettare e restare fedele alle dottrine di questo capitolo194 ti arrecherà meriti enormemente maggiori».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Il Sutra del Nirvana dice: «Benché i meriti acquistati credendo nei vari sutra corretti ed equi del grande veicolo siano inestimabili, non reggono il confronto con i meriti acquistati con la fede in questo sutra: sono cento, mille, un miliardo di volte maggiori, sono incomparabilmente e incalcolabilmente maggiori. Per fare un esempio, uomini devoti, il latte è prodotto dalla vacca, dal latte si fa la panna, dalla panna il latte cagliato, dal latte cagliato il burro, dal burro si fa il ghee. Il ghee è il migliore di tutti, chi lo mangia scaccerà ogni malattia, come se esso contenesse ogni sorta di proprietà medicinale. Uomini devoti, il Budda è così: egli elargì le dodici suddivisioni degli insegnamenti; dalle dodici suddivisioni emergono i sutra, dai sutra emergono i sutra corretti ed equi, dai sutra corretti ed equi le dottrine della prajna-paramita (perfezione della saggezza) e dalla prajna-paramita il Sutra del Nirvana. Il Sutra del Nirvana è paragonabile al ghee: il ghee simboleggia la natura di Budda».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Paragonare questi passi al passo del Sutra del Loto che lo descrive come il più grande fra tutti i sutra che il Budda «ha predicato, ora predica e predicherà», con le sue sei azioni difficili e le nove azioni facili, sarebbe come paragonare la luce della luna a quella delle stelle o il monte Sumeru alle altre otto montagne. Eppure Ch’eng-kuan della scuola della Ghirlanda di fiori, Tz’u-en della scuola delle Caratteristiche dei dharma, Chia-hsiang della scuola dei Tre trattati e Kobo della scuola della Vera parola, tutti uomini reputati in possesso dell’occhio del Budda, non compresero queste frasi del Sutra del Loto. Allora com’è possibile aspettarsi che gli studiosi di oggigiorno, che sono come ciechi, siano in grado di valutare la differenza fra il Sutra del Loto e gli altri sutra? C’è una differenza evidente come fra bianco e nero, come fra il monte Sumeru e un seme di senape, ma essi non la vedono; e a maggior ragione si sbagliano sui princìpi sfuggenti come l’aria. E se non si comprende la relativa profondità delle varie scritture, non si può giudicare il valore dei princìpi che rivelano.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                I passi [degli otto sutra] citati appaiono in volumi diversi e non sono nell’ordine giusto [rispetto alla loro profondità]. E poiché ciò rende difficile distinguere il valore delle varie dottrine, spiegherò questi passi per aiutare l’ignorante a capire.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Come esistono grandi re e piccoli re, di ogni cosa esistono le parti e il tutto. Anche il paragone dei cinque gusti del latte può applicarsi al tutto o alle parti. Bisogna distinguere.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Il Sutra delle Sei paramita insegna che gli esseri senzienti possono ottenere l’illuminazione, ma che ciò non vale per coloro che non possiedono la natura dell’illuminazione. E naturalmente non rivela la vera illuminazione del Budda Shakyamuni nel remoto passato.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Perciò non arriva al livello del quinto sapore del ghee, del Sutra del Nirvana e tantomeno a quello degli insegnamenti transitorio e originale del Sutra del Loto. Tuttavia, in Giappone, il Gran Maestro Kobo, fuorviato da questo passo del Sutra delle Sei paramita, assegnò il Sutra del Loto al quarto sapore, quello del burro. Se le dottrine dharani (formule mistiche), alle quali aveva assegnato il sapore del ghee, non reggevano nemmeno il confronto con il Sutra del Nirvana, come ha potuto fare un errore così banale? Eppure egli scrive che «i maestri buddisti cinesi hanno fatto a gara per rubare il ghee»195, tacciando T’ien-t’ai e gli altri di furto. E presuntuosamente afferma: «Che peccato che gli antichi saggi non abbiano potuto gustare questo ghee!».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        A parte ciò, io scrivo per la salvezza dei miei discepoli. Gli altri, non credendoci, creano una relazione inversa. Assaggiando una sola goccia si riconosce il sapore del grande mare, vedendo anche un solo fiore si può predire l’arrivo della primavera. Per giudicare cosa è superiore e cosa è inferiore negli insegnamenti del Budda, non c’è bisogno di attraversare i mari fino alla lontana Cina Sung, viaggiare tre anni per vedere il Picco dell’Aquila196, entrare nel palazzo del re drago, come Nagarjuna, incontrare il Bodhisattva Maitreya, come Asanga197, o essere presente nei due luoghi e nelle tre assemblee in cui venne predicato il Sutra del Loto. Si dice che i serpenti possano predire con sette giorni di anticipo le alluvioni. Ciò perché sono affini ai draghi. I corvi possono predire gli eventi fausti e infausti di tutto l’anno. Ciò perché in una passata esistenza erano indovini. Gli uccelli hanno il dono del volo, in questo sono superiori all’uomo. Io, Nichiren, so giudicare i rispettivi meriti dei sutra; in questo sono superiore a Ch’eng-kuan della scuola della Ghirlanda di fiori, a Chia-hsiang della scuola dei Tre trattati, a Tz’u-en della scuola delle Caratteristiche dei dharma e a Kobo della scuola della Vera parola. Ciò perché seguo le orme di T’ien-t’ai e Dengyo. Ma gli uomini citati prima, che non hanno seguito T’ien-t’ai e Dengyo, come sfuggiranno la colpa di offesa alla Legge198?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Attualmente l’uomo più ricco di tutto il Giappone sono io, Nichiren. Ho dedicato la mia vita al Sutra del Loto e il mio nome sarà tramandato alle generazioni future. Al re del grande mare tutte le divinità dei fiumi obbediranno e, se qualcuno è il re del monte Sumeru, gli dèi delle altre montagne non potranno fare a meno di seguirlo. Se qualcuno adempie al principio delle “sei azioni difficili e nove azioni facili” del Sutra del Loto, anche se non ha letto l’intera raccolta dei sutra, tutti dovrebbero seguirlo.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Dopo le tre dichiarazioni del Budda nel capitolo “Torre preziosa”, ci sono i due ammonimenti del capitolo “Devadatta”. [Nel primo si rivela che Devadatta conseguirà la Buddità.] Devadatta era un icchantika, un incorreggibile miscredente, eppure è predetto che in futuro diventerà un Budda chiamato Tathagata Re del Cielo. La conferma della verità di ciò che quaranta volumi del Sutra del Nirvana affermano [che tutti gli esseri, compresi gli icchantika, possiedono la natura di Budda] si trova in questo capitolo. Vi sono innumerevoli esseri che hanno commesso i cinque peccati capitali o hanno offeso la Legge, come il monaco Sunakshatrao il re Ajatashatru, ma portando l’unico esempio di Devadatta, il peccatore supremo, si capisce che tutti i peccatori minori avranno la stessa sorte: tutti quelli che hanno commesso i cinque o i sette peccati capitali199, coloro che offendono la Legge e gli icchantika, riappariranno come il Tathagata Re del Cielo. Il veleno si tramuta nella dolce rugiada, il migliore di tutti i sapori.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              [Il secondo ammonimento riguarda il conseguimento della Buddità da parte della figlia del re drago]. L’illuminazione della figlia del re drago non rappresenta l’illuminazione di una sola persona, ma rivela che tutte le donne conseguiranno la Buddità. Nei sutra hinayana predicati prima del Sutra del Loto, il conseguimento della Buddità era negato alle donne. I sutra mahayana [diversi da quello del Loto] sembrano ammettere che le donne possono conseguire la Buddità o rinascere nella pura terra, ma solo dopo aver cambiato la propria forma. Questo non è l’immediato conseguimento della Buddità basato sul principio dei tremila regni in un singolo istante di vita, è un conseguimento della Buddità, o rinascita nella pura terra, di nome, non di fatto. La figlia del re drago è «un esempio che vale per tutti»200. Conseguendo la Buddità, la figlia del re drago ha aperto la strada del conseguimento della Buddità a tutte le donne delle epoche successive.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                La pietà filiale insegnata dal Confucianesimo si limita all’esistenza presente; non è previsto alcun modo di aiutare i genitori nelle esistenze future. Perciò i santi e i saggi confuciani sono santi e saggi solo di nome, non di fatto. Il Brahmanesimo, sebbene riconosca l’esistenza delle vite passate e future, non offre alcun mezzo per aiutare i genitori nelle esistenze future. Solo il Buddismo può aiutarli nella prossima vita e quindi i suoi santi e saggi meritano veramente tale nome. Ma, nei sutra hinayana e mahayana predicati prima del Loto e nelle scuole che si basano su di essi, è impossibile raggiungere personalmente la via, per non parlare dei propri genitori: può anche essere scritto nei testi di questi sutra, ma in realtà non è così. Solo quando fu predicato il Sutra del Loto e si vide una femmina conseguire la Buddità, fu evidente che il conseguimento della Buddità era una possibilità per tutte le madri. E con il conseguimento della Buddità di un uomo malvagio come Devadatta, fu evidente che tutti i padri potevano ottenere l’illuminazione. Fra tutte le scritture buddiste, questo sutra è Il classico della pietà filiale del Buddismo. Con ciò si conclude la mia discussione dei due ammonimenti [del capitolo “Devadatta”].

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Dopo le cinque proclamazioni del Budda, si arriva al capitolo “Esortazione alla devozione” e al giuramento di innumerevoli bodhisattva di propagare questo sutra. Io esporrò alla luce del testo del sutra, che è come un chiaro specchio, le offese alla Legge di cui si macchiano attualmente i preti Zen, dei Precetti, Nembutsu e tutti i loro seguaci laici.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Nel dodicesimo giorno del nono mese dello scorso anno, tra le ore del topo e del bue [dalle ventitré alle tre] questa persona chiamata Nichiren fu decapitata201. La sua anima è arrivata in quest’isola di Sado e nel secondo mese dell’anno seguente, in mezzo alla neve, scrive per i suoi discepoli più stretti. [La descrizione dell’epoca malvagia successiva alla morte del Budda nel capitolo “Esortazione alla devozione” sembra] spaventosa, ma io non mi spavento. Altri leggendola si scoraggeranno, ma questo passo del sutra non è che il limpido specchio che Shakyamuni, Molti Tesori e i Budda delle dieci direzioni hanno lasciato per descrivere il futuro del Giappone e che riflette le attuali condizioni del paese. Può essere considerato anche il pegno che lascio in mio ricordo.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Nel capitolo “Esortazione alla devozione” è scritto: «Noi ti preghiamo di non preoccuparti. Dopo l’estinzione del Budda in un’epoca di paura e male noi predicheremo in lungo e in largo. Ci saranno molte persone ignoranti che ci malediranno e parleranno male di noi; ci attaccheranno con spade e bastoni, ma noi sopporteremo tutte queste offese. In quell’epoca malvagia ci saranno monaci di saggezza perversa, adulatori e sleali, che pretenderanno di aver conseguito ciò che non hanno conseguito, che saranno arroganti e presuntuosi. Oppure vi saranno monaci che vivono nelle foreste, eremiti vestiti di stracci rattoppati, che pretenderanno di praticare la vera via e guarderanno con disprezzo il genere umano. Avidi di vantaggi materiali e sostegni, predicheranno la Legge ai laici vestiti di abiti bianchi e saranno rispettati e riveriti dal mondo quasi fossero arhat in possesso dei sei poteri sovrannaturali. Questi uomini con intenti maligni, costantemente preoccupati delle questioni mondane, usurperanno il nome di eremiti delle foreste e godranno nel denunciare le nostre mancanze […]. Cercando costantemente di diffamarci nelle grandi assemblee, si rivolgeranno ai sovrani, agli alti dignitari, ai brahmani e ai capifamiglia, come pure agli altri monaci, calunniandoci e parlando male di noi; diranno: “Questi sono uomini dalle visioni distorte che predicano dottrine non buddiste!” […]. In un kalpa turbolento, in un’epoca malvagia, saranno molte le cose di cui aver paura. Demoni malvagi si impossesseranno di altre persone per farci maledire, ingiuriare, coprire di disonore. […] I monaci corrotti di quell’era turbolenta, non comprendendo gli espedienti usati dal Budda per predicare la Legge nel modo più appropriato, con sguardo arcigno ci copriranno di insulti; saremo esiliati più e più volte»202.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Miao-lo, nell’ottavo volume di Annotazioni su “Parole e frasi del Sutra del Loto”, scrive come segue: «In questo passo sono illustrati tre tipi di arroganza. La prima parte tratta delle persone che nutrono idee errate; essa riguarda [l’arroganza e la presunzione de] i laici; la seconda parte spiega l’arroganza e la presunzione del clero buddista, la terza parte riguarda l’arroganza e la presunzione di coloro che fingono di essere santi. Di questi tre, il primo [tipo] si può sopportare, il secondo è peggio del primo, il terzo è il più terribile di tutti. Questo perché il secondo e il terzo sono sempre più difficili da riconoscere per ciò che realmente sono».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Il Maestro del Dharma Chih-tu scrive nel Tung-ch’un: «In questo passo, c’è una sezione in versi che inizia con “Ci saranno molte persone ignoranti”. La prima parte parla delle tre categorie di azioni malvagie, inflitte con parole, pensieri e atti, di cui saranno oggetto i devoti del Sutra del Loto da parte dei non buddisti e dei laici buddisti malvagi. La parte seguente che inizia con “In quell’epoca malvagia” tratta dei monaci buddisti arroganti e presuntuosi; la terza parte che inizia con “Oppure vi saranno monaci che vivono nelle foreste” tratta dei monaci [che fingono di essere santi e sfruttano la loro posizione] per avere ai propri ordini tutte le altre persone malvagie». Il testo prosegue: «La parte che inizia con “Cercando costantemente di diffamarci nelle grandi assemblee” descrive come questi uomini si rivolgeranno alle autorità del governo offendendo la Legge e le persone [che la praticano]».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Nel nono volume del Sutra del Nirvana leggiamo: «Uomini devoti, ci sono degli icchantika, o persone d’incorreggibile miscredenza, che si fingono arhat, che vivono in luoghi isolati e calunniano i sutra corretti ed equi del grande veicolo. Vedendoli, gli uomini comuni crederanno che siano dei veri arhat e parleranno di loro come di grandi bodhisattva». Afferma inoltre: «A quel tempo, questo sutra sarà diffuso largamente nel continente di Jambudvipa. A quel tempo ci saranno certamente molti monaci malvagi che saccheggeranno questo sutra e lo spezzetteranno in tanti frammenti distruggendo il colore, il profumo e il sapore del corretto insegnamento che esso contiene. Tutti questi uomini malvagi leggeranno e reciteranno questo sutra, ma ne elimineranno i profondi princìpi essenziali e segreti esposti dal Tathagata per sostituirli con parole senza senso e fiorita retorica mondana; staccheranno l’inizio e lo metteranno alla fine, staccheranno la fine per metterla all’inizio e metteranno l’inizio e la fine nel mezzo o viceversa. Sappiate che questi monaci malvagi sono compagni del diavolo».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Nel Sutra del Parinirvana in sei volumi203 si afferma: «Ci sono anche icchantika che sembrano arhat, ma che commettono azioni malvagie, come ci sono arhat che sembrano icchantika, ma che rivelano cuori compassionevoli. Gli icchantika che sembrano arhat sono questi numerosi uomini che offendono i sutra corretti ed equi. Gli arhat che sembrano icchantika invece sono quelli che criticano gli ascoltatori della voce e diffondono i sutra corretti ed equi. Essi dicono alla gente: “Voi e noi, siamo tutti bodhisattva. Perché ognuno di noi possiede la natura di Budda”. E, tuttavia, la gente dirà di loro che sono degli icchantika”».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Si legge nel Sutra del Nirvana: «Dopo la mia morte […] terminato il Primo giorno della Legge ed entrati nel Medio giorno, vi saranno monaci che daranno l’impressione di osservare i precetti della disciplina monastica, ma raramente leggeranno e reciteranno i sutra, saranno invece avidi di cibo e bevande per ingrassare i loro corpi. Indosseranno le vesti dei monaci e tuttavia, simili a cacciatori, si avvicineranno di soppiatto con passo felpato alle loro prede, aguzzando lo sguardo, come il gatto che si aggira in cerca del topo. Ripeteranno sempre queste parole: “Noi abbiamo raggiunto lo stato di arhat!”. Esteriormente appariranno saggi e buoni, ma dentro il loro cuore nutriranno avidità e gelosia. [E quando verrà chiesto loro di esporre gli insegnamenti], non risponderanno, come i brahmani che hanno fatto voto di silenzio. Essi non sono veri monaci, ne hanno solo l’aspetto. Pervasi di idee false, offendono il corretto insegnamento».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Alla luce del sole e della luna che corrispondono [al Sutra del Loto predicato sul] Picco dell’Aquila e [al Sutra del Nirvana predicato nel] boschetto di alberi di sal, o nel chiaro specchio costituito dai commentari di Miao-lo di P’i-ling e di Chih-tu di Tung-ch’un, si scorgono senz’ombra di dubbio le brutte facce dei preti delle varie scuole Zen, dei Precetti e Nembutsu del Giappone attuale. Il Sutra del Loto della Legge meravigliosa dice [nel capitolo “Esortazione alla devozione”]: «Dopo l’estinzione del Budda in un’epoca di paura e male», e il capitolo “Pratiche pacifiche” dice: «Nell’era malvagia che seguirà», «Nell’era ultima» e «Nell’era ultima che seguirà, allorché la Legge sarà sul punto di perire». Il capitolo “Distinzioni dei benefici” dice: «Nell’era malvagia dell’Ultimo giorno della Legge»; il capitolo “Re della medicina” dice: «Nell’ultimo periodo di cinquecento anni». Il capitolo “Esortazione alla devozione” nel Sutra del Loto della Legge corretta, dice: «Nell’ultima epoca che seguirà» e «Nell’ultima epoca a venire». Lo stesso genere di linguaggio si trova nel Sutra del Loto della Legge meravigliosa integrato. T’ien-t’ai afferma: «Nel Medio giorno della Legge le tre scuole del sud e le sette scuole del nord sono nemiche del Sutra del Loto»204. E Dengyo dice: «Alla fine del Medio giorno della Legge, gli studiosi delle sei scuole del nord sono i nemici del Sutra del Loto»205.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Ai tempi di T’ien-t’ai e Dengyo [i tre tipi di nemici citati prima] non erano ancora apparsi. Ma dobbiamo ricordare che quando il Budda Shakyamuni, signore degli insegnamenti, e il Budda Molti Tesori sedettero fianco a fianco nella torre preziosa come il sole e la luna, e i Budda che erano emanazioni di Shakyamuni vennero dalle dieci direzioni e si radunarono sotto gli alberi come tante stelle, allora fu detto che, dopo i mille anni del Primo giorno della Legge e i mille anni del Medio giorno della Legge, all’inizio dell’Ultimo giorno della Legge, vi sarebbero stati tre tipi di nemici del Sutra del Loto. Come potrebbe questa affermazione fatta da ottocentomila milioni di nayuta di bodhisattva essere una predizione vuota o falsa?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Adesso sono passati più di duemiladuecento anni dalla scomparsa del Tathagata. Anche se fosse possibile mirare alla terra e mancarla, anche se i fiori cessassero di sbocciare in primavera, sono assolutamente certo che questi tre potenti nemici esistono nella terra del Giappone. Se è così, allora chi deve essere annoverato fra i tre nemici? E chi deve essere indicato come il devoto del Sutra del Loto? È un grosso dubbio. Io e i miei discepoli dobbiamo essere annoverati fra i tre nemici o fra i devoti del Sutra del Loto? È un grosso dubbio.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Nel ventiquattresimo anno del regno del re Chao, il quarto sovrano della dinastia Chou, con il segno ciclico kinoe-tora, nella notte dell’ottavo giorno del quarto mese, una luce di cinque colori traversò il cielo da nord a sud illuminandolo come a mezzogiorno. La terra tremò in sei differenti maniere e, senza che piovesse, i fiumi e i torrenti, i pozzi e gli stagni traboccarono. Gli alberi e le piante fiorirono e si coprirono di frutti. Fu un evento veramente straordinario. Il re Chao si allarmò molto, ma il Grande Storico Su Yu trasse gli auspici e disse: «A occidente è nato un santo». «Cosa succederà al nostro paese?», chiese il re Chao, al che Su Yu rispose: «Non accadrà niente di particolare. Fra mille anni le parole di questo santo giungeranno nel nostro paese e porteranno beneficio a tutti gli esseri viventi». Su Yu era uno studioso dei testi non buddisti che non si era minimamente liberato dalle illusioni del pensiero e del desiderio, tuttavia era in grado di sapere cosa sarebbe successo mille anni dopo. E proprio come aveva predetto, 1.015 anni dopo la morte del Budda, sotto il regno dell’imperatore Ming, il secondo sovrano della tarda dinastia Han, nel decimo anno dell’era Yung-p’ing (67 d.C.), con il segno ciclico hinoto-a, le dottrine del Buddismo furono introdotte in Cina206.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Su un livello completamente diverso è la profezia che ho citato prima, pronunciata dai bodhisattva davanti al Budda Shakyamuni, al Budda Molti Tesori e ai Budda delle dieci direzioni che erano emanazioni del Budda Shakyamuni. Alla luce di questa predizione, come potrebbero non esserci attualmente in Giappone i tre tipi di nemici del Sutra del Loto?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Nel Sutra dei Successori del Budda si dice che il Budda abbia affermato: «Dopo la mia morte, durante i mille anni del Primo giorno della Legge, si succederanno ventiquattro persone207 che propagheranno gli insegnamenti corretti così come io li ho insegnati». Mahakashyapa e Ananda [erano contemporanei del Budda e perciò] li tralasceremo. Ma dopo cento anni apparve il monaco Parshva, dopo seicento anni il Bodhisattva Ashvaghosha, dopo settecento anni il Bodhisattva Nagarjuna, e tutti gli altri, che apparvero esattamente come predetto.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Come può dunque essere vana la profezia [del capitolo “Esortazione alla devozione” del Sutra del Loto?]. Se non corrispondesse a verità, ciò varrebbe per tutto il Sutra del Loto. Allora le predizioni che Shariputra diverrà in futuro il Tathagata Fiore Splendente e che Mahakashyapa diverrà il Tathagata Fulgida Luce non sarebbero altro che bugie. In tal caso, gli insegnamenti esposti nei sutra precedenti il Sutra del Loto sarebbero assolutamente corretti e gli ascoltatori della voce sarebbero destinati a non conseguire mai la Buddità. Se è vero che si dovrebbero offrire elemosine a un cane o a una volpe piuttosto che a un ascoltatore della voce come Ananda, cosa dovremmo fare?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                [Nel passo del capitolo “Esortazione alla devozione” che ho citato prima, si parla di tre gruppi di persone], dicendo dapprima che «ci saranno molte persone ignoranti» e poi che «in quell’epoca malvagia ci saranno monaci» ed «eremiti vestiti di stracci rattoppati». La prima categoria, quella della gente ignorante, comprende gli autorevoli credenti laici che sostengono i monaci della seconda e della terza categoria. Pertanto il Gran Maestro Miao-lo, riguardo alle persone del primo gruppo, dice che rappresentano l’arroganza e la presunzione dei laici. E il Tung-ch’un dice che «si rivolgeranno alle autorità del governo» offendendo la Legge e le persone [che la praticano].

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Del secondo gruppo di nemici del Sutra del Loto, il sutra dice: «In quell’epoca malvagia ci saranno monaci di saggezza perversa, adulatori e sleali, che pretenderanno di aver conseguito ciò che non hanno conseguito, che saranno arroganti e presuntuosi».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Analogamente, il Sutra del Nirvana dice: «In quell’epoca vi saranno monaci malvagi […]. Questi uomini malvagi leggeranno e reciteranno questo sutra, ma ignoreranno e trascureranno i princìpi profondi e vitali che il Tathagata ha esposto in esso».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Grande concentrazione e visione profonda dice: «Se una persona manca di fede [nel Sutra del Loto], obietterà che esso appartiene al piano elevato dei santi e che la comprensione di esso è al di là della propria saggezza. Se uno manca di saggezza, sarà pieno di presunzione e pretenderà di essere pari al Budda».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Possiamo trovare un esempio di ciò nella seguente affermazione del Maestro della Meditazione Tao-ch’o: «Il secondo motivo [che rende difficile comprendere il Sutra del Loto] è che i suoi princìpi sono molto profondi e la capacità di comprensione [della gente] scarsa»209. In modo simile, Honen dice: «Le pratiche religiose al di fuori del Nembutsu non si accordano con le capacità della gente. Esse non sono adatte ai tempi»210.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          [Per combattere tali punti di vista], Miao-lo dice nel decimo volume del suo Su “Parole e frasi”: «Probabilmente le persone si sbagliano su tale questione perché non comprendono quanto sia grande il beneficio che anche un principiante [nella pratica del Sutra del Loto] può ottenere. Esse ritengono che il beneficio sia riservato a chi è più avanzato nella pratica e disprezzano gli sforzi dei principianti. Perciò, il sutra qui dimostra il suo potere rivelando che la pratica è superficiale, ma il beneficio che ne risulta è assai profondo».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Allo stesso modo, il Gran Maestro Dengyo afferma: «Il Primo e Medio giorno sono quasi trascorsi e l’Ultimo giorno si avvicina. Adesso è veramente il tempo in cui l’unico veicolo del Sutra del Loto si dimostrerà perfettamente adatto alle capacità di tutte le persone. Come sappiamo che questo è vero? Il capitolo “Pratiche pacifiche” del Sutra del Loto afferma: “Nell’era ultima che seguirà, allorché la Legge sarà sul punto di perire, [accetta e abbraccia, legge e recita questo sutra]”»211. E il prete Eshin dice: «In tutto il Giappone, le persone condividono la stessa capacità di conseguire la Buddità attraverso il perfetto insegnamento»212.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Ora, a quale opinione dovremmo credere, quella di Tao-ch’o e Honen o quella di Dengyo ed Eshin? La prima non trova alcuna conferma in nessun sutra. La seconda si basa correttamente sul Sutra del Loto.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Inoltre, il Gran Maestro Dengyo del Monte Hiei è onorato dai preti di tutto il Giappone come maestro dell’ordinazione. Come potrebbe ciascun prete rivolgere il suo cuore verso una persona come Honen, che è posseduta dal demone celeste, e abbandonare il Gran Maestro Dengyo, il maestro dell’ordinazione? Se Honen era un uomo veramente saggio, perché nel suo Preferire il Nembutsu a qualsiasi altra cosa non ha riportato le spiegazioni di Dengyo ed Eshin che ho citato prima, chiarendo così le contraddizioni? Non lo ha fatto perché egli è il tipo di uomo che nasconde gli insegnamenti degli altri. Quando il Sutra del Loto parla del secondo tipo di nemici, dicendo: «In quell’epoca malvagia ci saranno monaci», si riferisce a uomini come Honen che trasgrediscono i precetti e nutrono idee distorte.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Il Sutra del Nirvana dice: «[Onorato dal Mondo, oggi per la prima volta ho appreso la visione corretta. Onorato dal Mondo, fino a oggi] siamo stati tutti uomini dalle visioni distorte». Miao-lo spiega ciò dicendo: «Il Budda si riferisce ai tre insegnamenti [che avevano praticato fino a quel momento] definendoli visioni distorte»213. E Grande concentrazione e visione profonda afferma: «Il Sutra del Nirvana dice: “Fino ad oggi siamo stati tutti uomini dalle visioni distorte”. Distorcere è male, non è cosi?». In Annotazioni su “Grande concentrazione e visione profonda” si legge: «Distorcere è male. Pertanto dobbiamo capire che solo l’insegnamento perfetto è bene. Qui sono racchiusi due significati. Primo, ciò che si accorda con la verità deve essere considerato come bene, mentre ciò che va contro la verità deve essere considerato come male. Questo è il significato dal punto di vista relativo. [Secondo], l’attaccamento [a questo punto di vista] è male e il suo superamento è bene. Sia dal punto di vista relativo che da quello assoluto, dobbiamo totalmente abbandonare ciò che è male. L’attaccamento all’insegnamento perfetto è male, e l’attaccamento agli altri [tre] insegnamenti è naturalmente ancora peggiore».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Il bene e il male delle dottrine non buddiste, se paragonati ai sutra hinayana, rappresentano tutti cattive strade. Allo stesso modo, le strade corrette esposte nei sutra hinayana, così come i quattro gusti e i tre tipi di insegnamenti, se paragonate al Sutra del Loto, sono tutte distorte e cattive. Solo il Sutra del Loto è corretto e buono. Il perfetto insegnamento predicato prima del Sutra del Loto lo è da un punto di vista relativo; da un punto di vista assoluto è ancora un male. Sostanzialmente appartiene alla categoria dei tre insegnamenti e dunque è male anche in questo senso. Anche praticare, in accordo con questi sutra stessi, i princìpi supremi dei sutra precedenti a quello del Loto è male. Quanto peggiore è quindi il caso di chi assume come insegnamento fondamentale un testo dalla dottrina insignificante come il Sutra della Meditazione, che non può reggere il confronto nemmeno con i sutra della Ghirlanda di fiori e della Saggezza? Questa persona include [le idee del] Sutra del Loto nel Sutra della Meditazione ed esorta le persone a «scartare, chiudere, ignorare e abbandonare» il Loto, e a dedicarsi solo al Nembutsu. Questo è ciò che fanno Honen, i suoi discepoli e i sostenitori laici da lui convertiti, e meritano di essere chiamati denigratori dell’insegnamento corretto.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Il Budda Shakyamuni, il Budda Molti Tesori e tutti i Budda delle dieci direzioni «si assicurano che la Legge duri a lungo nel tempo»214. E tuttavia Honen e gli altri praticanti del Nembutsu del Giappone sostengono che nell’Ultimo giorno della Legge il Sutra del Loto scomparirà prima del Nembutsu. Tali persone non sono forse i nemici di Shakyamuni, di Molti Tesori e degli altri Budda?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Riguardo al terzo gruppo di nemici del Sutra del Loto, il sutra dice: «Oppure vi saranno monaci che vivono nelle foreste, eremiti vestiti di stracci rattoppati […] predicheranno la Legge ai laici vestiti di abiti bianchi e saranno rispettati e riveriti dal mondo quasi fossero arhat in possesso dei sei poteri sovrannaturali». Il Sutra del Parinirvana in sei volumi afferma: «Ci sono anche icchantika che sembrano arhat, ma che commettono azioni malvagie. Ci sono anche arhat che sembrano icchantika, ma che rivelano un cuore compassionevole. Gli icchantika che sembrano arhat passano il loro tempo offendendo i sutra corretti ed equi fra la gente. Gli arhat, che sembrano icchantika, invece, sono quelli che criticano gli ascoltatori della voce e diffondono i sutra corretti ed equi. Essi dicono alla gente: “Voi e io, siamo tutti bodhisattva. Perché? Perché ogni essere vivente possiede la natura di Budda”. Ma probabilmente la gente reputerà tali uomini degli icchantika».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Il Sutra del Nirvana dice: «Dopo la mia morte… [terminato il Primo ed entrati nel Medio giorno della Legge], vi saranno monaci che daranno l’impressione di osservare i precetti della disciplina monastica, ma raramente leggeranno e reciteranno i sutra, saranno invece avidi di cibo e bevande per ingrassare i loro corpi […]. Indosseranno le vesti dei monaci e tuttavia, simili a cacciatori, si avvicineranno di soppiatto con passo felpato alle loro prede, aguzzando lo sguardo, come il gatto che si aggira in cerca del topo. Ripeteranno sempre queste parole “Noi abbiamo raggiunto lo stato di arhat!”. Esteriormente sembreranno saggi e buoni, ma nel loro cuore nutriranno avidità e gelosia. [E quando verrà loro richiesto di praticare gli insegnamenti non diranno nulla] come brahmani che hanno fatto il voto del silenzio; non sono veri monaci, ne hanno solo l’apparenza. Consumati dalle loro idee distorte, offenderanno l’insegnamento corretto».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Miao-lo, riguardo alle persone di questo tipo, scrive: «Il terzo [gruppo] è il più terribile di tutti. Questo perché il secondo e il terzo sono sempre più difficili da riconoscere per ciò che realmente sono». E il Tung-ch’un afferma: «La terza parte che inizia con “oppure vi saranno monaci che vivono nelle foreste”, tratta dei monaci [che fingono di essere santi e sfruttano la loro posizione] per avere ai propri ordini tutte le altre persone malvagie».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Dove si trovano nel Giappone di oggi questi «monaci [che fingono di essere santi e sfruttano la loro posizione] per avere ai propri ordini tutte le altre persone malvagie»? Sul monte Hiei? Nell’Onjo-ji [a Otsu]? Nel To-ji [a Kyoto]? Nei templi di Nara? Nel Kennin-ji [a Kyoto], o nel Jufuku-ji e nel Kencho-ji [a Kamakura]? Dobbiamo esaminare ciò attentamente. Queste parole si riferiscono ai monaci dell’Enryaku-ji sul monte Hiei che portano elmi sulla testa e ­indossano l’armatura? Si riferiscono ai monaci dell’Onjo-ji che portano armi e indossano l’armatura sul loro quintuplice corpo della Legge215? Questi uomini non assomigliano affatto agli «eremiti vestiti di stracci rattoppati» che sono descritti nel sutra, e nemmeno ai monaci «rispettati e riveriti dal mondo quasi fossero arhat in possesso dei sei poteri sovrannaturali». Non sono come gli uomini del terzo gruppo che, come dice Miao-lo, «sono sempre più difficili da riconoscere». Sembrerebbe piuttosto che queste parole si riferiscano a uomini come Shoichi di Kyoto e Ryokan di Kamakura. [Ma anche se queste persone sono state definite come tali], non dovrebbero odiare gli altri. Se hanno occhi, dovrebbero esaminare le parole dei sutra e confrontare con esse la propria condotta.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Il primo volume di Grande concentrazione e visione profonda afferma: «Non vi è mai stato nulla che si potesse paragonare alla chiarezza e alla serenità della concentrazione e visione profonda». Il primo volume di Su “Grande concentrazione e visione profonda” afferma: «Da quando l’imperatore Ming della dinastia Han sognò il Budda, fino alla dinastia Ch’en, [quando visse il Gran Maestro T’ien-t’ai], molti si unirono alla scuola Zen e ricevettero la veste e la ciotola che vengono trasmesse». Il Supplemento alle tre opere maggiori di T’ien-t’ai spiega ciò dicendo: «La trasmissione della veste e della ciotola indica la successione dei patriarchi Zen da Bodhidharma in poi».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Nel quinto volume di Grande concentrazione e visione profonda si dice: «C’è un tipo chiamato “uomini Zen”, ma i maestri e i discepoli di questa scuola sono ciechi [alla verità] e zoppi [nella pratica], e sia i maestri che i discepoli cadranno nell’inferno». Nel settimo volume si legge: «[Ci sono dieci strade per comprendere e praticare correttamente il Buddismo. A parte una, le altre] nove strade non hanno niente in comune con i comuni preti di questo mondo che si concentrano sulla parola scritta, né con i maestri Zen che si concentrano sulla pratica. Alcuni maestri Zen rivolgono tutta la loro attenzione alla meditazione. Ma la loro meditazione è superficiale e falsa perché manca totalmente di tutte le altre nove strade. Questa non è una vuota affermazione. Uomini saggi delle epoche a venire che avranno occhi per vedere comprenderanno la verità di ciò che dico».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Nel settimo volume di Su “Grande concentrazione e visione profonda” si dice: «“I preti che si concentrano sulla parola scritta” si riferisce agli uomini che non ottengono interiormente alcuna visione profonda o comprensione, ma si occupano solo delle caratteristiche della dottrina. I “maestri Zen che si concentrano sulla pratica” si riferisce agli uomini che non imparano come giungere alla verità e alla saggezza corrispondente, ma si concentrano solamente su tecniche di respirazione. Il loro è un tipo di meditazione [non buddista] che è ancora accompagnata da efflussi. “Alcuni maestri Zen rivolgono tutta la loro attenzione alla meditazione” significa che, per amore di discussione, T’ien-t’ai concede loro un certo riconoscimento, ma che, da un punto di vista più rigoroso, mancano di visione profonda e comprensione. I seguaci dello Zen nel mondo attuale danno valore soltanto alla meditazione e non sanno citare a memoria gli insegnamenti dottrinali. Nel fare affidamento solo sulla meditazione cancellano i sutra. Essi sommano gli otto errori e gli otto ventie dicono che il Budda è alto sedici piedi216; sommano le cinque componenti e i tre veleni e li chiamano gli otto errori; uguagliano i sei organi di senso ai sei poteri sovrannaturali e i quattro elementi alle quattro nobili verità. Interpretare i sutra in una maniera così arbitraria significa essere colpevoli della più grande falsità. Non vale neanche la pena discutere di tali sciocchezze».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Il settimo volume di Grande concentrazione e visione profonda afferma: «Nel passato, la fama del maestro Zen di Yeh e Lo217 si diffuse per tutta la Cina, in lungo e in largo. Quando arrivava, le persone accorrevano intorno a lui da tutte le direzioni, fitte come nuvole, e quando se ne andava, formavano una gran folla lungo le strade. Ma che profitto traevano da tutto questo trambusto e da questa agitazione? Tutti si pentirono di ciò che avevano fatto quando furono sul letto di morte».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Nel settimo volume di Su “Grande concentrazione e visione profonda” si commenta: «Il testo parla del “maestro Zen di Yeh e Lo”. Yeh si trova nello Hsiang-chou ed era la capitale delle dinastie Ch’i e Wei. Il fondatore dello Zen fece prosperare il Buddismo in quella regione e ne convertì gli abitanti. Il Gran Maestro T’ien-t’ai, per rispetto verso le persone del suo tempo, si astiene dal nominare qualcuno in particolare. “Lo” si riferisce alla città di Lo-yang».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Il Sutra del Parinirvana in sei volumi dice: «L’estremo è impossibile da vedere. Cioè, le azioni estremamente malvagie commesse dagli icchantika sono impossibili da percepire». O, come ha detto Miao-lo, «il terzo è il più terribile di tutti. Questo perché il secondo e il terzo sono sempre più difficili da riconoscere per ciò che realmente sono».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Chi è senza occhi, chi ha un occhio solo e chi ha una visione distorta non può vedere questi tre tipi di nemici del Sutra del Loto che sono apparsi all’inizio dell’Ultimo giorno della Legge. Ma coloro che hanno ottenuto una porzione dell’occhio di Budda possono riconoscerli. «Si rivolgeranno ai sovrani, agli alti dignitari, ai brahmani e ai capifamiglia». E il Tung-ch’un afferma: «Questi uomini si rivolgeranno alle autorità del governo offendendo la Legge e le persone [che la praticano]».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Nel passato, verso la fine del Medio giorno della Legge, Gomyo, Shuen e altri monaci presentarono petizioni al trono nelle quali offendevano il Gran Maestro Dengyo. Ora, all’inizio dell’Ultimo giorno della Legge, Ryokan, Nen’a e altri hanno compilato documenti menzogneri e li hanno presentati allo shogunato. Non sono forse da includere nella terza categoria di nemici del Sutra del Loto?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Oggi i maestri Nembutsu si rivolgono «ai sovrani, agli alti dignitari, ai brahmani e ai capifamiglia» che sostengono la scuola Tendai Loto, dicendo: «I princìpi del Sutra del Loto sono molto profondi e la nostra capacità di comprensione scarsa. La dottrina che esso insegna è estremamente profonda; le nostre capacità sono estremamente superficiali». [Proprio come dice Grande concentrazione e visione profonda]: «Obietteranno che esso appartiene al piano elevato dei santi, e che la comprensione di esso è al di là della propria saggezza».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Gli uomini della scuola Zen dicono: «Il Sutra del Loto è un dito che indica la luna, ma la scuola Zen è la luna stessa. Una volta che si ha la luna, a cosa serve il dito? Lo Zen è la mente del Budda. Il Sutra del Loto è la parola del Budda. Quando il Budda ebbe finito di predicare il Sutra del Loto e tutti gli altri sutra, prese un fiore e lo dette solamente a Mahakashyapa218. E, per confermare questo gesto, offrì a Mahaka­shyapa anche la sua veste, che è stata tramandata dall’uno all’altro dei ventotto patriarchi indiani, fino al sesto patriarca dello Zen cinese». Da molti anni l’intero paese viene avvelenato e ingannato da grandi menzogne come questa.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    I preti eminenti delle scuole Tendai e della Vera parola, sebbene nominalmente siano i rappresentanti delle rispettive scuole, di fatto sono ignoranti delle loro dottrine. Pieni di cupidigia e timorosi dei cortigiani e dei militari, essi sottoscrivono queste asserzioni dei seguaci Nembutsu e Zen e ne tessono le lodi. Molto tempo fa, il Budda Molti Tesori e tutti i Budda che erano emanazioni del Budda Shakyamuni riconobbero la loro adesione al Sutra del Loto, dicendo: «Ci assicureremo che la Legge duri a lungo». Ma oggi gli eminenti esponenti della scuola Tendai convengono che i princìpi del Sutra del Loto sono molto profondi e la capacità di comprensione [della gente] scarsa. Come risultato, oggi in Giappone il Sutra del Loto esiste solo di nome: non vi è una sola persona che lo pratica e ottiene l’illuminazione. Chi può essere considerato un devoto del Sutra del Loto? Non si contano i monaci esiliati per aver bruciato templi e pagode. E si vedono numerosi preti eminenti che adulano cortigiani e militari e per questo motivo sono detestati dal popolo. Possono uomini come questi essere considerati devoti del Sutra del Loto?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Poiché le predizioni del Budda non sono menzognere, il paese è già pieno dei tre tipi di nemici del Sutra del Loto. E tuttavia, come a smentire le auree parole del Budda, sembra che non ci sia alcun devoto del Sutra del Loto. Come mai? Come mai?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Ma consideriamo un po’. Chi è che è insultato e calunniato dal popolo? Chi è il prete attaccato con spade e bastoni? Chi è quel prete denunciato con petizioni a cortigiani e militari a causa del Sutra del Loto? Chi è quel prete che è stato «esiliato più e più volte»? A chi altro in Giappone, se non a Nichiren, si adattano queste descrizioni?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Ma io, Nichiren, non sono il devoto del Sutra del Loto perché, contrariamente alla predizione, le divinità celesti mi hanno abbandonato. Chi dunque nell’epoca presente sarà il devoto del Sutra del Loto e realizzerà le profezie del Budda?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Il Budda e Devadatta sono come il corpo e la sua ombra: vita dopo vita non si separano mai. Il principe Shotoku e il suo acerrimo nemico Moriya219 apparvero contemporaneamente, come il fiore e il frutto del loto. Se esiste un devoto del Sutra del Loto, devono necessariamente esistere anche i tre tipi di nemici. I tre tipi di nemici sono già apparsi; chi è dunque il devoto del Sutra del Loto? Cerchiamolo e facciamo di lui il nostro maestro. [Come dice il Sutra del Loto, trovare tale persona è raro come] per una tartaruga con un occhio solo incontrare un pezzo di legno galleggiante [con una cavità adatta a contenerla]220.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              C’è chi dice: sembra che oggi i tre tipi di nemici siano presenti, ma che non ci sia alcun devoto del Sutra del Loto. Ma se io dico che tu [Nichiren] sei il devoto del Sutra del Loto, c’è una grossa contraddizione. Infatti il Sutra del Loto dice: «I giovani figli del cielo lo assisteranno e lo serviranno. Spade e bastoni non lo toccheranno e il veleno non avrà il potere di nuocergli»221. E lo stesso passo prosegue: «Se la gente parlerà male di lui e lo ingiurierà, le loro bocche verranno serrate e fermate»222. Poi vi si afferma: «[Coloro che avranno udito la Legge] godranno di pace e sicurezza nell’esistenza presente e nasceranno in circostanze favorevoli nelle successive»223. E ancora: «A chiunque […] tormenta i predicatori della Legge, si spacchi la testa in sette pezzi come i rami dell’albero arjaka»224. Inoltre afferma: «[Coloro che onorano il Sutra del Loto] nell’esistenza presente saranno ricompensati con la fortuna»225. E aggiunge: «Se qualcuno vedrà una persona che accetta e sostiene questo sutra e cercherà di rivelare le sue colpe o i suoi errori, sia che dica il vero sia che dica il falso, nell’esistenza presente si ammalerà di lebbra bianca»226.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Risposta: Questi tuoi dubbi sono molto opportuni. Coglierò l’occasione per chiarire i punti che possono confonderti. Il capitolo “Mai Sprezzante” del Sutra del Loto dice: «Parlavano male di lui [il Bodhisattva Mai Sprezzante] e lo insultavano»227. E ancora: «Alcuni del gruppo afferravano dei bastoni, delle tegole o delle pietre per colpirlo e percuoterlo»228. Il Sutra del Nirvana dice: «Saranno uccisi o feriti». Il Sutra del Loto afferma: «E poiché odio e gelosia nei confronti di questo sutra abbondano perfino mentre il Tathagata è nel mondo, [quanto peggio sarà dopo la sua scomparsa]?»229.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Il Budda subì atti di ostilità, conosciuti come le nove grandi persecuzioni, fra le quali essere ferito a un dito del piede da parte di Devadatta, eppure egli era un devoto del Sutra del Loto, non è cosi? E il Bodhisattva Mai Sprezzante, non era forse un devoto dell’unico veicolo del Sutra del Loto? Maudgalyayana fu ucciso da un gruppo di brahmani chiamato Bastone di bambù poco dopo che il Sutra del Loto aveva predetto che avrebbe raggiunto la Buddità in una vita futura. Il Bodhisattva Aryadeva, il quattordicesimo nella linea di trasmissione del Buddismo in India, e il Venerabile Aryasimha230, il venticinquesimo, furono entrambi assassinati. Non erano devoti del Sutra del Loto? Chu Tao-sheng fu esiliato su una montagna a Su-Chou e Fa-tao fu marchiato a fuoco sul viso ed esiliato a sud del fiume Yangtze. Non erano questi uomini sostenitori dell’insegnamento dell’unico veicolo? Tra gli studiosi non buddisti, Po Chü-i e Sugawara no Michizane, che dopo la sua morte fu riverito come il dio del santuario di Kitano, furono esiliati in luoghi lontani, eppure non erano forse dei saggi?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Se riflettiamo sul significato di questi fatti, notiamo i seguenti punti. Coloro che non hanno commesso l’errore di offendere il Sutra del Loto nelle loro esistenze precedenti, ne diventeranno devoti nella vita presente. Se tali persone dovessero incontrare persecuzioni sotto una falsa accusa di aver commesso colpe mondane, allora coloro che li perseguitano subiranno una retribuzione immediata. Sarebbe come il caso degli asura che lanciarono frecce su Shakra o degli uccelli garuda che tentarono di mangiare i draghi del lago Anavatapta, ma che invece furono entrambi sterminati. E tuttavia T’ien-t’ai dice: «Le sofferenze e i dolori che sopporto attualmente sono tutti dovuti alle cause del passato, e le azioni meritorie che compio nella mia vita presente saranno ricompensate nel futuro»231. In maniera analoga, il Sutra dell’Osservazione della mente come la terra afferma: «Se vuoi conoscere le cause del passato, guarda gli effetti del presente; se vuoi conoscere gli effetti del futuro, guarda le cause del presente». Il capitolo “Mai Sprezzante” del Sutra del Loto dice: «Quando le sue colpe furono espiate»232. Questo significa che il Bodhisattva Mai Sprezzante fu colpito con tegole e pietre perché nel passato si era reso colpevole di offendere il Sutra del Loto.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      In secondo luogo, dovremmo notare che, se una persona è inevitabilmente destinata a cadere nell’inferno nella sua prossima esistenza, allora anche se commette una grave offesa nell’esistenza presente non riceverà una punizione immediata. Gli icchantika ne sono un esempio.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Il Sutra del Nirvana afferma: «Il Bodhisattva Kashyapa disse al Budda: “Onorato dal Mondo, come tu hai insegnato, la luce del grande nirvana del Budda penetra nei pori di tutti gli esseri”». Afferma inoltre: «Il Bodhisattva Kashyapa disse al Budda: “Onorato dal Mondo, come possono le persone nelle quali non si è ancora risvegliato il desiderio dell’illuminazione creare le cause che condurranno a essa?”». Rispondendo alla domanda «il Budda disse a Kashyapa: “Ci può essere qualcuno che ascolta questo Sutra del Nirvana, e tuttavia afferma che non ha bisogno di risvegliare il desiderio dell’illuminazione, e invece offende l’insegnamento corretto. Tale persona la notte vedrà in sogno un demone e il suo cuore sarà pieno di paura. Il demone gli dirà: ‘Come sei sciocco, amico mio! Se non risvegli adesso il desiderio dell’illuminazione, avrai vita breve!’. Questa persona tremerà di paura, e appena si risveglierà dal sogno, la sua mente si metterà in viaggio sulla via dell’illuminazione. Sappi che tale persona diventerà un grande bodhisattva”». In altre parole, sebbene una persona possa offendere l’insegnamento corretto, se non è profondamente malvagia sarà subito ammonita in sogno e ci sarà un mutamento nel suo cuore.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          [Secondo il Sutra del Nirvana, gli icchantika sono paragonati ad] «alberi morti o montagne di pietra» su cui non può crescere niente. Essi sono «semi bruciati che, anche se incontrano la dolce pioggia» non germoglieranno. «Le perle splendenti messe nell’acqua torbida hanno il potere di trasformarla in acqua pulita […]. Ma se vengono gettate nel fango della condizione di icchantika non possono purificarlo». Sono come [persone con una ferita sulla mano delle quali il sutra afferma:] «Se una persona con una ferita sulla mano maneggia del veleno233, questo entrerà nel suo corpo, ma non potrà entrare nel corpo di chi non ha una ferita». «Come una pioggia torrenziale non può rimanere sospesa nel cielo [così la pioggia della Legge non può rimanere nel cielo della condizione di icchantika]»234. Tutte queste similitudini illustrano il fatto che gli icchantika del peggior tipo cadranno inevitabilmente nell’inferno della sofferenza incessante nell’esistenza successiva. Per questo motivo non ricevono alcuna punizione immediata in questa vita. Essi sono come il re Chieh della dinastia Hsia e il re Chou della dinastia Yin. Durante i loro regni il cielo non mostrò alcun fenomeno insolito come avvertimento. Ciò perché i loro crimini erano così gravi che le loro dinastie erano già destinate a estinguersi.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Come terzo motivo, sembra che le divinità guardiane abbiano abbandonato il paese, e questa è probabilmente una ragione per cui non c’è punizione immediata. In un’epoca in cui si offende la Legge, le divinità guardiane se ne vanno e gli dèi celesti cessano di offrire la loro protezione. Questo è il motivo per cui i devoti dell’insegnamento corretto non ricevono segni della protezione di queste divinità, ma al contrario incontrano gravi difficoltà. Il Sutra della Luce dorata afferma: «Le persone che fanno buone azioni diventano giorno per giorno sempre più deboli e sempre meno numerose». Viviamo in un paese malvagio in un’epoca malvagia. Ho discusso tutto ciò in dettaglio nella mia opera intitolata Adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Questo io affermo. Che gli dèi mi abbandonino. Che tutte le persecuzioni mi assalgano. Io continuerò a dare la mia vita per la Legge! Shariputra praticò la via del bodhisattva per sessanta kalpa, ma abbandonò la via perché non fu capace di sopportare la prova del brahmano che gli aveva chiesto in elemosina un occhio235. Di coloro che ricevettero i semi dell’illuminazione nel remoto passato o ai giorni del Budda Grande Saggezza Universale, molti in seguito li abbandonarono e, per aver seguito cattivi compagni, soffrirono nell’inferno rispettivamente per un periodo di tanti kalpa quanti i granelli di polvere di innumerevoli sistemi maggiori di mondi e di tanti kalpa quanti i granelli di polvere di un sistema maggiore di mondi.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Sia che venga tentato dal bene o venga minacciato dal male, chi lascia il Sutra del Loto si condanna all’inferno. Qui io faccio un grande voto. Anche se mi offrissero il governo del Giappone a patto che aneli a rinascere nella Pura terra236 abbandonando il Sutra del Loto e aderendo alle dottrine di un sutra come quello della meditazione o simili, anche se minacciassero di decapitare mio padre e mia madre se non recito il Nembutsu, qualunque difficoltà possa incontrare, a meno che uomini sapienti non provino che i miei insegnamenti sono falsi, io non accetterò mai! Tutti gli altri problemi per me non sono altro che polvere al vento.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Io sarò il pilastro del Giappone. Io sarò gli occhi del Giappone. Io sarò il grande vascello del Giappone. Questo è il mio voto, e io non lo infrangerò mai!

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Domanda: Come puoi esser certo che i tuoi esilii e la tua condanna a morte sono gli effetti del karma passato?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Risposta: Uno specchio di bronzo riflette colore e forma. Il Primo Imperatore della dinastia Ch’in possedeva uno specchio della verità che rivelava le colpe commesse in questa vita. Lo specchio della Legge del Budda rivela le cause poste nel passato. Il Sutra del Parinirvana afferma: «Uomini devoti, poiché le persone hanno commesso innumerevoli offese e accumulato molto cattivo karma nel passato, devono aspettarsi di ricevere la retribuzione per tutto ciò che hanno fatto. Potranno venire disprezzate, essere afflitte da un brutto aspetto, mancare di vesti e di cibo, cercare invano la ricchezza, nascere in una famiglia povera e di umile condizione sociale o che nutre opinioni errate, essere perseguitate dal sovrano. Esse possono andare soggette a varie altre sofferenze o retribuzioni. È grazie ai meriti acquisiti proteggendo la Legge che si può diminuire in questa vita la propria sofferenza e retribuzione».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Questo passo del sutra combacia esattamente con la vita di Nichiren come l’altra metà di un tagliando237. Ormai tutti i dubbi che ho sollevato in precedenza dovrebbero essere chiariti, e migliaia di difficoltà non sono niente per me. Ma permettimi di mostrarti frase per frase come il testo si applichi a me. «Potranno venire disprezzate» o, come dice il Sutra del Loto, le persone le «disprezzeranno, odieranno, invidieranno, o proveranno rancore nei loro confronti»238; e proprio come qui è scritto, io sono stato trattato con disprezzo e arroganza per più di vent’anni. Potranno «essere afflitte da un brutto aspetto», potranno «mancare di vesti»: anche questo si applica a me. Potranno mancare «di cibo» si applica a me. Potranno «cercare invano la ricchezza» si applica a me. Potranno «nascere in una famiglia povera e di umile condizione sociale» si applica a me. Potranno «essere perseguitate dal sovrano». Vi può essere qualche dubbio sul fatto che questo passo si applichi a me? Il Sutra del Loto dice: «Saremo esiliati più e più volte» e il passo del Sutra del Parinirvana dice che potranno «andare soggette a varie altre sofferenze o retribuzioni». [Anche questi passi si applicano a me].

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Il passo dice anche: «È grazie ai meriti ottenuti proteggendo la Legge che si può diminuire in questa vita la propria sofferenza e retribuzione». Il quinto volume di Grande concentrazione e visione profonda dice a questo proposito: «Le esigue radici di bontà create da una mente poco concentrata e incostante non possono mutare [il karma]. Ma se uno pratica la concentrazione e la visione profonda per osservare “salute” e “malattia”239 allora può mutare il ciclo di nascita e morte [nel regno del karma]». Dice anche: «Quando la pratica progredisce ed aumenta la conoscenza, i tre ostacoli e i quattro demoni emergono in maniera disorientante, facendo a gara per interferire».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Dall’inizio dei tempi a oggi sono nato innumerevoli volte come un re malvagio che privava i devoti del Sutra del Loto delle vesti e del cibo, dei campi e dei raccolti, comportandomi come i giapponesi di oggi che distruggono i templi dedicati al Sutra del Loto. Ho inoltre fatto tagliare la testa di innumerevoli seguaci del Sutra del Loto. Per alcune di queste gravi colpe ho già pagato, ma ve ne devono essere altre che non ho ancora espiato. Anche se può sembrare che abbia pagato per tutte, vi sono ancora degli effetti negativi che rimangono. Solo quando mi sarò liberato completamente da queste gravi colpe, giungerà il momento in cui potrò trascendere le sofferenze di nascita e morte. I miei meriti sono insignificanti, ma queste colpe sono gravi.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Se io praticassi gli insegnamenti dei sutra provvisori queste retribuzioni per le mie gravi colpe del passato non si manifesterebbero. Se non si tempra con forza il ferro quando è caldo, le impurità presenti in esso rimangono invisibili. Solo quando lo si sottopone ripetutamente al processo della tempra appaiono i suoi difetti. Quando si schiacciano i semi di canapa, se non si pressano con forza, da essi non si ottiene molto olio. Allo stesso modo, quando io ammonisco le persone di tutto il paese che offendono la Legge, incontro grandi difficoltà. Sicuramente le mie azioni nel difendere la Legge nella vita presente stanno richiamando alla superficie le retribuzioni per le gravi colpe del passato. Se il ferro non è esposto al fuoco rimane nero, ma a contatto con il fuoco diventa rosso. Se si getta un tronco in una rapida corrente, le onde si alzano come montagne. Se si disturba un leone che dorme, questo emetterà un forte ruggito.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Il Sutra del Nirvana dice: «È come il caso della povera donna. Non ha una casa dove vivere e nessuno che l’aiuti o la protegga, e per di più è tormentata dalla malattia, dalla fame e dalla sete, e vaga per le strade mendicando da vivere. Mentre si trova in una locanda, dà alla luce un bambino, ma il padrone la scaccia. Anche se il bambino è appena nato, lo prende fra le braccia e se ne va, sperando di raggiungere un’altra terra. Ma durante il viaggio incontra forti venti e piogge, è tormentata dal freddo e assalita da zanzare, tafani, vespe e insetti velenosi. Arrivata al fiume Gange, stringe fra le braccia il bambino e comincia a guadarlo. La corrente è impetuosa, ma ella non vuole abbandonare il figlio e alla fine madre e figlio annegano insieme. Grazie ai meriti acquisiti con il suo amore materno, dopo la morte la donna rinasce nel cielo di Brahma.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  «Manjushri, se esistono uomini devoti che desiderano difendere il corretto insegnamento, questi devono seguire l’esempio della povera donna che sacrificò la propria vita nel fiume Gange per amore del figlio. Uomini devoti, i bodhisattva che proteggono la Legge devono comportarsi così. Non devono esitare a dare la vita. Così, anche se non ricercano l’emancipazione, l’emancipazione arriverà spontaneamente, come la povera donna che, anche senza desiderare di rinascere nel cielo di Brahma, vi rinacque comunque».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Il Gran Maestro Chang-an ha interpretato questa storia del Sutra del Nirvana dal punto di vista dei tre ostacoli240. Il fatto che la donna sia definita “povera” indica che non possiede il tesoro della Legge. Che sia “una donna” indica una persona con una dose di amore compassionevole. La “locanda” indica una terra impura. Il “figlio” è il cuore che crede nel Sutra del Loto, cioè la saggezza per percepire la propria intrinseca natura di Budda. L’essere scacciata dal padrone della locanda rappresenta l’esilio. Il fatto che il figlio sia appena nato sta per il breve tempo passato da quando la persona ha preso fede nel Sutra del Loto. Il forte vento che la donna incontra è il decreto imperiale che condanna all’esilio. Le zanzare, i tafani e gli altri insetti sono le «molte persone ignoranti che […] malediranno e parleranno male» del devoto del Sutra del Loto. L’annegamento della madre e del figlio indica la persona che, nonostante venga decapitata, non abbandona la fede nel Sutra del Loto. Rinascere nel cielo di Brahma è rinascere nel regno della Buddità.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Il potere della retribuzione karmica non cambia [in ognuno dei Dieci mondi e] anche nel mondo di Buddità. Se uno massacra gli abitanti di tutte le varie province del Giappone e della Cina, ma non commette nessuno dei cinque peccati capitali e non offende la Legge, non cadrà nell’inferno della sofferenza incessante, ma dovrà comunque trascorrere molti anni in altri cattivi sentieri. Anche se una persona osserva diecimila precetti e compie diecimila buone azioni, ma lo fa con mente poco concentrata e incostante, non potrà rinascere in alcun cielo del mondo della forma. Per rinascere come re nel cielo di Brahma di tale mondo, al proprio karma, carico di efflussi, che ci trascina [nel mondo umano], bisogna aggiungere la compassione. La povera donna citata nel sutra è rinata nel cielo di Brahma a causa della sua preoccupazione per il figlio. Il suo caso esula dal normale tipo di causalità che conosciamo. Chang-an ne dà due interpretazioni, ma in definitiva la causa determinante è l’amore per il figlio. La sua preoccupazione si concentra su una sola cosa, proprio come la pratica buddista della meditazione241. Non pensa a nient’altro che a suo figlio e ciò è analogo alla compassione buddista. Dev’essere questo il motivo per cui, sebbene non avesse posto altre cause, fu in grado di rinascere nel cielo di Brahma.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        La strada per conseguire la Buddità non si trova nella dottrina della Ghirlanda di fiori secondo la quale il mondo fenomenico è soltanto una creazione della mente, né nelle otto negazioni della scuola dei Tre trattati, né nella dottrina della Coscienza come unica realtà della scuola delle Caratteristiche dei dharma e neanche nella meditazione sui cinque elementi dell’universo della Vera parola. Solo la dottrina di T’ien-t’ai dei tremila regni in un singolo istante di vita è la strada che conduce alla Buddità. Questa dottrina dei tremila regni in un singolo istante di vita non è che parzialmente accessibile alla nostra comprensione, tuttavia, fra tutti i sutra predicati dal Budda durante la sua vita, solo il Sutra del Loto contiene il gioiello della dottrina dei tremila regni in un singolo istante di vita. Le dottrine degli altri sutra non sono altro che pietre gialle che sembrano gioielli. Sono come sabbia dalla quale non si può spremere l’olio o come una donna sterile che non potrà mai avere figli. Per mezzo degli altri sutra neanche un saggio potrà divenire un Budda, mentre con il Sutra del Loto anche uno stolto può piantare i semi che portano alla Buddità. Come dice il passo del sutra da me citato prima: «Anche se non ricercano l’emancipazione, l’emancipazione arriverà spontaneamente».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Sebbene io e i miei discepoli possiamo incontrare varie difficoltà, se non nutriamo dubbi nei nostri cuori, conseguiremo naturalmente la Buddità. Non dubitate semplicemente perché il cielo non vi protegge. Non scoraggiatevi perché non godete di un’esistenza facile e tranquilla in questa vita. Questo è quello che ho insegnato ai miei discepoli mattina e sera, ma tuttavia hanno cominciato a nutrire dubbi e ad abbandonare la loro fede.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Gli stupidi sono soliti dimenticare le loro promesse quando viene il momento cruciale. Alcuni provano pietà per le mogli e i figli e si addolorano al pensiero di separarsi da loro in questa vita. In innumerevoli nascite attraverso molti lunghi kalpa hanno avuto mogli e figli e si sono sempre separati da loro. Ma lo hanno fatto contro la loro volontà e non per desiderio di seguire la via del Budda. Dato che si dovranno dividere in ogni caso, dovrebbero conservare la loro fede nel Sutra del Loto e prendere la strada per il Picco dell’Aquila, in modo da portarvi anche le mogli e i figli.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Domanda: Tu insisti nel dire che i seguaci delle scuole Nembutsu e Zen cadranno nell’inferno di incessante sofferenza, ma con il tuo spirito litigioso, non stai correndo il rischio di cadere nel mondo degli asura? Inoltre, nel capitolo “Pratiche pacifiche” del Sutra del Loto è detto: «Chi desidera predicare questo sutra […] non si compiaccia di parlare degli errori di altre persone o delle scritture. Non mostri disprezzo per altri maestri della Legge»242. Tu sei stato abbandonato dal cielo perché sei in disaccordo con queste parole del sutra, non è cosi?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Risposta: Grande concentrazione e visione profonda afferma: «Ci sono due metodi per propagare l’insegnamento del Budda. Il primo è chiamato shoju e il secondo shakubuku. Quando il capitolo “Pratiche pacifiche” dice di non fare riferimento ai difetti degli altri, questo è il metodo di shoju. Ma quando il Sutra del Nirvana afferma che si dovrebbero impugnare spade e bastoni, e tagliare loro la testa, si riferisce al metodo di shakubuku. Indulgenza e severità sono due strade differenti, ma entrambe portano benefici».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Su “Grande concentrazione e visione profonda” afferma: «A proposito dei due metodi per diffondere gli insegnamenti del Budda, il passo del Sutra del Nirvana che dice: “Impugnare spade e bastoni” si trova nel terzo volume del sutra stesso il quale afferma che “i difensori dell’insegnamento corretto non hanno bisogno di osservare i cinque precetti o le regole della buona condotta. [Piuttosto dovrebbero impugnare coltelli e spade, archi e frecce, alabarde e lance]. […] Più avanti si racconta come il re Sen’yo [mettesse a morte chi offendeva il corretto insegnamento]. Si afferma inoltre che il nuovo medico, [sapendo che la medicina che le persone usavano era veleno], ne vietò l’uso dicendo: “Se qualcuno continuerà a farlo, sarà decapitato”243. Questi passi indicano che bisogna applicare il metodo di shakubuku con chi offende la Legge. Tutti i sutra e i trattati si accordano con entrambi questi due metodi».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    In Parole e frasi del Sutra del Loto si afferma: «Domanda: Il Sutra del Nirvana dice chiaramente di schierarsi a fianco del sovrano, di portare arco e frecce e di aiutarlo ad annientare i malvagi244. Invece il [capitolo “Pratiche pacifiche” del] Sutra del Loto dice di stare lontano dai potenti, di essere umili e compassionevoli. C’è una grande contraddizione fra la durezza del primo e la dolcezza del secondo. Perché questa differenza?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Risposta: Il Sutra del Nirvana parla principalmente del metodo di shakubuku, ma parla anche di “dimorare nella terra in cui si considerano tutti gli esseri come propri figli”. Come sarebbe possibile questo senza il metodo di shoju? Il Sutra del Loto si occupa principalmente di questo metodo ma, [nel capitolo “Dharani”] si parla anche della maledizione [che colpisce coloro che attaccano la persona che diffonde la Legge] e cioè quella di avere la testa rotta in sette pezzi. Potrebbe parlare in questo modo se escludesse il metodo di shakubuku? Entrambi i sutra impiegano sia l’uno sia l’altro metodo a seconda dei casi. Si dovrebbe usare il metodo che si accorda con il tempo».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        In Annotazioni sul Sutra del Nirvana si dice: «Nel proteggere la Legge, monaci e laici devono adottare il corretto atteggiamento mentale. Devono rifiutare i dettagli esteriori e aderire ai suoi princìpi, e in questo modo propagare gli insegnamenti del Sutra del Nirvana. Perciò si dice che i difensori dell’insegnamento corretto non hanno bisogno di conformarsi a regole insignificanti. E questo è il motivo per cui possono fare a meno di osservare le regole di condotta. Nei tempi passati, poiché l’epoca era pacifica e la Legge era diffusa in tutto il paese, era giusto osservare i cinque precetti e non portare bastoni. Oggi questa è un’epoca pericolosa e la Legge è oscurata, perciò è giusto portare bastoni e trascurare i precetti. Nel presente come nel passato, se i tempi sono pericolosi, è corretto portare bastoni. Nel presente come nel passato, se i tempi sono pacifici, è corretto osservare i precetti. Dovreste compiere le scelte più appropriate e non aderire unicamente all’uno o all’altro».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Gli studiosi di oggi credono che sia naturale dubitare di questo. Perciò, per quanto io spieghi o cerchi di convincere i miei discepoli, sembra che non riescano a superare i loro dubbi e si comportino come degli icchantika, o persone di incorreggibile miscredenza. Per mettere a tacere le loro critiche infondate, ho citato passi di T’ien-t’ai, di Miao-lo e di altri.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Questi due metodi di shoju e shakubuku sono come l’acqua e il fuoco. Il fuoco odia l’acqua e l’acqua detesta il fuoco. Chi pratica shoju deride con scherno shakubuku. Al contrario, chi pratica shakubuku si dispera al solo pensiero di shoju. Quando il paese è pieno di persone malvagie e prive di saggezza, allora shoju è il metodo principale da adottare, così come viene descritto nel capitolo “Pratiche Pacifiche”. Ma nell’epoca in cui ci sono persone dalle vedute distorte che offendono la Legge, allora shakubuku deve avere la precedenza, così come viene descritto nel capitolo “Mai Sprezzante”. È come usare l’acqua fredda per rinfrescarsi quando fa caldo o cercare il fuoco quando fa freddo. L’erba e gli alberi sono parenti del sole: soffrono alla fredda luce lunare. Le masse d’acqua sono seguaci della luna: perdono la loro vera natura quando arriva la stagione calda.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Durante l’Ultimo giorno della Legge, tuttavia, si devono usare sia shoju sia shakubuku. Questo perché ci sono due tipi di paesi: quelli passivamente malvagi245 e quelli che cercano attivamente di distruggere la Legge. Dobbiamo considerare attentamente a quale categoria appartiene il Giappone di oggi.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Domanda: Se si applica il metodo di shakubuku quando sarebbe giusto usare il metodo di shoju, o shoju quando sarebbe giusto usare il metodo di shakubuku, si ottengono dei meriti?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Risposta: Il Sutra del Nirvana afferma: «Il Bodhisattva Kashyapa si rivolse al Budda, dicendo: “Il corpo del Dharma del Tathagata è indistruttibile come un diamante. Ma non ho ancora capito quali sono i mezzi grazie ai quali lo hai acquisito. Me lo vorresti spiegare?”.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    «Il Budda replicò: “Kashyapa, è poiché sono stato un difensore dell’insegnamento corretto che ho potuto ottenere questo corpo simile al diamante. Kashyapa, è per aver difeso [nel passato] l’insegnamento corretto che ho potuto ora ottenere questo corpo simile al diamante, che vive per sempre e non sarà mai distrutto. Uomini devoti, i difensori dell’insegnamento corretto non hanno bisogno di osservare i cinque precetti o le regole della buona condotta. Piuttosto dovrebbero impugnare coltelli e spade, archi e frecce…

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      «“I monaci [di cui stai parlando] predicano vari insegnamenti, ma non sono capaci di emettere ‘il ruggito del leone’ […] né di confutare e convertire le persone malvagie che negano l’insegnamento corretto. Monaci di questo tipo non possono portare benefici né a se stessi né alla popolazione. Dovete capire che in realtà sono scansafatiche e indolenti. Benché stiano attenti a osservare i precetti e a mantenere un comportamento puro, dovete capire che sono incapaci di conseguire alcunché. [Poi un monaco emette ‘il ruggito del leone’] e coloro che infrangono i precetti, appena finiscono di ascoltare la sua predicazione, si arrabbiano a tal punto da volerlo attaccare. Questo predicatore della Legge, anche se alla fine può perdere la vita, è ancora degno di essere definito una persona che osserva i precetti e porta benefici a se stesso e agli altri”».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Nel passo di Sul Sutra del Nirvana citato precedentemente Chang-an afferma: «Dovreste compiere le scelte più appropriate e non aderire unicamente all’uno o all’altro». E T’ien-t’ai, come abbiamo visto, dichiara che «si dovrebbe scegliere il metodo più adatto al tempo». Se non lo fate, sarete come chi pianta i semi in autunno. Per quanto curiate attentamente il vostro campo, è improbabile che raccogliate riso o grano.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Durante l’era Kennin (1201-1204), salirono alla ribalta due uomini, Honen e Dainichi, che propagarono rispettivamente gli insegnamenti Nembutsu e Zen. Honen ha negato l’importanza del Sutra del Loto adesso che il mondo sta entrando nell’Ultimo giorno della Legge, dicendo: «Non una singola persona ha mai ottenuto l’illuminazione» [attraverso questo sutra] e «neanche una persona su mille» [può essere salvata dai suoi insegnamenti]. Dainichi, da parte sua, proclamò che i veri insegnamenti del Buddismo sono stati trasmessi al di fuori dei sutra. Queste due dottrine adesso si sono propagate in tutto il paese. Gli studiosi delle scuole Tendai e della Vera parola corteggiano servilmente i seguaci laici delle scuole Nembutsu e Zen, come cani che agitano la coda davanti al padrone, o ne hanno timore, come topi che temono un gatto. Questi uomini entrano al servizio del sovrano o dei capi militari, predicando in modo tale da portare alla distruzione della Legge buddista e alla rovina del paese. Questi capi Tendai e della Vera parola nell’esistenza presente cadranno nel regno degli spiriti affamati e, dopo la morte, si ritroveranno nell’inferno Avichi. Anche se si ritirano nelle foreste di montagna e meditano intensamente sui tremila regni in un singolo istante di vita, o se si ritirano in un luogo tranquillo e si concentrano sui tre misteri [di corpo, bocca e mente], se non comprendono il tempo o le capacità delle persone e non percepiscono quindi quale dei due metodi, shoju o shakubuku, è appropriato, non potranno mai liberarsi dalle sofferenze di nascita e morte.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Domanda: Che merito c’è nel condannare i seguaci delle scuole Nembutsu e Zen e suscitare il loro odio?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Risposta: Il Sutra del Nirvana afferma: «Se un buon monaco vede qualcuno distruggere l’insegnamento e non se ne cura, non lo rimprovera, lo espelle o lo punisce per la sua offesa, dovresti comprendere che quel monaco sta tradendo l’insegnamento del Budda. Ma se espelle il distruttore della Legge, lo rimprovera o lo punisce, allora questi è un mio discepolo, un vero ascoltatore della voce».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Chang-an commenta così: «Chi distrugge o crea confusione nell’insegnamento del Budda, lo sta tradendo. Se uno è amico di una persona, ma manca della compassione di correggerla, in realtà è un suo nemico. Ma se la corregge e la rimprovera è un ascoltatore della voce che difende l’insegnamento del Budda, un vero discepolo del Budda. Chi la libera dal male, sta agendo come un genitore. Coloro che rimproverano chi offende [l’insegnamento corretto] sono discepoli del Budda. Ma coloro che non espellono chi offende [l’insegnamento corretto] stanno tradendo gli insegnamenti del Budda»246.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Se esaminiamo il capitolo “Torre preziosa” del Sutra del Loto, troviamo il Budda Shakyamuni, il Budda Molti Tesori e i Budda delle dieci direzioni, che sono emanazioni del Budda Shakyamuni, riuniti insieme. Per quale motivo? Come afferma lo stesso sutra, «ciascuno di loro […], giungendo in questo luogo per assicurare che la Legge duri a lungo nel tempo»247. Shakyamuni, Molti Tesori e tutti gli altri Budda intendevano assicurare la futura propagazione del Sutra del Loto in modo da metterlo a disposizione di tutti i figli del Budda nei tempi a venire. Da questo possiamo presumere che la loro preoccupazione e compassione fossero ancora più grandi di quelle di un padre e di una madre che vedono il loro unico figlio afflitto da una grande sofferenza. Honen invece, non dimostra alcuna preoccupazione per tale compassione, ma vorrebbe sbarrare le porte del Sutra del Loto nell’Ultimo giorno della Legge, così che nessuno possa accedervi. Come una persona che inganna un bambino demente convincendolo a gettar via il suo tesoro, egli induce la gente ad abbandonare il Sutra del Loto. Un comportamento veramente crudele e senza scrupoli!

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Se qualcuno intendesse uccidere i vostri genitori, non cerchereste di avvertirli? Se un cattivo figlio in preda all’ubriachezza minacciasse di uccidere il padre e la madre, non cerchereste di fermarlo? Se una persona malvagia stesse per dare fuoco a templi e pagode, non dovreste cercare di fermarla? Se il vostro unico figlio fosse gravemente malato, non cerchereste di curarlo con la moxa? Lo stesso vale per chi vede i seguaci delle scuole Zen e Nembutsu in Giappone, e non cerca di fermarli. [Come dice Chang-an] «Se uno è amico di una persona, ma manca della compassione di correggerla, in realtà è un suo nemico ».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Io, Nichiren, sono il sovrano, il maestro, il padre e la madre di tutto il popolo giapponese. Ma gli uomini della scuola Tendai [che non confutano gli insegnamenti fuorvianti] sono tutti grandi nemici del popolo. [Come ha osservato Chang-an]: «Chi la libera dal male, sta agendo come un genitore».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Chi non ha concepito il desiderio della via, non potrà mai liberarsi dalle sofferenze di nascita e morte. Il Budda Shakyamuni, signore degli insegnamenti, fu perseguitato da tutti i seguaci degli insegnamenti non buddisti e fu additato come uomo di grande malvagità. Il Gran Maestro T’ien-t’ai fu considerato un acerrimo nemico dalle tre scuole del sud e dalle sette scuole del nord, e in Giappone il monaco Tokuitsu lo accusò di usare la sua lingua di tre pollici per distruggere il corpo di cinque piedi del Budda248. Il Gran Maestro Dengyo fu disprezzato da quelli di Nara che dicevano: «Saicho non è mai stato nella capitale della Cina T’ang!»249. Ma subirono tutte queste ingiurie a causa del Sutra del Loto e quindi non ne furono disonorati. Essere lodato dagli stupidi: questa è la più grande vergogna. Ora che io sono stato esiliato dalle autorità, i preti delle scuole Tendai e della Vera parola sono senza dubbio felici. Sono uomini assurdi, crudeli e senza scrupoli.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Shakyamuni apparve nel mondo di saha, Kumarajiva si recò in Cina presso la dinastia Ch’in250 e lo stesso fece Dengyo [per propagare il Sutra del Loto]. Aryadeva e Aryasimha sacrificarono i loro corpi. Il Bodhisattva Re della Medicina si bruciò le braccia come offerta e il principe Jogu si strappò la pelle dalla mano [per copiarvi sopra il sutra]251. Shakyamuni, quando era bodhisattva, vendette la propria carne per fare offerte252 e un’altra volta, quando era il bodhisattva chiamato Colui che Aspira alla Legge, usò una delle sue ossa come penna [per scrivere l’insegnamento del Budda].

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            T’ien-t’ai dichiara che si dovrebbe usare il metodo che «si accorda con il tempo». La propagazione degli insegnamenti buddisti dovrebbe adattarsi ai tempi. Per quello che io ho fatto sono stato condannato all’esilio, ma è una piccola sofferenza da sopportare nell’esistenza presente, non tale da piangerci sopra. Nelle vite future godrò di immensa felicità, un pensiero che mi riempie di grande gioia.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Cenni Storici

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Questo è uno dei cinque trattati più importanti di Nichiren Daishonin, poiché rivela la sua identità come Budda dell’Ultimo giorno della Legge che possiede le tre virtù di sovrano, maestro e genitore. Nel secondo mese del nono anno di Bun’ei (1272), mentre si trovava ancora in esilio, in condizioni durissime, sull’isola di Sado, il Daishonin completò quest’opera divisa in due parti e la inviò a uno dei suoi principali discepoli di Kamakura, Shijo Kingo, che era un samurai al servizio del clan reggente degli Hojo, anche se l’opera è rivolta a tutti i suoi seguaci.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Shijo Kingo era accorso al fianco del Daishonin a Tatsunokuchi, nel 1271, deciso a morire insieme al suo maestro, e invece era stato testimone della sua vittoria nel momento della mancata esecuzione. In seguito si era recato a Sado per fargli visita e aveva inviato più volte messaggeri per fornirgli materiale per scrivere e altre cose necessarie alla sopravvivenza.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                L’oggetto di culto per l’osservazione della mente, composto nel 1273, spiega l’oggetto di culto che permette a tutte le persone di conseguire la Buddità dal punto di vista della Legge. L’apertura degli occhi tratta questi stessi argomenti nei termini della persona, cioè dimostra che Nichiren Daishonin è il Budda che ha istituito l’oggetto di culto che permette a tutta l’umanità di conseguire la Buddità. Tale oggetto di culto è la materializzazione della sua illuminazione alla Legge di Nam-myoho-renge-kyo, contenuta nelle profondità del Sutra del Loto.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                La vita del Daishonin a Sado si svolgeva in condizioni proibitive: un rudere esposto al vento e al gelo come rifugio, il cibo scarsissimo e così i vestiti e il materiale per scrivere. Alle sofferenze fisiche si aggiungeva la preoccupazione per la notizia che molti suoi seguaci di Kamakura stavano abbandonando la fede. Sentendosi costantemente in pericolo di vita, Nichiren Daishonin compose questo trattato per incoraggiare i suoi discepoli, come se fossero le sue ultime volontà testamentarie.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                In seguito, nel Gosho Le azioni del devoto del Sutra del Loto descriverà in questi termini le motivazioni della stesura di quest’opera: «Dopo che tutti se ne furono andati, iniziai la stesura di un trattato in due volumi, intitolato L’apertura degli occhi, sul quale stavo lavorando dall’undicesimo mese dell’anno precedente, in cui intendevo fissare la meravigliosa esperienza di Nichiren, nel caso fossi stato decapitato. Il messaggio essenziale di questo trattato è che il destino del Giappone dipende esclusivamente da Nichiren. Una casa senza pilastri crolla, una persona senz’anima è morta. Nichiren è l’anima del popolo di questo paese» (pp. 686-687).

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Il titolo, L’apertura degli occhi, si riferisce alla volontà di Nichiren di mettere in grado le persone di vedere la verità, cioè di liberarle dalle illusioni e dalle visioni distorte, risvegliandole alla comprensione dell’insegnamento corretto e del maestro in grado di insegnarlo correttamente. L’opera descrive il ruolo svolto dal Daishonin nel sostenere la supremazia del Sutra del Loto e nel diffonderne gli insegnamenti in prima persona. In un passo si legge: «Nel dodicesimo giorno del nono mese dello scorso anno, tra le ore del topo e del bue [dalle ventitré alle tre] questa persona chiamata Nichiren fu decapitata. La sua anima è arrivata in quest’isola di Sado» (p. 243). Questo passo fa riferimento alla morte di una persona comune chiamata Nichiren, a indicare che da quel momento il Daishonin ha rivelato completamente la propria illuminazione come Budda dell’Ultimo giorno della Legge. Grazie alla persecuzione di Tatsunokuchi, Nichiren Daishonin ha potuto dunque rivelare la sua vera identità di Budda eterno.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Il trattato ha inizio con la seguente affermazione: «Esistono tre categorie di persone che tutti gli uomini e le donne dovrebbero rispettare: il sovrano, il maestro e il genitore» (p. 193). Le tre virtù di sovrano, maestro e genitore sono le qualità di un Budda. La virtù del sovrano è il potere di proteggere tutti gli esseri viventi, la virtù del maestro rappresenta la saggezza per condurli tutti all’illuminazione, la virtù del genitore indica la compassione di allevarli e sostenerli. Queste tre virtù costituiscono il filo conduttore dello scritto, fino alla conclusione, dove il Daishonin dichiara: «Io, Nichiren, sono il sovrano, il maestro, il padre e la madre di tutto il popolo giapponese» (p. 260).

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Nichiren Daishonin inizia discutendo di Confucianesimo, Taoismo, Brahmanesimo, Buddismo hinayana e Buddismo mahayana provvisorio, per poi passare al Sutra del Loto. Egli attribuisce i disastri che devastavano il Giappone dell’epoca alla confusione in materia di Buddismo e al mancato riconoscimento, da parte delle autorità al potere e dei sudditi, della supremazia del Sutra del Loto. Adduce poi due motivi per cui questo sutra è superiore a tutti: il primo è che l’insegnamento transitorio (costituito dalla prima metà del sutra) rivela che le persone dei due veicoli possono ottenere l’illuminazione, una possibilità che durante i precedenti quarantadue anni di predicazione del Budda era stata categoricamente negata. In questo modo il Sutra del Loto conferma la validità del mutuo possesso dei Dieci mondi e l’affermazione che la Buddità è accessibile a tutti. L’altra ragione di superiorità è che, nell’insegnamento originale (costituito dalla seconda metà del sutra), il Budda Shakyamuni proclama di aver ottenuto per la prima volta l’illuminazione in un passato incalcolabilmente remoto.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Lo stesso Budda Shakyamuni ha dichiarato che il Sutra del Loto è «il più difficile da credere e il più difficile da comprendere». Infatti, nota il Daishonin, in questo sutra il Budda espone il supremo insegnamento: «La dottrina dei tremila regni in un singolo istante di vita si trova solo nascosta nella profondità del capitolo “Durata della vita” dell’insegnamento originale del Sutra del Loto» (p. 197).

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Il Daishonin afferma che solo la rivelazione della verità del Buddismo può salvare il paese e le persone, e che questa convinzione lo ha spinto a propagare l’essenza del Sutra del Loto, nonostante le persecuzioni che sapeva di dover affrontare. Era consapevole che i suoi seguaci avrebbero dubitato vedendo che gli dèi non sembravano proteggere il devoto del Sutra del Loto. Dichiara quindi: «Questo dubbio è il punto essenziale di questo scritto. E poiché è d’importanza capitale per la mia vita, lo solleverò più volte e lo approfondirò prima di provare a rispondervi» (p. 216).

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Nella seconda parte del trattato il Daishonin si riferisce ai capitoli del Sutra del Loto “Emergere dalla terra” e “Durata della vita”, nei quali il Budda Shakyamuni convoca da sotto terra innumerevoli bodhisattva, e rivela che in realtà egli ha ottenuto l’illuminazione nel remoto passato, che tutti i Budda degli altri sutra sono sue emanazioni e che tutti i bodhisattva sono suoi discepoli. Nichiren Daishonin spiega poi che il Budda del capitolo “Durata della vita” è il maestro di tutti i Budda.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                A questo punto, un’implicita analogia inizia a delinearsi. Il dubbio dei discepoli di Shakyamuni, su come questi avesse mai potuto insegnare a un così gran numero di Bodhisattva della Terra nel breve tempo di una sola esistenza, porta alla rivelazione della sua vera identità di Budda che ottenne l’illuminazione innumerevoli kalpa fa.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Similmente, il dubbio che affliggeva i seguaci del Daishonin sul perché egli fosse stato esiliato e dovesse subire tante persecuzioni conduce alla comprensione della sua vera identità di Budda dell’Ultimo giorno.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                In seguito il Daishonin menziona il principio della semina, della maturazione e del raccolto. La Legge suprema grazie alla quale tutti i Budda ottengono l’illuminazione, Nam-myoho-renge-kyo, risiede nella profondità del capitolo “Durata della vita” e Nichiren Daishonin insegna direttamente questa Legge, la vera causa per conseguire la Buddità. Il suo insegnamento è chiamato il Buddismo della semina perché pianta il “seme dell’illuminazione” nelle vite di coloro che lo praticano. In tal senso, il Daishonin possiede le virtù di sovrano, maestro e genitore di tutta l’umanità.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Il Daishonin spiega che ogni sutra afferma la propria eccellenza, citando anche esempi di vari sutra che asseriscono la propria superiorità rispetto ad altri insegnamenti, ma solo il Sutra del Loto dichiara di essere il supremo tra tutti i sutra e il Daishonin ne riconferma la supremazia.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Il Sutra del Loto parla dei tre potenti nemici e prevede opposizione e ostilità nei confronti del sutra e del suo devoto. Il Daishonin ha incontrato tutto ciò, esattamente come predetto. Quindi, come devoto del Sutra del Loto, esprime il suo voto di salvare tutte le persone a costo della propria vita, con le seguenti parole: «Questo io affermo. Che gli dèi mi abbandonino. Che tutte le persecuzioni mi assalgano. Io continuerò a dare la mia vita per la Legge! […] Io sarò il pilastro del Giappone. Io sarò gli occhi del Giappone. Io sarò il grande vascello del Giappone. Questo è il mio voto, e io non lo infrangerò mai!» (pp. 253-254). Garantisce poi ai suoi discepoli che conseguiranno certamente la Buddità, se soltanto non si lasceranno sopraffare dai dubbi di fronte alle difficoltà.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Nella parte finale del trattato, Nichiren Daishonin spiega che ci sono due modi per propagare il Sutra del Loto: shoju, la gentile persuasione, e shakubuku, la severa confutazione. Entrambi i metodi andrebbero usati, perché ci sono due tipi di paesi: quelli in cui vivono persone che ignorano il corretto insegnamento del Buddismo e altri in cui le persone si oppongono deliberatamente a esso. Il Giappone è un paese che offende l’insegnamento corretto e quindi si dovrebbe usare il metodo di shakubuku. Conclude affermando che togliere sofferenza e dare gioia alle persone è l’insegnamento del Budda. Il Daishonin si è dedicato incessantemente a confutare e a sradicare le cause dell’infelicità umana. In questo senso l’esilio a Sado non è che una “piccola sofferenza” in questa vita, rispetto alla “grande gioia” che egli prova per gli effetti che senza dubbio si manifesteranno nel futuro.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Note

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                1. Ch’ung-hua: chiamato anche Yü Shun, ultimo dei Cinque imperatori, leggendari sovrani dell’antica Cina.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                2. Governatore di P’ei: Liu Pang (247-195 a.C.), fondatore della prima dinastia Han.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                3. Quando il re Wu decise di ribellarsi al tiranno Chou della dinastia Yin, prima di partire per la guerra incise nel legno la figura del padre, che aveva coltivato lo stesso desiderio di salvare il popolo. Il Conte dell’Ovest è il re Wen della dinastia Chou, terzo dei Tre re che governarono dopo i Cinque imperatori.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                4. Durante la tarda dinastia Han, Ting Lan, che aveva perso la madre all’età di quindici anni, scolpì una statua che la raffigurava e la servì come se fosse ancora viva.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                5. Yin Shou e Wu Ch’eng: figure leggendarie. T’ai-kung Wang: generale che servì il re Wen e, dopo la sua morte, servì il re Wu, figlio di Wen. Combatté valorosamente contro l’imperatore Chou della dinastia Yin e contribuì alla prosperità della dinastia Chou.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                6. Questa asserzione si trova nel Chuang tzu e in Cronache dello storico.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                7. Princìpi di benevolenza e rettitudine: prime due delle cinque virtù costanti insegnate da Confucio.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                8. I loro nomi sono sconosciuti.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                9. Si trova in Lieh tzu, uno dei primi testi taoisti.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                10. Le regole cerimoniali e la musica erano considerate fondamentali per elevare la coscienza morale del popolo e mantenere l’ordine.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                11. Precetto, meditazione e saggezza: i tre tipi di apprendimento o discipline essenziali per il praticante buddista.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                12. Annotazioni su “Grande concentrazione e visione profonda”. La “vera via” qui si riferisce al Buddismo.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                13. Grande concentrazione e visione profonda.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                14. Tre santi: Confucio, il suo discepolo Yen Hui e Lao Tzu.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                15. Kapila, Uluka e Rishabha: detti i tre asceti. Kapila fu il fondatore della scuola Samkhya, una delle sei scuole filosofiche dell’antica India. Uluka fu il fondatore di un’altra di queste sei scuole, la Vaishesika. Gli insegnamenti di Rishabha sono considerati preparatori al Giainismo.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                16. Cielo in cui non vi è né pensiero né assenza di pensiero: il più elevato dei quattro regni del mondo della non forma.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                17. Efflussi: qui significa impurità, illusioni e desideri. Mondi della forma e della non forma: sono i due mondi più alti del triplice mondo.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                18. Forse è la parafrasi di un passo del Sutra del Nirvana.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                19. Forse è la parafrasi di un passo del Sutra del Nirvana.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                20. Il Sutra del Loto, cap. 8, p. 213.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                21. Trasmigrazione con differenze e limitazioni: trasmigrazione degli esseri non illuminati tra i sei sentieri. In questo ripetuto ciclo di rinascita tra i sei mondi inferiori illusori, gli esseri viventi nascono con un’aspettativa di vita limitata e in differenti forme secondo il loro karma. Trasmigrazione con cambiamento e avanzamento: trasmigrazione degli ascoltatori della voce, risvegliati all’origine dipendente e bodhisattva. In questa trasmigrazione essi cambiano, o si emancipano dal corpo soggetto alla trasmigrazione con differenze e limitazioni nel regno dell’illusione, rimuovendo gradualmente le illusioni che conducono alla sofferenza.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                22. Grande uomo: qui si riferisce al Budda.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                23. In un passo del Sutra degli Innumerevoli significati si legge: «In questi quarant’anni e più non ho ancora rivelato la verità» (p. 17).
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                24. In un passo del capitolo “Espedienti” del Sutra del Loto si legge: «L’Onorato dal Mondo ha esposto a lungo le sue dottrine e adesso deve rivelare la verità» (Il Sutra del Loto, cap. 2, p. 68).
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                25. Il Sutra del Loto, cap. 11, p. 244.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                26. Quest’episodio viene descritto nel ventunesimo capitolo del Sutra del Loto, “Poteri sovrannaturali”.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                27. Due importanti dottrine: la dottrina dei tremila regni in un singolo istante di vita teorici (o potenziali) che si basa sull’insegnamento transitorio del Sutra del Loto (prima metà) e la dottrina dei tremila regni in un singolo istante di vita concreti (o effettivi) rivelata nell’insegnamento originale (seconda metà) del Sutra del Loto.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                28. Sutra del Nirvana.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                29. Impossessarsi del Buddismo: indica i non buddisti che assimilano gli insegnamenti hinayana alla loro scuola e pretendono che sia la loro dottrina. Plagiare il Buddismo: indica i non buddisti che plagiano le idee buddiste ed espongono gli insegnamenti mahayana come fossero dottrine della loro scuola. Sono descritti in Grande concentrazione e visione profonda.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                30. Il Sutra del Loto, cap. 2, p. 74.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                31. Sutra degli Innumerevoli significati. Vedi nota 23.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                32. Il Sutra del Loto, cap. 2, p. 68.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                33. Ibidem, cap. 2, p. 90.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                34. Cerchio d’acqua: secondo l’antica credenza indiana, uno dei tre cerchi fatti d’oro, acqua e vento che sostenevano il monte Sumeru e i continenti circostanti.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                35. Quattro debiti di gratitudine: i debiti verso i genitori, il maestro, il sovrano e i tre tesori del Buddismo.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                36. Nell’Ampio Sutra della Saggezza, queste parole sono pronunciate da Subhuti, un discepolo del Budda, ma qui il Daishonin le riferisce a Shakyamuni stesso che ha esposto il sutra.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                37. Gli esseri celesti, versando lacrime di gioia, pronunciano questa dichiarazione dopo aver udito la predicazione del Budda. La meditazione shuramgama doveva impedire di essere tormentati dai desideri e dalle illusioni.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                38. Sutra degli Innumerevoli significati, considerato un’introduzione al Sutra del Loto.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                39. Il Sutra del Loto, cap. 11, pp. 243-244.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                40. Il Sutra del Loto, cap. 21, p. 374.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                41. Ibidem, cap. 22, p. 382.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                42. Si riferisce alla predicazione del Sutra della Ghirlanda di fiori.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                43. Quattro Budda: Akshobya (est), Vessillo Ingioiellato (sud), Vita Infinita (ovest) e Voce Sottile e Meravigliosa (nord).
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                44. Sei direzioni: est, ovest, nord e sud, sopra e sotto.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                45. Il Sutra del Loto, cap. 3, p. 98.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                46. Il Sutra del Loto, cap. 11, pp. 252-253.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                47. Secondo importante insegnamento del Sutra del Loto: la rivelazione che il Budda Shakyamuni ottenne l’illuminazione innumerevoli kalpa fa. La dottrina appare nel capitolo “Durata della vita” (sedicesimo) dell’insegnamento originale del Sutra del Loto. Il primo importante insegnamento è la dottrina che le persone dei due veicoli possono conseguire la Buddità. Questa dottrina è esposta nell’insegnamento transitorio del Sutra del Loto.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                48. Il Sutra del Loto, cap. 2, p. 66. In questo capitolo Shakyamuni espone i “dieci fattori” per insegnare che tutte le persone posseggono la natura di Budda, fornendo una base teorica per l’asserzione che tutte le persone possono diventare Budda. Successivamente, nello stesso capitolo, Shakyamuni dichiara che lo scopo di tutti gli insegnamenti da lui esposti è di rivelare l’unico veicolo che conduce tutti alla Buddità.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                49. Otto capitoli: i capitoli che vanno dal capitolo “Espedienti” (secondo) al capitolo “Profezie” (nono).
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                50. Il Sutra del Loto, cap. 2, p. 87.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                51. Ibidem, cap. 15, p. 304.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                52. Ibidem.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                53. Ibidem, cap. 16, pp. 311-312.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                54. Ibidem, p. 312.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                55. Separati l’uno dall’altro: giap. gyofu, abbreviazione di gyo retsu hai fu che significa suddivisione in cinquantadue stadi dello stato di bodhisattva; ciò presuppone un’idea del conseguimento della Buddità attraverso una pratica graduale che richiede numerosi kalpa per passare da uno stadio all’altro. In seguito il termine è passato a significare la discriminazione fra le persone dei Dieci mondi in termini di capacità di conseguire la Buddità, vale a dire l’esclusione dei due veicoli e delle donne.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                56. Cause: la pratica dei quattro insegnamenti – Tripitaka, di condivisione, specifico e perfetto − che conduce all’ottenimento dell’illuminazione. Vedi anche otto insegnamenti nel Glossario.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                57. Rivelando che il Budda, anche dopo aver ottenuto l’illuminazione, possiede ancora i nove mondi, il capitolo “Durata della vita” dell’insegnamento originale dimostra che la causa (nove mondi) e l’effetto (Buddità) esistono simultaneamente.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                58. Nei sutra Agama Shakyamuni predica lo Hinayana o insegnamenti inferiori, perciò si parla di “piccolo Shakyamuni”.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                59. Il significato profondo del Sutra del Loto.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                60. I capitoli “Emergere dalla Terra” e “Durata della vita” rivelano che Shakyamuni in realtà ottenne l’illuminazione in un passato assai remoto e che i tre corpi, del Dharma, di ricompensa e manifesto, esistono eternamente nella vita di Shakyamuni.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                61. Ayodhya: stato dell’India nordorientale. Asanga era nativo di Gandhara, ma visse per la maggior parte del tempo in Ayodhya.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                62. Dharmapala, Nanda e Shilabhadra erano eruditi della Yogachara o scuola della Coscienza come unica realtà, legati al monastero di Nalanda, in India.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                63. Yamashina: antico nome del tempio Kofuku, il tempio principale della scuola delle Caratteristiche dei dharma, uno dei sette maggiori templi di Nara.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                64. Vatsa: fondatore della scuola hinayana Vatsiputriya. Vaipulya: incorporò gli insegnamenti mahayana in dottrine non buddiste. Vimalamitra (del quale si parla nella frase successiva): si dice che fosse un oppositore di Vasubandhu. Madhava: erudito della scuola Samkhya.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                65. Questa epoca è un periodo di diminuzione in cui la durata della vita umana diminuisce. Ne parla Il tesoro dell’Abhidharma; durante il kalpa della continuità si dice che la durata della vita umana è sottoposta a ripetuti cicli di aumento e diminuzione.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                66. Terzo gruppo: riferimento alla storia del Budda Grande Saggezza Universale e dei suoi sedici figli che appare nel settimo capitolo del Sutra del Loto “Parabola della città fantasma”. In un passato lontano tanti kalpa quanti i granelli di polvere di un sistema maggiore di mondi, Grande Saggezza Universale predicò il Sutra del Loto ai suoi sedici figli. Questi figli poi predicarono il sutra alle persone. Fra queste, il terzo gruppo è costituito da coloro che a quel tempo udirono il Sutra del Loto ma non presero fede in esso e non poterono ottenere l’illuminazione neanche quando il sedicesimo figlio apparve in India come Budda Shakyamuni e lo predicò loro un’altra volta.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                67. Raccolta di saggi sul Mondo di Pace e Beatitudine di Tao-ch’o, secondo patriarca della scuola della Pura terra in Cina.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                68. La prima citazione si trova in Sul Mondo di Pace e Beatitudine e la seconda in Lode alla rinascita nella Pura terra di Shan-tao, terzo patriarca della scuola della Pura terra in Cina.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                69. Il testo giapponese si può interpretare anche così: «Allora il governante del paese prenderà sicuramente provvedimenti nei confronti dei miei genitori, fratelli e maestri».
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                70. Fuoco alla fine del kalpa del declino: si diceva che il mondo passasse attraverso un continuo ciclo di formazione, continuità, declino e disintegrazione, e ognuna di queste quattro fasi aveva la durata di un kalpa medio. La fine del kalpa del declino è caratterizzata da un grande fuoco che consuma il mondo.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                71. Cuore dell’illuminazione (giap. bodaishin): indica il desiderio di ottenere a qualsiasi costo l’illuminazione che equivale al voto del bodhisattva di salvare tutti gli esseri senzienti.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                72. Queste persecuzioni sono l’esilio nella penisola di Izu e nell’isola di Sado.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                73. Il Sutra del Loto, cap. 10, p. 235.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                74. Ibidem, cap. 3, p. 125.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                75. Ibidem, cap. 14, p. 287.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                76. Ibidem, cap. 13, p. 270.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                77. Ibidem, p. 271.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                78. Ibidem, p. 272.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                79. Ibidem, cap. 20, p. 365.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                80. Parole e frasi del Sutra del Loto.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                81. Annotazioni su “Parole e frasi del Sutra del Loto”.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                82. Saggio sulla protezione del paese. Tokuitsu (d.s.): prete della scuola delle Caratteristiche dei dharma, ebbe una lunga controversia con Dengyo. Chih-i: altro nome di T’ien-t’ai.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                83. Non buddisti: questo termine si riferisce in genere ai seguaci del Brahmanesimo nel testo dei sutra ed anche ai confuciani e ai taoisti nel contesto del Tung-ch’un.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                84. Sei sovrintendenti del clero: preti dei templi della città di Nara che si opposero a Dengyo nell’819. Erano Jo’e del Kofuku-ji, Buan del Toshodai-ji, Shuen del Kofuku-ji, Taien del Saidai-ji, Sebyo del Gango-ji e il capo sovrintendente Gomyo del Gango-ji.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                85. Nel capitolo “Esortazione alla devozione”, ottocentomila milioni di nayuta di bodhisattva descrivono le persecuzioni che sopporteranno per il Sutra del Loto dopo la morte del Budda.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                86. Nelle venti righe in versi del capitolo “Esortazione alla devozione”, gli innumerevoli bodhisattva riuniti in assemblea fanno voto di affrontare con coraggio varie avversità per propagare il Sutra del Loto. In seguito Miao-lo definì tali avversità, suddividendole in tre categorie, come persecuzioni da parte dei tre potenti nemici. Questo passo si riferisce al primo di essi. La prima parte della citazione è ne Il Sutra del Loto, cap. 13, p. 270, mentre l’aggiunta «con tegole o pietre» è un’interpolazione dal ventesimo capitolo, “Mai Sprezzante”, p. 365.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                87. Il Sutra del Loto, cap. 13, p. 270. Questo passo indica il secondo dei tre potenti nemici.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                88. Ibidem, p. 271. Questo passo indica il terzo dei tre potenti nemici, cioè coloro che godono del rispetto della gente e che, per paura di perdere la fama o il profitto, inducono le autorità a perseguitare i devoti.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                89. Ibidem, p. 271.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                90. Ibidem, p. 272.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                91. Sutra del Loto della Legge corretta e Sutra del Loto della Legge meravigliosa: due delle tre esistenti versioni cinesi del Sutra del Loto. Le tre versioni sono il Sutra del Loto della Legge corretta, tradotto da Dharmaraksha, il Sutra del Loto della Legge meravigliosa, tradotto da Kumarajiva, e il Sutra del Loto della Legge meravigliosa integrato, tradotto da Jnanagupta e Dharmagupta. Tra queste versioni, quella di Kumarajiva è la più letta.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                92. Chi-cha: figlio di Shou-meng, re di Wu in Cina. Nel 544 a.C. gli fu ordinato di visitare altri paesi in qualità di inviato e in tale occasione gli fu data una spada preziosa. Mentre attraversava il paese di Hsü, il signore dello stato vide la spada di Chi-cha e la desiderò sebbene non osasse chiederla. Chi-cha capì il desiderio del signore e in cuor suo promise di dargli la spada dopo aver compiuto la sua missione ed essere ritornato a Hsü. Ma quanto tornò a Hsü, trovò il signore già morto. Fedele alla sua promessa, Chi-cha offrì la spada sulla tomba del signore.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                93. I dettagli della storia sono sconosciuti; essa simbolizza la grande integrità di Wang Shou e la sua profonda gratitudine per l’ambiente naturale.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                94. Una volta Mao Pao stava camminando lungo il fiume Yangtze, quando vide un pescatore che aveva catturato una tartaruga e si preparava a ucciderla. Egli comprò la tartaruga e la rimise nell’acqua. Più tardi, Mao Pao fu sconfitto da un potente generale chiamato Shih Hu. Mentre fuggiva in ritirata verso il fiume Yangtze, la tartaruga apparve e lo trasportò sulla riva opposta.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                95. Stagno K’un-ming: costruito dall’imperatore Wu della prima dinastia Han. Un giorno egli vide un pesce nello stagno che soffriva a causa di un amo conficcato nella gola. Impietosito, l’imperatore estrasse l’amo rimettendo il pesce nell’acqua. In seguito, per ripagare il favore, il pesce offrì all’imperatore un lucente gioiello.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                96. Poiché il re Chieh, il diciassettesimo sovrano della dinastia Hsia, perpetrò ogni possibile atrocità, fu rovesciato dai suoi nemici e la dinastia Hsia scomparve. Il re Chou, ultimo sovrano della dinastia Yin, accecato dalla passione amorosa per la sua consorte Ta Chi di cui era schiavo, governò il paese in modo pessimo. Fu sconfitto dal re Wu della dinastia Chou.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                97. Milleduecento ascoltatori della voce: gli arhat che ricevettero la profezia del conseguimento della Buddità nell’ottavo capitolo del Sutra del Loto, “Predizione dell’illuminazione a cinquecento discepoli”. A ciascuno di essi fu dato il titolo di Tathagata Splendore Universale.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                98. Mille ascoltatori della voce: i discepoli che si riunirono poco dopo la morte del Budda nel Primo concilio buddista di Magadha per compilare i suoi insegnamenti.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                99. Vedi cinque tipi di visione nel Glossario. Occhio qui significa facoltà percettiva.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                100. Il Sutra del Loto, cap. 4, pp. 149-150. La “cosa rara” nella citazione è il Sutra del Loto e “offrissimo mani e piedi” significa servire il Budda e praticarne gli insegnamenti.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                101. Il racconto appare nel Sutra di Vimalakirti. Quando Mahakashyapa sentì parlare Vimalakirti sull’illuminazione, egli non riuscì a capirlo affatto e pianse perché non possedeva dentro di sé il seme della Buddità. Il Sutra di Vimalakirti racconta che il suono del suo pianto riecheggiò in tutto il sistema maggiore di mondi.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                102. Anche questo racconto si trova nel Sutra di Vimalakirti. Un giorno Subhuti andò da Vimalakirti chiedendo l’elemosina. Vimalakirti riempì la ciotola di Subhuti, ma gli disse che non meritava di riceverne e che tutti quelli che gli avrebbero offerto l’elemosina sarebbero immancabilmente caduti nei tre sentieri malvagi. A quel punto Subhuti rimase così sconvolto che stava per andarsene senza ciotola.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                103. Questa storia è narrata nel Trattato sulla grande perfezione della saggezza. Quando il Budda Shakyamuni rimproverò Shariputra per aver mangiato cibi impuri, Shariputra ne fu così sorpreso che lo sputò. Si trattava di cibi impuri perché non erano offerte fatte con il cuore.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                104. Questo racconto appare nel Sutra di Vimalakirti. Quando il Budda Shakyamuni vide che Purna predicava gli insegnamenti hinayana alla gente, gli disse di non mettere cose impure in un vaso prezioso.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                105. Prima di rinunciare alla vita secolare, Shakyamuni sposò Yashodhara, una bella donna che anche Devadatta voleva per moglie. Per questo Devadatta iniziò a nutrire rancore verso Shakyamuni.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                106. La citazione è basata su un passo del Sutra del Nirvana.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                107. Queste vicende sono alcune delle nove grandi prove o persecuzioni subite dal Budda Shakyamuni. Sono descritte in Grande perfezione della saggezza e altri testi.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                108. La storia di re Virudhaka appare nelle Regole monastiche su varie questioni e altrove; è anche una delle nove grandi prove summenzionate. La storia della monaca Utpalavarna si trova in Grande perfezione della saggezza; ella rimproverò Devadatta di essere un grande nemico del Buddismo e questi montò su tutte le furie e la percosse a morte. La storia di Kalodayin è narrata nelle Dieci suddivisioni delle regole monastiche: un giorno, mentre era in giro a mendicare, una donna gli offrì l’elemosina, ma il marito di lei, geloso, uccise Kalodayin e nascose il suo corpo in un letamaio. La sorte che toccò a Maudgalyayana viene descritta nelle Regole monastiche su varie questioni. Tutte queste storie si trovano anche nei vari sutra Agama.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                109. Adattamento di un passo del Sutra del Nirvana.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                110. Giardino di Ambapali: giardino di alberi di mango nella città indiana di Vaishali.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                111. Si narra in Storia dei successori del Budda che, quando Mahakashyapa sentì vicina la morte, affidò i propri insegnamenti ad Ananda e si recò sul monte Kukkutapada a Magadha, dove si immerse in meditazione e morì. Si dice che Mahakashyapa riapparirà quando farà il suo avvento nel mondo il Bodhisattva Maitreya, 5.670 milioni di anni dopo la morte del Budda.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                112. Riferimenti a un passo del capitolo del Sutra del Loto “Re della Medicina” che dice: «Dopo la mia estinzione, nell’ultimo periodo di cinquecento anni, dovrai diffonderlo in tutto Jambudvipa e non permettere mai [che la sua diffusione] sia interrotta» (Il Sutra del Loto, cap. 23, p. 394).
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                113. “Trasmissione speciale”: espressione comunemente usata dalla scuola Zen per riferirsi a una trasmissione speciale al di fuori delle scritture, indipendente da parole o frasi.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                114. Non è esattamente la formula usata da Honen. Nichiren ha estrapolato queste parole da Preferire il Nembutsu a qualsiasi altra cosa riunendole insieme in un’unica frase.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                115. Questi quattro tipi di “dieci stadi” sono parti dei cinquantadue stadi attraverso i quali i bodhisattva progrediscono dalla prima determinazione all’ottenimento della perfetta illuminazione.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                116. Inconcepibile emancipazione: risveglio al profondo e sottile principio del Mahayana, definito nel Sutra di Vimalakirti.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                117. Due divinità: Shiva e Vishnu.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                118. Dopo aver rinunciato alla vita secolare, Shakyamuni si impegnò in varie pratiche per dodici anni, sino a quando ottenne l’illuminazione. Si dice che per i primi sei anni si impegnò nelle pratiche ascetiche (dolorose) e per gli ultimi sei anni in quelle di meditazione (confortevoli).
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                119.1 Questa storia appare nel capitolo “Introduzione” del Sutra del Loto. Nel lontano passato Manjushri apparve come Bodhisattva Luce Meravigliosa, discepolo del Budda Splendore del Sole e della Luna. Dopo la morte del Budda, Luce Meravigliosa continuò ad abbracciare il Sutra del Loto esposto dal suo maestro. Il Budda, prima di rinunciare al mondo, aveva avuto otto figli i quali praticarono sotto la guida di Luce Meravigliosa fino a ottenere l’illuminazione. L’ultimo di loro a conseguire la Buddità si chiamava Budda Fiaccola Ardente, sotto la cui guida Shakyamuni in un’esistenza precedente praticò il sutra per l’illuminazione. Per questo Shakyamuni viene chiamato “nono discepolo del Bodhisattva Manjushri”.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                120. Nel Sutra degli Innumerevoli significati, il Budda Shakyamuni disse: «Questi innumerevoli significati originano da un’unica Legge» (p. 15), ma non aveva chiarito quale fosse questa Legge.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                1 21. Il Sutra del Loto, cap. 2, p. 71.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                122. Sad corrisponde a sad di Saddharma-pundarika-sutra, il nome sanscrito del Sutra del Loto.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                123. Citazione non identificata. Chi-tsang (549-623) era un prete della scuola cinese dei Tre trattati.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                124. La traduzione si basa su questa ricostruzione elaborata dalle versioni del mantra che si trovano negli Scritti di Kakuzen e in altre fonti.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                125. Secondo la tradizione della scuola della Vera parola, Nagarjuna ricevette il Sutra di Mahavairochana dal Bodhisattva Vajrasattva insieme ad altri insegnamenti esoterici conservati in una torre di ferro nell’India meridionale.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                126. “Nam” è la contrazione fonetica di “Namu”.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                127. Su “Grande concentrazione e visione profonda”.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                128. Il Sutra del Loto, cap. 2, p. 74.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                129. Uno dei quattro voti universali di un Budda o bodhisattva. Gli altri tre sono di estinguere un numero incalcolabile di desideri e illusioni, padroneggiare innumerevoli insegnamenti buddisti e ottenere la suprema illuminazione. La citazione seguente è nel Sutra del Loto, cap. 2, p. 80.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                130. Il Sutra del Loto, cap. 3, p. 104.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                131. Saggio sulla protezione del paese.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                132. Il Sutra del Loto, cap. 11, p. 251.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                133. Ibidem.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                134. Lett.: «I grandi bodhisattva seguirono il Budda, come l’erba kusha segue un grande vento». Erba kusha: un tipo di giglio usato nelle cerimonie religiose.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                135. Nove venerabili e trentasette venerabili: simbolismo proprio dei sutra della Vera parola. Nel Sutra di Mahavairochana vengono descritti quattro Budda e quattro bodhisattva seduti sugli otto petali del fiore di loto e al centro del loto sta il Budda Mahavairochana. Nel Sutra della Corona di diamanti sono descritti trentasette fra Budda e bodhisattva, fra cui il Budda Mahavairochana.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                136. Significato profondo.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                137. Saggezza del Dharma, Foresta di Meriti, Vessillo di Diamante e Forziere del Diamante.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                138. Manjushri, Virtù Universale, Maitreya e Percettore dei Suoni del Mondo.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                139. I sedici bodhisattva al seguito dei Budda dei quattro quadranti dell’universo.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                140. T’ai-Kung Wang: titolo di un generale che servì i re Wen e Wu della dinastia Chou. Gli altri tre santi sono Yin Shou, Wu Ch’eng e Lao Tzu.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                141. L’imperatore Kao-tsu (247-195 a.C.), fondatore della prima dinastia Han, voleva diseredare il figlio, il futuro imperatore Hui, ma la madre di questi, l’imperatrice Lü, persuase quattro eminenti anziani che vivevano sul monte Shang a venire a dissuadere il marito. Erano i maestri Tung-yüan e Hsia-huang e gli eruditi Lu-li e Ch’i Li-chi. Colpito dalla loro grande dignità, l’imperatore si convinse ad accettare Hui come successore.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                142. Il Sutra del Loto, cap. 15, pp. 299-300.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                143. Parole e frasi.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                144. Su Parole e frasi”.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                145. Ajita: appellativo del Bodhisattva Maitreya, che significa “invincibile”.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                146. Il Sutra del Loto, cap. 15, p. 302-303.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                147. Ibidem, p. 304.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                148. Lago dell’Airone Bianco: un lago che si trovava nei terreni del monastero del Boschetto di Bambù a Rajagriha, nello stato indiano del Magadha.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                149.1 Il Sutra del Loto, cap. 15, p. 304.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                150. Secondo il Sutra della Meditazione, quando Ajatashatru uccise suo padre e confinò Vaidehi all’interno del palazzo, ella si volse in direzione del Picco dell’Aquila dove Shakyamuni stava predicando e lo pregò. Mosso a compassione egli apparve nella sua camera e le insegnò come raggiungere la Pura terra del Budda Amida.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                151. Il capitolo “Devadatta” descrive la relazione di maestro e discepolo fra Shakyamuni e Devadatta in un’esistenza precedente. Nel capitolo si parla di un re che, per ricercare la grande Legge, servì un eremita di nome Asita per mille anni. Dopo aver narrato questa storia Shakyamuni rivela che il re era lui stesso in una precedente esistenza e Asita era Devadatta. Adesso egli è maestro dell’uomo che una volta gli insegnò. Così il capitolo “Devadatta” contiene la risposta alla domanda posta nel Sutra della Meditazione.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                152. Il Sutra del Loto, cap. 16, p. 311.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                153. Ibidem, p. 312. Nel capitolo “Pratiche pacifiche”, ultimo capitolo dell’insegnamento transitorio, il Budda deve ancora esporre la sua illuminazione nel remoto passato.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                154. Il Sutra del Loto, cap. 2, p. 87; nella traduzione italiana si parla di «luogo dell’illuminazione».
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                155. Fonte sconosciuta.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                156. La chiave preziosa della volta segreta, scritto da Kobo.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                157. Pratiche per sradicare le illusioni del pensiero e del desiderio.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                158. Annotazioni sul Sutra della Ghirlanda di fiori divide il corpo manifesto in superiore e inferiore.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                159. Trattato di cinquecento domande.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                160. All’epoca di T’ien-t’ai gli insegnamenti esoterici della scuola della Vera parola non erano ancora giunti in Cina, dove Shan-wu-wei li portò dall’India nel 716, poco dopo la nascita di Miao-lo.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                161. Dengyo andò in Cina principalmente per studiare le dottrine della scuola T’ien-t’ai basate sul Sutra del Loto. Al suo ritorno in Giappone portò con sé anche le dottrine esoteriche e per questo viene considerato il patriarca del Buddismo essoterico ed esoterico in quanto la sua introduzione di testi esoterici precedette quella ad opera di Kobo.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                162. Il Sutra del Loto, cap. 23, p. 392.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                163. Cioè non rivelano l’ottenimento dell’illuminazione in un lontano passato, spiegata nel Sutra del Loto.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                164. Nel suo Trattato sul Sutra del Loto, Vasubandhu stabilì la superiorità del Sutra del Loto su tutti gli altri da dieci punti di vista; il primo è quello del “seme senza pari”.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                165. Mandala dei due regni: il mandala del regno del Grembo del Sutra di Mahavairochana e quello del regno di Diamante del Sutra della Corona di diamanti.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                166. Dalla prefazione a Chiarimento sulle scuole basate sulla dottrina di T’ien-t’ai. I-hsing (683-727) assistette il suo maestro Shan-wu-wei nella traduzione della versione sanscrita del Sutra di Mahavairochana in cinese e ne compilò gli insegnamenti orali in Annotazioni sul Sutra di Mahavairochana.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                167. Isola di Ezo: Hokkaido, la più settentrionale delle quattro principali isole del Giappone. Questa poesia è di un anonimo e si trova nel nono volume di Raccolta di poesie antiche e moderne. Nel testo giapponese sono citate solo le prime parole della poesia.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                168. Nel suo Trattato sui dieci stadi della mente, Kobo classificò i vari insegnamenti buddisti secondo i corrispondenti dieci livelli di sviluppo spirituale, assegnando al Sutra del Loto l’ottavo livello, al Sutra della Ghirlanda di fiori il nono, e agli insegnamenti esoterici il decimo, che è il supremo.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                169. La traduzione è stata ampliata per spiegare i termini che vengono impiegati. Nel suo Trattato sulla profondità del Sutra del Loto, Chia-hsiang, più noto come Chi-tsang (549-623) asserì che il Sutra del Loto era inferiore al Sutra della Saggezza.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                170. Il Sutra del Loto, cap. 2, p. 80.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                171. Venticinque bodhisattva della scuola della Pura terra: proteggono tutti quelli che venerano il Budda Amida. Milleduecento venerabili: Budda, bodhisattva e altri esseri rappresentati nei due mandala della Vera parola.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                172. Sette scuole: sei scuole (vedi Glossario) più la scuola della Vera parola.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                173. Il Sutra del Loto, cap. 11, pp. 249-250.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                174. Ibidem, pp. 250-251.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                175. Ibidem, pp. 251-255.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                176. Regina Madre d’Occidente: leggendaria dea della Cina. Si dice che i peschi del suo giardino diano frutti ogni tremila anni. Fiore di udumbara: si dice che fiorisca ogni tremila anni per salutare la comparsa nel mondo di un re che mette in moto la ruota d’oro.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                177. Il governatore di P’ei, o Liu Pang, e Hsiang Yü approfittarono del disordine seguito alla morte del Primo Imperatore della dinastia Ch’in per sollevare l’esercito e rovesciare la dinastia. Seguì una lunga guerra per il potere fra i due, che terminò con la vittoria di Liu Pang, il quale fondò la dinastia Han nel 202 a.C.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                178. Il clan Minamoto, guidato da Minamoto no Yoritomo (1147-1199), combatté una lunga guerra per strappare il potere politico al clan Taira. I Taira furono infine sconfitti a Dannoura, e Taira no Munemori (1147-1185), ultimo capo del suo clan, morì in battaglia. Minamoto no Yoritomo fondò in seguito lo shogunato di Kamakura.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                179. Garuda: uccelli giganteschi della mitologia indiana; si dice che si nutrano di draghi. Lago Anavatapta (lago della Frescura): situato a nord delle Montagne Nevose, le sue acque fresche e pure guariscono ogni sofferenza. Si dice che vi abiti un re drago.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                180. Vedi sei azioni difficili e nove azioni facili nel Glossario.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                181. Grande concentrazione e visione profonda.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                182. La scuola delle Caratteristiche dei dharma divide gli insegnamenti di Shakyamuni in tre periodi. Gli insegnamenti del terzo periodo espongono la dottrina della Coscienza come unica realtà e refutano l’estremo attaccamento alla dottrina del vuoto. Comprendono i sutra dei Profondi segreti, del Loto, della Ghirlanda di fiori e del Nirvana.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                183. Sutra del Nirvana.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                184. Persone del primo, secondo, terzo e quarto ordine: maestri buddisti sui quali si può fare affidamento, come viene spiegato nel Sutra del Nirvana e in altri testi. Sono i quattro ordini di ascoltatori della voce, l’ultimo dei quali è lo stadio più avanzato di arhat. In Significato profondo T’ien-t’ai applicò i cinquantadue stadi della pratica del bodhisattva ai quattro ordini.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                185. Sutra del Nirvana.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                186. Significato profondo.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                187. Gli eminenti princìpi del Sutra del Loto.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                188. Raccolta di insegnamenti orali.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                189. Il Sutra del Loto, cap. 10, p. 235.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                190. Su “Parole e frasi”.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                191. Annotazioni su “Il significato profondo del Sutra del Loto”.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                192. Il Sutra dei Dieci stadi è una traduzione separata del capitolo “Dieci stadi” del Sutra della Ghirlanda di fiori.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                193. Grande veicolo: la via del bodhisattva.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                194. Questo capitolo: il capitolo “Saggio Condottiero” del Sutra della Ghirlanda di fiori.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                195. Comparazione tra il Buddismo essoterico ed esoterico. Anche la citazione seguente è tratta dallo stesso passo.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                196. Si riferisce al viaggio del monaco cinese Fa-hsien il quale, lamentando la mancanza di scritture buddiste, alla fine del quarto secolo intraprese un viaggio in India dove studiò il sanscrito e il canone buddista.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                197. Si dice che Asanga sia asceso al cielo Tushita dove ereditò gli insegnamenti del Bodhi­sattva Maitreya.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                198. Vedi p. 199.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                199. Sette peccati capitali: i cinque peccati capitali (vedi Glossario) più uccidere un monaco di grandi virtù e uccidere un maestro.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                200. Su “Parole e frasi”.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                201. Riferimento alla persecuzione di Tatsunokuchi nel 1271.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                202. Il Sutra del Loto, cap. 13, pp. 270-272.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                203. Sutra del Parinirvana in sei volumi: una delle versioni cinesi del Sutra del Nirvana, tradotta da Fa-hsien.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                204. Probabilmente una parafrasi di un passo di Significato profondo.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                205. Probabilmente una parafrasi di un passo di Eminenti princìpi o di Chiarificazione dei precetti.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                206. La storia di re Chao e Su Yu compare in Cronache del lignaggio del Budda e dei patriarchi. La data tradizionale di introduzione del Buddismo in Cina è il 67 d.C.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                207. Ventiquattro persone: vedi ventiquattro successori nel Glossario.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                208. Le autorità governative stesse appartengono al primo gruppo di laici che perseguitano i devoti del Sutra del Loto.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                209. Sul Mondo di Pace e Beatitudine.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                210. Preferire il Nembutsu a qualsiasi altra cosa.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                211. Saggio sulla protezione del paese.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                212. I fondamenti dell’insegnamento dell’unico veicolo. Qui Eshin, un prete Tendai, usa l’espressione “perfetto insegnamento” riferendosi al Sutra del Loto.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                213. Parafrasi di un passo di Significato profondo. I tre insegnamenti sono: l’insegnamento del Tripitaka, quello di condivisione e quello specifico. Indicano gli insegnamenti provvisori.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                214. Il Sutra del Loto, cap. 11, p. 251.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                215. Quintuplice corpo della Legge: cinque attributi che rappresentano la vera e pura natura di un Budda: corpo dei precetti, corpo della meditazione, corpo della saggezza, corpo dell’emancipazione, corpo della conoscenza dell’emancipazione.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                216. Si dice che il Budda nel suo corpo manifesto sia alto sedici piedi. Per otto errori e otto venti vedi Glossario.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                217. Maestro Zen di Yeh e Lo: commentatori più tardi lo identificano con Bodhidharma, il fondatore dello Zen in Cina, tuttavia T’ien-t’ai non specifica né il suo nome né quello di altre figure contemporanee.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                218. Secondo la tradizione Zen si narra che Shakyamuni sollevò un fiore di fronte all’assemblea sul Picco dell’Aquila, ma nessuno comprese il significato di quel gesto. Solo Mahakashyapa capì e Shakyamuni, senza parole, trasferì a lui i suoi insegnamenti. Mahakashyapa a sua volta diede l’insegnamento ad Ananda, dal quale infine giunse a Bodhidharma, il ventottesimo patriarca giunto in Cina dall’India. Bodhidharma è considerato il fondatore dello Zen in Cina. Il sesto patriarca dello zen cinese nella frase successiva è Hui-neng (638-713).
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                219. Monobe no Moriya: potente ministro che si oppose all’introduzione del Buddismo in Giappone, mentre il principe Shotoku e un altro ministro, Soga no Umako, sostennero la nuova religione. Vi fu uno scontro in cui vinse la fazione di Soga. Moriya fu ucciso nel 587.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                220. Questa similitudine è contenuta nel ventisettesimo capitolo del Sutra del Loto, “Re Ornamento Meraviglioso”. Vedi tartaruga con un occhio solo nel Glossario.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                221. Il Sutra del Loto, cap. 14, p. 290.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                222. Ibidem, p. 290
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                223. Ibidem, cap. 5, p. 155.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                224. Ibidem, cap. 26, p. 422.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                225. Ibidem, cap. 28, p. 440.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                226. Ibidem.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                227. Ibidem, cap. 20, p. 365.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                228. Ibidem.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                229. Ibidem, cap. 10, p. 235.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                230. Aryadeva e Aryasimha sono considerati di solito rispettivamente il quindicesimo e il ventiquattresimo successore di Shakyamuni. Comprendendo Shakyamuni, i capi della linea di successione sono in tutto venticinque.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                231. Significato profondo.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                232. Il Sutra del Loto, cap. 20, p. 368.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                233. Il “veleno” qui è paragonato alla causa dell’illuminazione.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                234. La frase del testo originale è stata ampliata per maggior chiarezza.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                235. Storia riportata in Grande perfezione della saggezza e altrove. In una passata esistenza, Shariputra praticava la via del bodhisattva. Un giorno un brahmano gli chiese un occhio. Shariputra glielo diede, ma il brahmano disse che puzzava, lo gettò in terra e lo calpestò. Al che Shariputra abbandonò disperato la sua pratica.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                236. «Aneli a rinascere nella Pura terra»: lett. «attenda con ansia la prossima vita». La scuola della Pura terra invitava le persone a trascurare l’esistenza presente e cercare la salvezza nella rinascita nella Pura terra del Budda Amida.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                237. Tagliando: si trattava di una tavoletta di legno usata come ricevuta sulla quale veniva apposto un segno di riconoscimento e poi veniva spezzata. Per attestarne l’autenticità, le due metà, in possesso di persone diverse, dovevano combaciare.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                238. Vedi Il Sutra del Loto, cap. 3, p. 125.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                239. Salute e malattia: i primi due dei dieci oggetti di meditazione elencati da T’ien-t’ai in Grande concentrazione e visione profonda. Attraverso la meditazione su questi dieci oggetti si mira a comprendere le limitazioni dei nove mondi.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                240. Questo passo viene discusso in Annotazioni sul Sutra del Nirvana. I tre ostacoli sono: illusioni e desideri (giap. bonno), karma e retribuzione.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                241. Pratica buddista della meditazione: giap. jo, stato interiore di chiarezza e concentrazione che ha come oggetto la propria mente stessa. Si contrappone alla mente poco concentrata e incostante di cui parlava in precedenza.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                242. Il Sutra del Loto, cap. 14, p. 281.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                243. Secondo il Sutra del Nirvana la medicina prescritta dal vecchio medico era nociva alle persone. Per salvare loro la vita il nuovo medico persuase il re a prendere severe misure per proibire l’uso di tale medicina.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                244. La frase originale giapponese potrebbe significare anche: «Il Sutra del Nirvana dice chiaramente che il Budda affida personalmente il suo insegnamento al sovrano [affinché lo protegga], dicendo che le persone malvagie andrebbero sottomesse con archi e frecce».
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                245. Si tratta dei paesi pieni di persone prive del desiderio di ricercare la via del Budda.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                246. Sul Sutra del Nirvana.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                247. Il Sutra del Loto, cap. 11, p. 250.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                248. La frase appare in Specchio del significato del medio e dell’estremo. Passi di quest’opera andata perduta di Tokuitsu, prete della scuola delle Caratteristiche dei dharma, vengono citati nel Saggio sulla protezione del paese di Dengyo.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                249. La fonte di questa citazione non è stata identificata. Saicho è un altro nome di Dengyo.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                250. Kumarajiva, su invito di Yao Hsing, re della tarda dinastia Ch’in, si recò nella capitale Chang-an nel 401, ove tradusse le numerose scritture buddiste dal sanscrito al cinese.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                251. Un’affermazione simile si trova in Commentario personale su questioni riguardanti il principe Shotoku, opera di Kenshin, un prete del tredicesimo secolo del tempio Horyu. Jogu è un altro nome del principe Shotoku.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                252. Riferimento alla storia del Bodhisattva Sempre Dolente. Vedi Sempre Dolente nel Glossario.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                La Biblioteca di Nichiren
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                istituto buddista italiano soka gakkai
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                senzamotica
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Eredità della vita
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                otto per mille
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                nuovo rinascimento
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                buddismo e società
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                volo continuo
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                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                © Soka Gakkai. © Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai. | Via di Bellagio 2/E 50141 Firenze FI | C.F. 94069310483 | P.I. 04935120487 | Privacy & Cookie Policy.

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