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11. L'apertura degli occhi di immagini dipinteo in legno

RSND, VOLUME I

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Kamakura, 1264. Indirizzata a Destinatario sconosciuto

Il Budda possiede trentadue caratteristiche maggiori, che sono tutte aspetti fisici. Trentuno di essi, dal più basso, la ruota a mille raggi presente sulla pianta dei piedi, al più alto, l’invisibile sommità del capo1, appartengono alla categoria degli attributi fisici visibili e non coestensivi2 e possono perciò essere raffigurati in forma tangibile, per esempio in disegni o statue. L’altro, la voce pura e risonante, appartiene alla categoria degli attributi invisibili e coestensivi3, e perciò non può essere catturato in un dipinto o in un’immagine in legno4.

    Dopo la scomparsa del Budda sono state fatte di lui due tipi d’immagini, lignee e dipinte. Queste presentano trentuno caratteristiche, ma mancano della voce pura e risonante e quindi non sono uguali al Budda. Inoltre sono prive dell’aspetto spirituale. Il Budda in carne e ossa sta alle sue immagini dipinte o in legno, come il cielo sta alla terra o le nuvole al fango. Perché dunque nell’Epilogo del Sutra del Mahaparinirvana si afferma che i benefici del Budda vivente e delle immagini dipinte o in legno fatte dopo la sua morte sono uguali? In verità il Sutra della Collana di gioielli afferma che un’immagine in legno o dipinta è inferiore al Budda vivente.

      Ponendo un sutra davanti all’immagine dipinta o in legno del Budda, l’immagine viene dotata delle trentadue caratteristiche. Tuttavia, anche se sono presenti le trentadue caratteristiche fisiche, mancando l’aspetto spirituale non è assolutamente uguale al Budda. Infatti anche gli esseri umani e celesti possiedono le trentadue caratteristiche. Quando si pone il Sutra dei Cinque precetti davanti a un’immagine del Budda in legno o dipinta, dotata delle trentuno caratteristiche, essa diventa uguale a un re che mette in moto la ruota; quando si pone il discorso sui dieci buoni precettidavanti a essa, diventa uguale al signore Shakra; se si pone il discorso sull’emancipazione dal mondo del desiderio, essa diventa uguale al re Brahma, ma in nessuno di questi casi diventerà mai uguale a un Budda.

        Inoltre, quando si pone un Sutra Agama davanti all’immagine in legno o dipinta, questa diviene uguale a un ascoltatore della voce; quando si pone uno degli insegnamenti comuni sulla saggezza5, esposti in una delle varie predicazioni dei periodi Corretto ed equo e della Saggezza, l’immagine diviene uguale a un risvegliato all’origine dipendente; quando si pone uno degli insegnamenti specifici o perfetti predicati nei periodi della Ghirlanda di fiori, Corretto ed equo e della Saggezza, l’immagine diviene uguale a un bodhisattva, ma in nessuno di questi casi diventerà mai uguale a un Budda. Le mudra di Occhio del Budda6 e i mantra di Mahavairochana che appaiono nei sutra di Mahavairochana, della Corona di diamanti e Susiddhikara sono inutili perché, anche se i loro nomi significano “occhio del Budda” e “grande sole”, in realtà non possiedono queste qualità. Similmente, anche il Budda del Sutra della Ghirlanda di fiori non è il Budda del perfetto insegnamento, anche se il suo nome farebbe supporre che lo fosse7.

          Quando il Sutra del Loto è posto davanti a un’immagine che possiede le trentuno caratteristiche, l’immagine diviene infallibilmente il Budda del puro e perfetto insegnamento. Per questo il Sutra di Virtù Universale, parlando del Budda del Sutra del Loto, dice: «I tre tipi di corpo del Budda nascono da questo sutra corretto ed equo». In questa frase “sutra corretto ed equo” non indica i sutra del periodo Corretto ed equo, ma il Sutra del Loto. Inoltre dice: «Questo sutra del grande veicolo è l’occhio dei Budda. È grazie a esso che i Budda sono in grado di sviluppare i cinque tipi di visione»8.

            Le parole scritte del Sutra del Loto esprimono in forma visibile e non coestensiva la pura e risonante voce del Budda, che di per sé è invisibile e coestensiva, e quindi posseggono i due aspetti fisici di forma e colore. La voce pura e risonante del Budda, che era svanita, riappare nella forma visibile dei caratteri scritti per portare beneficio agli esseri umani.

              Vi sono due modi in cui un uomo usa la sua voce: uno è quando parla ingannando gli altri, dicendo cose a cui lui stesso non crede: questa è la voce “che si accorda con la mente altrui”. L’altro è quando dice ciò che ha veramente in mente, in modo che il suo pensiero si esprima nella sua voce. Il pensiero rappresenta l’aspetto spirituale, la voce l’aspetto fisico; lo spirituale si manifesta nel fisico. Ascoltando la voce si può conoscere la mente di una persona perché l’aspetto fisico rivela quello spirituale. Spirito e materia sono in essenza una cosa sola, ma si manifestano in due fenomeni distinti. Così la mente del Budda trova espressione nelle parole scritte del Sutra del Loto. Queste parole scritte sono la mente del Budda in forma differente. Perciò, chi legge il Sutra del Loto non deve ritenere che sia fatto di mere parole scritte, perché quelle parole sono la mente del Budda.

                Per questo nel suo commento T’ien-t’ai dice: «Quando il Budda comincia a predicare dopo ripetute suppliche dei suoi ascoltatori, egli espone l’essenza del proprio insegnamento; l’essenza del suo insegnamento è la mente del Budda e la mente del Budda è la saggezza del Budda. Poiché la saggezza del Budda è estremamente profonda, egli rifiuta tre volte di proseguire la sua predicazione e i suoi ascoltatori lo supplicano per quattro volte affinché continui. La predicazione del Sutra del Loto fu accompagnata da tali difficoltà. In confronto al Sutra del Loto la predicazione degli altri sutra fu facile»9. In questa spiegazione T’ien-t’ai usa il termine “la mente del Budda” per indicare che un’entità fisica, quale è il sutra, incarna l’aspetto spirituale del Budda.

                  Poiché il Sutra del Loto manifesta l’aspetto spirituale del Budda, quando tale spirito viene impresso in immagini in legno o dipinte che presentano le trentuno caratteristiche, l’immagine completa diventa il Budda vivente. È ciò che si chiama illuminazione delle piante e degli alberi10.

                    Per questo motivo T’ien-t’ai affermò: «Tutte le cose che hanno colore o odore sono manifestazioni della Via di mezzo»11. Miao-lo commentò dicendo: «Tuttavia, pur potendo ammettere la Via di mezzo di tutte le cose che hanno colore o odore, essi si stupiscono e dubitano quando sentono per la prima volta la dottrina che gli esseri insenzienti possiedono la natura di Budda»12. Ch’eng-kuan della scuola della Ghirlanda di fiori rubò la dottrina dei tremila regni in un singolo istante di vita di T’ien-t’ai, usandola per interpretare il Sutra della Ghirlanda di fiori. Egli scrisse: «Il Sutra del Loto e il Sutra della Ghirlanda di fiori rivelano la dottrina dei tremila regni in un singolo istante di vita, ma il Sutra della Ghirlanda di fiori è l’insegnamento immediato perché fu predicato per primo, mentre il Sutra del Loto è l’insegnamento graduale perché fu predicato in seguito. Il Sutra della Ghirlanda di fiori è la radice perché precedette tutti gli altri sutra, mentre il Sutra del Loto non è che le foglie e i rami»13. Convinto di essere il solo ad aver compreso il vero insegnamento, si gonfiò d’orgoglio come una montagna, ma in realtà non sapeva nulla dell’illuminazione delle piante e degli alberi, il cuore della dottrina dei tremila regni in un singolo istante di vita, e Miao-lo canzonò l’ignoranza che Ch’eng-kuan aveva dimostrato.

                      Gli studiosi contemporanei della scuola Tendai pensano che solo loro hanno compreso la dottrina dei tremila regni in un singolo istante di vita. Eppure essi pongono il Sutra del Loto alla pari con il Sutra della Ghirlanda di fiori o con il Sutra di Mahavairochana. Le loro argomentazioni non si discostano dall’opinione di Ch’eng-kuan e sono le stesse di Shan-wu-wei e di Pu-k’ung. In conclusione, quando la cerimonia di apertura degli occhi14delle nuove immagini in legno o dipinte è condotta da preti della Vera parola, l’immagine non diventa un vero Budda, ma un Budda degli insegnamenti provvisori, anzi nemmeno un Budda degli insegnamenti provvisori. Benché sembri che abbia l’aspetto di un Budda, in realtà il suo spirito rimane quello della pianta insenziente dalla quale ha avuto origine. Anzi non rimane nemmeno una pianta insenziente, ma diventa un demone o un diavolo. Ciò avviene perché l’erronea dottrina dei preti della Vera parola, con le sue mudra e i suoi mantra, diventa lo spirito dell’immagine in legno o dipinta. È come il caso in cui la mente induce una persona ad alterarsi e diventare una roccia come accadde a Uluka e a Kapila.

                        Se la cerimonia di apertura degli occhi delle immagini in legno o dipinte non è condotta da un uomo che abbia afferrato l’essenza del Sutra del Loto, sarà come se un ladro entrasse in una casa senza padrone o come se, dopo la morte, un demone entrasse nel corpo di qualcuno. Quando oggi in Giappone la consacrazione di immagini del Budda è condotta secondo i riti della Vera parola, i demoni penetrano in esse e privano gli uomini della vita, perché i demoni sono chiamati anche “ladri di vita”; inoltre i demoni entrano in quelle immagini e privano gli uomini dei benefici, perché un altro nome del demone è “ladro di benefici”. Pregando i diavoli si provoca la rovina del paese nella vita presente e adorando i demoni si cade nell’inferno di incessante sofferenza nella prossima esistenza.

                          Quando una persona muore e lo spirito lascia il corpo, un demone può prendere il suo posto e distruggere la sua discendenza. Questo si intende per demone famelico che divora persino se stesso. Se invece una persona saggia loda il Sutra del Loto e lo infonde nel cadavere, il corpo del morto rimane umano, ma la sua mente diventerà il corpo del Dharma. Ciò si accorda con la dottrina secondo la quale uno può ottenere lo stato in cui si percepisce la non nascita e la non estinzione di tutti i fenomeni nella forma presente. Una persona saggia che si è illuminata al perfetto insegnamento dei sutra della Ghirlanda di fiori, del periodo Corretto ed equo o della Saggezza, può portare i resti di un morto a percepire la non nascita e non estinzione di tutti i fenomeni. Lo afferma il Sutra del Nirvana quando dice: «Benché il suo corpo rimanga umano, la sua mente diventerà uguale a quella del Budda». Chunda è un esempio dell’ottenimento, con il proprio corpo presente, della comprensione della non nascita e non estinzione di tutti i fenomeni.

                            Se una persona saggia illuminata al Sutra del Loto conduce una funzione per un defunto, il corpo del defunto, così com’è, diventa il corpo del Dharma. Questo è il significato dell’espressione “nella forma presente”. Poi il saggio richiama lo spirito defunto e lo riporta nel corpo del trapassato, trasformandolo nella mente del Budda; questo è il significato della frase “conseguire la Buddità”. L’espressione “nella forma presente” rappresenta l’aspetto fisico, l’espressione “conseguire la Buddità”, l’aspetto spirituale. L’aspetto fisico e spirituale del defunto si trasformeranno nella mistica realtà e nella mistica saggezza del tempo senza inizio. Questo è il conseguimento della Buddità nella propria forma presente.

                              Perciò il Sutra del Loto afferma: «Questa realtà [di tutti i fenomeni] consiste di: aspetto (il corpo del defunto), natura (la mente), entità (la vera entità di corpo e mente)…»15. Afferma anche: «Egli percepisce i segni della colpa e della fortuna e illumina ovunque le dieci direzioni. Il suo ineffabile corpo del Dharma, puro e meraviglioso, è dotato dei trentadue segni»16. I primi due versi indicano la comprensione della non nascita e non estinzione di tutti i fenomeni, gli ultimi due il conseguimento della Buddità nella propria forma presente. Il modello di quest’ultimo è la figlia del re drago, quello della prima è Chunda.

                                  Cenni Storici

                                  Si ritiene che questa lettera sia stata scritta nel primo anno dell’era Bun’ei (1264), quando Nichiren Daishonin viveva a Kamakura, ma il destinatario non è nominato. In essa il Daishonin esamina il concetto dell’illuminazione degli esseri insenzienti, riferendosi prima alle immagini del Budda e poi ai defunti.

                                  Lo scritto si apre con un riferimento alle trentadue caratteristiche attribuite al Budda, che rappresentano le sue qualità, virtù e capacità. Di queste, trentuno possono essere ritratte in dipinti o statue; solo la voce pura e risonante del Budda non può essere rappresentata.

                                  Il Daishonin paragona poi un’immagine scolpita o dipinta al Budda vivente, definendo la prima inferiore perché priva della caratteristica della voce pura e risonante, così come della mente del Budda, vale a dire del suo aspetto spirituale.

                                  La voce pura e risonante è la manifestazione della mente del Budda: la compassione che salva le persone si manifesta infatti nella sua voce, cioè attraverso i suoi insegnamenti. Così, quando un sutra è posto davanti a un’immagine del Budda per “aprire gli occhi” dell’immagine o consacrarla, è come se quell’immagine possedesse la sua stessa voce pura e risonante. Ciò accade perché un sutra incarna gli insegnamenti del Budda trasmessi dalla sua voce.

                                  Tuttavia, prosegue il Daishonin, il tipo di sutra utilizzato per consacrare un’immagine determinerà l’aspetto spirituale che quell’immagine manifesta. Dal momento che il Sutra del Loto incarna il vero aspetto spirituale del Budda, quando viene utilizzato per “aprire gli occhi” di un’immagine del Budda, quell’immagine diventerà uguale al Budda vivente. Ciò si accorda con il principio del conseguimento della Buddità da parte delle piante, intendendo con “piante” tutti gli esseri insenzienti.

                                  Tale concetto dell’illuminazione delle piante, a sua volta, deriva dalla dottrina dei tremila regni in un singolo istante di vita, secondo cui ogni forma di vita, insenziente o senziente, possiede la natura di Budda.

                                  Nel seguito della lettera il Daishonin attacca duramente l’uso dei rituali della Vera parola per aprire gli occhi a immagini del Budda. Afferma, infatti, che l’utilizzo di insegnamenti distorti per consacrare le immagini può far sì che demoni o diavoli si impossessino di esse facendo emergere, anziché la Buddità, la natura demoniaca inerente alla vita insenziente dell’immagine, provocando sofferenza ai singoli credenti e disastri nella terra in cui vivono.

                                  Nella parte finale della lettera il Daishonin accenna all’argomento delle preghiere per i defunti. L’idea che quando lo spirito si separa dal corpo di un morente un demone prenda il suo posto, deriva da credenze popolari. Il Daishonin vi fa riferimento per rendere immediatamente comprensibile ai suoi contemporanei che la condotta religiosa dei vivi ha un’influenza su coloro che sono deceduti.

                                  In tale contesto il Daishonin spiega inoltre due livelli di illuminazione: la comprensione della non nascita e della non estinzione di tutti i fenomeni, e il conseguimento della Buddità nella forma presente. Naturalmente entrambi si possono raggiungere quando si è in vita, ma, dal momento che l’argomento della lettera è l’illuminazione degli esseri insenzienti, il Daishonin li spiega in riferimento ai morti, essendo la morte la fase insenziente della vita, rappresentata dalle spoglie della persona defunta. Nel testo “una persona saggia [che semplicemente] loda il Sutra del Loto” può essere chiunque, ma “una persona saggia illuminata al Sutra del Loto” indica nello specifico Nichiren Daishonin, che ha materializzato la sua perfetta illuminazione alla Legge di Nam-myoho-renge-kyo nella forma del Gohonzon.

                                  Note

                                  1. Si dice che un Budda abbia impresso sotto la pianta dei piedi il segno di una ruota della Legge. L’“invisibile sommità del capo” viene spesso descritta anche come una protuberanza di carne simile a una crocchia sulla sommità del capo del Budda. Si dice che la cima del capo del Budda sia invisibile per indicare la sua inconcepibile saggezza, l’infinità della sua vita illuminata e così via.
                                  2. Categoria degli attributi fisici visibili e non coestensivi: è la prima delle tre categorie di attributi fisici elencate nel Cuore dell’Abhidharma. “Non coestensivo” qui significa che gli attributi fisici di questa categoria non possono occupare simultaneamente lo stesso spazio. Gli attributi della seconda categoria sono invisibili e non ­coestensivi e corrispondono alla voce, all’odore, al sapore, allo stimolo tattile; non possono essere riconosciuti tramite la vista ma sono percepiti dagli altri organi di senso. La terza categoria è quella degli attributi invisibili e coestensivi che non possono essere percepiti né dagli occhi né dagli altri quattro sensi, come per esempio il pensiero.
                                  3. Secondo Il tesoro dell’Abhidharma, tutti i suoni e le voci, compresa la voce pura e risonante del Budda, appartengono alla categoria degli attributi fisici invisibili e non coestensivi. Tuttavia il Daishonin assegna la voce del Budda alla categoria degli attributi invisibili e coestensivi probabilmente per sottolineare che essa incarna l’insegnamento del Budda.
                                  4. Lett.: «non può essere scritto o fabbricato».
                                  5. Gli “insegnamenti comuni della saggezza” (sans. prajina), sono gli insegnamenti sulla saggezza esposti sia per gli ascoltatori della voce che per i risvegliati all’origine dipendente e per i bodhisattva novizi. La saggezza di cui si tratta è la saggezza per illuminare tutti i fenomeni e la loro verità essenziale. Nella dottrina di T’ien-t’ai corrispondono all’insegnamento di condivisione.
                                  6. Occhio del Budda è uno dei Budda degli insegnamenti esoterici, detto anche Budda Madre; si dice che generi tutti gli altri Budda.
                                  7. Budda del perfetto insegnamento è il Budda del Sutra del Loto, il perfetto insegnamento. Il Budda del Sutra della Ghirlanda di fiori è Vairochana che significa “che viene dal sole” o “che appartiene al sole”.
                                  8. Nel Sutra di Virtù Universale si legge: «Questo sutra corretto ed equo è l’occhio dei Budda». Anche “questo sutra del grande veicolo” indica il Sutra del Loto.
                                  9. Il significato profondo del Sutra del Loto.
                                  10. Il termine sou-moku significa piante e alberi. Viene usato per indicare le piante in genere, ma in questo contesto è stata conservata la traduzione letterale per meglio chiarire il concetto che le piante, da cui si ricava la carta, e gli alberi, da cui si ricava il legno, possono ottenere l’illuminazione.
                                  11. Grande concentrazione e visione profonda.
                                  12. Annotazioni su “Grande concentrazione e visione profonda”.
                                  13. Questa asserzione appare in forma leggermente diversa nel Significato del Sutra della Ghirlanda di fiori sulla base di un precedente commentario di Ch’eng-kuan. Questi afferma che, sebbene sia il Sutra del Loto sia il Sutra della Ghirlanda di fiori conducano all’illuminazione, il Budda insegnò il primo dopo un graduale processo di istruzione, mentre nel secondo espose direttamente la propria illuminazione alle persone di capacità superiori, senza alcuna istruzione precedente.
                                  14. Apertura degli occhi: cerimonia per consacrare nuove immagini del Budda, che venivano dotate di proprietà spirituali e diventavano così oggetti di culto.
                                  15. Il Sutra del Loto, cap. 2, p. 66.
                                  16. Ibidem, cap. 12, p. 263.
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