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102. L'eroe del mondo

RSND, VOLUME I

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Luogo sconosciuto, Data sconosciuta. Indirizzata a Shijo Kingo

Dopo aver scorso la tua lettera, mi sento sollevato come se finalmente fosse spuntato il giorno dopo una lunga notte, o come se fossi tornato a casa dopo un lungo viaggio.

    La legge del Budda riguarda principalmente la vittoria o la sconfitta, mentre la legge del re si basa su ricompensa o punizione. Per questa ragione un Budda ha il titolo di “eroe del mondo”1, mentre un re viene chiamato “colui che governa a suo arbitrio”.

      L’India è chiamata Paese della Luna2, il nostro paese è chiamato Paese del Sole. Fra gli ottantamila paesi del continente di Jambudvipa, l’India è un grande paese, e il Giappone un piccolo paese, ma per il buon auspicio espresso dai loro nomi, l’India è seconda e il Giappone è primo. Il Buddismo ha origine nel Paese della Luna, ma dimorerà nel Paese del Sole. Che la luna spunti a occidente3 e si diriga verso est, mentre il sole viaggia da oriente a occidente, è un fenomeno naturale, come un magnete attrae il ferro o il banano zoge4 si nutre del rumore del tuono. Chi potrebbe negare queste verità?

        Esaminiamo adesso come il Buddismo è arrivato in Giappone. Dopo le sette generazioni di divinità celesti e le cinque generazioni di divinità terrene, venne l’epoca dei governanti umani, il primo dei quali fu l’imperatore Jimmu. Il trentesimo imperatore fu Kimmei che regnò per trentadue anni. A quel tempo, a ovest del nostro paese, c’era uno stato chiamato Paekche5 che era vassallo dell’imperatore del Giappone e il cui re si chiamava Syo˘ngmyo˘ng. Il tredicesimo giorno, il cui segno ciclico è kanoto-tori, del decimo mese del tredicesimo anno di regno di Kimmei (552), anno con segno ciclico mizunoe-saru, questo re inviò al Giappone il tributo annuo insieme a una statua di bronzo dorato del Budda Shakyamuni, varie scritture buddiste e anche monaci e monache. L’imperatore ne fu molto contento e chiese ai suoi ministri se si dovesse venerare o no il Budda delle regioni occidentali.

          Il gran ministro Iname6del clan Soga disse: «Tutti i paesi dell’occidente venerano questo Budda. Perché solo il Giappone dovrebbe rifiutarlo?». Ma il primo ministro Okoshi del clan Mononobe, Nakatomi no Kamako7 e altri dissero: «I sovrani che regnano sul nostro paese hanno sempre onorato il cielo e la terra, gli dèi del paese e del grano, e numerose altre divinità, con i riti prescritti nelle quattro stagioni. Se ora cambiamo questo costume e veneriamo la divinità dell’ovest, certamente le divinità native si arrabbieranno». Incapace di decidere, l’imperatore decretò che, per prova, solo il gran ministro Soga dovesse venerare [il Budda], e nessun altro. Soga fu felicissimo di ricevere questo ordine, portò l’immagine del Budda Shakyamuni nella sua residenza e la collocò in un luogo chiamato Ohada8 con grande sorpresa e sdegno del primo ministro Mononobe.

            A quel tempo in Giappone scoppiò una terribile epidemia che uccise più di metà della popolazione. Poiché sembrava che tutto il paese dovesse perire, il primo ministro Mononobe approfittò dell’occasione per dichiarare che la statua del Budda doveva essere distrutta. L’imperatore decretò che il Buddismo, questa religione straniera, venisse immediatamente abbandonato. Il primo ministro Mononobe, agendo in nome dell’imperatore, prese la statua, la gettò in un fuoco di carbone e la frantumò con un martello. Appiccò il fuoco al santuario del Budda e fustigò i monaci e le monache. Allora, benché non ci fosse una nuvola in cielo, si alzò un gran vento e piovve. Il palazzo imperiale fu completamente distrutto da un fuoco celeste9. L’imperatore, Mononobe e Soga caddero tutti e tre vittime dell’epidemia e soffrirono come se venissero fatti a pezzi o bruciati vivi. Alla fine il primo ministro morì, mentre l’imperatore e Soga riuscirono a stento a guarire. Da allora passarono diciannove anni senza che nessuno abbracciasse il Buddismo.

              Il trentunesimo imperatore, Bidatsu, secondo figlio di Kimmei, regnò per quattordici anni assistito dal ministro della sinistra e da quello della destra. Uno di questi era un figlio del primo ministro Mononobe no Okoshi, Yuge no Moriya10, che era succeduto al padre, l’altro era Soga no Umako, figlio del gran ministro Soga no Iname. Durante il regno di questo imperatore nacque il principe Shotoku, figlio dell’imperatore Yomei e nipote di Bidatsu. Un giorno del secondo mese dell’anno, quando aveva due anni, il principe si rivolse a oriente, tese il dito medio, recitò «Namu Budda» e le ceneri del Budda apparvero nel palmo della sua mano. Questa fu la prima volta che in Giappone qualcuno invocò il nome del Budda Shakyamuni.

                Quando aveva solo otto anni, il principe disse: «Chi nell’ultima epoca adorerà l’immagine del santo d’occidente, il Budda Shakyamuni, preverrà le disgrazie e riceverà fortuna, chi la disprezzerà, attirerà le disgrazie e accorcerà la propria vita». Il primo ministro Mononobe no Moriya e altri si adirarono e dissero: «I Soga venerano il dio straniero, in violazione del decreto imperiale». Le epidemie continuarono a infuriare e stavano per annientare l’intera popolazione. Mononobe no Moriya lo riferì all’imperatore che emise un decreto: «Soga no Umako ha continuato a praticare il Buddismo, deve smettere!».

                  Al che, Moriya e Nakatomi no Katsumi11 si diressero al tempio, demolirono la sala e la pagoda, bruciarono e distrussero l’immagine del Budda e dettero fuoco al tempio. Spogliarono i monaci e le monache delle loro tonache e li punirono frustandoli. Dopo questo fatto l’imperatore insieme a Moriya e a Umako si ammalarono durante un’epidemia e tutti e tre dissero che si sentivano bruciare vivi o fatti a pezzi. Si ricoprirono inoltre di vesciche chiamate vaiolo. Umako, fra i lamenti, disse: «Eppure, dobbiamo venerare i tre tesori». L’imperatore decretò: «Solo tu puoi farlo, agli altri non è permesso». Umako felicissimo fece costruire un tempio e vi venerò i tre tesori.

                    Alla fine l’imperatore morì il quindicesimo giorno dell’ottavo mese, quando il principe Shotoku aveva quattordici anni. Yomei divenne il trentaduesimo imperatore e regnò due anni. Egli era figlio di Kimmei e padre di Shotoku. Il quarto mese del secondo anno di regno (587), segno ciclico hinoto-hitsuji, cadde ammalato in un’epidemia e allora disse che voleva abbracciare i tre tesori. Soga no Umako sostenne che si doveva esaudire il desiderio dell’imperatore e finalmente condusse nel palazzo imperiale un prete chiamato Toyokuni12. Mononobe no Moriya e altri si infuriarono e minacciarono di scagliare una maledizione sull’imperatore. Alla fine l’imperatore morì.

                      Nel quinto mese di quell’anno, Moriya e il suo clan si asserragliarono nella residenza di Shibukawa e vi radunarono un gran numero di truppe. Il principe Shotoku e Umako mossero ad attaccarli. Nel quinto, sesto e settimo mese si combatterono quattro battaglie. Nelle prime tre il principe fu sconfitto, ma prima della quarta egli fece un voto: «Costruirò uno stupa per conservare le ceneri del Tathagata Shakyamuni e innalzerò lo Shitenno-ji, il tempio dei quattro re celesti». Umako a sua volta fece questo voto: «Erigerò un tempio in cui venerare l’immagine del Budda Shakyamuni inviata da Paekche».

                        Moriya gridò al principe: «Non sono io a scagliare questa freccia ma il dio dei miei antenati, la grande divinità di Futsu»13. La freccia volò lontano e colpì l’armatura del principe. Il principe gridò: «Non sono io, ma i quattro re celesti che scagliano questa freccia» e fece scagliare la freccia a un cortigiano di nome Tomi no Ichihi. La freccia volò lontano e colpì Moriya al petto. Hata no Kawakatsu14 si affrettò sul posto e recise dal corpo la testa di Moriya. Questa battaglia ebbe luogo nell’intervallo fra la morte dell’imperatore Yomei e l’ascesa al trono dell’imperatore Sushun.

                          Dopo che Sushun fu diventato trentatreesimo imperatore, il principe Shotoku eresse il tempio Shitenno e vi pose le ceneri del Tathagata Shakyamuni. Umako eresse un tempio chiamato Gango-ji dove venerò l’immagine del Budda Shakyamuni, il signore degli insegnamenti, che era stata inviata da Paekche. A questo proposito, la più stupefacente frode del mondo è la statua del Tathagata Amida, dello Zenko-ji15. Fu a causa del loro odio per il Budda Shakyamuni, che i tre imperatori e i membri del clan Mononobe morirono. Il principe Shotoku fece fare una statua del Budda Shakyamuni e la collocò nel tempio Gango. Ora è l’oggetto di culto del Tachibana-dera16. Essa fu la prima effigie del Budda Shakyamuni fatta in Giappone.

                            In Cina, nel settimo anno di Yung-p’ing (64 d.C.), il secondo sovrano dell’ultima dinastia Han, l’imperatore Ming, avendo visto in sogno un uomo dorato17, inviò diciotto messaggeri, fra i quali gli eruditi Ts’ai Yin e Wang Tsun, a ricercare il Buddismo in India. Così nel decimo anno di Yung-p’ing, due santi dell’India centrale, Kashyapa Matanga e Chu Fa-lan, vennero in Cina e furono accolti con supremo rispetto. Migliaia di aderenti al Confucianesimo e al Taoismo, che avevano sempre presieduto ai riti imperiali, si risentirono e presentarono una lagnanza all’imperatore. L’imperatore decretò che si tenesse un dibattito il quindicesimo giorno del primo mese del quattordicesimo anno di Yung-p’ing. I taoisti cinesi si rallegrarono ed eressero un altare per un centinaio di divinità cinesi. I due santi indiani avevano come oggetto di culto le ceneri del Budda, un dipinto del Budda Shakyamuni e cinque sutra18.

                              Come era costume nei riti in presenza dell’imperatore, i taoisti portarono le loro scritture, insieme alle Tre cronache, i Cinque canoni e gli scritti dei due santi19 e dei Tre re. In passato i libri, messi sopra a delle fascine a cui veniva dato fuoco, non si erano mai incendiati, ma questa volta si ridussero in cenere. Prima, gettandoli nell’acqua, galleggiavano, questa volta andarono a fondo. Si fece appello ai demoni, ma invano. I taoisti si sentirono così umiliati che Ch’u Shan-hsin, Fei Shu-ts’ai e altri morirono di vergogna. Quando i due santi indiani predicarono [il Buddismo], le ceneri del Budda salirono al cielo ove irradiarono una luce così brillante da eclissare il sole; l’immagine del Budda emise un raggio di luce da un punto situato fra le sopracciglia. Infine più di seicento taoisti, fra cui Lü Hui-t’ung20, si convertirono e divennero monaci buddisti. In trenta giorni si costruirono dieci templi.

                                Il Budda Shakyamuni dispensa ricompense e punizioni con assoluta giustizia. Come dicevo prima, i tre imperatori e i loro due sudditi21, essendo diventati nemici del Tathagata Shakyamuni, persero la vita e nell’esistenza successiva caddero nei cattivi sentieri.

                                  La nostra epoca non è dissimile dalla loro. I taoisti Ch’u e Fei in Cina e Moriya in Giappone credendo nelle divinità maggiori e minori dei rispettivi paesi divennero nemici del Budda Shakyamuni, ma poiché queste divinità stesse sono seguaci del Budda, essi finirono tutti in rovina. I nostri tempi sono esattamente uguali ai loro. Il Budda che venne da Paekche di cui parlavo prima era Shakyamuni, ma [i preti di altre scuole] hanno ingannato il popolo giapponese dandogli il nome di Budda Amida: hanno sostituito Shakyamuni con un altro Budda. C’è una differenza fra i taoisti e Moriya da una parte e i preti contemporanei dall’altra, in quanto i primi preferivano gli dèi al Budda, mentre i secondi hanno sostituito un Budda con un altro Budda. Ma sono uguali nell’avere abbandonato entrambi il Budda Shakyamuni. Non c’è alcun dubbio quindi che il nostro paese andrà in rovina. Questo è un insegnamento che non è stato ancora rivelato, tienilo strettamente per te.

                                    Anche fra i miei seguaci, se c’è qualcuno con una fede debole o che va contro quello che io, Nichiren, dico, avrà lo stesso destino della famiglia Soga. Ora ve ne dirò la ragione. Fu grazie agli sforzi di padre e figlio, Soga no Sukune e Umako, che il Buddismo infine fu adottato in Giappone e perciò sono paragonabili a Brahma e Shakra al tempo della comparsa in questo mondo del Budda Shakyamuni. Avendo condotto alla rovina Mononobe no Okoshi e suo figlio Moriya, divennero il clan più influente del paese, salirono di rango, assunsero il controllo del paese e la loro famiglia godette di grande prosperità. Ma Umako divenne così arrogante da far assassinare l’imperatore Sushun e uccidere molti principi; inoltre, suo nipote Iruka22 fece uccidere dai suoi servitori ventitré figli del principe Shotoku. Allora l’imperatrice Kogyoku, seguendo il consiglio di Nakatomi no Kamako, fece erigere una statua del Budda Shakyamuni e pregò con fervore davanti a essa. L’effetto fu che Iruka, suo padre e l’intera famiglia Soga morirono all’istante.

                                      Trai le tue conclusioni da ciò che ho detto. Coloro che, fra i miei seguaci, non manterranno la fede fino in fondo incorreranno in punizioni ancor più severe. E tuttavia non dovranno rimproverare me. Ricorda la sorte che è toccata a Sho-bo, a Noto-bo23 e agli altri.

                                        Per il momento sii estremamente cauto e non sottoscrivere mai alcuna promessa, di qualsiasi cosa si tratti. Un fuoco, per quanto divampi furioso, dopo qualche tempo si spegne. Invece l’acqua, per quanto scorra lenta, non si arresta facilmente. Dato che tu hai un temperamento irruente e ti comporti come un fuoco che divampa, certamente sarai ingannato dagli altri. Se il tuo signore ti circuisse con parole gentili, sono sicuro che ti convincerebbe facilmente come se gettasse acqua sul fuoco. Se messo in un fuoco ardente, il ferro non temprato fonde rapidamente come ghiaccio nell’acqua bollente. Ma una spada, anche se posta in un gran fuoco, resiste al calore per qualche tempo, perché è stata ben temprata. Ti ho parlato in questo modo per temprare la tua fede.

                                          Il Buddismo è ragione e la ragione vincerà sul tuo signore. Per quanto tu possa amare tua moglie e non voglia separarti da lei, quando morirai questo desiderio sarà vano. Per quanto tu sia affezionato al tuo feudo, alla tua morte esso passerà comunque nelle mani di altri. Per tutti questi anni hai conosciuto la prosperità, devi smettere di preoccuparti del tuo feudo. Come ti ho già detto, devi essere cento, mille, diecimila, milioni di volte più prudente di prima.

                                            Sin dalla fanciullezza, io non ho mai pregato per le cose secolari di questa vita, ma ho desiderato unicamente diventare un Budda. Tuttavia, di recente ho pregato per te senza sosta il Sutra del Loto, il Budda Shakyamuni e il dio del sole, perché credo che tu sia una persona che può ereditare lo spirito del Sutra del Loto. Sii estremamente cauto a non entrare in conflitto con gli altri e non incontrare nessuno se non nella tua casa. Nessuno dei guardiani notturni24 è abbastanza affidabile, ma, poiché le loro case sono state confiscate a causa della loro fede nel Sutra del Loto, in normali circostanze dovresti mantenere sempre buoni rapporti con loro; così essi ti proteggeranno con maggior cura nelle loro ronde notturne. E se le persone che stanno dalla tua parte commettono qualche errore, fingi di non vedere e non udire.

                                              Anche se il tuo signore ti chiedesse di parlargli della dottrina buddista, evita di gioirne e precipitarti da lui, ma rispondigli gentilmente che non sei sicuro di poterlo accontentare e che desideri consultarti con qualcuno dei miei discepoli. Se il tuo volto tradisce la gioia che provi e ti lasci ingannare dal suo desiderio di ascoltare gli insegnamenti, rovinerai sicuramente tutto, come il fuoco consuma quello che brucia e come la pioggia cade dal cielo.

                                                Se si presenta l’occasione, sottoponi al tuo signore la petizione25che ho scritto in tuo nome. Dato che tratta questioni di grande importanza, causerà sicuramente una reazione.

                                                  Rispettosamente,

                                                    Nichiren

                                                      A Shijo Kingo

                                                          Cenni Storici

                                                          Intorno al terzo anno di Kenji (1277), quando fu scritta questa lettera, Shijo Kingo stava correndo gravi rischi personali essendo incorso nella collera del signore di Ema. L’avversione di Ema nei confronti di Shijo Kingo risaliva al dibattito di Kuwagayatsu che si era svolto nel sesto mese di quell’anno. Approfittando della situazione, i colleghi di Kingo avevano diffuso calunnie sul suo conto, con l’intenzione di liberarsi di lui. Informato su quanto stava accadendo, Nichiren Daishonin aveva scritto una petizione al signore di Ema per conto di Kingo, nella quale chiariva cosa fosse realmente accaduto durante il dibattito di Kuwagayatsu, e discuteva della superiorità relativa dei vari insegnamenti buddisti.

                                                          In questa lettera il Daishonin chiarisce la differenza tra Buddismo e governo. Premi e punizioni sono, infatti, gli strumenti utilizzati da un governo per conseguire i propri scopi, ma nel mondo del Buddismo non esistono simili manipolazioni strumentali. Dal punto di vista del Buddismo, che si basa su una Legge assoluta, esistono soltanto la vittoria o la sconfitta, cioè la felicità o l’infelicità, a seconda che si sostenga la Legge o ci si opponga a essa. Nell’ultima parte della lettera, il Daishonin consiglia severamente Shijo Kingo di esercitare la massima attenzione per evitare di essere attaccato dai suoi nemici.

                                                          Note

                                                          1. Eroe del mondo: titolo del Budda, così chiamato perché affronta valorosamente ogni sofferenza e guida tutti gli esseri all’illuminazione. Nel settimo capitolo del Sutra del Loto, “Parabola della città fantasma”, si legge: «Eroe del mondo senza pari, adorno di cento segni di fortuna, tu che hai conseguito la saggezza suprema» (Il Sutra del Loto, cap. 7, p. 182).
                                                          2. Paese della Luna (cin. Yüeh-chih): nome dato dai cinesi e dai giapponesi all’India. Verso la fine del terzo secolo a.C., la tribù Yüeh-chih (tribù della Luna) dominava parte dell’India e, siccome il Buddismo fu introdotto in Cina dall’India attraverso il loro territorio, i cinesi considerarono tutta l’India come paese della Luna.
                                                          3. «Che la luna spunti a occidente»: si riferisce al fatto che la luna nuova comincia ad apparire a ovest subito dopo il tramonto. Naturalmente la luna sorge a est e tramonta a ovest come il sole e le stelle ma, per via del suo movimento orbitale da ovest a est, nelle notti successive, a mano a mano che diventa piena, sembra spostarsi sempre più verso est.
                                                          4. Zoge (avorio): un tipo di banano, così chiamato per i suoi grandi petali color avorio. Nel Sutra del Nirvana si afferma che cresce con il rumore del tuono.
                                                          5. Paekche: uno dei tre antichi regni della penisola coreana, che fiorì dalla metà del quarto fino alla metà del settimo secolo. Sebbene il Daishonin affermi che Paekche era subordinato al Giappone, gli studiosi attuali che dispongono di una gamma più vasta di documenti storici rispetto a quella disponibile ai tempi del Daishonin, ritengono che si trattasse piuttosto di una relazione di scambio e cooperazione. Paekche è principalmente noto per essere stato il tramite dell’introduzione del Buddismo in Giappone, ma contribuì in notevole misura anche alla penetrazione e all’assimilazione della civiltà continentale da parte di quest’ultimo.
                                                          6. Gran ministro Iname: Soga no Iname (m. 570), funzionario di corte in lotta per il potere con il primo ministro Mononobe no Okoshi, capo della fazione conservatrice. Le figlie di Iname divennero mogli dell’imperatore Kimmei e una di esse generò l’imperatore Yomei, padre del principe Shotoku.
                                                          7. Nakatomi no Kamako: si ritiene che fosse un esponente di rilievo del clan Nakatomi. Non si hanno informazioni sulla sua vita e non risulta un legame con il suo omonimo citato nella nota 22.
                                                          8. Ohada: pronuncia locale di Oharida, nel villaggio di Asuka, nei pressi di Nara.
                                                          9. Il palazzo imperiale fu distrutto da un fulmine.
                                                          10. Yuge no Moriya: Mononobe no Moriya (m. 587), funzionario di corte che osteggiò a lungo il Buddismo. Era chiamato anche Mononobe no Yuge no Moriya in quanto Yuge era il clan di sua madre.
                                                          11. Nakatomi no Katsumi (m. 587): capo militare del periodo Yamato, oppositore del Buddismo, fu ucciso da Tomi no Ichihi, vassallo del principe Shotoku.
                                                          12. Toyokuni: prete di Paekche, naturalizzato giapponese.
                                                          13. Grande divinità: Futsu no Mitama no Okami, la divinità del tempio Isonokami a Futsu, nei pressi di Nara, riverita dalla famiglia Mononobe come divinità protettrice del loro clan.
                                                          14. Hata no Kawakatsu (d.s.): fedele servitore del principe Shotoku. Si dice che, dopo la morte di questi, eresse in sua memoria il tempio Hachioka (chiamato anche Koryu-ji).
                                                          15. Zenko-ji: tempio affiliato alle scuole Tendai e della Pura terra, situato in quella che attualmente è la prefettura di Nagano. Secondo i documenti del tempio, la statua che conteneva era quella inviata dal re Syo˘ngmyo˘ng all’imperatore Kimmei, portata a Nagano da Honda Zenko e innalzata nel 642 in quello che sarebbe diventato il tempio Zenko. Secondo Cronache del Giappone la statua mandata dal re raffigurava Shakyamuni. Si suppone che con l’ascesa della scuola della Pura terra, la statua originale sia stata rimpiazzata da una del Budda Amida.
                                                          16. Tachibana-dera: tempio attualmente affiliato alla scuola Tendai che sorge nel villaggio di Asuka, nei pressi di Nara. Sarebbe stato eretto dal principe Shotoku.
                                                          17. Riferimento alla leggenda secondo cui l’imperatore Ming (28-75) sognò un uomo dorato che si librava sopra il suo giardino. Al risveglio interrogò i suoi ministri chiedendo loro il significato del sogno; uno di loro rispose di aver udito che un grande saggio, chiamato Budda, era nato nella regione occidentale durante il regno del re Chao della dinastia Chou. Per procurarsi gli insegnamenti del Budda, l’imperatore mandò diciotto inviati nella regione occidentale e, su richiesta di questi ultimi, nel 67 d.C. due monaci buddisti indiani, giunsero in Cina recando sui loro cavalli bianchi immagini e scritture buddiste.
                                                          18. Cinque sutra: i sutra tradotti in cinese da Kashyapa Matanga e Chu-fa-lan, fra cui il Sutra delle Quarantadue sezioni.
                                                          19. Due santi: T’ang Yao e Yü Shun, due dei Cinque imperatori.
                                                          20. Lü Hui-t’ung: taoista della tarda dinastia Han. Secondo Cronache del lignaggio del Budda e dei patriarchi si convertì al Buddismo, con altri taoisti, dopo la sconfitta in un dibattito alla presenza dell’imperatore Ming nel 71.
                                                          21. Tre imperatori: Kimmei, Bidatsu, Yomei. Due sudditi: Mononobe no Moriya e Nakatomi no Katsumi.
                                                          22. Soga no Iruka (m. 645): funzionario di corte del periodo Yamato che tenne le redini del governo durante il regno dell’imperatrice Kogyoku (r. 642-645) perpetrando varie atrocità. Nel 643 costrinse Yamashiro no Oe, un figlio del principe Shotoku, a suicidarsi e da allora poté condurre gli affari di stato a suo piacimento. Fu infine ucciso da Naka no Oe che in seguito divenne l’imperatore Tenji, e da Nakatomi no Kamako (Fujiwara no Kamatari), mentre suo padre, Emishi, dette fuoco alla propria casa lasciandosi morire nell’incendio.
                                                          23. Sho-bo e Noto-bo: discepoli del Daishonin che abbandonarono la fede. Pare che Sho-bo abbia cominciato a dubitare del Daishonin all’epoca dell’esilio a Izu nel 1261 e in seguito si sia rivoltato contro di lui. Noto-bo abbandonò la fede intorno al 1271.
                                                          24. Guardiani notturni: probabilmente gli uomini della scorta di Shijo Kingo, che vivevano nella sua residenza. I loro possedimenti erano stati confiscati a causa della loro fede negli insegnamenti del Daishonin.
                                                          25. Petizione: Lettera di petizione di Yorimoto, che il Daishonin scrisse al signore di Ema a nome di Shijo Kingo nel sesto mese del 1277 e in cui si spiegava che le accuse nei confronti di quest’ultimo erano false. Sembra che in seguito Shijo Kingo non ebbe necessità di inviarla.
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