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281. Lettera a Shimoyama

RSND, VOLUME II

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Minobu, 1277. Indirizzata a Shimoyama Mitsumoto

Voi avete affermato che la recitazione del Sutra di Amida deve essere tassativamente svolta ogni giorno all’ora stabilita. Anche prima che mi comunicaste queste istruzioni, negli ultimi quattro o cinque anni, sia come rappresentante ufficiale di mio padre, sia a titolo personale, ho sempre recitato il Sutra di Amida all’ora stabilita.

    Ma, dalla fine della primavera dell’anno scorso, quando è iniziata l’estate, ho smesso di recitare il Sutra di Amida e mi sono dedicato a recitare la parte in versi del capitolo “Durata della vita” del Sutra del Loto, o mi sono impegnato nella lettura dell’intero sutra.

      Lo faccio unicamente come preghiera per la mia esistenza presente e per quelle future, ma, per quanto riguarda il motivo per il quale ho cessato di recitare il Sutra di Amida e il Nembutsu, vorrei riferirvi quanto segue.

        Di questi tempi il Santo Nichiren è noto in tutto il paese del Giappone. Qualche tempo fa, nell’estate dell’undicesimo anno di Bun’ei [1274], egli si è stabilito in un ritiro nelle profondità delle montagne, vicino al picco del monte Minobu, nei distretti di Iino, Mimaki e Hakiri della nostra provincia di Kai. Varie persone qualificate avevano chiesto di potersi recare là per ricevere il suo insegnamento dottrinale, ma non avevano ricevuto il permesso. Sembrava dunque che, per essere istruiti da lui, occorresse avere già un legame molto stretto.

          Così, venendo a sapere che una persona stava andando a parlargli, decisi di provare a unirmi a lei, non perché intendessi convertirmi ai suoi insegnamenti, ma semplicemente perché desideravo osservare la situazione. Senza farmi vedere penetrai nei terreni in cui vive attraverso una zona deserta, mi nascosi dietro l’eremo nel quale egli risiede e potei ascoltarlo esporre la dottrina alle persone che gli ponevano domande in proposito.

            Prima egli dissertò sul valore e la profondità relativa del Sutra del Loto e degli altri sutra, come quelli di Mahavairochana, della Ghirlanda di fiori, della Saggezza, dei Profondi segreti, Lankavatara e di Amida. Egli spiegò che il Sutra del Loto e il Sutra di Amida non differiscono soltanto di uno o due gradi, in termini di valore, ma sono distanti come il cielo e la terra o le nuvole e il fango. Per rango e valore, il Sutra del Loto sta al Sutra di Amida come il dio Shakra a una scimmia, come una fenice a una gazza, come una grande montagna a un granello di polvere, o come la luce del sole e della luna a quella di una lucciola.

              Egli citò passi dei vari sutra, paragonandoli a quello del Loto, in modo tale che anche uno stupido avrebbe capito che quest’ultimo è superiore, e spiegandosi in termini assolutamente chiari e ovvi. Sembrava che le persone presenti avessero già ben compreso il suo insegnamento e non fossero minimamente sorprese.

                Inoltre egli sottolineò che, se si desidera praticare gli insegnamenti buddisti, bisogna farlo avendo chiara la distinzione fra insegnamenti mahayana e hinayana, provvisori e veri, essoterici ed esoterici. Bisognerebbe anche avere una piena comprensione del tempo in cui si vive e prendere in considerazione la capacità delle persone.

                  [La sua lezione continuò così]:1 In Giappone attualmente tutte le persone considerano fondamentale il Sutra di Amida e la pratica di recitare il nome di Amida, e guardano con disprezzo il Sutra del Loto. Quelle che il mondo considera persone sagge sono convinte di aver compreso perfettamente i concetti del tempo e della capacità. Eppure scelgono un bene minore e abbandonano un bene maggiore, si affidano a sutra provvisori e trascurano il vero sutra. Così il loro piccolo bene diventa al contrario un grande male, la loro medicina si trasforma in veleno e, invece che da parenti stretti, si comportano da mortali nemici. È veramente difficile porre rimedio a un simile atteggiamento.

                    In più, anche una persona che sembra aver compreso profondamente gli insegnamenti buddisti, se non capisce i fattori di tempo, capacità, paese e giusto ordine di propagazione in relazione agli insegnamenti2, pur impegnandosi, mente e corpo, nel metterli in pratica, non otterrà alcun successo. Così, per esempio, si possono propagare le dottrine mahayana in un paese in cui fino a quel momento prevalevano solo le dottrine hinayana, ma non si dovrà in nessun caso propagare le dottrine hinayana in un paese in cui sono già diffuse quelle mahayana. Se si insiste a farlo, il paese sarà colpito da disastri e i suoi abitanti cadranno quasi sicuramente nei cattivi sentieri dell’esistenza.

                      Inoltre, non si dovrebbe mai cercare di far praticare contemporaneamente le dottrine hinayana e mahayana a un principiante. In India era consuetudine nei templi che chi si dedicava unicamente agli insegnamenti hinayana evitasse di camminare nella corsia centrale della strada, la cosiddetta “corsia del re”. E ugualmente i monaci che nei templi si dedicavano unicamente agli insegnamenti mahayana evitavano di camminare nelle corsie di destra o di sinistra. Allo stesso modo i due gruppi si astenevano dal bere l’acqua dello stesso pozzo o dello stesso fiume, e naturalmente non vivevano mai nella stessa stanza.

                        Il Sutra del Loto, parlando dei novizi che nei templi si dedicavano unicamente agli insegnamenti mahayana, afferma: «Desiderano abbracciare soltanto il sutra del grande veicolo, non accettando un solo verso degli altri sutra»3. E anche: «Inoltre non deve frequentare monaci, monache, laici e laiche che cercano di diventare ascoltatori della voce né discutere con loro o recarsi a visitarli»4. Così, se si viveva in un tempio devoto unicamente agli insegnamenti mahayana, anche se il proprio padre era un monaco, o la propria madre una monaca, di un tempio dedicato unicamente agli insegnamenti hinayana, non si doveva loro obbedienza e non si doveva frequentare assiduamente né l’uno né l’altro. E ovviamente non si dovevano mai praticare gli insegnamenti hinayana che loro seguivano. I templi in cui si svolgevano sia pratiche hinayana sia pratiche mahayana erano adatti solo ai bodhisattva che si trovavano a uno stadio molto avanzato della loro istruzione religiosa.

                          Il Buddismo che giunse per la prima volta nel nostro paese era un misto di pratiche mahayana e hinayana. Nel regno del quarantacinquesimo sovrano umano, l’imperatore Shomu, un uomo chiamato Reverendo Chien-chen [in Giappone Ganjin] del tempio Lung-hsing di Yang-chou, in Cina, giunse alla corte giapponese recando con sé il Sutra del Loto e gli insegnamenti della scuola T’ien-t’ai. Ma, forse perché pensava che le capacità delle persone di quel tempo non fossero adatte a ricevere l’insegnamento perfetto, serbò questi insegnamenti nel suo cuore e non permise alla sua bocca di pronunciarli. Furono introdotti invece i precetti hinayana che predicava il Maestro di Disciplina Tao-hsüan del tempio Feng-te del monte Chung-nan in Cina, e in tre località del Giappone furono costruiti palchi di ordinazione per amministrare tali precetti5. Ma questo era solo un espediente preparatorio alla propagazione delle dottrine della scuola del Loto e, una volta istituiti gli insegnamenti mahayana, non si riteneva che andassero praticati contemporaneamente anche i precetti hinayana.

                            È come il caso della Cina, dove i Tre santi, fra cui Confucio, fondatore della scuola confuciana, e Lao Tzu, furono inviati come messaggeri del Budda in Cina per insegnare alle persone le scritture relative alle regole cerimoniali e alla musica, in modo da prepararle ai sacri testi del Buddismo. Così in Grande concentrazione e visione profonda, si cita un sutra che afferma: «Io [il Budda] ho inviato i Tre santi a educare il paese della Cina». Il Gran Maestro Miao-lo dice: «Prima furono esposte le regole cerimoniali e la musica, poi venne introdotta la vera via»6.

                              Il Budda espose i precetti hinayana come primo passo per arrivare poi agli insegnamenti mahayana. Ma, una volta che ebbero fatto il loro tempo, proibì di continuare a usarli. Infatti nel Sutra del Nirvana dice: «Supponiamo che qualcuno dica che il Tathagata ha una natura transitoria. Come potrebbe non cadergli la lingua?».

                                In seguito, nel regno del cinquantesimo sovrano umano, l’imperatore Kammu, apparve un santo di nome Gran Maestro Dengyo. Dapprima egli studiò a fondo le sei scuole di Buddismo giapponesi: quella della Ghirlanda di fiori, dei Tre trattati, delle Caratteristiche dei dharma, del Tesoro dell’Abhidharma, dell’Affermazione della verità, e dei Precetti. Poi, indagò le dottrine arcane della scuola di Bodhidharma7 e fece ricerche anche sugli insegnamenti delle scuole T’ien-t’ai e della Vera parola, che a quell’epoca non si erano ancora diffuse in Giappone. Lo scopo dei suoi studi approfonditi era determinare la profondità e il valore relativo di queste varie dottrine.

                                  Nel ventunesimo anno dell’era Enryaku [802], il diciannovesimo giorno del primo mese, l’imperatore Kammu visitò il tempio sul monte Takao e convocò Zengi, Gonzo e altri – quattordici uomini che erano a capo dei sette maggiori templi di Nara, la capitale meridionale – per farli incontrare con il Gran Maestro Dengyo allo scopo di indagare e chiarire il valore relativo degli insegnamenti delle sei scuole rispetto a quelli della scuola del Loto. Ciascuno di questi eminenti studiosi affermò che le dottrine della sua scuola rappresentavano il punto più alto della vita di insegnamento del Budda, ma il Gran Maestro Dengyo con una sola parola demolì tutte le loro argomentazioni.

                                    L’imperatore emanò nuovamente un ordine nel quale ingiungeva a Wake no Hiroyo8 di rimproverare i quattordici uomini come suo inviato. E, a loro volta essi, i più eminenti studiosi dei sette maggiori templi e delle sei scuole, espressero all’unanimità le loro scuse in un memoriale indirizzato al trono. Nel memoriale i quattordici uomini affermavano: «D’ora in avanti, tutti gli esseri dotati di vita in questo mondo potranno salire sulla nave della verità meravigliosa e perfetta e raggiungere rapidamente la riva opposta».

                                      Il Gran Maestro Dengyo affermò di aver messo immediatamente da parte i duecentocinquanta precetti9. Disse inoltre: «Il Primo e il Medio giorno sono quasi trascorsi e l’Ultimo giorno si avvicina»10 e «Nella scuola dell’unico veicolo nessuno degli insegnamenti provvisori deve essere considerato valido»11. Disse: «Non mettete cibo impuro in un vaso prezioso»12 e «Il grande arhat che visse durante la vita del Budda è già stato rimproverato e gli fu detto cosa fare. Come possono presumere di agire diversamente queste minuscole zanzare e tafani che vivono nell’epoca successiva alla morte del Budda?»13.

                                        Non sto avanzando una mia opinione personale. Nel Sutra del Loto il Budda dice: «Mettendo da parte onestamente gli espedienti, esporrò unicamente la via suprema»14. E nel Sutra del Nirvana si parla di “uomini dalle visioni distorte”. Questi due termini, “visioni distorte” e “espedienti”, si riferiscono ai sutra della Ghirlanda di fiori, di Mahavairochana, della Saggezza, di Amida e agli altri vari sutra esposti nei primi quarant’anni e più della vita di predicazione del Budda. Il Gran Maestro T’ien-t’ai dice che il verbo “mettere da parte” [nel passo appena citato del Sutra del Loto] significa “abbandonare”15. E dice anche: «“Offendere” significa rifiutare»16.

                                          Per praticare il Sutra del Loto, i principianti onesti dovrebbero scartare i suddetti sutra e scuole di Buddismo e dedicarsi unicamente alla pratica del Sutra del Loto. Così fanno i veri praticanti onesti [del sutra]. Ma, se i principianti praticassero gli altri sutra insieme al Sutra del Loto, come fanno i bodhisattva che si trovano a uno stadio più avanzato nella loro pratica religiosa, sarebbero disonesti. Anche nel mondo secolare è consuetudine che un uomo saggio non serva due signori17 e che una donna virtuosa non abbia due mariti. Qualsiasi obiezione personale è inutile.

                                            Il Tathagata stesso, scrutando nel futuro, disse chi avrebbe propagato i suoi insegnamenti e quali sutra sarebbero stati propagati durante il Primo giorno della Legge successivo alla sua morte, durante il Medio giorno della Legge, e poi nei diecimila anni dell’Ultimo giorno della Legge. Se nel mondo appare qualcuno che contraddice i suoi ordini, che si tratti di un santo o di un sovrano saggio, le sue parole non devono essere ascoltate.

                                              Il Budda affermò che nei primi cinquecento anni del Primo giorno della Legge, iniziato il giorno successivo alla sua morte, si dovevano propagare solo i sutra hinayana. E l’avrebbero fatto Mahakashyapa, Ananda, e gli altri discepoli fino a Punyayashas, undici uomini in tutto. Nel secondo periodo di cinquecento anni del Primo giorno della Legge, dovevano essere propagati i sutra mahayana provvisori, come quelli della Ghirlanda di fiori, Corretti ed equi, dei Profondi segreti, della Saggezza, di Mahavairochana, della Meditazione e di Amida. L’avrebbero fatto i quattro ordini di bodhisattva, che erano grandi studiosi come Maitreya, Manjushri, Ashvaghosha, Nagarjuna, Asanga e Vasubandhu.

                                                Questi grandi studiosi non solo comprendevano il significato profondo del Sutra del Loto, ma sapevano che il tempo di propagarlo non era ancora giunto. E poiché il Budda non aveva comandato loro di predicare queste grandi dottrine, le custodirono nel loro cuore, ma non permisero alla loro bocca di pronunciarle. Forse a tratti fecero qualche accenno, ma il vero significato di tali dottrine rimase nascosto e non fu rivelato.

                                                  Con l’inizio dei mille anni del Medio giorno della Legge, il Buddismo cominciò a diffondersi dall’India alla Cina e al Giappone. Il Budda, l’Onorato dal Mondo, aveva affidato espressamente la prima parte del Sutra del Loto, i quattordici capitoli dell’insegnamento transitorio, ai bodhisattva dell’insegnamento transitorio, come il Bodhisattva Re della Medicina e i bodhisattva di mondi diversi dal nostro mondo attuale. Fu una specie di preludio all’apparizione dei grandi bodhisattva che emergono dalla terra all’inizio dell’Ultimo giorno della Legge per insegnare a tutti gli esseri viventi di questo continente di Jambudvipa a recitare i cinque caratteri di Nam-myoho-renge-kyo, il cuore del capitolo “Durata della vita” dell’insegnamento originale.

                                                    Le persone designate a propagare l’insegnamento transitorio erano uomini come Nan-yüeh, T’ien-t’ai, Miao-lo e Dengyo.

                                                      Adesso il mondo è entrato nell’epoca in cui sono destinati ad apparire il Bodhisattva Pratiche Superiori e gli altri bodhisattva del suo gruppo. Persino i miei occhi ignoranti sono in grado di vedere i segni che ciò sta per accadere.

                                                        Esaminando la questione, vediamo che i sutra sui quali si basano le altre scuole, come quelli della Ghirlanda di fiori, di Mahavairochana e di Amida, erano destinati a essere propagati negli ultimi cinquecento dei mille anni del Primo giorno della Legge o nel periodo di controversie dottrinali all’inizio del Medio giorno della Legge. Tuttavia i maestri buddisti, non solo si sbagliarono riguardo alla profondità e al valore relativo dei vari sutra, ma dimenticarono anche le istruzioni che il Budda aveva dato in proposito, ignorando gli elementi del tempo e della capacità, e fondando assurdamente scuole che raccomandavano questi sutra come pratica appropriata al Medio e all’Ultimo giorno della Legge. Ma questo è come piantare i semi in un campo d’autunno e sperare di raccogliere il grano in pieno inverno, come aspettarsi di vedere la luna piena quando è all’ultimo quarto o di vedere il sole brillare a mezzanotte.

                                                          E ciò è ancor più vero della scuola dei Precetti che è puramente hinayana. Essa rappresenta una dottrina minore, praticata in India nei primi cinquecento dei mille anni del Primo giorno della Legge. Fu introdotta in Giappone verso la metà del Medio giorno della Legge, prima della propagazione degli insegnamenti del Sutra del Loto da parte della scuola Tendai e, per un certo periodo, fu usata per sviluppare le capacità delle persone di quell’epoca. È come la stella del mattino che brilla prima dell’alba o come le nuvole che appaiono prima del temporale. A cosa servono la stella o le nuvole una volta che è sorto il sole o è caduta la pioggia?

                                                            Adesso il tempo di questi insegnamenti è finito. Adesso che siamo entrati nell’Ultimo giorno della Legge, seguire tali pratiche è come usare una medicina leggera per una malattia grave o caricare un enorme masso su una piccola barca. Le persone che seguono tali pratiche si esauriranno, impiegando tanto tempo per non avere alcun risultato; faranno spuntare i fiori, ma non vedranno i frutti.

                                                              Perciò, quando il Gran Maestro Dengyo apparve alla fine del Medio giorno della Legge, istituì un palco di ordinazione sul monte Hiei per amministrare i precetti dell’illuminazione immediata e perfetta, che facevano parte delle tre discipline dell’insegnamento transitorio del Sutra del Loto: precetti, meditazione e saggezza. A quel tempo egli scartò immediatamente i duecentocinquanta precetti. Di conseguenza, quattordici preti dei sette maggiori templi di Nara che fino ad allora avevano seguito le pratiche di ordinazione stabilite da Ganjin, insieme ad altre trecento e più persone, diedero il loro assenso e diventarono seguaci degli insegnamenti mahayana. Da allora l’intero paese abbandonò i precetti hinayana. Tutto ciò risulta perfettamente chiaro dai documenti che riguardano l’amministrazione dei precetti.

                                                                Nonostante questo, al momento vi sono alcuni preti dalla saggezza perversa, “osservanti dei precetti”, che recuperano i vecchi sutra hinayana abbandonati tanto tempo fa e, anche se di fatto non osservano nemmeno un solo precetto, vanno dicendo in giro di essere preti dei duecentocinquanta precetti, ingannando i membri della corte e le famiglie dei samurai, e proclamandosi maestri del paese.

                                                                  E nella loro presunzione arrivano a insultare coloro che osservano i precetti mahayana, chiamandoli persone che infrangono i precetti o uomini senza precetti. Sembrano cani che abbaiano ai leoni o scimmie che inveiscono contro il dio Shakra.

                                                                    Attualmente la gente crede che questi preti dei Precetti siano persone che custodiscono i precetti e predicano la verità, ma, a una più attenta indagine, si scopre che in realtà sono i più volgari bugiardi che esistano sotto il cielo. Dico questo perché i testi su cui si basano, le opere chiamate Le quadruplici regole della disciplina e Le dieci suddivisioni delle regole monastiche appartengono interamente alla sezione hinayana del canone e non a quella mahayana e, anche fra gli scritti hinayana sull’argomento della disciplina monastica, rappresentano quelli di livello più basso. Quando il Budda era al mondo li predicò come dottrina temporanea dopo i dodici anni di predicazione dei sutra Agama, prima di passare al periodo Corretto ed equo dei sutra mahayana. Dopo la morte del Budda, furono osservati nei templi devoti esclusivamente allo Hinayana durante i Primi cinquecento anni del Primo giorno della Legge. Inoltre, si presumeva che fossero attaccati e denunciati dai templi devoti agli insegnamenti mahayana. Così in Giappone, a metà del Medio giorno della Legge, furono introdotti dal Reverendo Ganjin con funzione preparatoria alle dottrine mahayana.

                                                                      Quando il Gran Maestro Dengyo refutò le dottrine della scuola dei Precetti e convertì i suoi aderenti alla scuola Tendai, la scuola dei Precetti avrebbe dovuto essere completamente abolita. Ma, per far sì che nelle epoche successive si comprendesse ciò che era accaduto, il Gran Maestro Dengyo inviò alcuni dei suoi stessi discepoli mahayana per aiutare la scuola a sopravvivere. Adesso gli studiosi della nostra epoca, che non conoscono i dettagli della storia, credono che le sei scuole di Buddismo in Giappone abbiano continuato a esistere sin dall’inizio senza mai esser state confutate. Che sciocchezza! Una vera sciocchezza!

                                                                        Poi alcuni seguaci della dottrina dei Precetti si sono resi conto che, paragonata al talento e all’erudizione degli esponenti della scuola Tendai, la loro scuola era debole e puerile. Poco a poco hanno cominciato a interessarsi al Sutra della Rete di Brahma e infine a rubare i grandi precetti mahayana del Sutra del Loto per inserirli fra i propri precetti hinayana. E ora, rivolgendosi ai praticanti dei precetti dell’illuminazione immediata e perfetta, li deridono dicendo che infrangono i precetti o sono uomini senza precetti.

                                                                          I governanti del paese, ingannati dall’apparenza esterna nobile e imponente dei capi dei Precetti di quest’epoca, sequestrano le terre e i possedimenti che avevano donato ai templi della scuola Tendai per assegnarli invece ai preti della scuola dei Precetti, mentre le persone comuni, a loro volta, privano di sostegno e fedeltà i templi devoti al Mahayana per darli ai templi dei Precetti. Anche se non appiccano incendi, è come se stessero bruciando tutti i templi mahayana del Giappone; anche se non sono corvi che strappano gli occhi dei cadaveri, stanno cavando gli occhi di tutti gli esseri viventi. Sono quelli che il Budda chiama «icchantika che assomigliano ad arhat [ma commettono azioni malvagie]»18.

                                                                            Il Sutra del Nirvana dice: «Quando saranno passati innumerevoli secoli dopo la mia morte, anche tutti i saggi dei quattro stadi19 saranno scomparsi. Terminato il Primo giorno della Legge ed entrati nel Medio giorno, vi saranno monaci che daranno l’impressione di osservare i precetti della disciplina monastica, ma raramente leggeranno e reciteranno i sutra, saranno invece avidi di cibo e bevande per ingrassare i loro corpi. […] Indosseranno le vesti dei monaci e tuttavia, [alla ricerca di elemosine] simili a cacciatori, si avvicineranno di soppiatto con passo felpato alle loro prede, aguzzando lo sguardo, come il gatto che si aggira in cerca del topo. Esteriormente appariranno saggi e buoni, ma dentro il loro cuore nutriranno avidità e gelosia. [E quando verrà chiesto loro di esporre gli insegnamenti, non risponderanno], come i brahmani che hanno fatto voto di silenzio. Essi non sono veri monaci, ne hanno solo l’aspetto. Pervasi di idee false, offendono il corretto insegnamento».

                                                                              In questo passo l’Onorato dal Mondo descrive ciò che accadrà in futuro.

                                                                                Il Budda Shakyamuni non si comporta con noi solo come un padre saggio, ma anche come un maestro illuminato e un sovrano santo. In un’unica persona egli incarna queste tre virtù e con il suo occhio del Budda egli scruta la malvagia epoca futura e ce la descrive.

                                                                                  Nella sua descrizione dice: «Quando saranno passati innumerevoli secoli dopo la mia morte…». Ciò si riferisce al periodo di duemila e più anni dopo la morte del Budda. Poi dice: «Anche tutti i saggi dei quattro stadi saranno scomparsi». Non si riferisce forse ai ventiquattro successori degli insegnamenti del Budda? «Terminato il Primo giorno della Legge» indica che sta parlando del Medio e dell’Ultimo giorno della Legge.

                                                                                    «Vi saranno monaci che daranno l’impressione di osservare i precetti della disciplina monastica». Adesso, nell’Ultimo giorno della Legge, chi potremmo indicare nella terra del Giappone come esempio di monaco che dà l’impressione di osservare i precetti, in modo da dimostrare che l’Onorato dal Mondo di Grande Illuminazione non ha detto una cosa non vera? Di certo il passo del sutra non sta riferendosi ai credenti o alle credenti laiche, e nemmeno alle monache, visto che parla solo di “monaci”. Nel paese del Giappone vi sono innumerevoli monaci o preti. Ma, fra questi, quelli che non sembrano possedere altro che le “tre vesti e la ciotola per le elemosine”, come prescritto, in effetti “danno l’impressione” di osservare i precetti. Dunque, solo i preti osservanti dei precetti sembrerebbero corrispondere alla descrizione. E, fra tutti gli osservanti dei precetti, il passo descrive questi uomini dicendo che «daranno l’impressione di osservare i precetti della disciplina monastica» e quindi deve riferirsi a qualcuno della scuola dei Precetti.

                                                                                      Si dice anche: «Raramente leggeranno e reciteranno i sutra». Chi altri potremmo additare per dimostrare la validità di questo passo, se non il prete Ryokan del tempio Gokuraku di Kamakura nella provincia di Sagami?

                                                                                        Il passo prosegue affermando che queste persone «simili a cacciatori, si avvicineranno di soppiatto con passo felpato alle loro prede, aguzzando lo sguardo, come il gatto che si aggira in cerca del topo. Esteriormente appariranno saggi e buoni, ma dentro il loro cuore nutriranno avidità e gelosia». Se questo non è Ryokan, il prete Due Fuochi20, allora a chi può riferirsi il Budda quando parla di monaci con le tre vesti e la ciotola per le elemosine che si avvicinano di soppiatto alle loro prede come un cacciatore o come un gatto?

                                                                                          Ahimè, ai giorni nostri laici, laiche, monache e patroni del Buddismo sono come cervi di montagna o topi domestici che, ingannati, cadono preda del prete Due Fuochi, simile a un cacciatore o a un gatto. Nella nostra epoca queste persone sono state abbandonate dalla Dea del Sole e dal Grande Bodhisattva Hachiman, i protettori del nostro paese, e crolleranno sconfitte di fronte agli eserciti di altri paesi. Saranno catturati come topi ghermiti da un gatto; moriranno trafitti dalle frecce come un cervo davanti a un cacciatore. Gli uomini laici e i guerrieri finiranno trafitti dalle frecce e trucidati dalle spade, e le donne saranno fatte prigioniere e trascinate via, in paesi stranieri, subendo una sorte simile a quella di Wang Chao-chün21 o di Yang Kuei-fei. E nella prossima esistenza ognuno di loro cadrà nella grande fortezza dell’inferno d’incessante sofferenza.

                                                                                            Siccome posso vedere ciò che accadrà, non esito per paura del grande male che i protettori di Ryokan potrebbero farmi, ma lo denuncio con forza davanti a tutti. E, per tale ragione, il prete Due Fuochi trama in segreto per diffondere ovunque calunnie su di me nel tentativo di farmi tacere.

                                                                                              In un sutra si legge anche: «Quelli che ti fanno l’elemosina cadranno nei tre cattivi sentieri»22. Se persino coloro che fecero offerte agli arhat mentre il Budda era ancora in vita non poterono sfuggire alla caduta nei tre cattivi sentieri, sarà ancor peggio per coloro che fanno offerte ai preti illusi dei precetti hinayana di un’epoca molto successiva alla morte del Budda! Da ciò si comprende quanto sia grave la colpa di attaccarsi ai precetti hinayana. I precetti sono paragonabili al latte d’asina che alla fine diventa escremento. I loro aderenti sono paragonabili a cani che mangiano gli escrementi delle persone degli insegnamenti mahayana. Sono come scimmie23, come tegole e cocci rotti.

                                                                                                Se non si comprende ciò che il tempo e la capacità delle persone richiedono, e si osservano invece i precetti hinayana, ciò diverrà un impedimento per gli insegnamenti mahayana. E se si violano questi precetti hinayana, anche ciò attirerà cattive conseguenze.

                                                                                                  Inoltre, i seguaci dei precetti hinayana dei nostri giorni si appropriano dei precetti mahayana e li combinano con quelli hinayana, come se mischiassero latte di vacca con latte d’asina, per ingannare i seguaci del mahayana. Coloro che agiscono così sono grandi ladri, grandi denigratori della Legge. Considerando l’offesa che stanno commettendo, la loro colpa è persino più grave di quella di Devadatta; persino il Venerabile Kokalika non è paragonabile a loro, perché sono le persone più malvagie di tutto l’intero continente di Jambudvipa. Finché le persone seguiranno i loro insegnamenti, come potrà esserci pace e sicurezza nel paese?

                                                                                                    Io osservo queste cose e le comprendo a sufficienza, e ciò mi dovrebbe bastare. Ma, fra le persone ritenute sagge in Giappone, nemmeno una capisce tutto questo, e quindi il paese corre il grave pericolo di essere distrutto. Inoltre, si devono rispettare gli ammonimenti del Budda e impiegare una certa dose di compassione nei confronti degli altri. Perciò, per il bene del paese rischio l’integrità fisica e la vita parlando apertamente di queste cose. Ma, i governanti del paese sono così ingannati da questi uomini che nemmeno uno di loro presta ascolto ai miei ammonimenti. Io sono come qualcuno che getta acqua fredda sul ferro fuso o torce la gamba a un leone che dorme.

                                                                                                      Ecco com’è il prete chiamato Due Fuochi. Sul suo corpo indossa le tre vesti come un travestimento che non può mai togliersi e ha la sua ciotola per le elemosine che custodisce gelosamente, come se fossero i suoi occhi. Egli osserva meticolosamente i duecentocinquanta precetti e segue le tremila regole di condotta. E attualmente tutti, preti e monache ignoranti, laici, autorità di governo e gente del popolo, lo guardano come se fosse il Venerabile Deposito della Terra che apparve dal monte Kharadiya, o il Venerabile Mahakashyapa che scese dalla montagna sacra del Picco dell’Aquila. Ho letto personalmente il capitolo “Esortazione alla devozione”, nel quinto volume del Sutra del Loto, che spiega come, quando il mondo entra nell’Ultimo giorno della Legge, i tre grandi nemici del Sutra del Loto24 appariranno. E ho concluso che il terzo di questi nemici non è altro che quest’uomo.

                                                                                                        Pensavo che, se ci fosse stata l’occasione, avrei voluto attaccare questo nemico del paese, porre un freno alla sua smisurata arroganza, e affrontarlo con tutta la forza e l’autorità degli insegnamenti buddisti. Però, il prete Due Fuochi sta sempre seduto sul suo alto seggio e sospirando dice: «Faccio del mio meglio per assicurarmi che preti e monache di questo paese del Giappone seguano tutti rispettivamente i duecentocinquanta e i cinquecento precetti, e che gli uomini e le donne laici osservino tutti i cinque precetti e gli otto precetti, ma Nichiren ostacola la realizzazione dei miei desideri!».

                                                                                                          Poi mi sono detto che mi sarebbe piaciuto risolvere la questione attraverso la prova concreta. Quest’uomo dice costantemente alla gente che può far piovere a suo piacimento. Dunque, vediamo la prova! Nel passato ci sono molti casi in cui il potere di far piovere fu usato per determinare il valore relativo delle dottrine, come quando il Gran Maestro Dengyo si batté con Gomyo, e Shubin con Kobo25. E, guarda caso, le autorità hanno appena richiesto al prete Due Fuochi di pregare per la pioggia.

                                                                                                            Le preghiere per la pioggia del prete Due Fuochi dovevano cominciare il diciottesimo giorno del sesto mese dell’ottavo anno dell’era Bun’ei [1271] e durare fino al ventiquattresimo giorno dello stesso mese. Allora inviai un messaggero al tempio Gokuraku, dicendo esplicitamente che veniva da parte di qualcuno che negli ultimi anni aveva causato al prete molti sospiri. [Il messaggero gli riferì:] «Se entro sette giorni riuscirete a far piovere almeno una volta, allora diventerò vostro discepolo e comincerò ad abbracciare tutti i duecentocinquanta precetti. Inoltre, ammetterò che la mia condanna del Nembutsu come pratica che conduce all’inferno d’incessante sofferenza si basa su una interpretazione errata. E se io mi sottometterò, naturalmente lo faranno anche i miei discepoli e quasi tutta la popolazione del Giappone».

                                                                                                              In quei sette giorni inviai tre volte messaggeri a riferirgli le mie parole. Ma cosa andò storto? Non soltanto non cadde nemmeno una goccia di pioggia, ma tutti gli otto tipi di venti, venti ruggenti, venti ululanti, venti turbinosi, venti violenti, infuriarono senza sosta per tutte le ventiquattro ore del giorno e della notte. Inoltre per gli altri sette giorni [in cui furono prolungate le preghiere] questi venti proseguirono incessanti senza che cadesse nemmeno una goccia di pioggia.

                                                                                                                Che cosa significa? Izumi Shikibu era una donna di facili costumi e il prete Noin trascurava i precetti26, eppure entrambi, scrivendo poesie di trentuno sillabe, una forma che il prete Due Fuochi deplora, riuscirono a far cadere la pioggia. E il grande bandito e ladro dell’India, recitando le parole “Salve Budda” riuscì a rubare la testa d’oro alla statua del dio celeste27.

                                                                                                                  Eppure questo prete Due Fuochi e i suoi discepoli, parecchie centinaia di persone che seguivano i duecentocinquanta precetti ed eseguivano cerimonie grandi e piccole delle scuole della Vera parola e del Loto, si sono rivelati meno efficaci con le loro preghiere buddiste di una cortigiana con la sua poesia lasciva o di un ladrone con la sua invocazione “Salve Budda”. Non è strano?

                                                                                                                    Da ciò dovrebbe risultare ovvia la grave colpa di questi uomini. E invece le autorità accettarono le loro parole calunniose e la verità non venne mai alla luce. Sembrava giunto il tempo che il paese del Giappone perisse.

                                                                                                                      Quando si eseguono preghiere per la pioggia e poi piove davvero, la natura e l’aspetto della pioggia indicano se la persona che conduce le preghiere è degna o indegna. Ci sono vari tipi di pioggia, per esempio la pioggia celeste, la pioggia dei draghi, la pioggia degli asura, la pioggia comune, la pioggia dolce e la pioggia accompagnata da lampi e tuoni.

                                                                                                                        Nel caso in questione, ovviamente non cadde alcuna pioggia. In più, per quattordici giorni la siccità fu ancor più grave di prima, e venti impetuosi e nefasti soffiarono senza sosta per tutte le ventiquattro ore del giorno e della notte.

                                                                                                                          Se il prete Due Fuochi fosse stato un uomo veramente sincero, avrebbe dovuto rinunciare immediatamente alle proprie idee errate e andare a nascondersi in una foresta di montagna. Ma, lungi dal fare così, ha messo in mostra senza ritegno la sua faccia davanti a discepoli e patroni e, come se non bastasse, ha diffuso calunnie ed esercitato pressioni sul governo per fare in modo che fossi decapitato; infatti, a tale scopo, fu inviata una lettera alle autorità della provincia28 in cui ero esiliato. È un uomo molto cattivo che avrebbe voluto sbarazzarsi di me. Eppure i suoi patroni, nella loro ignoranza, continuano a sostenerlo, provocando così la rovina del paese in questa esistenza e la propria caduta nell’inferno d’incessante sofferenza nella prossima. Che cosa penosa!

                                                                                                                            Il Sutra dell’Origine del mondo29 dice: «Poiché i vari esseri viventi commettono atti lascivi e fanno cose che macchiano la purezza del loro comportamento, il Cielo si rifiuta di far piovere». E anche: «Poiché le persone vanno contro la Legge e sono colpevoli di avidità e avarizia, gelosia, visioni errate e perversità, il Cielo non manda la pioggia».

                                                                                                                              Inoltre Concetti divergenti nei sutra e nei testi vinaya30 afferma: «Ci sono cinque fattori che impediscono alla pioggia di cadere» (Ometterò qui i primi tre)31. «Quarto, colui che la evoca ha una condotta dissoluta e sregolata. Quinto, il sovrano del paese non governa secondo retti princìpi e chi esegue la preghiera per la pioggia è arrabbiato. In tali condizioni la pioggia non cadrà».

                                                                                                                                Usiamo come specchio questi passi delle scritture e vediamo cosa ci rivelano della vera natura del prete Due Fuochi. Essi rivelano con molta chiarezza chi veramente sia costui. Primo, anche se ha la reputazione di un osservante dei precetti, in realtà ha una condotta licenziosa. Secondo, è avido e avaro. Terzo, è geloso. Quarto, nutre visioni errate. Quinto, è dissoluto e sregolato. Egli possiede tutte e cinque queste caratteristiche.

                                                                                                                                  Questi passi delle scritture non si applicano solo al prete Due Fuochi, ma anche ad altre persone del passato e del presente. Così, quando il Gran Maestro Kobo pregò per la pioggia, per quattordici giorni non ne cadde nemmeno una goccia, un risultato ben strano! Eppure, arrogante, presuntuoso e ingannatore com’era, cercò di sfruttare la pioggia che l’imperatore aveva fatto cadere con le sue preghiere, pretendendo che fosse stato lui, Kobo, a produrla!

                                                                                                                                    Ugualmente, quando i maestri del Tripitaka Shan-wu-wei, Chin-kang-chih e Pu-k’ung pregarono per la pioggia, anche se in effetti ne cadde una piccola quantità, in tutti e tre i casi fu accompagnata da forti venti che continuarono a soffiare per lungo tempo, finché alla fine fu mandato un inviato imperiale a scacciare quegli uomini dal paese32. Com’erano penosi!

                                                                                                                                      Quando il Gran Maestro T’ien-t’ai e il Gran Maestro Dengyo pregarono per la pioggia, i loro risultati furono eccellenti e immediatamente, o al massimo in soli tre giorni, il dio Shakra mandò la pioggia senza che fosse accompagnata da alcun vento.

                                                                                                                                        Il Sutra del Loto dice: «Oppure vi saranno monaci che vivono nelle foreste, eremiti vestiti di stracci rattoppati, [che pretenderanno di praticare la vera via e guarderanno con disprezzo il genere umano]. Avidi di vantaggi materiali e sostegni, predicheranno la Legge ai laici vestiti di abiti bianchi e saranno rispettati e riveriti dal mondo quasi fossero arhat in possesso dei sei poteri sovrannaturali»33.

                                                                                                                                          E dice: «Cercando costantemente di diffamarci nelle grandi assemblee, si rivolgeranno ai sovrani, agli alti dignitari, ai brahmani e ai capifamiglia, come pure agli altri monaci, calunniandoci e parlando male di noi […] Demoni malvagi si impossesseranno di altre persone per farci maledire, ingiuriare, coprire di disonore»34.

                                                                                                                                            E dice: «I monaci corrotti di quell’era turbolenta, non comprendendo gli espedienti usati dal Budda per predicare la Legge nel modo più appropriato, con sguardo arcigno ci copriranno di insulti; saremo esiliati più e più volte»35.

                                                                                                                                              Il Sutra del Nirvana dice: «Uomini devoti, ci sono degli icchantika, o persone d’incorreggibile miscredenza, che si fingono arhat, che vivono in luoghi isolati e calunniano i sutra corretti ed equi del grande veicolo. Vedendoli, gli uomini comuni crederanno che siano dei veri arhat e parleranno di loro come di grandi bodhisattva».

                                                                                                                                                Quando osservo il Giappone attuale riflesso nello specchio buddista di questi passi dei sutra del Loto e del Nirvana, chi sono i preti riveriti dai governanti del paese come se fossero arhat in possesso dei sei poteri sovrannaturali? Chi calunnia il devoto del Sutra del Loto e vorrebbe fargli tagliare la testa? E chi sono i preti che le persone comuni venerano come grandi bodhisattva?

                                                                                                                                                  E chi è l’uomo saggio che per amore del Sutra del Loto è stato ripetutamente scacciato da un posto all’altro, che è stato ferito alla fronte, i cui discepoli sono stati uccisi, che è stato esiliato due volte e che alla fine è stato quasi decapitato?

                                                                                                                                                    Chi non ha occhi e non ha orecchi può essere scusato, ma chi li possiede esamini questi passi dei sutra e presti loro ascolto! Chi può dire di leggere questi passi dei sutra e di credere in essi, e allo stesso tempo indirizzare tutto il proprio odio unicamente contro Nichiren? Se credono davvero a questi passi dei sutra, allora facciano emergere i potenti nemici in essi descritti, dando così prova di aver veramente letto questi passi e di credere in essi. Se non fanno così, allora essere in collera con Nichiren, che legge e recita questi passi per come vanno letti, non significa forse essere in collera con i passi stessi? Agire così significa disprezzare l’inviato del Budda!

                                                                                                                                                      Se il prete Due Fuochi della nostra epoca non è da considerare il terzo dei tre potenti nemici del Sutra del Loto, allora il Budda Shakyamuni è un gran bugiardo, e Molti Tesori e i Budda delle dieci direzioni sono colpevoli di falsa testimonianza36. Ma, se questi passi di sutra dicono la verità, allora senza dubbio i governanti del paese, sostenendo il prete Due Fuochi, saranno abbandonati in questa esistenza dalle divinità benevolenti che li proteggono e li difendono, altri si impossesseranno del loro paese, e nella prossima esistenza nasceranno nell’inferno Avichi. E per avere tributato onore a un insegnamento profondamente malvagio, il modo in cui condurranno gli affari di governo sarà del tutto sconsiderato.

                                                                                                                                                        Se cerco di immaginare cosa ci sia nella mente di questi governanti dalle visioni errate, credo che stiano pensando: «Nichiren è un nemico implacabile del Budda Amida e un mortale avversario dei templi e delle pagode buddiste costruite dai nostri genitori. Anche se, nell’occuparci di lui, dovessimo discostarci dalle normali procedure, non andremmo contro la volontà dei Budda, e di certo le divinità celesti ci perdoneranno». Che stupidità, che stupidità!

                                                                                                                                                          Forse dovrei entrare in ulteriori dettagli, ma, trattandosi di una questione minore, non dirò altro. Le persone intelligenti riusciranno a capire ciò che intendo.

                                                                                                                                                            Ma, c’è un errore ben maggiore di quello che ho descritto fin adesso, un errore che è apparso in questo nostro paese, l’errore più grave di tutti in Giappone, la cui gravità è superiore a quella di ciò che ho appena descritto, come le nuvole sono superiori al fango. E siccome da lungo tempo tale errore è assai diffuso, il paese è stato abbandonato da Brahma, Shakra, dagli dèi del sole e della luna, dai quattro re celesti e dagli altri dèi del cielo, e le grandi divinità benevolenti che di solito proteggono e difendono il paese sono diventate al contrario le sue mortali nemiche. Brahma, Shakra e gli altri che proteggono e difendono il Sutra del Loto si sono rivolti a un sovrano santo di un paese confinante, ordinandogli di castigare il paese del Giappone in modo da poter adempiere il voto formulato al cospetto del Budda.

                                                                                                                                                              Molto tempo fa, nel Primo e nel Medio giorno della Legge, il mondo entrò in un periodo di declino, «un’era turbolenta». Ma, poiché tale epoca era appena iniziata, il paese non era ancora precipitato nel caos. Santi e saggi apparivano di tanto in tanto e c’erano innumerevoli sovrani e ministri dotati di virtù e fortuna. Così non c’erano deviazioni dalle giuste procedure di governo e la gente comune era onesta e retta. Allo scopo di correggere colpe minori apparvero persone come i Tre sovrani, i Cinque Imperatori, i Tre re e i Tre santi, che composero codici e canoni per garantire che il mondo fosse in buon ordine.

                                                                                                                                                                E, per un certo periodo, in effetti, il mondo rimase in buon ordine. Ma poi, gradualmente, col passare delle epoche, santi e saggi smisero di apparire e le persone dotate di virtù e benefici cominciarono a scarseggiare. Le tre calamità colpirono frequentemente il paese e i sette disastri assunsero proporzioni mai viste nelle epoche precedenti. I codici e le scritture non buddiste non bastarono più per affrontare la situazione e, per riportare l’ordine nel paese, fu necessario seguire gli insegnamenti delle scritture buddiste. E, così facendo, in effetti, per un certo periodo l’ordine fu garantito. Ma poi, nuovamente, con l’approssimarsi dell’ultima epoca, ci fu un cambiamento. Di giorno in giorno il male commesso dagli esseri umani cresceva e diventava sempre più evidente, e di mese in mese le capacità di governo declinavano sempre di più. Le tre calamità e i sette disastri dilagarono più che mai e i precetti hinayana non ebbero più alcun potere di risolvere la situazione.

                                                                                                                                                                  In quel tempo, allo scopo di riportare l’ordine, i precetti hinayana furono abbandonati e si adottarono i precetti mahayana, e, quando anche questi diventarono inefficaci, sul monte Hiei fu istituito un grande palco di ordinazione per amministrare i precetti mahayana dell’illuminazione immediata e perfetta del Sutra del Loto; così fu ristabilito l’ordine. In tal modo il Gran Maestro Dengyo rimosse e chiuse i tre palchi di ordinazione nei quali in passato venivano amministrati i precetti hinayana ed eliminò anche i precetti mahayana amministrati dalle scuole della Ghirlanda di fiori, dei Tre trattati e delle Caratteristiche dei dharma.

                                                                                                                                                                    Questo grande maestro non solo refutò le dottrine delle sei precedenti scuole di Buddismo37, ma studiò accuratamente anche gli insegnamenti della scuola Zen. Inoltre, esaminò le dottrine delle scuole del Loto e della Vera parola, che a quell’epoca non si erano ancora diffuse ampiamente in Giappone. Esaminandole allo specchio della dottrina buddista nel suo complesso per determinarne il relativo valore, vide che la distinzione fra insegnamenti essoterici ed esoterici era chiara come quella fra nero e bianco.

                                                                                                                                                                      Ma, siccome ciò non era sufficiente a fugare i dubbi dell’epoca, nell’era Enryaku affrontò il viaggio verso la Cina T’ang. I cinesi, però, pur essendo sagaci in altre questioni, non avevano ancora chiarito il valore relativo delle scuole T’ien-t’ai e della Vera parola e dei testi sui quali esse si basano, cioè rispettivamente il Sutra del Loto e quello di Mahavairochana, né avevano determinato quale fosse il più profondo. Perciò, il Gran Maestro Dengyo dopo il suo ritorno in Giappone espose le sue idee sulla base delle conclusioni che aveva raggiunto in precedenza. Come prova della superiorità degli insegnamenti T’ien-t’ai rispetto a quelli della Vera parola, citò il passo del decimo volume di Annotazioni su “Parole e frasi del Sutra del Loto” del Gran Maestro Miao-lo, nel quale Han-kuang afferma che il suo insegnante, il Maestro del Tripitaka Pu-k’ung, negli ultimi anni aveva abbandonato gli insegnamenti della Vera parola per convertirsi a quelli del Gran Maestro T’ien-t’ai.38 Questa citazione si trova in Chiarimento sulle scuole basate sulla dottrina di T’ien-t’ai di Dengyo.

                                                                                                                                                                        In più, affermò che la scuola della Vera parola non meritava affatto di essere chiamata “scuola”. Infatti, egli aveva scoperto che i tre maestri della Vera parola, Shan-wu-wei, Chin-kang-chih e Pu-k’ung avevano raggirato l’Acharya I-hsing appropriandosi della dottrina dei tremila regni in un singolo istante di vita, basata sull’illuminazione personale del Gran Maestro T’ien-t’ai, e asserendo che in realtà si trovava nel Sutra di Mahavairochana. Avevano commesso così il grave errore e inganno di prendere un tesoro appartenente a qualcun altro e affermare che era il loro.

                                                                                                                                                                          In maniera simile, secondo lui, anche il Maestro del Dharma Ch’eng-kuan aveva rubato i dieci modi di osservare la mente esposti dal Gran Maestro T’ien-t’ai [in Grande concentrazione e visione profonda]39 per incorporarli nella sua scuola della Ghirlanda di fiori e poi andare dicendo che la scuola T’ien-t’ai rappresentava “l’insegnamento dei rami”.

                                                                                                                                                                            Così il Gran Maestro Dengyo, negando che la Vera parola meritasse il nome di “scuola”, insegnò che esistevano solo sette scuole di Buddismo [le sei scuole precedenti e la scuola Tendai].

                                                                                                                                                                              Tuttavia, il prete chiamato Gran Maestro Kobo, un gran bugiardo sempre pronto a lodare se stesso e diffamare gli altri, dopo la scomparsa del Gran Maestro Dengyo, senza nemmeno affrontare in dibattito i suoi avversari, riuscì a ingannare i membri della corte imperiale e poté istituire come ottava scuola quella basata sugli insegnamenti della Vera parola.

                                                                                                                                                                                Nonostante ciò, gli uomini che portavano avanti nel Monte Hiei il lignaggio dottrinale del loro maestro originale, Dengyo, avrebbero dovuto affermare che esistevano soltanto sette scuole. Ma fra loro vi furono due uomini che andarono in Cina: il Gran Maestro Jikaku, terzo discepolo del Gran Maestro Dengyo, e il Gran Maestro Chisho, un tardo discepolo del reverendo Gishin, primo capo dei preti del Monte Hiei. A quel tempo la questione del valore relativo degli insegnamenti T’ien-t’ai, o Tendai, e di quelli della Vera parola era il principale oggetto di disputa e dibattito in Giappone e, perciò, ogni qual volta questi uomini incontravano qualche alto esponente della scuola T’ien-t’ai o della Vera parola in Cina, lo interrogavano sulla superiorità e profondità relativa dei due insegnamenti.

                                                                                                                                                                                  Ma fra i rinomati maestri dell’epoca c’era chi dichiarava che gli insegnamenti della Vera parola erano superiori, chi preferiva gli insegnamenti T’ien-t’ai, chi riteneva che avessero lo stesso valore, e chi asseriva che erano uguali nella teoria, ma diversi nella pratica. Nessuno però era in grado di esibire passi delle scritture per dimostrare con chiarezza le proprie affermazioni. Qualsiasi fosse la dottrina che prediligevano, si trattava semplicemente di una loro congettura.

                                                                                                                                                                                    Il Gran Maestro Jikaku ritornò in Giappone senza aver eseguito uno studio completo e approfondito, e al suo ritorno scrisse quattordici volumi di commentari alle scritture: sette erano commenti al Sutra della Corona di diamanti e sette al Sutra Susiddhikara. In sintesi questi commentari affermavano che il Sutra del Loto e i tre sutra della Vera parola, quello di Mahavairochana [quello della Corona di diamanti e il Susiddhikara] erano simili nei princìpi, ma differivano nella pratica40.

                                                                                                                                                                                      In questi commentari Jikaku si basò sulle idee fondamentali esposte in Annotazioni sul Sutra di Mahavairochana e in Commentario sul significato del Sutra di Mahavairochana, ma, non essendo del tutto certo della correttezza delle sue opere, si dice che le collocò di fronte all’immagine del Budda e pregò di riuscire a sapere se esse fossero o non fossero in accordo con la volontà del Budda. Poi sognò di scagliare una freccia e di colpire il sole. Svegliandosi all’improvviso interpretò il sogno come un fausto presagio e dichiarò che non c’erano più dubbi sulla superiorità degli insegnamenti della Vera parola. Richiese quindi che l’imperatore emanasse un editto che lo affermava41.

                                                                                                                                                                                        Mentre aspettava che l’editto circolasse in tutto il Giappone, Jikaku fu improvvisamente colpito dalla peste e in quattro mesi la sua vita terrena giunse al termine.

                                                                                                                                                                                          Il Gran Maestro Chisho si considerava un discepolo di Jikaku e, a suo nome, seguendo le istruzioni che quest’ultimo aveva lasciato in punto di morte, chiese che fosse emanato un editto imperiale. L’editto doveva dichiarare che gli insegnamenti della Vera parola e del Sutra del Loto erano di pari livello, come le due ali di un uccello o i due occhi di una persona, e che il Monte Hiei doveva riconoscere tutte le otto scuole di Buddismo.

                                                                                                                                                                                            Anche se i corpi di questi due uomini, Jikaku e Chisho, riposavano fra le nuvole sul Monte Hiei, le loro menti erano mescolate alla polvere del tempio To nella capitale. Anche se apparentemente portavano avanti l’eredità dottrinale del loro maestro originale, Dengyo, in realtà stavano tradendo i princìpi corretti insegnati da quel santo. Dal passo del Sutra del Loto che afferma: «Fra tutti i sutra gli spetta il posto più alto»42 avevano cancellato la parola “più alto”, relegandolo a una posizione inferiore a quella del Sutra di Mahavairochana. Non solo si comportarono da mortali nemici del Gran Maestro Dengyo, ma, per stupefacente che possa sembrare, anche da nemici di Shakyamuni, di Molti Tesori, dei Budda emanazioni nelle dieci direzioni, del Tathagata Mahavairochana e di tutti gli altri Budda.

                                                                                                                                                                                              Questo era il vero significato del sogno nel quale il Gran Maestro Jikaku scagliò una freccia contro il sole. Ciò fu l’inizio del grande errore negli insegnamenti buddisti. Era un presagio che il destino del Giappone era segnato, poiché la trave portante del paese, il Sutra del Loto, era stata ridotta a un mero paletto o sostegno del Sutra di Mahavairochana.

                                                                                                                                                                                                Anche in ambito politico era un’epoca in cui gli inferiori usurpavano la posizione dei loro superiori e i governanti erano costretti a obbedire ai desideri dei loro ministri. A quel tempo però ci fu un gruppo di maestri buddisti che mise energicamente in dubbio questa superiorità comparativa fra gli insegnamenti Tendai e della Vera parola, e il capo dei preti del Monte Hiei continuò a sostenere sia il Sutra del Loto sia quello di Mahavairochana; così alla fine la controversia non fu definitivamente risolta. Forse per questo il paese non andò incontro alla rovina immediata.

                                                                                                                                                                                                  Si osservi il seguente passo contenuto in una scrittura non buddista: «Se in un grande stato vi sono sette ministri, in uno stato di medie dimensioni cinque ministri e in un piccolo stato tre ministri, che fanno le proprie rimostranze e argomentano con il sovrano, allora, anche se c’è qualche errore nel modo di governare, lo stato non sarà distrutto. Allo stesso modo, se in una famiglia c’è un figlio che pone le sue obiezioni al capo famiglia, ciò impedirà che la famiglia compia azioni scorrette»43.

                                                                                                                                                                                                    Lo stesso vale nel mondo del Buddismo. Poiché al tempo di cui stiamo parlando c’era chi continuava a dibattere sulla relativa superiorità e profondità degli insegnamenti Tendai e della Vera parola e la questione non era ancora risolta, anche se potevano accadere problemi o disastri minori, il paese non era abbandonato dai cieli azzurri né respinto dalla terra gialla, e i problemi rimanevano all’interno dei confini del paese.

                                                                                                                                                                                                      Ma, al tempo dell’ex imperatore Goshirakawa, il settantasettesimo sovrano umano, il capo dei preti del tempio Enryaku sul monte Hiei, Myoun, mise da parte il Sutra del Loto e gli altri sutra che costituiscono i tre sutra per la protezione del paese44, che il Gran Maestro Dengyo aveva collocato sull’altare nella sala del tempio Shikan,45 e tributò invece onore al Sutra di Mahavairochana e agli altri sutra che compongono i tre sutra della Vera Parola, che il Gran Maestro Jikaku aveva collocato sull’altare nella sala del tempio Soji46. Così il monte Hiei divenne una montagna Tendai solo di nome, mentre in realtà era una montagna della Vera parola, e il regno del Sutra di Loto divenne proprietà del Sutra di Mahavairochana.

                                                                                                                                                                                                        Questo fu il presagio di un’epoca in cui Tendai e Vera parola, il capo dei preti e la comunità religiosa nel suo complesso, si sarebbero affrontati come nemici; e, per quanto riguarda in generale il nostro paese, fu il presagio di un’epoca in cui il re e i suoi ministri avrebbero lottato l’uno contro l’altro e il sovrano sarebbe stato costretto ad obbedire alla volontà dei suoi ministri. Fu il presagio di un tempo in cui tutto il paese sarebbe precipitato nel caos e sarebbe stato distrutto da un altro paese. Così Myoun fu ucciso per mano di Minamoto no Yoshinaka47 e l’ex imperatore Goshirakawa fu costretto a obbedire agli ordini di Taira no Kiyomori48. Né i membri della corte imperiale né gli uomini del Monte Hiei, però, compresero il motivo di questi accadimenti. Così nella società l’inquietudine rimase, e problemi e disastri si fecero sempre più frequenti e duraturi. Poi, nel regno dell’ottantaduesimo sovrano umano, l’ex imperatore Gotoba, si verificarono due disastri, l’uno dopo l’altro, e cioè la comparsa delle scuole Zen e Nembutsu.

                                                                                                                                                                                                          Il prete cinese Shan-tao aveva dichiarato precedentemente nei suoi scritti che in quest’ultima epoca il Sutra del Loto non poteva salvare neanche una persona su mille49 e Honen esortò le persone a “scartare, chiudere, ignorare e abbandonare [il Sutra del Loto]”50. Anche la scuola Zen liquidò il Sutra del Loto dichiarando di essere “una trasmissione separata al di fuori dei sutra, indipendente da parole o scritti”.

                                                                                                                                                                                                            Queste tre grandi dottrine malvagie, della Vera parola, Nembutsu e Zen, una dopo l’altra, hanno insinuato i loro nasi nel nostro paese; così esso è stato abbandonato dalle divinità celesti Brahma e Shakra, dagli dèi del sole e della luna e dai quattro re celesti. Queste divinità benevolenti, che in passato avevano protetto e difeso il paese, da quel momento in poi ne sono diventate le mortali nemiche.

                                                                                                                                                                                                              E così, uno dopo l’altro, imperatori in carica ed ex imperatori furono attaccati e costretti a sottomettersi ai membri dei clan guerrieri che prima erano al loro servizio. Furono esiliati nelle isole dei barbari, dalle quali non poterono mai fare ritorno e le loro misere spoglie si mescolarono alla polvere dell’isola.

                                                                                                                                                                                                                Il dominio che una volta apparteneva al sutra del vero insegnamento adesso era stato catturato con la forza e diventato proprietà degli insegnamenti della Vera parola, che si basano su sutra provvisori. In più, la gente comune del Giappone aveva adottato le dottrine malvagie delle scuole Zen e Nembutsu, un vero e proprio caso di usurpazione della carica dei superiori da parte degli inferiori, di una portata sconosciuta in passato, il caso più eclatante mai visto al mondo.

                                                                                                                                                                                                                  Ma il signore di Sagami51 non era un denigratore della Legge e aveva una profonda conoscenza delle questioni civili e militari, perciò il Cielo sancì la sua autorità e gli permise di diventare il governante del paese. Così per un po’ di tempo il mondo rimase in pace.

                                                                                                                                                                                                                    Ma gli insegnamenti della Vera parola, che in precedenza avevano fatto perdere l’autorità alla corte imperiale, si diffusero gradualmente nella regione del Kanto, dove, incredibilmente, ricevettero onore e venerazione. Così lo shogunato di Kamakura iniziò a patrocinare i preti della Vera parola, Zen e Nembutsu, grandi denigratori della Legge e miscredenti incorreggibili, e a costruire per loro nuovi templi, abbandonando quelli più antichi.

                                                                                                                                                                                                                      A causa di questo le divinità celesti, con gli occhi infiammati di collera, lanciarono sguardi inferociti al nostro paese, e gli dèi della terra fremettero d’indignazione. Una schiera di comete ricoprì il cielo e l’intera regione compresa fra i quattro mari fu scossa da terremoti.

                                                                                                                                                                                                                        Allarmato da questi disastri e prodigi, mi affrettai a fare ricerche nei circa cinquemila o settemila volumi delle scritture buddiste e nei circa tremila volumi delle scritture non buddiste, e scoprii che raramente in passato si era sentito parlare di questi strani fenomeni nei cieli e sulla terra. Gli studiosi confuciani non avevano lasciato alcun resoconto di eventi del genere e quindi non gettavano alcuna luce sulla loro origine e, per parte loro, le autorità buddiste erano altrettanto perplesse e incapaci di comprenderli. Conclusi così che queste calamità non scaturivano da un disturbo nella normale conduzione degli affari di governo o da un semplice errore secolare, ma senza dubbio derivavano da qualcosa che turbava gli insegnamenti buddisti.

                                                                                                                                                                                                                          Dapprima, riguardo ai grandi terremoti, nel primo anno dell’era Shoka [1257] cominciai a scrivere un’opera in un volume52 che alla fine sottoposi al prete laico del Saimyo-ji, adesso deceduto. Ma, non ci fu risposta e apparentemente non fui ascoltato.

                                                                                                                                                                                                                            Poiché io non sono il genere di maestro buddista cui il sovrano del paese presta ascolto, forse erano convinti che, qualsiasi cosa mi avessero fatto, non sarebbero stati puniti; comunque sia, nel cuore della notte, migliaia di preti Nembutsu e credenti laici, con l’approvazione di certe altre persone – a quanto mi hanno riferito – attaccò la piccola capanna in cui vivevo, con l’intenzione di uccidermi. In qualche modo quella notte riuscii a fuggire illeso. Ma, poiché l’attacco era stato condotto con la tacita approvazione di certe persone, coloro che presero parte a esso non dovettero mai render conto delle proprie azioni, e questa è una flagrante violazione delle rette procedure di governo.

                                                                                                                                                                                                                              Quando le autorità scoprirono con grande sorpresa che ero ancora vivo, mi esiliarono nella provincia di Izu. Quando le persone sono troppo accecate dall’odio, sembra che non esitino a commettere crimini che causeranno la loro stessa rovina o che violano le leggi contenute nel Formulario di sentenze. E, secondo il voto che è scritto in quel codice legale, la sacralità di tali leggi è protetta da Brahma, Shakra, dai quattro re celesti, dalla Dea del Sole e dal Grande Bodhisattva Hachiman53.

                                                                                                                                                                                                                                Se le dottrine buddiste che predico vanno al di là della comprensione di queste persone, dovrebbero convocare i preti ai quali si affidano, da tutto il Giappone, per incontrarmi in dibattito. E, se in tal modo non riuscissero a dirimere la questione, dovrebbero ricercare la verità in Cina e in India. Se anche questo non bastasse, dovrebbero dedurre che ci sono delle ragioni per questa situazione e smettere per il momento di preoccuparsene. Ma è sicuramente sbagliato che queste persone, poiché non capiscono i miei insegnamenti, commettano azioni che le condurranno alla rovina e che violano il sacro voto del Formulario di sentenze.

                                                                                                                                                                                                                                  Può sembrare una cosa presuntuosa da dire, ma, stando a ciò che è scritto nei sutra, io, Nichiren, ho tre relazioni speciali con gli abitanti del Giappone, dal Figlio del Cielo fino alla miriade dei popolani. Primo, sono il loro padre e la loro madre; secondo, sono il loro maestro; terzo, sono l’inviato del loro sovrano.

                                                                                                                                                                                                                                    Il Sutra del Loto dice: «Egli è l’inviato del Tathagata»54. E anche: «Costui sarà l’occhio del mondo»55 e «Come la luce del sole e della luna…»56. Il Gran Maestro Chang-an dice: «Chi la libera dal male, sta agendo come un genitore»57.

                                                                                                                                                                                                                                      Ma le autorità hanno dato ascolto alle parole diffamatorie di quei preti che offendono la Legge, persone d’incorreggibile miscredenza e nemici del paese, e, non avendone compreso il vero significato, hanno cominciato senza la minima esitazione a discostarsi dal retto modo di governare, che è di vitale importanza. Stanno forse volontariamente attirandosi disgrazie? Altrimenti, per quale motivo commettono tali azioni insensate?

                                                                                                                                                                                                                                        Dopo che la situazione si fu calmata, sembrava che si vergognassero di aver punito un uomo innocente e perciò ben presto mi richiamarono dall’esilio. E, poco dopo, il prete laico del Saimyo-ji lasciò questo mondo.

                                                                                                                                                                                                                                          Ma, al tempo del governante successivo, io fui ferito, i miei discepoli furono uccisi, fui braccato da un posto all’altro, la mia dimora fu attaccata e non ebbi pace su questa terra, né per un giorno e nemmeno per un’ora.

                                                                                                                                                                                                                                            A questo proposito mi sovviene ciò che disse il Budda: «[Il Sutra del Loto] dovrà fronteggiare molta ostilità e sarà difficile credervi»58. E i vari bodhisattva fecero un voto: «Senza curarci dei nostri corpi o delle nostre vite, avremo a cuore solo la via suprema»59. Io capii che, quando si è condannati all’esilio o si è attaccati con le spade, come suggerisce il passo che recita: «Qualcuno […] lo attacca con spade e bastoni, o con tegole e pietre»60 o quello che dice: «Saremo esiliati più e più volte»61, questo è il modo di leggere interamente con la propria vita il testo del Sutra del Loto. E, come il Bodhisattva Mai Sprezzante, il Monaco Realizzazione di Virtù, il Bodhisattva Nagarjuna, il Bodhisattva Aryadeva o Buddhamitra e il Venerabile Aryasimha, decisi di esprimermi con ancor più veemenza per sostenere il Sutra del Loto.

                                                                                                                                                                                                                                              A quel tempo, osservando i nemici mortali del Sutra del Loto e considerando ciò che è scritto nel sutra, ero consapevole che, se li avessi denunciati con la stessa forza che avrei impiegato contro i nemici di mio padre, di mia madre o del mio maestro, i nemici della corte o i miei nemici sin dalle vite passate, il popolo del Giappone si sarebbe arrabbiato sicuramente, i governanti avrebbero dato retta alle calunnie sul mio conto e io sarei stato condannato all’esilio o forse persino decapitato. A quel tempo, pensai, si vedrà se Brahma, Shakra, gli dèi del sole e della luna e i quattro re celesti adempieranno il voto solenne che formularono al cospetto del Budda. Essi fecero voto che i nemici del devoto del Sutra del Loto non sarebbero sfuggiti alla punizione nemmeno per un momento. Li metterò personalmente alla prova.

                                                                                                                                                                                                                                                Shakyamuni, Molti Tesori e i Budda delle dieci direzioni, che sono emanazioni di Shakyamuni hanno dichiarato in tutta sincerità che avrebbero dimorato insieme al devoto del Sutra del Loto, lo avrebbero ricoperto con il loro manto, l’avrebbero protetto e difeso. Ero determinato a mettere alla prova le loro parole per vedere se erano vere o false e aumentare così la mia fede. Perciò non diminuii i miei sforzi. E, come avevo previsto, nell’ottavo anno di Bun’ei [1271], il dodicesimo giorno del nono mese, pur non avendo commesso la minima colpa, fui esiliato nella provincia di Sado.

                                                                                                                                                                                                                                                  Apparentemente mi stavano esiliando in una regione lontana, ma segretamente era stato deciso che mi avrebbero decapitato. Avevo sempre saputo che saremmo arrivati a questo e perciò dissi ai miei discepoli: «Ciò che da tempo desideravo adesso si sta verificando e io sono colmo di gioia. È difficile nascere in forma umana e tale forma si distrugge facilmente. Vita dopo vita, per innumerevoli kalpa ho perso la vita per ragioni insignificanti, ma non l’ho mai data per il Sutra del Loto. Adesso, se la mia testa sarà tagliata, seguirò le orme del Venerabile Aryasimha e compirò un atto che risplenderà più di quelli di T’ien-t’ai e Dengyo. Mi unirò alla schiera dei venticinque successori del Budda62 per diventare il ventiseiesimo. Svolgerò una pratica che supera quelle del Bodhisattva Mai Sprezzante. Lascerò sconcertati Shakyamuni, Molti Tesori e i Budda delle dieci direzioni che non sapranno più come trattarmi».

                                                                                                                                                                                                                                                    Perciò non cessai i miei avvertimenti, ma parlai senza remore, descrivendo gli eventi del passato e ciò che sarebbe accaduto in futuro, e dissi tutto questo a Hei no Saemon. Ma non voglio entrare nei dettagli delle molte cose che gli dissi.

                                                                                                                                                                                                                                                      Adesso quelli che sono diventati i sovrani del Giappone possono gestire tutte le questioni come meglio credono. In qualsiasi faccenda dovrebbero invitare rappresentanti di entrambe le parti prima di decidere quale opinione sia superiore e dirimere la questione. Eppure, soltanto Nichiren non è stato convocato per un confronto con gli altri preti buddisti, bensì accusato arbitrariamente di gravi colpe. È una faccenda estremamente seria. Anche se Nichiren fosse stato colpevole di quelle gravi imputazioni, agire così non porta di certo pace e sicurezza nel paese.

                                                                                                                                                                                                                                                        Il Formulario di sentenze è composto di cinquantun articoli e termina con un voto davanti agli dèi. Il primo e il secondo articolo trattano di questioni relative agli dèi e ai Budda, e così via per cinquantuno articoli. Eppure, questa persona che tiene in mano il Sutra del Loto, essenziale nelle questioni che riguardano gli dèi e i Budda, non viene convocata in modo da poter affrontare coloro che la calunniano, ma viene trattata come se le accuse dei calunniatori fossero vere, e condannata alla pena capitale. I governanti possono assumersi la responsabilità di azioni che violano il voto sancito dal Formulario di sentenze, ma questa è sicuramente un’azione della massima gravità. Vogliono forse, unicamente per il loro odio verso Nichiren, distruggere il paese e attirare su se stessi la rovina?

                                                                                                                                                                                                                                                          Si narra che il Duca Ai dello stato di Lu63 parlò di una persona famosa per la propria smemoratezza che si dice avesse dimenticato di portare con sé la moglie quando aveva traslocato. Ma Confucio commentò che c’è chi fa di peggio, e cioè si dimentica della propria sicurezza e del proprio benessere. Persone che diventano i sovrani del paese e poi conducono gli affari di governo in maniera ingiusta sono esempi di ciò che intendeva Confucio.

                                                                                                                                                                                                                                                            O forse i sovrani del paese non conoscono nei dettagli le cose che sto dicendo? Anche se le ignorano, difficilmente sfuggiranno alla grave accusa di essersi comportati da mortali nemici del Sutra del Loto.

                                                                                                                                                                                                                                                              Alla presenza di Molti Tesori e dei Budda delle dieci direzioni, il Budda Shakyamuni, il signore degli insegnamenti, descrisse con le sue stesse parole la situazione dell’ultima epoca. Il sutra narra che a quel tempo i bodhisattva dissero: «Demoni malvagi si impossesseranno di altre persone per farci maledire, ingiuriare, coprire di disonore. […] saremo esiliati più e più volte»64.

                                                                                                                                                                                                                                                                E il Sutra dei Sovrani, che fu esposto da Shakyamuni e dai quattro Budda delle quattro direzioni65, dice: «Dato che gli uomini malvagi sono rispettati e prediletti mentre gli uomini buoni sono sottoposti a punizioni, giungeranno saccheggiatori da altre regioni e la popolazione andrà incontro a disordini e morte».

                                                                                                                                                                                                                                                                  Anche se i governanti possono disprezzare e schernire Nichiren, non possono invalidare le auree parole del Budda Shakyamuni, il signore degli insegnamenti, o le conferme di quelle parole da parte del Budda Molti Tesori e dei Budda delle dieci direzioni. Ma, anche se, sin dai tempi passati, hanno dato sostegno e fedeltà a tutti questi maestri della Vera parola e uomini delle scuole Zen e Nembutsu, monaci malvagi che offendono la Legge, poiché non erano consapevoli che facendolo stavano commettendo un grave errore, in una certa misura gli dèi celesti li hanno perdonati e le divinità benevolenti non li hanno abbandonati del tutto.

                                                                                                                                                                                                                                                                    Adesso, però, nel mondo è apparso Nichiren, che non ha paura di nessuno ed è pronto a dare il suo corpo e la sua vita per far conoscere la verità. Se questi uomini fossero davvero governanti saggi, ascolterebbero attentamente ciò che egli ha da dire. Invece non ascoltano, né danno retta ai suoi consigli e, anche se può sembrare incredibile, arrivano a pensare di tagliargli la testa. È una cosa assolutamente incredibile!

                                                                                                                                                                                                                                                                      Così vediamo che due mali sono apparsi l’uno a fianco all’altro: il grave errore di dar credito a uomini di grande malvagità e il grave crimine di coprire di disonore uomini di grande bontà che abbracciano l’insegnamento corretto. È come onorare e rispettare gli asura e scagliare frecce contro il dio del sole! Per questo nel nostro paese ora stanno accadendo gravi disordini mai visti in passato.

                                                                                                                                                                                                                                                                        Ma non si tratta di una situazione senza precedenti nella storia. Per esempio il re Chieh della dinastia Hsia decapitò il suo ministro Kuan Lung-feng, il re Chou della dinastia Yin squarciò il petto del suo ministro Pi Kan, il secondo imperatore della dinastia Ch’in mise a morte il suo ministro Li Ssu66, il re Udayana ricoprì di insulti il Venerabile Pindola67, il re Dammira tagliò la testa del Venerabile Aryasimha, l’imperatore Wu della dinastia Chu settentrionale ebbe una diatriba con il Maestro del Dharma Hui-yüan, l’imperatore Hsien-tsung della dinastia T’ang condannò all’esilio Po Chü-i68 e l’imperatore Hui-tsung della dinasta Sung marchiò sul volto il Maestro del Tripitaka Fa-tao.

                                                                                                                                                                                                                                                                          Tutti questi sovrani, non solo non diedero retta agli ammonimenti, ma al contrario sfogarono la propria ira su coloro che li avevano ammoniti. In questa esistenza persero il regno e la vita, e dopo caddero nei cattivi sentieri. Questo accadde perché dimostrarono disprezzo per gli altri, ascoltarono le parole dei calunniatori e non agirono secondo ragione.

                                                                                                                                                                                                                                                                            Nel secondo mese dell’undicesimo anno di Bun’ei [1274] fui richiamato dall’esilio nella provincia di Sado. L’ottavo giorno del quarto mese dello stesso anno ci fu un interrogatorio con Hei no Saemon. In quell’occasione gli descrissi nei dettagli la totale irragionevolezza delle azioni che erano state intraprese contro di me e gli dissi anche che, con mio grande rammarico, questo paese era destinato a essere distrutto dall’esercito di un altro paese e la situazione era estremamente grave.

                                                                                                                                                                                                                                                                              Hei no Saemon chiese quando l’esercito del grande paese mongolo avrebbe sferrato il proprio attacco. Io replicai che i passi del sutra non stabiliscono un anno o un mese specifico, ma, a giudicare dall’aspetto che il cielo aveva assunto, sembrava estremamente in collera con il nostro paese, ed ero convinto che l’attacco si sarebbe sicuramente verificato entro l’anno. E, se ci fosse stato, nessuno sarebbe stato in grado di contrastarlo. Aggiunsi che questa era la punizione del Cielo e che, poiché lui e gli altri funzionari avevano rifiutato di prestare ascolto al mio consiglio, non c’era niente che io potessi fare. Lo ammonii che in nessuna circostanza si doveva permettere ai preti della Vera parola di cercare di sconfiggere i mongoli con le loro preghiere, perché, se l’avessero fatto, avrebbero solo peggiorato la situazione.

                                                                                                                                                                                                                                                                                Dopo aver espresso il mio consiglio, feci ritorno nei miei alloggi. Ma, come in passato, sia gli alti sia i bassi gradi del governo si rifiutarono di prestare ascolto alle mie parole. La mia intenzione nell’offrire questo consiglio era sempre stata quella di ripagare il debito di gratitudine nei confronti del mio paese. Se dopo averli ammoniti per tre volte avessero continuato a ignorare le mie parole, mi sarei ritirato in montagna, nelle foreste. In verità, si afferma in uno dei testi antichi che, se per tre volte si cerca di ammonire i governanti e le proprie parole non vengono ascoltate, bisognerebbe ritirarsi dalla scena69. E, così come questo testo prescrive, mi sono ritirato sulle montagne.

                                                                                                                                                                                                                                                                                  Inoltre, poiché i governanti del paese si rifiutano di ascoltare il mio consiglio, mi sembra impossibile cercare di esporre le mie dottrine buddiste agli uomini al loro servizio. Anche se cercassi di predicare a loro, dubito che, così facendo, potrei aiutare il paese o essere sicuro che essi conseguano la Buddità.

                                                                                                                                                                                                                                                                                    Ho anche affermato che la pratica del Nembutsu condanna una persona all’inferno di sofferenza incessante e che non si dovrebbe recitare il Sutra di Amida, ma questa non è semplicemente una mia opinione personale. Questa pratica di recitare il nome del Budda Amida ha origine dal Sutra di Amida e dagli altri sutra che costituiscono i tre sutra della Pura terra, sutra che furono predicati durante i primi quarant’anni e più dei cinquant’anni nei quali il Tathagata Shakyamuni predicò gli insegnamenti buddisti.

                                                                                                                                                                                                                                                                                      Si potrebbe supporre che qualsiasi aurea parola pronunciata dal Budda debba senza dubbio rappresentare la verità. Eppure nel Sutra degli Innumerevoli significati, che funge da introduzione al Sutra del Loto, predicato negli ultimi otto anni della sua vita, il Budda, preparandosi a predicare il Sutra del Loto, si riferì ai vari sutra che aveva predicato nei primi quarant’anni e più della sua vita di predicazione, e al numero di anni che erano trascorsi da quando lo aveva fatto, dicendo: «In questi quarant’anni e più non ho ancora rivelato la verità». E inoltre affermò: «[Per quanto riguarda coloro che sono incapaci di udire questo sutra] […] alla fine essi non riusciranno a ottenere l’insuperata illuminazione».

                                                                                                                                                                                                                                                                                        Così con quest’unica dichiarazione egli negò tutti i vari sutra predicati in precedenza e le dottrine in essi contenute. Fu come una grande inondazione che estingue un piccolo fuoco o un grande vento che fa cadere la rugiada dalla moltitudine di piante e alberi.

                                                                                                                                                                                                                                                                                          In seguito, nel primo volume del Sutra del Loto, nella sezione di rivelazione [che inizia con il capitolo “Espedienti”], il Budda disse: «L’Onorato dal Mondo ha esposto a lungo le sue dottrine e adesso deve rivelare la verità»70. E disse anche: «Mettendo da parte onestamente gli espedienti, esporrò unicamente la via suprema». Fu come una grande luna rotonda che appare nella notte oscura, o come il completamento di una grande pagoda, dopodiché l’impalcatura viene tolta di mezzo.

                                                                                                                                                                                                                                                                                            Dopo aver fatto queste affermazioni, il Budda espose il suo vero intento dicendo: «Tuttavia questo triplice mondo costituisce il mio dominio e gli esseri che ci vivono sono tutti miei figli. Questo luogo adesso è pieno di dolore e sofferenza. Io sono l’unica persona che può salvarli e proteggerli, ma, benché io li istruisca e li ammonisca, essi non accettano i miei insegnamenti»71. E continuò: «Se qualcuno […] vedendo coloro che leggono, recitano, copiano e sostengono questo sutra, li dovesse disprezzare, odiare, invidiare, o provare rancore nei loro confronti […] Allorché la sua vita giungerà al termine egli cadrà nell’inferno Avichi»72.

                                                                                                                                                                                                                                                                                              L’insegnamento esposto in questi passi del sutra non è una cosa comune. Di solito i sutra proclamano che cadranno nell’inferno Avichi le persone colpevoli dei cinque peccati capitali e dei sette peccati capitali73. Ma per il Sutra del Loto è diverso. Tutte le persone che durante la vita del Budda o dopo la sua morte si attaccano in modo categorico al Sutra Amida o agli altri sutra esposti nei primi quarant’anni e più della vita di predicazione del Budda, rifiutandosi di accettare il Sutra del Loto, le persone che accettano il Sutra del Loto, ma si rifiutano di abbandonare la loro adesione ai sutra precedenti e li praticano insieme a quello del Loto, le persone che dichiarano che i sutra precedenti o quelli a cui aderiscono sono superiori al Sutra del Loto, o le persone che, pur praticando il Sutra del Loto come esso insegna, trattano il devoto del Sutra del Loto con disprezzo, tutte queste persone, quando la loro vita presente giungerà al termine, ci assicura il Budda, cadranno nell’inferno Avichi.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                Anche se questa dottrina fu proclamata da un solo Budda, Shakyamuni, a meno che non si segua un insegnamento non buddista, non si dovrebbe dubitarne. Allo scopo di chiarire che ha un peso ben maggiore di tutte le altre dottrine degli altri sutra che il Budda ha predicato, che ora predica e che predicherà, il Tathagata Molti Tesori della terra chiamata Tesoro della Purezza venne di persona in questo mondo per testimoniarne l’importanza. La sua testimonianza confermò che tutte quelle persone tenacemente attaccate agli insegnamenti precedenti del Tathagata Shakyamuni, esposti nei sutra di Mahavairochana, di Amida e in altri, o alla pratica Nembutsu, che non accettano il Sutra del Loto predicato in seguito, sono senza dubbio destinate a cadere nell’inferno Avichi.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Inoltre il Budda Amida e gli altri Budda delle dieci direzioni abbandonarono tutti le rispettive terre e si recarono sul Picco dell’Aquila per prendere parte alla Cerimonia dell’Aria. Là, seduti sotto gli alberi ingioiellati, tirarono fuori le loro lunghe e larghe lingue fino a raggiungere il cielo di Brahma. E fu come se un numero infinito, incalcolabile di arcobaleni si innalzasse nel cielo.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Di conseguenza, tutte le cose narrate nei sutra predicati nei primi quarant’anni e più, come i sutra della Meditazione, di Amida e del Compassionevole fiore di loto bianco, compresa la storia di come il monaco Tesoro del Dharma formulò i suoi quarantotto voti e gli altri bodhisattva formularono i loro, promettendo di guidare le persone comuni alla Pura terra con la distinzione in nove gradi74, non furono più altro che momentanee parole di conforto predicate prima del Sutra del Loto. Infatti, questa cosa di essere accolti nelle pure terre delle dieci direzioni e della direzione occidentale, come affermano vari sutra, non esiste e non si dovrebbero considerare simili asserzioni come se fossero la verità.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                      La verità è in ciò che il Budda Shakyamuni ha predicato adesso [nel Sutra del Loto]. Si dovrebbe avere fede nei cinque caratteri di Nam-myoho-renge-kyo, il nucleo del capitolo “Durata della vita”. Fu per affermare questo che Shakyamuni, Molti Tesori e i Budda delle dieci direzioni apparvero qui ed estesero le loro lunghe e ampie lingue.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                        «Noi siamo Budda, così come Shakyamuni è un Budda» [dissero i Budda delle dieci direzioni]. «Il Budda Shakyamuni è come la luna in cielo e noi siamo il riflesso della luna nell’acqua. Il regno del Budda Shakyamuni è in realtà questo mondo di saha. Finché la luna rimarrà in cielo anche noi non ce ne andremo. Continueremo a risiedere in questo mondo di saha e a proteggere e difendere il devoto del Sutra del Loto, servendolo come i ministri e i sudditi servono il sovrano, e amandolo come i genitori amano il loro unico figlio». Questo è ciò che volevano esprimere quando estesero la loro lingua.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                          A quel tempo Percettore dei Suoni del Mondo e Grande Potere, i più importanti discepoli del Budda Amida, erano i suoi assistenti e, come due ali, come i ministri della sinistra e della destra o come un paio d’occhi, lo accompagnarono per tutto il viaggio dal Mondo della Perfetta Beatitudine fino al nostro mondo attuale. Ma, quando il Budda Shakyamuni predicò il Sutra degli Innumerevoli significati, egli chiarì che i quarantotto voti descritti nel Sutra di Amida e in sutra simili appartengono a un tempo in cui egli non aveva “ancora rivelato la verità”. E nel Sutra del Loto egli citò il Budda Amida per nome75, e affermò che le dottrine associate al suo nome non rappresentano la verità.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Percettore dei Suoni del Mondo e Grande Potere non potevano crederci, ma il Budda Amida stesso si fece avanti e lo confermò. Allora essi compresero che i seggi di loto e il gesto di unire le palme delle mani, che questi due bodhisattva impiegavano per accogliere i credenti Nembutsu nella Pura terra con i nove gradi di distinzione, erano completamente privi di qualsiasi verità.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                              A quel punto conclusero che non aveva senso che ritornassero nel loro mondo di origine. Si unirono invece agli altri ottantamila o ventimila bodhisattva [riuniti nella cerimonia del Sutra del Loto] e fecero voto che nel loro «andare e venire per il mondo di saha»76, come afferma il capitolo del Sutra del Loto “Percettore dei Suoni del Mondo”, si sarebbero dedicati assiduamente a proteggere e difendere il devoto del Sutra del Loto in questo mondo di saha. Fu loro assegnato un posto presso il Budda Shakyamuni, in una piccola località chiamata Monte Potalaka nella parte meridionale del continente di Jambudvipa, vicino al nostro paese del Giappone.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Il Budda Amida, che era stato abbandonato dai suoi due ministri della sinistra e della destra, Percettore dei Suoni del Mondo e Grande Potere, non ritornò nel suo regno nella direzione occidentale, ma rimase nel nostro mondo, dichiarando che avrebbe protetto e difeso il devoto del Sutra del Loto. Nel cielo Tushita, il quarto cielo del mondo del desiderio, il regno del bodhisattva Maitreya, ci sono quarantanove chiostri e il Budda Amida fu assegnato a uno di questi. Si dice che vi appose una targa con la scritta “Chiostro di Amida” e poi vi stabilì la sua residenza.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Nel Sutra di Amida il Budda [Shakyamuni], rivolgendosi a Shariputra, afferma che le persone comuni possono ottenere la rinascita nella Pura terra. Il Budda dice varie volte: «Shariputra! Shariputra!» e poi ancora «Shariputra!», ripetendo in maniera insistente il nome più di venti volte nell’arco di quel breve sutra. Eppure, nei quattro fogli che lo compongono non si afferma mai, nemmeno una volta, che a Shariputra e agli altri discepoli ascoltatori della voce sarebbe stato concesso di rinascere nella Pura terra e conseguire la Buddità. È solo con la comparsa del Sutra del Loto che apprendiamo la predizione del Budda che Shariputra sarebbe diventato il Tathagata Fiore Splendente, che Mahakashyapa sarebbe diventato un Budda di nome Tathagata Fulgida Luce e così via.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Shariputra era considerato l’uomo più saggio dell’intero continente di Jambudvipa, eppure, nei tre sutra della Pura terra non ci sono accenni alla sua capacità di rinascere nella Pura terra e conseguire la Buddità. Quale speranza di poter sfuggire alle sofferenze di nascita e morte possono dunque offrire questi sutra agli uomini e alle donne di quest’ultima epoca, che sono come tante vacche o pecore?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Ma gli studiosi buddisti della nostra ultima epoca che non comprendono la situazione, o le persone che hanno appena iniziato a praticare il Sutra del Loto, leggeranno riverentemente il Sutra di Amida o lo metteranno sullo stesso livello del Sutra del Loto, o reciteranno il Sutra di Amida dopo aver recitato il Sutra del Loto, considerandolo il cuore degli insegnamenti del Sutra del Loto, oppure confideranno nei benefici che si ricevono dal Sutra di Amida, sperando che consentano loro di rinascere nel Paradiso occidentale. Una persona che agisce così è come un drago che cavalca una scimmia, o un leone che si fida di una volpe. Il Sutra di Amida è paragonabile alla luce di una costellazione dopo che il sole è apparso nel cielo, o a piccole gocce di rugiada durante una pioggia torrenziale.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Perciò il Gran Maestro Dengyo disse: «Il mattino in cui si riceve il carro trainato dal bue bianco non si ha più bisogno degli altri tre tipi di carro; la sera in cui si ereditano le fortune di famiglia, che motivo c’è di continuare a spazzare lo sterco? Perciò il Sutra del Loto dice: “Mettendo da parte onestamente gli espedienti, esporrò unicamente la via suprema”»77. E disse anche che quando sorge il sole, le stelle scompaiono alla vista, e quando appare il vero talento, si riconosce la goffaggine78.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Dopo l’apparizione del Sutra del Loto tutti gli altri sutra predicati nel passato, nel presente o nel futuro sono ovviamente da abbandonare. E, anche se qualcuno li dovesse praticare, non avrebbero altra funzione che quella di aiutanti e servi del Sutra del Loto.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Eppure, adesso il popolo del Giappone crede fermamente nell’asserzione di Tao-cho che «non una singola persona ha mai conseguito la Buddità»79 grazie al Sutra del Loto, nell’affermazione di Shan-tao che “neanche una persona su mille” può essere salvata da questo sutra, nell’introduzione di Eshin ai suoi Fondamenti per la rinascita nella Pura terra o nelle Dieci condizioni della rinascita nella Pura terra di Yokan, o all’ordine di Honen di “scartare, chiudere, ignorare e abbandonare” gli altri sutra. Quindi, alcuni di loro scartano il Sutra del Loto e si dedicano interamente al Nembutsu, altri fanno del Nembutsu la loro pratica fondamentale, ma vi aggiungono l’osservanza del Sutra del Loto. Alcuni mettono sullo stesso piano il Nembutsu del Budda Amida e il Sutra del Loto, e li seguono entrambi, praticandoli simultaneamente, mentre altri considerano il Nembutsu e il Sutra del Loto due nomi diversi di un’unica verità e praticano di conseguenza.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Tutte queste persone dimorano nella casa del Budda Shakyamuni, il signore degli insegnamenti, eppure ignorano il loro maestro e sovrano. Invece costruiscono templi dedicati ad Amida nel dominio del Tathagata Shakyamuni, uno in fila all’altro, in ogni provincia, in ogni villaggio, in ogni famiglia. Praticano e ripetono il Nembutsu diecimila volte, ventimila volte, settantamila volte, o dedicano a esso l’intera vita e, per strano che possa sembrare, si dimenticano del tutto del loro sovrano, maestro e genitore.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Inoltre si appropriano dei due anniversari della nascita e della morte del loro padre, il Budda Shakyamuni, e dicono che il secondo, il quindicesimo giorno [del secondo mese], è la data della morte del Budda Amida e il primo, l’ottavo giorno [del quarto mese], è la data di nascita del Budda Maestro della Medicina. Prendere queste due date di nascita e morte di un singolo Budda, e assegnarle alla nascita e alla morte di due Budda diversi che dimorano rispettivamente a est e a ovest, non è forse un’enorme mancanza di pietà filiale? E chiunque faccia questo non è forse colpevole di tradire il suo maestro e commettere i sette peccati capitali? Chi lo fa commette un grave errore, eppure pensa di non avere alcuna colpa. Ognuno di loro è un miscredente incorreggibile, sfacciato e privo di vergogna.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Il secondo volume del Sutra del Loto descrive le tre grandi funzioni del Budda Shakyamuni, di sovrano, genitore e maestro, che costituiscono il cuore dell’intero sutra. In quel passo il Budda afferma: «Tuttavia questo triplice mondo costituisce il mio dominio e gli esseri che ci vivono sono tutti miei figli. Questo luogo adesso è pieno di dolore e sofferenza. Io sono l’unica persona che può salvarli e proteggerli». E, riguardo a coloro che contravvengono a questo passo del sutra, il Budda dice: «Ma, benché io li istruisca e li ammonisca, essi non accettano i miei insegnamenti […]. Allorché la sua vita giungerà al termine egli cadrà nell’inferno Avichi».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Shan-tao, che i credenti Nembutsu considerano uno dei loro fondatori, è compreso fra “gli esseri del triplice mondo” eppure egli contraddice il passo del sutra nel quale Shakyamuni dichiara: «Io sono l’unica persona che può salvarli e proteggerli», e afferma invece che «neanche una persona su mille» sarà salvata da insegnamenti come quelli del Sutra del Loto. Per questo nella vita presente egli è impazzito, si è arrampicato su un salice e si è gettato sulla dura terra. E non è riuscito nemmeno a morire, ma, per quattordici giorni, dal quattordicesimo al ventisettesimo giorno del mese, si è dibattuto nella sua follia finché non è sopraggiunta la morte.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Allo stesso modo, i fondatori della scuola della Vera parola, i maestri del Tripitaka Shan-wu-wei, Chin-kang-chih e Pu-k’ung, consideravano con disprezzo il Budda Shakyamuni, il re del Dharma e signore degli insegnamenti, che era un padre anche per loro, e onoravano invece Mahavairochana, un Budda col quale non avevano alcun legame. Perciò Shan-wu-wei non solo fu rimproverato da Yama, il re dell’inferno, ma cadde nell’inferno di incessante sofferenza. Se dubitate di questo, guardate con i vostri occhi il dipinto nella sala Yama80. Ma le storie che riguardano Chin-kang-chih e Pu-k’ung sono così tante che non voglio entrare nei dettagli adesso.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Ancora, il Maestro di Meditazione San-chieh, chiamato anche Hsin-hsing, della scuola Zen, relegò il Sutra del Loto e gli altri sacri insegnamenti esposti dal Budda nella sua vita di predicazione a un rango inferiore, chiamandoli “insegnamenti specificamente designati”, ed elevò al posto d’onore quello che egli chiamava “sutra universale”, un sutra che aveva composto egli stesso. E per questo, anche se per un certo periodo fu considerato fra i quattro ordini di bodhisattva, quando una donna laica che sosteneva gli insegnamenti del Sutra del Loto lo sfidò a confutarla, si trasformò, nella sua vita presente, in un enorme serpente e divorò dozzine dei suoi stessi discepoli.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Se adesso il popolo del Giappone, pur abbracciando il Sutra del Loto e tributando al Budda Shakyamuni il rispetto e gli onori che gli sono dovuti, tributa al tempo stesso anche rispetto ai patriarchi della scuola della Vera parola, o della scuola Zen, o ai maestri Nembutsu, difficilmente può sperare di sfuggire all’inferno di incessante sofferenza. E a maggior ragione sarà così, se adorerà gli esponenti di queste tre scuole come fossero il sole e la luna, e reciterà personalmente il Nembutsu o svolgerà altre pratiche di queste scuole!

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Se le persone avessero buon senso, capirebbero che cose come il Nembutsu e il Sutra di Amida sono da aborrire più di un nemico dei propri genitori, del loro maestro o del loro sovrano, più di un nemico da una vita passata. Non si dovrebbe pensare di accettarle più di quanto non si pensi di innalzare la bandiera dei ribelli sopra le truppe governative o di accendere un fuoco durante la festa del Cibo freddo81.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Così nei tempi antichi, un grande studioso, il Bodhisattva Vasubandhu, giurò che non avrebbe mai più permesso alla sua lingua di esporre i sutra hinayana, e il Gran Maestro Chi-tsang, un uomo saggio, non osava nemmeno più recitare il Sutra del Loto. Si comportarono così nella speranza di espiare la grave colpa di aver offeso l’insegnamento corretto, usando i sutra hinayana per criticare e refutare quelli mahayana o usando il Sutra del Loto per attaccare e diffamare il Gran Maestro T’ien-t’ai.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Adesso gli abitanti del Giappone, senza eccezione alcuna, sono come quelli che offesero il Bodhisattva Mai Sprezzante o come i monaci denigratori Riva della Sofferenza e Intento Superiore; tutti nel paese sono destinati a cadere nell’inferno d’incessante sofferenza. Perciò nel Sutra del Nirvana il Budda profetizzò che, nell’Ultimo giorno della Legge, coloro che offendono il Sutra del Loto saranno più numerosi dei granelli di polvere della terra.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Se adesso apparisse nel mondo il devoto del Sutra del Loto e le persone di tutto il paese lo servissero, come il Gran Maestro Chi-tsang che smise di leggere e recitare il Sutra del Loto per diventare un seguace del Gran Maestro T’ien-t’ai, offrendo al maestro il proprio corpo come ponte vivente, o come coloro che dopo aver maltrattato il Bodhisattva Mai Sprezzante cambiarono idea, credettero nei suoi insegnamenti e diventarono suoi aiutanti, e se esse lo servissero per uno o due giorni, uno o due mesi, uno o due anni, una o due vite, riuscirebbero comunque difficilmente a espiare la grave colpa commessa in precedenza offendendo il Sutra del Loto. Ma esse non accennano a far nulla di tutto questo. Al contrario, attualmente tutte le persone delle quattro categorie, preti, monache, laici e laiche, dicono con arroganza: «I credenti Nembutsu mettono da parte il Sutra del Loto e recitano semplicemente il Nembutsu. Nichiren abbraccia il Sutra del Loto, ma disapprova il Nembutsu. Noi, invece, pratichiamo il Nembutsu e crediamo anche nel Sutra del Loto, osserviamo i precetti e compiamo ogni tipo di buone azioni!».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Sono come conigli selvatici che, per far perdere le loro tracce, corrono in cerchio, o fagiani che cercano di nascondersi infilando la testa in un buco. Non sono diversi dalla gente di Lu che si prendeva gioco di Confucio [nativo di Lu, senza rendersi conto della sua grandezza] o dal monaco Sunakshatra che minacciò il Budda. A volte può essere difficile distinguere un cervo da un cavallo, ma è difficile che un falco si trasformi in colomba.82 Queste persone sono penose! Veramente penose!

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Al momento gli eventi che ho predetto in passato si stanno gradualmente verificando, e in cuor loro queste persone cominciano a domandarsi cosa dovrebbero fare. Ma ormai mi calunniano e mi disprezzano intensamente da così tanti anni che per loro è difficile cambiare e credere invece nei miei insegnamenti. In più la minaccia dell’invasione mongola si fa sempre più pressante ed essi, come Taira no Munemori o Minamoto no Yoshitomo, sono sempre più disperati.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Sarebbe essenziale che la gente riflettesse su cosa sta facendo! Confucio pensava nove volte prima di pronunciare una sola parola e Tan, il Duca di Chou smetteva per tre volte di lavarsi i capelli o sputava tre volte il cibo durante il pasto [pur di non far aspettare i visitatori]83.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Questa è l’attenzione e la premura con la quale agiscono i saggi. Inoltre di solito nella società si tende a dubitare di ciò che è eccessivo. Quando alle persone in posizione di governo viene offerto un consiglio, dovrebbero svolgere indagini accurate e approfondite. Eppure nel mio caso hanno sommariamente giudicato che dovevo essere colpevole e mi hanno mandato in esilio. Devono aver rimpianto profondamente questo errore.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Quando il re Chieh della dinastia Hsia subì pesanti pressioni da parte del re T’ang [fondatore della dinasta Yin] o quando il re Wu fu fatto prigioniero del re di Yüeh84, essi rimpiansero di non aver prestato ascolto prima agli avvertimenti dei saggi. Quando il corpo del re Ajatashatru si ricoprì di piaghe maligne ed egli fu attaccato da un altro paese, giurò che non avrebbe più ammesso alla sua vista Devadatta né avrebbe più ascoltato i suoi consigli. E quando Taira no Munemori, sconfitto in battaglia e fatto prigioniero da Minamoto no Yoshitsune, fu condotto a Kamakura per subire l’onta dell’esecuzione, rimpianse di aver incendiato il tempio Todai e di aver trafitto con le frecce il sacro carro del Re della Montagna, dio del Monte Hiei85.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Oggigiorno le persone agiscono esattamente come loro. Disprezzando Nichiren e onorando i preti di altri insegnamenti, in realtà si comportano da mortali nemici del Sutra del Loto; eppure non riescono a capirlo. Azioni come le loro, che contrastano con il retto modo di governare, suscitano l’ira e l’inimicizia di Brahma, Shakra, degli dèi del sole e della luna, dei quattro re celesti e dei re draghi. Shakyamuni, Molti Tesori e i Budda delle dieci direzioni che sono emanazioni di Shakyamuni, i bodhisattva numerosi come i granelli di polvere di mille mondi che emersero dalla terra, i bodhisattva dell’insegnamento transitorio e quelli di altre terre, i due santi, le due divinità celesti86, le dieci fanciulle demoni e la dea Madre delle Fanciulle Demoni, tutti questi esseri che proteggono e difendono il Sutra del Loto prenderanno possesso dei sovrani saggi di altri paesi per punire il nostro sovrano e condurre il paese alla rovina; eppure le persone non riescono a capirlo.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Se il Cielo ha veramente intenzione di infliggere punizioni, allora, anche se circondassimo il Giappone con le Montagne di ferro che Circondano il Mondo87, lo ricoprissimo col monte Sumeru, radunassimo i quattro re celesti da tutti i mondi delle dieci direzioni e li collocassimo ovunque lungo le coste, chiunque agisca da nemico del Sutra del Loto e commetta il terribile oltraggio di colpire sulla testa, con il quinto rotolo del Sutra del Loto88, Nichiren, il devoto del sutra che è più prezioso del Budda Shakyamuni, il signore degli insegnamenti, e di srotolare e sparpagliare i dieci rotoli del Sutra del Loto per poi calpestarli, difficilmente sfuggirà alla punizione, in questa vita o in quelle future.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Come ci si può aspettare che la Dea del Sole, il Grande Bodhisattva Hachiman e le altre divinità che proteggono e difendono il Giappone aiutino un paese come questo? Al contrario, probabilmente si affretteranno a punirlo il più velocemente possibile in modo da non rendersi a loro volta colpevoli di qualche mancanza. O forse in questo momento i quattro re celesti stanno rimproverando tali divinità perché tardano a inviare la loro punizione? È difficile dirlo.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Il Gran Maestro Dengyo disse: «La mia opinione è questa: si dice nel Sutra del Loto che un bodhisattva è il tesoro del paese, e gli insegnamenti mahayana affermano che il grande veicolo del Mahayana può recare beneficio agli altri. Quando i sette disastri attaccano tutto il paese, cosa può allontanarli se non i sutra mahayana? E quando nel futuro si verificheranno grandi calamità, chi potrà annientarle se non i preti bodhisattva [del Mahayana]?»89.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Ma, esaminando i resoconti quotidiani di come i clan di corte e quelli guerrieri cerchino di sconfiggere l’esercito del grande Impero mongolo con le preghiere e gli incantesimi, vedo che essi eseguono cerimonie per i cinque onorati90, per i sette Budda a cominciare da Maestro della Medicina91, per l’Onorato Occhio del Budda, per l’Onorato Ruota d’oro di un Unico Carattere92. Come ci si può aspettare di sventare una grande calamità usando dottrine così piccole? Piuttosto [come dice il Sutra del Loto] «le maledizioni ricadranno su chi le aveva lanciate»93, e questo nostro paese sarà sommariamente distrutto.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Al santuario di Hie si tiene la cerimonia del fuoco del Sutra del Loto94, ma tale cerimonia è basata sugli insegnamenti errati del Maestro del Tripitaka Pu-k’ung e quindi non può agire come una vera preghiera.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Inoltre, molti dei preti eminenti dei nostri giorni seguono gli insegnamenti della Vera parola del tempio To o gli insegnamenti della Vera parola della scuola Tendai. Ma le dottrine del To-ji ebbero origine dal Gran Maestro Kobo, mentre quelle della scuola Tendai ebbero origine da Jikaku e Chisho. Come affermavo prima, questi tre uomini sono grandi denigratori della Legge e, fra quelli che non sono loro discepoli, molti sono preti che hanno ricevuto i precetti hinayana presso il palco di ordinazione del tempio Todai.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            In più, il palco di ordinazione per i precetti della perfetta e immediata illuminazione del Monte Hiei si è discostato dal suo significato originale a causa dell’offesa alla Legge da parte di Jikaku. E, anche nella sua forma originale, esso rappresentava soltanto i precetti della perfetta e immediata illuminazione dell’insegnamento transitorio e quindi aveva ben poca efficacia in quest’ultima epoca. In ogni caso, non possiamo aspettarci che le preghiere che ho descritto abbiano alcun effetto.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              In questo momento il nostro paese è sull’orlo della distruzione ed è troppo tardi per rimpiangere ciò che è stato fatto. È una cosa penosa, veramente penosa!

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Ciò che ho appena scritto è solo una piccola parte degli insegnamenti che ho udito dal Santo Nichiren.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Anche se sono una persona di umili natali e scarse capacità intellettuali, questi insegnamenti del Santo Nichiren mi sembrano del tutto ragionevoli. Tuttavia, i governanti del paese non ne hanno fatto uso e dunque dubito che siano considerati favorevolmente a Kamakura. Per poco valore che possano avere le mie riflessioni in merito, continuo a chiedermi perché, in una questione così grave per il paese, le autorità non indaghino accuratamente sui fatti e invece abbiano esiliato quest’uomo per due volte. Non posso credere che si abbia il diritto di decidere sulla correttezza delle sue dottrine senza essersi presi il disturbo di esaminarle a fondo.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Per quanto mi riguarda, è per il vostro bene e per quello dei miei genitori che ho smesso di recitare il Sutra di Amida. Se mi direte che devo assolutamente recitarlo, vi scriverò nuovamente in proposito. Però, se mi ordinassero di fare qualcosa non perché la faccenda è stata attentamente studiata, ma solo perché certe persone formulano congetture arbitrarie, allora, anche se potrei obbedire col corpo, non lo farei mai col cuore.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Anche se temo di parlare in maniera troppo ardita, posso chiedervi ancora una volta di riconsiderare la cosa? Questo prete Nichiren di cui sto parlando: non c’è nessun altro come lui! Se gli eventi prendessero una certa piega, ho paura che in seguito potreste avere dei rimpianti. Sarebbe stupido che voi non ascoltaste i suoi insegnamenti solo perché la gente di quest’epoca fa così. Se nel futuro le autorità decidessero di dargli ascolto, quale altra persona non lo farebbe? Ma, a quel punto, a cosa servirebbe unirvi a loro? Non fareste che riporre fede nelle persone invece che nella Legge.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        La gente di oggi è convinta che i figli dovrebbero sempre obbedire ai genitori, i sudditi al sovrano, e gli allievi al maestro, ma questa è un’idea sbagliata, sostenuta da chi non capisce i testi non buddisti o non conosce per niente le scritture buddiste. Fra le opere non buddiste, il Classico della pietà filiale cita casi in cui un figlio deve contestare il padre o un suddito fare rimostranze al sovrano. E nelle scritture buddiste, il Budda spiega chiaramente che, rinunciando ai propri obblighi [nei confronti dei genitori e del sovrano] per entrare nella vita buddista, si possono veramente ripagare fino in fondo questi obblighi95.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Il principe Siddhartha era il miglior figlio di tutto il continente di Jambudvipa, eppure solo disobbedendo agli ordini del padre, il re, poté alla fine condurre i suoi genitori all’illuminazione. E fu perché Pi kan rimproverò il padre, il re Chou della dinastia Yin, facendosi squarciare il petto per questo, che i posteri lo ricordano come un uomo saggio.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Voi potete anche considerarmi un uomo di nessuna importanza, ma se non darete ascolto al consiglio di un umile prete come me, temo che lo rimpiangerete nell’esistenza presente e in quelle future. È per il bene dei miei genitori che ho cessato di recitare il Sutra di Amida, e quindi è ben poco probabile che ricominci a farlo per assecondare il vostro desiderio.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Con profondo rispetto vi offro queste riflessioni.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Prete Nichiei

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Il sesto mese del terzo anno di Kenji [1277]

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Riposta a Shimoyama Hyogo Goro

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Cenni Storici

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Lettera a Shimoyama, uno dei dieci maggiori scritti di Nichiren Daishonin, è una petizione a Shimoyama Hyogo Goro Mitsumoto, l’amministratore del distretto di Shimoyama, vicino al monte Minobu, nella provincia di Kai. Il Daishonin scrisse quest’opera il sesto mese del 1277, quando risiedeva sul monte Minobu, per conto di un prete chiamato Inaba-bo Nichiei.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Inaba-bo Nichiei era stato convertito da Nikko agli insegnamenti del Daishonin e aveva tentato di convertire Shimoyama Mitsumoto, padre di Inaba-bo (o secondo altre fonti, suo signore nel sistema feudale dell’epoca). Ma Shimoyama, che credeva negli insegnamenti del Nembutsu, o della Pura terra, si oppose furiosamente alla nuova fede del prete. Essendo venuto a saperlo, il Daishonin scrisse una petizione per conto di Inaba-bo nel tentativo di persuadere Shimoyama ad abbandonare gli insegnamenti della Pura terra e prendere fede nel Sutra del Loto.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Nella petizione viene messa in luce la superiorità del Sutra del Loto rispetto alle dottrine della Pura terra, e si afferma che la conversione di Inaba-bo al Sutra del Loto è un vero atto di lealtà nei confronti di Shimoyama. Effettivamente, in seguito, Shimoyama abbandonò il Nembutsu e divenne seguace degli insegnamenti del Daishonin.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Nei paragrafi iniziali, la voce è quella di Inaba-bo che si rivolge a Shimoyama, il padre o il signore feudale in collera. Inaba-bo spiega di aver smesso di recitare il Sutra di Amida e di avere iniziato a recitare il Sutra del Loto in seguito a un suo incontro con il Santo Nichiren. Egli racconta di essersi recato sul monte Minobu per ascoltare una lezione del Daishonin, senza avere l’intenzione di convertirsi, e spiega brevemente cosa ha provato durante la lezione.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Nella lettera sono poi esposti i punti principali della lezione, dal punto di vista di qualcuno che ha ascoltato la lezione di Nichiren e ne riferisce le parole. Vengono introdotte dapprima le cinque guide per la propagazione: l’insegnamento, il tempo, la capacità delle persone, il paese e il corretto ordine di propagazione. Poi si descrive la storia della propagazione del Buddismo in Giappone, che ha inizio con il prete cinese Chien-chen (noto in Giappone come Ganjin), il quale portò i precetti hinayana e gli insegnamenti di T’ien-t’ai in Giappone, ma propagò soltanto i primi ritenendoli più adatti a quel tempo. In seguitò apparve Dengyo, che studiò gli insegnamenti di T’ien-t’ai ed esaminò approfonditamente le dottrine delle sei scuole di Nara, dimostrando la superiorità degli insegnamenti di T’ien-t’ai. Dengyo affermò anche che i precetti hinayana andavano aboliti e sostituiti con i precetti mahayana.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Il Daishonin descrive poi la propagazione del Buddismo durante il Primo, Medio e Ultimo giorno della Legge. I maestri buddisti dei primi due periodi conoscevano la grande Legge del Sutra del Loto, ma non la propagarono perché non era ancora giunto il tempo di farlo. Come fa notare il Daishonin, l’Ultimo giorno è il tempo dell’avvento del Bodhisattva Pratiche Superiori, che propagherà l’essenza del Sutra del Loto, ovvero Nam-myoho-renge-kyo.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Il Daishonin refuta poi le idee di Ryokan, che tentò di ristabilire i precetti hinayana e istigò lo shogunato a mettere a morte il suo rivale, Nichiren Daishonin. Basandosi sul Sutra del Loto, il Daishonin individua Ryokan come il terzo dei tre potenti nemici e se stesso come il devoto del sutra. Egli descrive anche le altre persecuzioni da lui subite.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Il Daishonin mette in luce gli errori dello shogunato e delle scuole buddiste da esso sostenute, ovvero la scuola della Pura terra, quella della Vera parola, e la scuola Zen. Descrive anche il modo in cui gli insegnamenti di Dengyo furono distorti dai suoi successori, Jikaku e Chisho, che incorporarono gli insegnamenti della Vera parola nella scuola Tendai. Inoltre, egli afferma che la scuola della Pura terra e la scuola Zen hanno allontanato le persone dal Sutra del Loto. Come conseguenza di questi errori sono comparse le tre calamità e i sette disastri.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Il Daishonin spiega di aver sottoposto la sua opera Adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese a Hojo Tokiyori, ex reggente e, di fatto, capo dello shogunato, allo scopo di chiarire la causa fondamentale di tali calamità. Non solo i suoi consigli non furono ascoltati, ma il Daishonin subì anche diverse persecuzioni. Infine, senza avere condotto una vera e propria indagine, lo shogunato lo esiliò sull’isola di Sado. Poiché le lotte intestine predette dal Daishonin ebbero luogo, egli fu perdonato e convocato per un interrogatorio da Hei no Saemon, un potente ufficiale dello shogunato, il quale, riferendosi a un’altra profezia del Daishonin, gli domandò quando i mongoli avrebbero attaccato il Giappone. Il Daishonin rispose che ciò sarebbe avvenuto entro l’anno e avvertì Hei no Saemon di non fare affidamento sulle preghiere basate su insegnamenti buddisti errati per proteggere il paese. Quando i suoi ammonimenti non furono ascoltati, egli si ritirò sul monte Minobu. Così, a quell’epoca il paese sembrava sull’orlo della rovina.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Alla fine della lettera, la voce torna a essere quella di Inaba-bo Nichiei. Egli afferma che il Santo Nichiren è dispiaciuto per la piega che hanno preso gli eventi, e prova una grande pietà per il popolo. Inaba-bo afferma di avere riportato nella lettera solo una parte della lezione, ed esorta Shimoyama a prendere fede negli insegnamenti del Daishonin. Esprime anche la sua convinzione che, scartando il Nembutsu per abbracciare il Sutra del Loto, egli aveva in mente la felicità dei suoi genitori, e pertanto sta esercitando la forma più alta di pietà filiale.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Note

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        1. Da questo punto in poi fino a p. 673 è Nichiren Daishonin stesso che parla in prima persona.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        2. Riferimento alle cinque guide per la propagazione del Buddismo: l’insegnamento, la capacità delle persone, il tempo, il paese e l’ordine di propagazione degli insegnamenti. Quest’ultima guida afferma che non si dovrebbe propagare un insegnamento inferiore a quelli che sono già stati diffusi.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        3. Il Sutra del Loto, cap. 3, p. 131.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        4. Ibidem, cap. 14, p. 276.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        5. Le tre località sono: il tempio Todai di Nara, il tempio Yakushi nella provincia di Shimotsuke e il tempio Kanzeon della provincia di Chikuzen.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        6. Annotazioni su “Grande concentrazione e visione profonda”. La “vera via” qui indica il Buddismo.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        7. Riferimento alla scuola Zen, fondata da Bodhidharma.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        8. Nobile di corte che, nell’802, patrocinò, insieme al fratello Matsuna, una lezione di Dengyo al tempio Takao di Kyoto. Parteciparono quattordici rappresentanti delle sei scuole di Nara.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        9. Biografia del Gran Maestro del Monte Hiei. Dengyo respinse i duecentocinquanta precetti dello Hinayana e abbracciò i precetti del bodhisattva del Mahayana.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        10. Saggio sulla protezione del paese.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        11. Ibidem.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        12. Ibidem. “Cibo impuro” simboleggia gli insegnamenti hinayana e “vaso prezioso” quelli mahayana.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        13. Parafrasi di un passo di Saggio sulla protezione del paese. Il “grande arhat” qui si riferisce a Purna, uno dei dieci principali discepoli di Shakyamuni che fu punito da Vimalakirti per aver predicato gli insegnamenti hinayana ai monaci che ricercavano gli insegnamenti mahayana.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        14. Il Sutra del Loto, cap. 2, p. 90.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        15. Quest’affermazione si basa su un passo di Il significato profondo del Sutra del Loto.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        16. Commentario sul significato di “Precetti del bodhisattva”. “Precetti del bodhisattva” è una parte del Sutra della Rete di Brahma.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        17. Questa frase, nel capitolo 82 di Cronache dello storico, è attribuita a Wang Chu di Ch’i, un uomo saggio e virtuoso che, quando fu costretto a servire il re di Yen che aveva distrutto il suo paese, scelse di suicidarsi piuttosto che obbedire agli ordini.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        18. Sutra del Parinirvana, una delle versioni cinesi del Sutra del Nirvana, tradotto da Fa-hsien.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        19. Saggi dei quattro stadi: maestri buddisti che abbracciano e propagano l’insegnamento corretto e recano beneficio alle persone. Questa espressione spesso indica i saggi dello Hinayana, classificati in quattro ordini secondo il livello di comprensione, ma in genere indica i successori del Budda che ne propagheranno gli insegnamenti e condurranno la gente alla salvezza.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        20. È un gioco di parole basato sulla trasformazione del nome Ryokan-bo (prete Ryokan) in Ryoka-bo, che significa “prete due fuochi”. In Il palazzo reale il Daishonin, riferendosi a due gravi incendi scoppiati presso il tempio di Ryokan, il Gokuraku-ji, dice: «Il nome rivela l’essenza di una cosa. Il santo che offende la Legge, il prete Due Fuochi, è il maestro di tutte le persone di Kamakura, di alta e bassa condizione sociale. Uno dei due fuochi è rimasto presso di lui riducendo il Gokuraku-ji [tempio del Paradiso] nel Jigoku-ji [tempio dell’Inferno]; l’altro fuoco, staccandosi da lui, ha bruciato il palazzo del governante» (Raccolta degli scritti di Nichiren Daishonin, vol. 1, p. 432).
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        21. Dama di corte al servizio dell’imperatore Yüan della prima dinastia Han. Nel 33 a.C. fu costretta dall’imperatore Han a sposare il capo degli Hsiung-nu, una potente tribù dell’Asia centrale per tutelare la Cina da una loro possibile invasione.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        22. Sutra di Vimalakirti.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        23. Secondo il Sutra della Protezione, un giorno il re Kriki sognò dieci scimmie. Nove di esse tormentavano gli abitanti della città, rubando cibo e bevande, e distruggendo ogni cosa. Ma una di loro, invece di unirsi alle altre, rimaneva seduta su un albero. Perciò le altre scimmie la molestarono, espellendola dalla loro comunità. Quando il re Kriki chiese al Budda Kashyapa di spiegargli il significato del sogno, questi rispose: «Esso rappresenta la malvagia ultima epoca successiva alla morte del Budda Shakyamuni, Le dieci scimmie rappresentano i dieci tipi di discepoli, uno solo dei quali è il vero praticante che rinuncia al mondo e si impegna a ricercare la via».
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        24. Vedi tre potenti nemici nel Glossario.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        25. Secondo Cronaca dei precetti dell’unica mente, nell’818, ci fu una grave siccità; Dengyo, per ordine dell’imperatore Saga, offrì preghiere, usando i sutra del Loto, della Luce dorata e dei Re benevolenti, e il terzo giorno cominciò a piovere. Gomyo, prete della scuola delle Caratteristiche dei dharma, pregò per la pioggia insieme ai suoi quaranta discepoli usando solo il Sutra dei Re benevolenti e la pioggia non cadde fino al quinto giorno. Nell’823, Shubin, prete della scuola della Vera parola, ricevette dall’imperatore Saga il Sai-ji (tempio dell’Ovest), mentre Kobo ricevette il To-ji (tempio dell’Est). Nella primavera dell’824, durante una siccità, Shubin gareggiò con Kobo nelle preghiere per la pioggia. Egli fece piovere il settimo giorno mentre Kobo non vi riuscì nemmeno dopo ventun giorni.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        26. Izumi Shikibu (n. 976 ca.), una dama di corte, e Noin (n. 988), un prete poeta le cui opere contengono poesie di preghiera per la pioggia.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        27. Questa frase fa riferimento a un passo di Parole e frasi del Sutra del Loto.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        28. L’autorità era Homma Rokuro Saemon, vice conestabile dell’isola di Sado, alla cui custodia era affidato il Daishonin.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        29. Un sutra in dieci volumi tradotto da Jnanagupta, monaco del Gandhara nell’India nordoccidentale, che si recò a Chang-an, in Cina, attorno alla metà del sesto secolo.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        30. Una spiegazione di vari concetti buddisti in cinquanta volumi, scritta da Seng-min nel 516.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        31. Il primo è che, fra i quattro elementi che compongono tutte le cose (terra, acqua, fuoco e vento), il fuoco bruciando con forza scaccia le nuvole; il secondo è che un forte vento soffia via le nuvole; il terzo è che il grande re asura sposta le nuvole fluttuanti sopra l’oceano.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        32. Le storie relative alle preghiere per la pioggia di questi tre maestri sono descritte in I tre maestri del Tripitaka pregano per la pioggia (Raccolta degli scritti di Nichiren Daishonin, vol. 1, p. 531).
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        33. Il Sutra del Loto, cap. 13, p. 270.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        34. Ibidem, pp. 271-272.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        35. Ibidem, p. 272.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        36. Nel capitolo undicesimo del Sutra del Loto, il Budda Molti Tesori confermò la verità del sutra, e nel capitolo ventunesimo tutti gli altri Budda testimoniarono il loro assenso estendendo la lingua.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        37. Tesoro dell’Abhidharma, Affermazione della Verità, Tre trattati, Precetti, Caratteristiche dei dharma e Ghirlanda di fiori.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        38. Han-kuang disse a Miao-lo : «Mentre viaggiavo in India insieme al Maestro del Tripitaka Pu-k’ung, un monaco mi disse: “Nel paese della Cina esistono gli insegnamenti di T’ien-t’ai, che sono assai adatti per distinguere le dottrine corrette da quelle scorrette e illuminare ciò che è parziale e ciò che è perfetto. Non sarebbe bene tradurre questi scritti e portarli in questo paese?”. Allora Miao-lo esclamò: “Ciò non significa forse che il Buddismo è andato perduto in India, il suo paese di origine, e adesso va ricercato nelle regioni circostanti? Ma anche in Cina sono pochi quelli che riconoscono la grandezza degli insegnamenti di T’ien-t’ai”».
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        39. “I dieci modi di osservare la mente” sono le dieci meditazioni per osservare la vera natura della vita esposte in Grande concentrazione e visione profonda. Per dieci meditazioni, vedi Glossario.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        40. Secondo questa interpretazione, sia il Sutra di Mahavairochana sia il Sutra del Loto rivelano la dottrina dei tremila regni in un singolo istante di vita e perciò sono uguali nei princìpi, ma, poiché il Sutra di Mahavairochana contiene le descrizioni delle mudra (gesti con le mani) e dei mantra (formule mistiche), esso è superiore al Sutra del Loto in termini di pratica.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        41. Per ulteriori dettagli su questa storia vedi La scelta del tempo (Raccolta degli scritti di Nichiren Daishonin, vol. 1, p. 512)
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        42. Il Sutra del Loto, cap. 14, p. 288.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        43. Fonte sconosciuta.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        44. I tre sutra sono: il Sutra del Loto, il Sutra della Luce dorata e il Sutra dei Re benevolenti.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        45. Detta anche Ichijo Shikan-in, un altro nome del Kompon Chudo, l’edificio principale del tempio sul monte Hiei.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        46. Una grande sala di conferenze a ovest dello Shikan-in, nella zona di Toto sul monte Hiei. Jikaku fondò il Soji-in in questa zona nell’851, come centro della pratica esoterica.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        47. Yoshinaka (1154-1184), un generale cugino di Yoritomo, capo del clan Minamoto. Decapitò Myoun quando questi attaccò il Monte Hiei durante la lotta fra i clan Minamoto e Taira.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        48. Nella cospirazione di Shishigatani del 1177, l’ex imperatore Goshirakawa e altri cercarono di eliminare Taira no Kiyomori che, come primo ministro, aveva il controllo militare della capitale. Il complotto fu scoperto, i cospiratori furono arrestati e l’ex imperatore Goshirakawa fu confinato nel palazzo di Toba.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        49. Lode alla rinascita nella Pura terra.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        50. Con questi quattro verbi il Daishonin riassume ciò che Honen sostiene nella sua opera Preferire il Nembutsu a qualsiasi altra cosa, anche se Honen non usò esattamente queste parole.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        51. Hojo Tokimune (1251-1284), ottavo reggente del governo di Kamakura.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        52. L’opera in un volume è Adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese. Per prete laico del Saimyo-ji, Hojo Tokiyori, vedi Glossario.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        53. Riferimento al voto apposto dai funzionari dello shogunato alla fine del codice, in cui si afferma che ogni violazione delle leggi in esso contenute avrebbe attirato la punizione di questi dèi.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        54. Il Sutra del Loto, cap. 10, p. 232.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        55. Ibidem, cap. 11, p. 255.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        56. Ibidem, cap. 21, p. 377.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        57. Annotazioni sul Sutra del Nirvana.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        58. Il Sutra del Loto, cap.14, p. 288.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        59. Ibidem, cap. 13, p. 272.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        60. Ibidem, cap. 10, p. 239.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        61. Ibidem, cap. 13, p. 272.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        62. Qui il Daishonin conta il Budda Shakyamuni stesso nell’elenco dei successori. Per questo parla di “venticinque” successori. Di solito Shakyamuni è escluso e si parla dei ventiquattro successori, vedi Glossario.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        63. Il Duca Ai fu il venticinquesimo sovrano (r. 494-468 a.C.) dello stato cinese di Lu al tempo di Confucio, che era nativo di quello stato.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        64. Il Sutra del Loto, cap. 13, p. 272.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        65. I quattro Budda sono: Akshobhya (est), Segno Ingioiellato (sud), Vita Infinita (ovest) e Voce Sottile e Meravigliosa (nord). Nel sutra essi parlano della lunga vita di Shakyamuni, per questo il Daishonin dice che il Sutra dei Sovrani fu esposto da Shakyamuni e da questi Budda.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        66. Per Kuan Lung-feng, vedi Glossario. La storia di Pi Kan si trova in Cronache dello storico. Il re Chou era così infatuato della sua consorte, Ta Chi, da trascurare del tutto gli affari di stato; quando Pi kan glielo fece notare, il re Chou si infuriò a tal punto che lo uccise. Il secondo imperatore dei Ch’in è Hu Hai (229-207 a.C.), un re fantoccio, controllato dall’eunuco Chao Kao. Istigato dalla lingua velenosa di Chao Kao, egli fece giustiziare Li Ssu e in seguitò perì per mano di Chao Kao.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        67. Questa storia è narrata in Le quadruplici regole della disciplina. Udayana era il re di Kaushambi ai tempi di Shakyamuni. Pindola era il figlio di un ministro di Udayana, ma aveva rinunciato alla vita secolare per entrare nell’ordine buddista. Re Udayana aveva un grande rispetto di Pindola e gli faceva visita tutti i giorni. Ma il suo ministro, geloso, persuase il re che Pindola non gli dimostrava abbastanza rispetto e lo istigò a ucciderlo se non si fosse alzato in piedi per salutarlo. Pindola ne venne a conoscenza grazie ai suoi poteri sovrannaturali e così, quando il re andò da lui, si alzò prontamente in piedi per salvarlo dall’offesa di aver ucciso un discepolo del Budda. Ma, per effetto delle sue cattive intenzioni, in breve tempo il re fu catturato da un sovrano nemico e dopo sette giorni morì.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        68. Po Chü-i (772-846): poeta e funzionario cinese noto per i suoi Hsin Yüeh-fu, (Nuovi Yüeh-fu), una serie di poemi in forma di yüeh-fu, cioè di ballata, che criticavano i mali sociali e politici dell’epoca. Anche a causa delle sue critiche nei confronti dell’imperatore Hsien-tsung, fu privato delle sue cariche governative nell’815 ed esiliato a Hsün-yang nel Kiangsi, sulla sponda meridionale del fiume Yangtze.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        69. Questa frase si trova nel Libro dei riti, una delle opere fondamentali del Confucianesimo.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        70. Il Sutra del Loto, cap. 2, p. 68.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        71. Ibidem, cap. 3, p. 120.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        72. Ibidem, cap. 3, pp. 125-126.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        73. I sette peccati capitali sono i cinque peccati capitali (vedi Glossario), più l’uccisione di un prete e l’uccisione di un acharya (maestro buddista).
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        74. Nove categorie di persone, classificate per natura e qualità, che possono ottenere la rinascita nella Pura terra del Budda Amida. La prima suddivisione è in credenti di capacità superiori, medie o inferiori. Ognuna di queste tre categorie, che corrispondono rispettivamente ai seguaci del Mahayana, dello Hinayana e alle persone malvagie che violano i precetti e commettono crimini, è suddivisa a sua volta in tre categorie di qualità, inferiore, media e superiore. A seconda della categoria a cui la persona appartiene, sarà accolta in maniera diversa dal Budda Amida quando verrà a condurla nella Pura terra al momento della morte.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        75. Nel settimo capitolo del Sutra del Loto si afferma: «Due sono i Budda della regione occidentale: uno si chiama Amitayus [Amida], l’altro Colui che Salva Tutti dalle Sofferenze del Mondo» (Il Sutra del Loto, cap. 7, p. 196).
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        76. Ibidem, cap. 25, p. 412.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        77. Chiarificazione dei precetti.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        78. La frase è contenuta in Cronaca in versi del lignaggio della scuola Tendai Loto.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        79. Raccolta di saggi sul Mondo di Pace e Beatitudine.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        80. In Refutare Ryokan e gli altri si legge: «Lo stesso Maestro del Tripitaka Shan-wu-wei, in Annotazioni sul Sutra di Mahavairochana, riporta il fatto che a quel tempo egli fu legato con sette corde di ferro. Inoltre in Giappone questi avvenimenti sono raffigurati nella sala Yama del tempio Daigo [nella provincia di Yamashiro] e nella sala Yama di Kamakura nella provincia di Sagami» (pp. 984-985). I fatti non sono noti, ma, molto probabilmente, le immagini di re Yama che rimprovera Shan-wu-wei, legato con corde di ferro, erano appese ai muri di quei templi.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        81. In Cina la festa del Cibo freddo, o Han-shih, aveva inizio circa 105 giorni dopo il solstizio invernale e durava tre giorni, nei quali si mangiava solo cibo freddo o precotto perché era proibito accendere il fuoco.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        82. Questa frase fa riferimento a un passo del Libro dei riti. Il falco che si trasforma in colomba indica un grande cambiamento.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        83. Questi aneddoti sono narrati rispettivamente negli Analetti di Confucio e nelle Cronache dello storico. Tan, il Duca di Chou, era il fratello minore dell’imperatore Wu della dinastia Chou. Diede avvio a una serie di riforme e gettò le basi della dinastia. Era così desideroso di trovare persone capaci e di non trascurare nessuno che riceveva i visitatori anche mentre si lavava i capelli o durante il pasto. Il Daishonin lo cita per spiegare l’importanza di essere prudenti e avere grande considerazione degli altri. Vedi anche Duca di Chou nel Glossario.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        84. Il re Chieh, diciassettesimo sovrano della dinastia Hsia, perpetrò una serie di atrocità e quando il suo fedele ministro, Kuan Lung-feng, lo ammonì, il re lo fece decapitare. Alla fine Chieh fu spodestato dal suo nemico, il re T’ang, e la dinastia Hsia giunse al termine. Il re Wu indica Fu-ch’a, venticinquesimo re dello stato di Wu. Suo padre fu ucciso dal re Kou-chien dello stato di Yüeh e Fu-ch’a si vendicò due anni dopo sconfiggendolo in battaglia. Kou-chien propose un accordo amichevole a Fu-ch’a, ma in realtà progettava di attaccare di nuovo lo stato di Wu. Wu Tzu-hsü, leale ministro di Fu-ch’a, scoprì il complotto e suggerì al re di uccidere Kou-chien, ma il sovrano non volle ascoltarlo e anzi costrinse Wu Tzu-hsü al suicidio nel 485 a.C.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        85. Nel 1177 il clan Taira cercò di assumere il controllo dei guardiani dei santuari e dei preti buddisti del Giappone, inimicandosi così i preti del Monte Hiei e dei sette maggiori templi di Nara. Si dice che le frecce scagliate dal clan Taira avessero perforato il carro del Re della Montagna presso il santuario di Hie, ai piedi del monte Hiei. Nel 1180, il clan Taira scoprì un complotto contro il proprio clan a Nara e, per punire i cospiratori, Taira no Shigehira bruciò i templi Todai e Kofuku, che li avevano appoggiati.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        86. I due santi sono i bodhisattva Re della Medicina e Donatore Coraggioso e le due divinità celesti sono Sostenitore del Paese (sans. Dritarashtra) e Ascoltatore di Molti Insegnamenti (sans.Vaishravana), due dei quattro re celesti. Nel ventiquattresimo capitolo del Sutra del Loto fanno voto di proteggere i praticanti del sutra.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        87. La più esterna delle otto catene montuose circolari concentriche che si dice circondassero il monte Sumeru, situato al centro del mondo. Qui sta a indicare inespugnabilità.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        88. Il rotolo del quinto volume del Sutra del Loto comprende quattro capitoli, dal dodicesimo al quindicesimo. Il tredicesimo capitolo, “Esortazione alla devozione”, predice che coloro i quali propagheranno il sutra dopo la morte di Shakyamuni saranno attaccati con spade e bastoni. Quando il Daishonin fu percosso con il quinto rotolo, avvolto attorno a un pesante bastone, poco prima del tentativo di decapitarlo nella persecuzione di Tatsunokuchi, lo considerò un adempimento di questa predizione. Nello stesso episodio i soldati di Hei no Saemon, giunti per arrestarlo, sparpagliarono a terra i rotoli del sutra e li calpestarono.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        89. Regolamenti per gli allievi della scuola della montagna.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        90. Detti anche cinque grandi re di saggezza: Inamovibile, Conquistatore del Triplice Mondo, Kundali, Grande Virtù Maestosa e Yaksha di Diamante.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        91. I sette Budda sono le sette manifestazioni del Tathagata Re della Medicina, che si dice risieda nei regni orientali del nostro mondo. In Giappone sono rappresentati da sette figure indipendenti o, più frequentemente, da sei o sette piccole figure che circondano l’aureola di Maestro della Medicina.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        92. Uno dei Budda descritti negli insegnamenti esoterici. Ruota d’Oro di un Unico Carattere è una deificazione della sommità del capo del Budda e anche di un mantra costituito da un solo carattere. Questo Budda è paragonato a un re che mette in moto la ruota d’oro perché quest’ultimo è il supremo fra i quattro tipi di re che mettono in moto la ruota.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        93. Il Sutra del Loto, cap. 25, p. 414.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        94. Questa cerimonia è basata sulla traduzione di Pu-k’ung di Regole dei rituali basati sul Sutra del Loto, che adottavano i praticanti degli insegnamenti esoterici.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        95. Sutra della Salvezza grazie agli uomini di fede pura. Il sutra è andato perduto, ma è citato nella Foresta di gemme nel giardino della Legge. L’espressione “vita buddista”, nel contesto del sutra, rappresenta la vita monastica, ma qui viene intesa dal Daishonin come una vita basata sulla fede nella Legge mistica.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        La Biblioteca di Nichiren
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                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Eredità della vita
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        otto per mille
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        nuovo rinascimento
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        buddismo e società
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        volo continuo
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        esperia

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        © Soka Gakkai. © Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai. | Via di Bellagio 2/E 50141 Firenze FI | C.F. 94069310483 | P.I. 04935120487 | Privacy & Cookie Policy.

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