206. Lettera ai miei discepoli e sostenitori laici
Luogo sconosciuto, 1268. Indirizzata a Seguaci in generale
Riguardo alla missiva ufficiale che è giunta dal grande Impero mongolo ho scritto undici lettere e le ho inviate a varie persone. Senza dubbio l’effetto di questo sarà la condanna all’esilio o alla pena capitale per i discepoli e i sostenitori laici di Nichiren. Non dovreste sorprendervi quando ciò accadrà. Ho usato parole molto forti nelle mie lettere, ma era necessario per «costringere gli altri ad ascoltare, anche se li fa andare in collera»1. Questo è il tipo di risposta che auspico.
Voi tutti dovete essere interiormente preparati a ciò che potrà accadere. Non fatevi scoraggiare dalla preoccupazione per la moglie, i figli e gli altri membri della vostra famiglia. Non abbiate paura delle autorità. Adesso è giunto il tempo di liberarvi dai vincoli di questo regno di nascita e morte, e ottenere il frutto della Buddità!
Ho scritto undici lettere di rimostranza e le ho inviate al reggente, al signore di Kamakura2, al prete laico Yadoya, a Hei no Saemon-no-jo, a Yagenta3, ai capi dei preti del Kencho-ji, del Jufuku-ji, del Gokuraku-ji, del Taho-ji, del Jokomyo-ji, del Daibutsu-den e del Choraku-ji4 (complessivamente undici persone). Senza dubbio ci sarà qualche risposta. Potete venire quando volete nella mia residenza per esaminare di persona il contenuto delle lettere.
Con profondo rispetto,
Nichiren
L’undicesimo giorno del decimo mese del quinto anno di Bun’ei [1268], segno ciclico tsuchinoe-tatsu
Ai discepoli e ai sostenitori laici di Nichiren
Cenni Storici
Nichiren Daishonin scrisse questa lettera ai suoi discepoli e sostenitori laici l’undicesimo giorno del decimo mese del 1268. Si tratta dello stesso giorno in cui inviò le undici lettere di rimostranza agli alti esponenti governativi e capi religiosi di Kamakura. Preoccupato per le conseguenze di tali lettere, il Daishonin avverte i suoi seguaci di prepararsi alle peggiori persecuzioni, spiegando loro che questa sarà l’occasione per conseguire la Buddità, non risparmiando la vita per il bene della Legge.