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141. Lettera al prete laico Nakaoki

RSND, VOLUME I

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Minobu, 1279. Indirizzata a Nakaoki, moglie del prete laico

Ho ricevuto il kan di monete che mi hai inviato e ne ho rispettosamente riferito al cospetto del Sutra del Loto della Legge meravigliosa [Myoho-renge-kyo].

    Il Giappone è situato in Jambudvipa a sud del monte Sumeru. Jambudvipa misura settemila yojana sia in lunghezza sia in larghezza. In esso si trovano ottantaquattromila stati, cioè le cinque regioni dell’India, i sedici grandi stati, i cinquecento stati medi e i diecimila piccoli stati, oltre a innumerevoli staterelli disseminati come chicchi di miglio e a isolette simili a granelli di polvere. Tutte queste terre giacciono nel grande mare come foglie cadute che galleggiano qua e là su uno stagno. Il nostro paese, il Giappone, è una piccola isola nel grande mare. [Una volta] era così piccola da scomparire alla vista con l’alta marea e divenire a malapena visibile con la bassa marea, finché le due divinità1 la fecero emergere. Il suo primo sovrano umano fu un grande imperatore chiamato Jimmu. Per i trenta regni successivi non vi furono né Budda, né sutra, né preti, soltanto persone comuni e dèi. Dato che non esisteva il Buddismo, non avevano sentito parlare dell’inferno, né aspiravano alla pura terra. Anche quando la morte li separava da genitori o fratelli, non avevano idea di che cosa accadesse loro. Dovevano considerare la morte come lo svanire della rugiada o il tramonto del sole e della luna.

      In seguito, durante il regno del trentesimo sovrano umano, il grande imperatore Kimmei, il re Syo˘ngmyo˘ng di Paekche, un paese a nord-ovest del Giappone, inviò in questo paese una statua in bronzo dorato del Budda Shakyamuni, vari testi dei sutra esposti dal Budda e vari preti che dovevano leggerli. Tuttavia il Budda non era un essere vivente ma una statua, i sutra non assomigliavano a nessuna delle scritture non buddiste, quando i preti parlavano, nessuno capiva ciò che stavano predicando e, inoltre, il loro aspetto non era né di uomini né di donne, per cui la gente era dubbiosa e sbigottita. I ministri della sinistra e della destra discussero la questione da vari punti di vista alla presenza dell’imperatore. L’opinione che prevalse fu che non si dovesse adottare il Buddismo e così la statua del Budda fu messa da parte e i preti furono imprigionati.

        Successivamente, il quindicesimo gior­no del secondo mese del secondo anno del regno dell’imperatore Bidatsu, il principe Shotoku, figlio dell’imperatore Yomei, si volse verso est e recitò «Namu-Shakyamuni-butsu» e immediatamente le reliquie del Budda si materializzarono nella sua mano2. Nel sesto anno del regno dell’imperatore Bidatsu, il principe lesse e recitò il Sutra del Loto. Da allora sono trascorsi più di sette secoli durante i quali hanno regnato più di sessanta imperatori e il Buddismo è stato gradualmente propagato così che nelle sessantasei province e nelle due isole3 del Giappone non esiste luogo che non sia stato raggiunto. In ogni provincia, in ogni distretto, in ogni città, villaggio e borgo sono state costruite cappelle, pagode e templi buddisti e attualmente esistono 171.037 sedi buddiste. Uomini di sapienza luminosa come il sole e la luna hanno propagato il Buddismo di generazione in generazione, mentre i saggi brillano come innumerevoli stelle in ogni provincia. Questi ultimi praticano per la propria salvezza le dottrine della Vera parola, i sutra della Saggezza o il Sutra dei Re benevolenti, recitano il nome del Budda Amida, credono nel Bodhisattva Percettore dei Suoni del Mondo, nel Bodhisattva Deposito della Terra o nei tremila Budda4, oppure leggono e recitano il Sutra del Loto. Ma quando incoraggiano preti e laici ignoranti dicono semplicemente: «Recitate solo “Namu-Amida-butsu”. Supponiamo che una donna abbia un figlio: se il bambino cade in un fosso o in un fiume, oppure se si sente solo, griderà “Mamma! Mamma!”. Udendolo la madre abbandonerà qualsiasi altra cosa per venire in suo aiuto. Lo stesso accade con il Budda Amida: noi siamo come bambini ed egli è come nostra madre. Perciò, se cadiamo nell’abisso dell’inferno o nel fosso degli spiriti affamati, recitando “Namu-Amida-butsu” egli verrà a salvarci, sicuramente come l’eco segue il suono». Questo è quanto tutti questi uomini sapienti hanno sempre insegnato e perciò nel nostro paese da molto tempo si segue l’usanza di recitare tale frase.

          Ora io non sono un cittadino della capitale al centro del paese né il figlio di un generale in una regione di frontiera. Sono un figlio del popolo e vengo da una remota provincia. Ma io recito Nam-myoho-renge-kyo, che nessuno in Giappone ha mai recitato nei trascorsi settecento anni. Inoltre ho affermato che recitare il nome del Budda Amida, venerarlo come si farebbe con i genitori, con il sole e la luna, o con i propri signori, considerarlo come la barca per compiere la traversata, come l’acqua quando si è assetati, o come il cibo quando si è affamati, crea il karma di cadere nell’inferno di incessante sofferenza. Perciò tutti furono sbigottiti e risentiti come se avessero trovato pietre cotte insieme al loro cibo, come se il loro cavallo fosse stato catapultato in aria per aver inciampato in una roccia, come se durante la traversata si fosse alzato un forte vento, come se un grande incendio fosse scoppiato in un centro popolato, come se un nemico li avesse attaccati improvvisamente, o come se una prostituta fosse diventata la moglie dell’imperatore.

            Tuttavia, per ventisette anni, dal ventottesimo giorno del quarto mese del quinto anno di Kencho (1253) fino a ora, undicesimo mese del secondo anno di Koan (1279), non mi sono mai arreso e ho continuato a parlare ancora più forte, come la luna che cresce o la marea che si alza. Dapprima quando io solo recitavo il daimoku, coloro che mi vedevano, mi incontravano o mi udivano, si turavano gli orecchi, mi gettavano occhiate furiose, storcevano la bocca, stringevano i pugni e digrignavano i denti. Perfino i miei genitori, fratelli, maestri e amici mi furono ostili. In seguito l’amministratore e il signore del feudo5in cui vivevo mi si volsero contro. Più tardi l’intera provincia fu in tumulto e alla fine tutta la popolazione si allarmò. Nel frattempo alcuni iniziarono a recitare Nam-myoho-renge-kyo, chi per imitarmi, chi per prendersi gioco di me, chi in apparenza per fede e chi in apparenza per disprezzo nei miei confronti. Ora un decimo del popolo del Giappone recita soltanto Nam-myoho-renge-kyo. Dei rimanenti nove decimi, alcuni recitano sia il daimoku sia il nome del Budda Amida, oppure sono indecisi tra i due, altri recitano solo il Nembutsu. Questi ultimi mi insultano come se fossi un nemico dei loro genitori o del loro signore, o un acerrimo avversario da una passata esistenza. I capi dei villaggi, distretti e province mi odiano come se fossi un traditore.

              Dato che io continuai a proclamare i miei insegnamenti, fui cacciato di luogo in luogo, costretto a spostarmi da un capo all’altro del Giappone come un tronco sul mare in balìa del vento, o come una piccola piuma che sale e scende volteggiando nell’aria. A volte fui percosso, arrestato, ferito o scacciato lontano, altre volte furono uccisi i miei discepoli e io stesso fui esiliato. Poi, nel dodicesimo giorno del nono mese dell’ottavo anno di Bun’ei (1271), incorsi nella collera del governo e fui esiliato a nord nell’isola di Sado.

                Sebbene non avessi mai violato alcuna legge secolare, le autorità mi accusarono dicendo: «Questo prete ha osato dichiarare che i defunti preti laici del Saimyo-ji e del Gokuraku-ji6 sono precipitati nell’inferno. È peggiore di un traditore». Stavano per decapitarmi nella località chiamata Tatsunokuchi presso Kamakura, nella provincia di Sagami, ma poi ci ripensarono: «Benché il suo crimine sia atroce, egli è un devoto del Sutra del Loto e, se lo uccidiamo avventatamente, non si può prevedere cosa succederà. Se lo lasciamo su un’isola remota, perirà sicuramente in un modo o nell’altro. Non solo egli è odiato dal sovrano, ma tutta la popolazione lo considera alla stregua di un nemico dei propri genitori. Molto probabilmente verrà ucciso o morirà di fame sulla via per Sado o dopo esservi arrivato». Perciò decisero di liberarsi di me in questo modo.

                  Tuttavia, forse grazie alla protezione del Sutra del Loto e delle dieci fanciulle demoni o perché il cielo riconobbe la mia innocenza, nell’isola, malgrado molti degli abitanti mi odiassero, c’era un uomo anziano chiamato il prete laico Nakaoki no Jiro [che mi aiutò]. Costui era avanti negli anni, era saggio, godeva di buona salute e della stima della popolazione locale. Forse perché questo venerabile uomo disse di me: «Questo prete non può essere una persona ordinaria», anche i suoi figli non mostrarono ostilità nei miei confronti. Poiché la maggior parte degli altri era al servizio di membri della famiglia Nakaoki, neanche essi tentarono di nuocermi di propria iniziativa e si attennero scrupolosamente alle istruzioni superiori.

                    L’acqua può essere torbida, ma diventerà di nuovo limpida. La luna può essere nascosta dalle nuvole, ma riapparirà sicuramente. Allo stesso modo col tempo venne riconosciuta la mia innocenza e le mie predizioni si dimostrarono fondate. E, forse per questo motivo, nonostante i membri della famiglia Hojo e personaggi influenti insistessero perché non fossi perdonato, infine fui prosciolto dalla condanna all’esilio per decisione univoca del signore della provincia di Sagami7 e feci ritorno a Kamakura.

                      Io, Nichiren, sono il più fedele suddito di tutto il Giappone. Non credo che ci sia mai stato o che ci sarà mai qualcuno che mi possa uguagliare al riguardo. La ragione per cui parlo così è la seguente. Quando si verificò il grande terremoto dell’era Shoka (1257-1259) e quando apparve l’enorme cometa nel primo anno di Bun’ei (1264), numerosi sapienti, buddisti e non buddisti, ricorsero alle arti divinatorie senza però riuscire a capirne le cause né a prevedere ciò che sarebbe accaduto. Quanto a me, Nichiren, mi ritirai in una biblioteca a meditare sui sacri testi e conclusi che, poiché la popolazione onora i preti degli insegnamenti provvisori mahayana e hinayana, come quelli della Vera parola, Zen, Nembutsu e dei Precetti, e trascura il Sutra del Loto, i re celesti Brahma e Shakra l’avrebbero punita ordinando a un paese occidentale di attaccare il Giappone. Feci pervenire un [ammonimento] scritto al defunto prete laico del Saimyo-ji. I seguaci di varie vie [religiose] risero con scherno, ma nove anni più tardi, nel quinto anno di Bun’ei (1268), dal grande impero mongolo giunse una lettera ufficiale con la quale si minacciava di invadere il Giappone. Poiché la mia predizione si era avverata, i credenti Nembutsu, i maestri della Vera parola e gli altri si risentirono e cospirarono contro la mia vita.

                        Per fare un’analogia, in Cina, tra le concubine dell’imperatore Hsüan-tsung, c’era una bella donna conosciuta come la signora del Palazzo di Shang-yang. Era la più bella dell’impero e la moglie dell’imperatore, Yang Kuei-fei, vedendola pensò: «Se le permetto di servire vicino all’imperatore, mi sottrarrà sicuramente i suoi favori». Così, falsificando un editto imperiale, fece bandire o giustiziare i genitori e i fratelli della signora del Palazzo di Shang-yang e quest’ultima fu gettata in prigione e torturata per non meno di quarant’anni.

                          Il mio caso è simile. «Se gli ammonimenti di Nichiren divenissero di dominio pubblico, egli sarebbe incaricato di pregare per la sconfitta del grande impero mongolo e, se il Giappone dovesse vincere, diventerebbe il prete più importante di questo paese e noi perderemmo la nostra influenza e il nostro prestigio». Pensando forse in questo modo, i preti delle altre scuole crearono false accuse contro di me. Non conoscendo i loro motivi, il reggente credette alle loro parole e ora sta per portare il paese alla rovina.

                            In modo analogo il secondo imperatore della dinastia Ch’in della Cina, istigato dalla lingua calunniosa di Chao Kao, fece giustiziare Li Ssu e in seguito perì per mano di Chao Kao. E l’imperatore di Engi, spinto dalle parole calunniose del ministro della sinistra, Fujiwara no Tokihira, esiliò il ministro Sugawara no Michizane8. Successivamente l’imperatore cadde nell’inferno.

                              L’attuale reggente si comporta proprio come questi due imperatori. Egli crede alle parole dei maestri della Vera parola, della scuola Zen, dei preti della scuola dei Precetti, di coloro che osservano i precetti e dei preti Nembutsu, tutti nemici del Sutra del Loto, mentre odia me, Nichiren. Benché io sia di umili origini, abbraccio il Sutra del Loto che Shakyamuni, Molti Tesori, i Budda delle dieci direzioni, Brahma, Shakra, gli dèi del sole e della luna, i quattro re celesti, le divinità drago, la Dea del Sole e il Grande Bodhisattva Hachiman proteggono e hanno molto a cuore, come tutte le persone tengono ai propri occhi, come tutte le divinità riveriscono Shakra o come una madre ama il proprio figlio. Quindi ciascuno di questi Budda e divinità punirà chi perseguita il devoto del Sutra del Loto ancor più severamente di come si punirebbe un nemico dei propri genitori o un nemico della dinastia.

                                Ora voi due siete il figlio e la nuora del defunto prete laico Jiro. Forse poiché siete il figlio e la nuora di un uomo profondamente saggio, seguite le sue orme e, non solo credete nel Sutra del Loto che persino il sovrano non accetta, ma vi prendete anche cura del devoto del Sutra del Loto portandomi ogni anno offerte e viaggiando per mille ri9 allo scopo di vedermi. Inoltre per il tredicesimo anniversario10 della morte della vostra figlia neonata, avete eretto un sotoba11 alto sedici piedi, iscrivendovi i sette caratteri di Nam-myoho-renge-kyo. Si dice che quando soffia il vento del nord, i pesci del mare del sud, toccati da esso, sono liberati dalle loro sofferenze e che, quando il vento viene da est, gli uccelli e i cervi delle montagne dell’ovest, toccati da esso, sfuggono al regno degli animali e rinascono nella corte interna del cielo Tushita. Quanto maggiori saranno i benefici degli esseri umani che si rallegrano davanti a questo sotoba, toccandolo con le mani e contemplandolo con i loro occhi! Io credo che, per il merito che deriva dall’aver eretto questo sotoba, anche i vostri genitori defunti stiano illuminando la pura terra come il sole e la luna nel cielo. Inoltre, il figlio devoto, la moglie e i figli, vivranno fino a centoventi anni12 e dopo la morte raggiungeranno i genitori nella pura terra del Picco dell’Aquila. Ciò è sicuro come il fatto che la luna si riflette nell’acqua limpida e che un tamburo produce un suono quando viene colpito. Se erigerete dei sotoba nel futuro, assicuratevi che vi sia iscritto il daimoku del Sutra del Loto.

                                  Scritto sul monte Minobu.

                                    Nichiren

                                      Il trentesimo giorno dell’undicesimo mese del secondo anno di Koan (1279), segno ciclico tsuchinoto-u

                                        Alla moglie del prete laico Nakaoki

                                            Cenni Storici

                                            Nichiren Daishonin scrisse questa lettera da Minobu, a un prete laico e a sua moglie, chiamati entrambi Nakaoki dal nome della località in cui vivevano, sull’isola di Sado.

                                            Pur essendo tradizionalmente ricordata con questo titolo, la lettera era indirizzata alla moglie, e sembra che il Daishonin l’abbia scritta per entrambi, consegnandola direttamente a Nakaoki, che si era recato a fargli visita a Minobu.

                                            Il padre di Nakaoki, il prete laico Nakaoki no Jiro, era già defunto al tempo di questa lettera. Da lungo tempo seguace del Nembutsu, sembra che avesse aderito agli insegnamenti del Daishonin dopo averlo incontrato a Sado, e lo avesse protetto durante il suo esilio sull’isola.

                                            In seguito anche il figlio Nakaoki si era convertito, insieme alla moglie, e dopo la concessione della grazia al Daishonin aveva intrapreso più volte il viaggio da Sado fino al monte Minobu per incontrare il maestro e portare offerte.

                                            All’inizio della lettera, il Daishonin racconta in che modo fosse stato introdotto il Buddismo in Giappone e come insegnamenti errati quali il Nembutsu e la Vera parola si fossero andati diffondendo in tutto il paese. Dal momento che il Daishonin aveva iniziato a confutare queste scuole, rivelandone gli errori dottrinali, era andato incontro a persecuzioni sempre più aspre, culminate nel tentativo di decapitarlo a Tatsunokuchi e nel successivo esilio a Sado. Il Daishonin continua sostenendo di essere il solo in grado di spiegare la causa dei disastri che affliggevano il paese, ed esorta le persone ad abbandonare gli insegnamenti errati e a recitare il daimoku del Sutra del Loto.

                                            Per questo motivo egli può sostenere di essere «il più fedele suddito di tutto il Giappone». Sebbene le persone possano disprezzarlo e le autorità perseguitarlo, poiché abbraccia il Sutra del Loto, caro a tutti i Budda, egli è certo che sarà protetto.

                                            Conclude la lettera lodando la fede dimostrata dai coniugi Nakaoki nel sostenere il devoto del Sutra del Loto, e assicura loro che riceveranno per questo grandi benefici, sia in questa vita sia nella prossima.

                                            Note

                                            1. Due divinità: Izanagi e Izanami, divinità maschile e femminile descritte in Cronache degli antichi avvenimenti e in Cronache del Giappone come i creatori mitologici del Giappone e dei suoi dèi.
                                            2. Principe Shotoku: chiamato anche Jogu. Secondo figlio del trentunesimo imperatore Yomei, famoso per aver applicato lo spirito del Buddismo al governo. Come reggente dell’imperatrice Suiko, egli realizzò varie riforme, promulgò la Costituzione in diciassette articoli nel 604 e instaurò relazioni diplomatiche con la dinastia cinese Sui, inviando Ono no Imoko in Cina. Egli riveriva in particolare i sutra del Loto, di Shrimala e di Vimalakirti sui quali avrebbe scritto dei commentari. Quest’episodio sarebbe accaduto quando il principe Shotoku (574-622), famoso per aver applicato il pensiero buddista nell’arte di governare, era ancora bambino e appare in Biografia del principe Shotoku.
                                            3. Sessantasei province e due isole: l’intero Giappone. Il Giappone era diviso in sessantasei province escludendo l’Hokkaido. Le due isole sono Iki e Tsushima.
                                            4. Tremila Budda: Budda apparsi nel kalpa della Gloria del passato, nel kalpa della Saggezza del presente e nel kalpa della Costellazione del futuro. Sono elencati in Cronache dei tremila Budda dei tre kalpa.
                                            5. L’amministratore e il signore del feudo: Tojo Kagenobu, amministratore del villaggio di Tojo nel distretto di Nagasa, e Hojo Tomotoki, signore del distretto di Nagasa nella provincia di Awa. Hojo Tomotoki era un fratello minore di Hojo Yasutoki, il terzo reggente del governo di Kamakura.
                                            6. Defunti preti laici del Saimyo-ji e del Gokuraku-ji: Hojo Tokiyori (1227-1263), quinto reggente del governo di Kamakura e Hojo Shigetoki (1198-1261), un altro alto funzionario del governo.
                                            7. Signore della provincia di Sagami: Hojo Tokimune (1251-1284), ottavo reggente del governo di Kamakura.
                                            8. Imperatore di Engi: sessantesimo imperatore Daigo (r. 897-930). Sugawara no Michizane (845-903): studioso, poeta e funzionario di corte. Aveva il ruolo di controbilanciare il potere della famiglia Fujiwara che deteneva la maggior parte delle cariche governative. Falsamente accusato dai Fujiwara di complottare contro il trono, Michizane fu mandato in esilio nel Kyushu, dove morì.
                                            9. Mille ri: qui significa una grande distanza.
                                            10. Tredicesimo anniversario: servizio funebre che si tiene nel dodicesimo anniversario della morte di una persona. Secondo l’uso giapponese il secondo anno dopo la morte di una persona si commemora come terzo anno. La tradizione attribuisce particolare importanza anche al settimo, quarantanovesimo e centesimo giorno dopo la morte e al primo, terzo, settimo, tredicesimo, diciassettesimo, ventitreesimo, ventisettesimo, trentatreesimo e cinquantesimo anniversario della morte; in tali occasioni si svolgono particolari cerimonie per il defunto.
                                            11. Sotoba: traslitterazione giapponese della parola sanscrita stupa, una specie di cappella o tabernacolo ove erano riposte le reliquie di Shakyamuni o di altri santi. In Giappone il sotoba è una tavoletta tombale, lunga e stretta, con citazioni dai sutra e il nome postumo del defunto. È tenuta accanto alla tomba durante le funzioni commemorative.
                                            12. Secondo la tradizione buddista, centoventi anni è la durata massima della vita degli esseri ­umani.
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