368. Refutare Ryokan e gli altri
Luogo sconosciuto, Data sconosciuta. Indirizzata a Destinatario sconosciuto
Ryokan, Doryu, il Santo Higan1 e altri fondarono templi come il Gokuraku-ji, il Kencho-ji, il Jufuku-ji e il Fumon-ji2, dimostrando con tali azioni disprezzo per il palco di ordinazione dei grandi precetti dell’illuminazione immediata e perfetta del Monte Hiei. Quindi, anzitutto, sono colpevoli dell’offesa di aver portato il caos nell’ordine buddista.
Secondo, sono colpevoli di aver versato il sangue dal corpo del Budda. In questi giorni i credenti Nembutsu e i membri delle altre scuole di Buddismo hanno scelto il quindicesimo giorno del secondo mese, data in cui il Budda Shakyamuni, il signore degli insegnamenti, entrò nel nirvana, come giorno dedicato al Budda Amida, e hanno fatto dell’ottavo giorno [del quarto mese], data di nascita del Budda Shakyamuni, quello dedicato al Budda Maestro della Medicina.
I preti della scuola della Vera parola prestano tutti omaggio al Tathagata Mahavairochana e dichiarano che il Budda Shakyamuni, il signore degli insegnamenti, è un Budda che vaga ancora nella regione dell’oscurità3 e che “non è degno nemmeno di badare i nostri sandali”!4 Infine, quando svolgono la loro cerimonia di unzione, calpestano la testa del Budda Shakyamuni5. I preti della scuola Zen dichiarano che il loro insegnamento è “una trasmissione al di fuori dei sutra”, ritengono che tutti i sutra abbiano meno valore delle cartacce, e si vantano di “aver superato il Budda!”. Persone simili sono discendenti del Grande Brahmano Arrogante dell’India meridionale, appartengono a quelli che “cavano il sangue dal corpo del Budda”.
La terza grave colpa [quella di uccidere un arhat, fu commessa da Devadatta] quando colpì e uccise la monaca Uptalavarna, madre adottiva del Budda6, che aveva ottenuto il rango di arhat. Ciò accadde al tempo in cui il re Ajatashatru respinse Devadatta e si alleò con il Budda. Devadatta, consumato dalle fiamme dell’ira che gli ardevano in petto e incapace di controllarsi, quando ebbe occasione di incontrare la monaca Uptalavarna per spregio la colpì e la uccise.
E adesso i credenti Nembutsu e gli uomini delle altre scuole, avendo io confutato le dottrine Nembutsu, Zen, dei Precetti e della Vera parola al punto che non possono più controbattere, alla fine si sono rivolti personalmente ai loro sostenitori laici. Così vari miei discepoli sono stati uccisi, io sono stato ferito alla testa, sono stato calunniato ed esiliato per due volte, e hanno persino complottato per farmi decapitare. Non solo sono riusciti a fare incarcerare dozzine di miei discepoli7, ma hanno anche appiccato incendi in vari punti di Kamakura cercando di farli apparire opera dei miei discepoli, nella speranza che non me ne rimanesse più nemmeno uno.
Come abbiamo visto, Devadatta commise tre gravi colpe8. Ma quando versò il sangue del Budda, si trattava del Budda dei sutra predicati prima del Sutra del Loto, non dello Shakyamuni che ottenne l’illuminazione in un passato inconcepibilmente remoto. Quando uccise un arhat, era un arhat degli insegnamenti precedenti al Sutra del Loto, non un devoto del Sutra del Loto. E quando distrusse l’armonia all’interno dell’ordine buddista, si trattava dell’ordine che osservava i precetti hinayana precedenti al Loto, non dell’ordine dei grandi precetti del Sutra del Loto, dell’illuminazione immediata e perfetta. Anche se la terra si spalancò e Devadatta cadde nell’inferno di sofferenza incessante9, poiché non aveva commesso queste gravi colpe all’indirizzo del Sutra del Loto la sua punizione non fu per nulla severa; infatti, nel Sutra del Loto, si predice che diventerà un Budda di nome Tathagata Re del Cielo.
Ma adesso i preti della Vera parola, i credenti Nembutsu e i seguaci dello Zen e dei Precetti, insieme all’imperatore, allo shogun e alla sua famiglia, e a tutte le altre persone del Giappone, sia di alto sia di basso rango, che sostengono le loro dottrine, non solo si comportano da potenti nemici del Sutra del Loto, ma, oltre tutto, nutrono una grande inimicizia nei confronti del devoto dell’unico veicolo. E perciò, anche se possono arrivare a comprendere tutti i vari sutra, tributare omaggio ai Budda delle dieci direzioni, costruire templi e pagode in tutto il paese e dimostrare compassione verso tutti gli esseri viventi, tuttavia, proprio come i numerosi corsi d’acqua che affluiscono al grande mare ne assumono il sapore salato, come tutti gli uccelli che si avvicinano al monte Sumeru ne assumono il colore dorato10, così tutte le loro grandi buone azioni si trasformeranno in un grande male e le sette fortune cederanno il passo ai sette disastri11. Nella loro esistenza presente, vedranno di fronte ai loro occhi l’esercito di un paese straniero che verrà ad attaccarli, saranno annientati dai suoi guerrieri, le mogli e i figli saranno catturati dal nemico, e nella prossima esistenza cadranno nella grande fortezza dell’inferno di incessante sofferenza.
Alla luce di tutto questo, anche se il defunto Yashiro avesse commesso qualche grave colpa, di certo non potrà essere peggiore di quelle commesse da Devadatta. In paragone alle colpe di quest’ultimo, deve essere ben poca cosa. E, poiché Yashiro aveva fede nel Sutra del Loto, non c’è dubbio che «nemmeno uno mancherà di conseguire la Buddità»12.
Domanda: Tu dici che i preti della Vera parola di oggi sono destinati a cadere nell’inferno d’incessante sofferenza, ma io lo trovo difficile da accettare. I preti della Vera parola di oggi discendono tutti dai quattro grandi maestri del passato: il Gran Maestro Kobo, il Gran Maestro Dengyo, il Gran Maestro Jikaku e il Gran Maestro Chisho. Se questi uomini non caddero nell’inferno, allora perché dovrebbero essere destinati a cadervi i preti della Vera parola?
Risposta: Ci sono 136 inferni13. In 135 di essi le persone cadono come gocce di pioggia, perché è facile commettere il tipo di offesa che provoca tale caduta. Ma è raro che una persona cada nella grande fortezza dell’inferno di incessante sofferenza, perché è raro che qualcuno commetta uno dei cinque peccati capitali che condannano una persona a questo inferno.
Prima che il Budda apparisse nel mondo non c’erano i cinque peccati capitali, ma solo i due peccati di uccidere il proprio padre e uccidere la propria madre. E nel tempo precedente al Budda persino questi due peccati, uccidere il padre e uccidere la madre, non destinavano mai una persona a cadere nell’inferno d’incessante sofferenza. Erano considerati semplicemente due peccati che potevano essere commessi da una bestia.
Adesso però il popolo del Giappone non cade più negli altri 135 inferni. Le persone del Giappone, anche se sono diverse l’una dall’altra per aspetto, sono tutte uguali nell’offendere il Sutra del Loto. Anche se sono tutte diverse l’una dall’altra, offendono ugualmente il Sutra del Loto perché si rifanno ai princìpi dei tre gran maestri diversi da Dengyo.
Domanda. Quali sono i princìpi di questi tre gran maestri?
Risposta. I princìpi di questi tre gran maestri, Kobo e gli altri, sono diversi l’uno dall’altro, ma tutti offendono ugualmente il Sutra del Loto. Sono i princìpi errati sostenuti dal Maestro del Tripitaka Shan-wu-wei, dal Maestro del Tripitaka Chin-kang-chih e dal Maestro del Tripitaka Pu-k’ung, che offendono il Sutra del Loto.
Domanda: Che prova hai che questi tre gran maestri siano caduti nell’inferno?
Risposta: Il Maestro del Tripitaka Shan-wu-wei è il fondatore della scuola della Vera parola in Cina e in Giappone. Quest’uomo morì improvvisamente e fu portato davanti a Yama, il re dell’inferno, per essere rimproverato. E non fu rimproverato per altre colpe, ma per aver insistito che il Sutra del Loto è inferiore al Sutra di Mahavairochana. E poiché Jikaku e Chisho non capirono che si trattava di un errore, ne propagarono le dottrine: come potrebbero evitare di andare all’inferno?
Se ricerchiamo la ragione per cui il Maestro del Tripitaka Shan-wu-wei fu redarguito dal re Yama, capiremo di conseguenza il destino di questi tre gran maestri. Lo stesso Maestro del Tripitaka Shan-wu-wei in Annotazioni sul Sutra di Mahavairochana14 riferisce che a quel tempo egli fu legato con sette corde di ferro. Inoltre, in Giappone questi avvenimenti sono raffigurati nella sala Yama del tempio Daigo [nella provincia di Yamashiro] e nella sala Yama di Kamakura, nella provincia di Sagami15. Così sappiamo che Jikaku e Chisho sottoscrissero insegnamenti erronei.
Domanda: Per determinare la superiorità del Sutra del Loto rispetto ai tre sutra degli insegnamenti della Vera parola16, cioè il Sutra di Mahavairochana e gli altri, quali passi si possono citare?
Risposta: Il Sutra del Loto afferma: «Fra tutti i sutra gli spetta il posto più alto»17. Ciò significa che il Sutra del Loto è l’apice degli insegnamenti esposti in tutti i vari sutra. Nei sette volumi del Sutra di Mahavairochana, nei tre volumi del Sutra della Corona di diamanti e nei tre volumi del Sutra Susiddhikara, in tutti questi tredici volumi non c’è una una singola frase o verso che dica che questi sutra sono superiori al Sutra del Loto.
A dire il vero, c’è un passo del Sutra Susiddhikara che afferma che, fra i tre sutra della Vera parola, esso è il re18. Ma ciò significa solo che dei tre sutra, [di Mahavairochana, della Corona di diamanti e Susiddhikara] questo è il re. Non significa in alcun modo che è il “grande re” fra tutti i sutra predicati durante la vita del Budda. È come il sovrano del nostro paese che è chiamato “grande re”, ma ciò significa che è il grande re che governa su tutto il paese del Giappone, non il grande re superiore a tutti i re della Cina e dell’India.
Il Sutra del Loto, tuttavia, non è solo il re fra tutti i sutra predicati dal Budda nel corso della sua vita. È il grande re fra tutti i sutra esposti da tutti i Budda delle tre esistenze di passato, presente e futuro, e delle dieci direzioni.
Potremmo per esempio paragonarlo al dio celeste Brahma, un grande re che è superiore a tutti gli altri re, ai re minori, ai re che mettono in moto la ruota, ai quattro re celesti, al re Shakra e al re demone. Il Sutra della Corona di diamanti è il più elevato degli insegnamenti della Vera parola e il Sutra dei Sovrani è un grande re fra i sutra che trattano di insegnamenti non buddisti e delle loro divinità e asceti. Ma essi non sono in alcun senso i re supremi fra tutti i vari sutra. È il Sutra del Loto il gioiello più alto fra tutti i sutra. Se si mettono da parte le dichiarazioni dei vari studiosi e maestri di Buddismo per basarsi unicamente sui testi dei sutra, si vedrà che è così.
Ma, dopo la fondazione della scuola T’ien-t’ai, furono portati dall’India sutra e trattati, e i fondatori e i patriarchi delle altre varie scuole buddiste tradizionali dell’India e della Cina, mossi dalla loro natura di asura19, lessero le proprie parole nei sutra e nei trattati, attribuendole al Budda e ai sutra indiani, oppure con i propri pennelli inserirono le loro interpretazioni nei sutra, pretendendo che tali passi fossero stati pronunciati dal Budda. Così il Maestro del Tripitaka Shan-wu-wei, paragonando il valore relativo del Sutra e del Loto e di quello di Mahavairochana, dichiarò che i due sutra sono simili nei princìpi, ma il secondo è superiore nella pratica20.
Questa dichiarazione non rappresenta la vera intenzione del Budda in merito alla questione. Se diamo retta alle parole del Budda, il Sutra di Mahavairochana fu esposto durante i primi quarant’anni e più della sua vita di predicazione. E fra i sutra esposti durante quei quarant’anni e più non è paragonabile al Sutra della Ghirlanda di fiori o ai sutra della Saggezza. È solo leggermente superiore ai sutra Agama dell’insegnamento hinayana.
Il Gran Maestro Jikaku e gli altri, però, non avendo compreso questo, ma fidandosi semplicemente dell’opinione del Maestro del Tripitaka Shan-wu-wei, accettarono come vera questa dichiarazione che i due sutra sono simili nei princìpi, ma il Sutra di Mahavairochana è superiore nella pratica.
Il Gran Maestro Kobo era un uomo dalle idee distorte che non era nemmeno paragonabile a persone come il Gran Maestro Jikaku e gli altri. Egli dichiarò per esempio che il Sutra del Loto è inferiore non solo al Sutra di Mahavairochana, ma anche al Sutra della Ghirlanda di fiori21. E per far credere alla gente la sua falsa dottrina affermò di aver ricevuto gli insegnamenti direttamente dal Tathagata Mahavairochana stesso, o affermò di essere stato personalmente presente all’assemblea sul Picco dell’Aquila, o si vantò di come il suo maestro, il Reverendo Hui-kuo lo avesse lodato, o sostenne di aver scagliato il suo vajra a tre punte22 dalla Cina al Giappone. Inventò varie storie assurde come questa e ancora oggi le persone ignoranti ci credono.
I preti della Vera parola della scuola Tendai in Giappone fanno risalire i propri insegnamenti al Gran Maestro Jikaku. Così non solo i tremila preti del Monte Hiei ripongono fede in questi insegnamenti, ma una generazione dopo l’altra di saggi sovrani23 del nostro paese li proclama al mondo sotto forma di editti imperiali. Questi editti affermano che il Sutra del Loto e quello di Mahavairochana sono entrambi paragonabili al gusto del ghee, che sono come due ali di un uccello o come l’occhio sinistro e l’occhio destro di un essere umano. E, fra tutti i preti della Vera parola del mondo attuale, non c’è nessuno che lo metta in dubbio. Tali asserzioni in effetti stanno dicendo che la luce di una lucciola supera quella del sole e della luna, o che il mucchietto di terra accumulato da un verme sembra più alto del monte Hua24.
Inoltre, quando tutti i vari preti della Vera parola eseguono quella che è chiamata cerimonia di unzione, dipingono un’immagine del Budda Shakyamuni sul cosiddetto tappeto-mandala e lo fanno calpestare dai futuri iniziati. Oppure nei loro scritti affermano che il Budda del Sutra del Loto è ancora nella regione dell’oscurità, che fra gli esseri umani è paragonabile ai barbari di Ezo25, che non è nemmeno degno di badare i sandali ai preti della Vera parola. E i preti della Vera parola di oggi considerano questi scritti i loro commentari principali, e giorno e notte discutono sul loro significato, li usano quando pregano per cortigiani e guerrieri, ottenendo così varie concessioni terriere e imbrogliando i seguaci laici che li sostengono.
Quando esaminiamo la questione, vediamo che questi preti della Vera parola non sono diversi dal Grande Brahmano Arrogante o dall’erudito Vimalamitra. Sono quel tipo di persone destinate alle grandi fiamme dell’inferno Avichi nell’esistenza presente. E sono in grado di continuare a comportarsi così perché non hanno avversari potenti, anche se ci sono segni assolutamente chiari di dove si stanno dirigendo.
Le fazioni Jikaku e Chisho sono incessantemente in lotta; gli attuali seguaci di Kobo al tempio principale sul monte Koya e quelli di Shogaku-bo al Dembo-in [sul monte Negoro]26, sul Monte Hiei e all’Onjo-ji litigano ovunque come demoni asura, si combattono come scimmie e cani. Questo non è forse l’effetto del sogno di Jikaku in cui colpiva il sole con una freccia27 o delle parole fallaci pronunciate da Kobo quando era ancora al mondo?
Il Budda predisse che, nell’ultima epoca, coloro che offendono l’insegnamento corretto saranno più numerosi dei granelli di polvere della terra, mentre coloro che sostengono l’insegnamento corretto saranno meno del terriccio che può stare su un’unghia28. Quanto sono vere queste parole del Budda! La situazione del Giappone attuale ricalca fedelmente questa profezia.
Come tu ben sai, sin da quando ero giovane mi sono dedicato allo studio con tutto il cuore, e inoltre ho pregato davanti alla statua del Bodhisattva Tesoro dello Spazio Vuoto29 per poter diventare la persona più saggia del Giappone. Allora avevo dodici anni e avevo varie ragioni per pregare in questo modo, ma non ne voglio parlare qui.
Dopo di che, prestai ascolto prima di tutto agli insegnamenti delle scuole della Pura terra e Zen, e in seguito mi recai sul Monte Hiei, all’Onjo-ji, sul Monte Koya e in vari altri luoghi, sia nella capitale sia nelle campagne, svolgendo la pratica religiosa e studiando le dottrine delle varie scuole buddiste. Ma era difficile risolvere i miei dubbi.
Quando formulai la mia preghiera originale, feci voto di accostarmi alle varie scuole buddiste senza pregiudizi o parzialità nei confronti di qualche scuola particolare, bensì di giudicarle sulla base delle prove che avrei trovato nelle parole stesse del Budda e alla luce della ragione. Non mi sarei affidato agli scritti degli studiosi, dei traduttori o dei maestri della dottrina, ma unicamente ai testi dei sutra.
Inoltre, nelle questioni dottrinali non mi sarei fatto sviare nemmeno se il sovrano del paese avesse esercitato pressioni su di me, e tantomeno se l’avessero fatto persone di rango inferiore. Non avrei dato ascolto alle dichiarazioni di genitori, maestri o fratelli maggiori, non mi sarei curato del fatto che gli altri mi credessero o no, ma avrei parlato apertamente, così come dettano le parole del sutra. Questo fu il mio voto.
Per quanto riguarda Chia-hsiang della scuola dei Tre trattati, Ch’eng-kuan della scuola della Ghirlanda di fiori e Tz’u-en della scuola delle Caratteristiche dei dharma, T’ien-t’ai, Miao-lo e Dengyo li hanno già refutati mettendo in luce che i loro errori li condannano all’inferno di incessante sofferenza. Ma, fino ad ora, nessuno ha attaccato le visioni distorte del Maestro del Tripitaka Shan-wu-wei e dei gran maestri degli insegnamenti della Vera parola, Kobo, Jikaku e Chisho. Nell’ultima parte del volume dieci di Annotazioni su “Parole e frasi del Sutra del Loto”, il Gran Maestro Miao-lo ha messo in luce come Shan-wu-wei, Pu-k’ung e altri abbandonarono la scuola della Vera parola per abbracciare le dottrine del Gran Maestro T’ien-t’ai, e il Gran Maestro Dengyo riferisce la stessa cosa nella sua opera Chiarimento sulle scuole basate sulla dottrina di T’ien-t’ai. Ma, poiché la situazione reale non è stata ben compresa, gli attuali seguaci del lignaggio dottrinale di Dengyo continuano a seguire le idee errate di Jikaku e Chisho, ed è per questo che insisto nelle mie critiche con tanta forza.
Così, quando avevo trentadue anni, circa dalla primavera del quinto anno dell’era Kencho [1253] cominciai a criticare le scuole Nembutsu e Zen, e in seguito attaccai anche la scuola della Vera parola. Dapprima i seguaci Nembutsu mi guardarono con disdegno dicendo: «Per quanto acuto possa essere Nichiren di certo non può essere superiore al prete Myoen, all’Amministratore del clero Koin o al capo dei preti Kenshin [del Monte Hiei]30. Questi uomini dapprima attaccarono l’Onorevole Honen, ma in seguito capitolarono tutti e diventarono suoi discepoli o seguaci del suo insegnamento, e Nichiren senza dubbio farà lo stesso». E, uno dopo l’altro, cercarono di confutare le mie parole.
Quando una persona in passato criticava gli insegnamenti di Honen, non criticava allo stesso tempo quelli dei suoi predecessori Shan-tao e Tao-ch’o, né cercava di distinguere fra i sutra provvisori e quelli veri, e di conseguenza i credenti Nembutsu sono diventati sempre più sicuri di se stessi.
Ma adesso io, Nichiren, ho dimostrato che Shan-tao e Honen sono caduti nell’inferno d’incessante sofferenza e ho fatto capire senza ombra di dubbio che paragonare i tre sutra della Pura terra al Sutra del Loto è come paragonare la luce di una lucciola a quella del sole e della luna, o le acque di un ruscelletto a quelle del grande mare. Inoltre, ho dimostrato che il Nembutsu è solo una dottrina basata su teorie puerili che il Budda predicò come espediente, che era intesa solo per un certo periodo. Aspettarsi che una dottrina del genere liberi dalle sofferenze di nascita e morte è come costruire una nave di pietra e sperare di usarla per solcare il vasto mare, o caricarsi una montagna sulla schiena e cercare di valicare un ripido passo. Tale fu la natura delle mie critiche, e nessun credente Nembutsu fu in grado di confutarle.
In seguito i credenti Nembutsu parlarono a persone della scuola Tendai, cercando di metterle contro di me, ma i loro sforzi non portarono a nulla. In realtà, tra le persone della scuola Tendai, i laici e i membri del clero di maggior buon senso, per effetto dei miei attacchi alle dottrine delle scuole Nembutsu e Zen, abbandonarono la fede in tali insegnamenti. I seguaci Nembutsu e i preti delle scuole Zen e dei Precetti, mancando della saggezza necessaria a refutare le mie argomentazioni, cominciarono allora ad andare fra i membri delle altre scuole diffondendo ogni genere di calunnia sul mio conto.
I credenti laici, che si chiedevano se quelle storie fossero vere, si rivolsero ai preti dei quali in genere si fidavano, cioè quelli della Vera parola, Nembutsu, della veneranda scuola Tendai e delle scuole Zen e dei Precetti, e vennero con loro nel luogo in cui vivevo o mi convocarono presso la loro residenza. [Ma quando li affrontai in dibattito, quei preti] non riuscirono quasi nemmeno a dire una o due parole e io li confutai come Katyayana con i credenti non buddisti, come il Bodhisattva Gunamati ebbe la meglio su Madhava31; davanti alle mie argomentazioni non ebbero la forza di reggere.
Forse perché fra di loro gli uomini saggi erano davvero pochi, alle fine i preti Nembutsu e gli altri, incapaci di tenermi testa in un dibattito, arruolarono certi samurai, pieni di boria e privi di cervello, oppure laici ricchi incuriositi dalla faccenda, ma del tutto ignari dei suoi aspetti, e me li scatenarono contro. In alcuni casi costoro usarono personalmente violenza contro i miei seguaci, scacciandoli dalle loro case, depredando le loro terre o sollevando accuse nei loro confronti; gli esempi sono così tanti che è impossibile enumerarli tutti.
Anche se furono sottoposte petizioni al sovrano chiedendo di prendere misure contro di me, forse per i meriti che avevo acquisito osservando i precetti, o per la fortuna e le virtù che avevo accumulato [nelle vite passate], egli intuì le intenzioni recondite di queste richieste e si rifiutò di prestargli seriamente ascolto. Stando così le cose, certe persone influenti si allearono e radunarono intorno a loro una folla di cittadini; quando alla fine furono parecchie decine di migliaia vennero ad attaccarmi nottetempo con l’intento di sbarazzarsi di me32. Ma, forse perché le dieci fanciulle demoni avevano deciso così, riuscii a sfuggire al pericolo.
I funzionari delle due province di Sagami e Izu, fallito il tentativo di uccidermi, mi accusarono e mi fecero esiliare nella provincia di Izu. Ma il prete laico del Saimyo-ji, l’unico convinto che ci fossero circostanze attenuanti nel mio caso, si affrettò a fare in modo che il mio esilio avesse fine.
Non molto tempo dopo, il prete laico del Saimyo-ji morì. Mi rendevo conto che per me le cose sarebbero diventate difficili e pensai che avrei fatto meglio a ritirarmi prima possibile dagli affari mondani. Ma non lo feci e continuai con vigore a difendere il Sutra del Loto, deciso, nel peggiore dei casi, a sacrificare la mia vita per questa causa.
Il numero di coloro che sollevarono accuse infamanti nei miei confronti continuò ad aumentare fino a che tutti, di alto o di basso rango, mi attaccavano come se fossi il nemico giurato dei loro padri e delle loro madri o una spregevole cortigiana. La situazione era esattamente identica a quella dell’ultima epoca successiva al tempo del Budda Suono Meraviglioso, quando chiunque attaccava il Bodhisattva Mai Sprezzante.
Cenni Storici
La parte iniziale e quella conclusiva di questa lettera sono mancanti, pertanto la data di stesura e il destinatario non sono noti. Poiché in essa Nichiren Daishonin fa riferimento al «defunto Yashiro», si ritiene che fosse indirizzata a sua madre, la monaca laica Konichi, una credente che risiedeva ad Amatsu nella provincia di Awa, nei pressi del tempio Seicho dove il Daishonin aveva studiato da ragazzo. E poiché egli allude a eventi legati alla morte di Yashiro avvenuta nel 1274, e scrive di essere stato «esiliato per due volte», si ritiene che questa lettera sia stata scritta da Minobu dopo che egli fu perdonato dall’esilio di Sado.
Si hanno poche informazioni sulla monaca laica Konichi. Ella proveniva dalla stessa zona del Daishonin, e suo figlio Yashiro si era convertito agli insegnamenti di Nichiren, persuadendo poi la madre a fare lo stesso. Quando il Daishonin fu esiliato a Sado, la donna gli inviò una veste in offerta. Oltre a questa lettera, ella ne ricevette da lui altre quattro, ancora esistenti: Le azioni del devoto del Sutra del Loto, Lettera a Konichi-bo, Risposta alla monaca laica Konichi e Risposta alla Onorevole Konichi.
In questa lettera il Daishonin paragona i cosiddetti «tre peccati capitali» commessi da Devadatta, l’acerrimo nemico del Budda, ad altre offese di natura simile commesse nella sua epoca dai capi delle scuole buddiste in Giappone. Mentre le azioni di Devadatta erano dirette al Budda Shakyamuni prima che egli rivelasse, nel Sutra del Loto, di essere stato illuminato sin dal remoto passato, i maestri buddisti del tempo del Daishonin offendono il Sutra del Loto e sono ostili ai suoi devoti, cioè al Daishonin e ai suoi discepoli; pertanto la loro offesa è ben più grave di quella compiuta da Devadatta. Yashiro, il figlio defunto della monaca laica Konichi, era un samurai e si trovò coinvolto in uno scontro nel quale perse la vita. Anche se le offese da lui commesse potevano essere gravi, erano pur sempre piccole se paragonate a quelle commesse da Devadatta e, poiché era un praticante del Sutra del Loto, non gli avrebbero impedito di conseguire la Buddità.
Utilizzando la forma di domanda e risposta, il Daishonin prende poi in esame gli errori dei maestri della Vera parola e delle loro dottrine in merito alla superiorità comparativa dei sutra della Vera parola rispetto al Sutra del Loto, e si sofferma sugli esiti negativi che tali errori produrranno. Kobo, il fondatore della scuola della Vera parola, e Jikaku e Chisho, sostenitori della tradizione esoterica, o Vera parola, all’interno della scuola Tendai, erano tutti colpevoli di disprezzare e di offendere il Sutra del Loto e pertanto destinati all’inferno di incessante sofferenza assieme ai loro seguaci.
Shan-wu-wei, che portò gli insegnamenti della Vera parola dall’India alla Cina, fu il primo a commettere l’errore di valutare il Sutra di Mahavairochana come superiore al Sutra del Loto, ma in seguito se ne pentì, spiegando nei suoi scritti il modo in cui fu giudicato dal re dell’inferno. Il Daishonin cita Miao-lo, il quale scrisse che Shan-wu-wei arrivò a sostenere gli insegnamenti di T’ien-t’ai basati sul Sutra del Loto. I maestri della Vera parola in Giappone, invece, ignorarono questo fatto e adottarono e predicarono gli errori di Shan-wu-wei. Com’è possibile allora, si domanda il Daishonin, che essi possano evitare di essere giudicati nell’inferno per lo stesso errore?
Sottolineando che non esiste prova documentaria del fatto che il Sutra di Mahavairochana e gli altri sutra della Vera parola siano superiori al Sutra del Loto, il Daishonin afferma, sulla base di riferimenti testuali, che il Sutra del Loto va considerato come il re di tutti i sutra. Egli evidenzia le menzogne e le invenzioni di Kobo, quali il suo racconto di avere ricevuto gli insegnamenti direttamente dal Tathagata Mahavairochana in persona, e le affermazioni denigratorie di Jikaku e Chisho sul Sutra del Loto e sul Budda Shakyamuni.
Nichiren Daishonin spiega che il dissenso e le dispute tra le scuole fondate da questi uomini sono il risultato della loro offesa al Sutra del Loto; esse sono un segno che essi saranno infine destinati all’inferno. Egli riflette poi sulla propria esperienza che lo portò ad adottare l’insegnamento corretto, e di come da allora si sia sforzato di refutare gli errori delle varie scuole buddiste. Egli narra delle persecuzioni che, a causa di ciò, lui e i suoi discepoli dovettero affrontare, soffermandosi in particolar modo sull’aggressione in massa alla sua dimora di Nagoe, Kamakura, e sul successivo esilio a Izu. Il Daishonin conclude ribadendo la propria determinazione a continuare sulla strada scelta, anche a costo della vita.
Il titolo di questo scritto fu assegnato in un secondo tempo, ed è tratto dalla prima riga del testo che è giunto fino a noi. Anche se questo punto è l’unico, nella copia esistente, in cui viene menzionato Ryokan, in realtà egli ebbe un ruolo centrale fra coloro che complottarono per far perseguitare il Daishonin e i suoi discepoli.