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88. Ripagare i debiti di gratitudine

RSND, VOLUME I

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Minobu, 1276. Indirizzata a Gijo-bo e Joken-bo

La vecchia volpe non dimentica la collinetta in cui è nata1, e la tartaruga bianca ripagò il favore ricevuto da Mao Pao2. Persino gli animali conoscono la gratitudine, a maggior ragione dovrebbero conoscerla gli esseri umani. Perciò Yü Jang, un onorevole uomo del passato, si trafisse con la spada per ripagare il proprio debito di gratitudine verso Chih Po3, e il ministro Hung Yen si aprì il ventre e vi introdusse il fegato del suo defunto signore, il duca Yi di Wei4. A maggior ragione chi si dedica al Buddismo non dovrebbe dimenticare i debiti di gratitudine verso i genitori, verso i maestri e verso il paese.

    Ma, per ripagare questi grandi debiti, deve assolutamente studiare e comprendere a fondo il Buddismo e diventare un sapiente. Chi non lo fa è come un uomo che cerca di condurre un gruppo di ciechi attraverso ponti e fiumi, pur essendo a sua volta privo della vista. Come può una nave guidata da chi non conosce la direzione dei venti condurre i mercanti alla montagna dei tesori?

      Se uno vuole studiare e comprendere a fondo il Buddismo, deve dedicare del tempo a farlo. E se vuole avere tempo per farlo, non potrà continuare a servire i genitori, i maestri e il sovrano. Finché non raggiunge la strada dell’emancipazione, non potrà accondiscendere ai desideri dei genitori e dei maestri, per quanto possano essere ragionevoli.

        Molti troveranno questo principio in contrasto sia con le virtù secolari, sia con lo spirito del Buddismo. Tuttavia, anche il Classico della pietà filiale, una scrittura secolare, sostiene che vi sono casi in cui si può essere un figlio devoto o un ministro leale solo disobbedendo al sovrano o ai genitori. E nelle scritture buddiste si legge: «Rinunciando ai propri obblighi per entrare nella vita buddista, una persona può veramente ripagare tali debiti di gratitudine fino in fondo»5. Pi Kan6, rifiutando di conformarsi ai desideri del sovrano, si conquistò la fama di uomo saggio e il principe Siddhartha, disobbedendo al re Shuddhodana, divenne il figlio più devoto del triplice mondo. Questi esempi dimostrano ciò che voglio dire.

          Una volta compreso ciò, senza accondiscendere alla volontà dei miei genitori e dei maestri, decisi di studiare il Buddismo e trovai che vi sono dieci limpidi specchi che permettono di comprendere i sacri insegnamenti dell’intera vita del Budda e cioè le dieci scuole: Tesoro dell’Abhidharma, Affermazione della verità, Precetti, Caratteristiche dei dharma, Tre trattati, Vera parola, Ghirlanda di fiori, Pura terra, Zen e Tendai Loto. Gli studiosi di oggi credono che, prendendo come maestri illuminati questi dieci specchi, si comprenda l’essenza di tutte le sacre scritture e affermano che tutti questi dieci specchi illuminano fedelmente la via del Budda. Per ora lasciamo da parte le tre scuole hinayana [Tesoro dell’Abhidharma, Affermazione della verità, Precetti]; sono prive di autorità come un messaggio inviato in un paese straniero da un privato cittadino.

            Ma, poiché i sette specchi del Mahayana sono come una grande nave che può farci attraversare il vasto mare delle sofferenze di nascita e morte e condurci alla riva della pura terra, pensai che, praticandoli e comprendendoli, avrei potuto salvare me stesso e guidare gli altri alla salvezza. Quando, con questo pensiero in mente, cominciai a esaminarli, trovai che ciascuna delle sette scuole mahayana tesse le proprie lodi sostenendo: «Solo la nostra scuola rappresenta il cuore degli insegnamenti dell’intera vita del Budda».

              Tu-shun, Chih-yen, Fa-tsang e Ch’eng-kuan7 della scuola della Ghirlanda di fiori, Hsüan-tsang, Tz’u-en, Chih-chou e Chisho8 della scuola delle Caratteristiche dei dharma, Hsing-huang e Chia-hsiang9 della scuola dei Tre trattati, Shan-wu-wei, Chin-kang-chih, Pu-k’ung, Kobo, Jikaku e Chisho della scuola della Vera parola, Bodhidharma, Hui-k’o e Hui-neng10 della scuola Zen, Tao-ch’o, Shan-tao, Huai-kan e Genku11della scuola della Pura terra, tutti questi uomini, basandosi sui sutra e sui trattati favoriti dalla loro scuola, affermano: «Solo noi abbiamo compreso tutti i vari sutra, solo noi abbiamo afferrato il più profondo significato del Buddismo».

                Alcuni di loro proclamano che il Sutra della Ghirlanda di fiori è il primo di tutti i sutra e che il Sutra del Loto, il Sutra di Mahavairochana e tutti gli altri sono subordinati. La scuola della Vera parola dice che il Sutra di Mahavairochana [Grande sole] è il primo, e che gli altri sono come una moltitudine di stelle. La scuola Zen dice che il Sutra Lankavatara è il primo fra tutti i sutra. Le altre scuole fanno affermazioni analoghe. Tutti i maestri elencati sopra sono rispettati dalla gente della nostra epoca come il signore Shakra è venerato dalle varie divinità, e sono seguiti come il sole e la luna lo sono dalle varie stelle.

                  Noi persone ordinarie, se riponiamo la nostra fiducia in un maestro, chiunque esso sia, non penseremo mai che abbia qualche mancanza. Ma, benché gli altri rispettino e credano [nei maestri delle rispettive scuole], io, Nichiren, trovo difficile eliminare i miei dubbi.

                    Guardando quanto accade nel mondo, vediamo che ogni scuola afferma: «Noi, noi [siamo l’unica scuola corretta]!». Ma in un paese c’è un solo sovrano; se ci fossero due sovrani, il paese non avrebbe pace; se in una casa ci fossero due padroni, la casa andrebbe sicuramente in rovina. Non dovrebbe essere lo stesso per i sutra?

                      Fra i vari sutra solo uno deve essere il sovrano di tutti; invece le dieci scuole e le sette scuole contendono l’una con l’altra [a proposito di quale sia questo sutra] e non giungono a un accordo. È come se sette o dieci uomini cercassero di essere il monarca di un singolo paese: il popolo sarebbe in costante agitazione.

                        Chiedendomi come potessi fare, formulai un voto. Invece di seguire le otto o dieci scuole, avrei fatto come T’ien-t’ai: prendendo i testi dei sutra come mio unico maestro, avrei stabilito quale fra gli insegnamenti della vita del Budda fosse superiore e quale inferiore. Lessi così tutti i sutra.

                          In una scrittura chiamata Sutra del Nirvana il Budda dice: «Affidatevi alla Legge e non alla persona». Affidarsi alla Legge significa affidarsi ai vari sutra; non affidarsi alla persona significa che, all’infuori del Budda, non bisogna affidarsi a nessun altro, né ai bodhisattva Virtù Universale o Manjushri, né ai vari maestri elencati prima.

                            Inoltre lo stesso sutra dice: «Affidatevi ai sutra completi e definitivi, non a quelli incompleti e non definitivi». Per sutra «completi e definitivi» il Sutra del Nirvana intende il Sutra del Loto, per sutra «incompleti e non definitivi» intende quello della Ghirlanda di fiori, il Sutra di Mahavairochana, il Sutra del Nirvana e tutti i sutra predicati prima, durante e dopo il Sutra del Loto.

                              Se dobbiamo credere alle ultime parole pronunciate dal Budda, solo prendendo il Sutra del Loto come limpido specchio, possiamo afferrare il significato di tutti gli altri sutra.

                                Rivolgendoci quindi al testo del Sutra del Loto, leggiamo: «Questo Sutra del Loto [è il tesoro segreto dei Budda, dei Tathagata]. Fra tutti i sutra gli spetta il posto più alto»12. Secondo questa frase, come il signore Shakra dimora sul picco del monte Sumeru, come il gioiello che esaudisce i desideri incorona il capo dei re che mettono in moto la ruota, come la luna dimora sopra le foreste di alberi, come la protuberanza carnosa13 sta sulla sommità della testa di un Budda, così il Sutra del Loto è il gioiello che esaudisce i desideri e sovrasta il Sutra della Ghirlanda di fiori, il Sutra di Mahavairochana, il Sutra del Nirvana e tutti gli altri sutra.

                                  Perciò, se ci basiamo unicamente sul testo del Sutra del Loto mettendo da parte le affermazioni dei maestri e degli eruditi, vedremo che il Sutra del Loto è superiore ai sutra di Mahavairochana, della Ghirlanda di fiori e agli altri, con la stessa facilità e chiarezza con cui una persona vedente distingue il cielo dalla terra quando il sole brilla nel cielo limpido.

                                    Se esaminiamo i testi dei sutra di Mahavairochana, della Ghirlanda di fiori e altri, non troviamo un solo carattere e nemmeno un solo tratto che somigli al passo citato del Sutra del Loto. Alcuni parlano della superiorità [dei sutra mahayana] rispetto ai sutra hinayana, altri della verità buddista in contrapposizione alla verità secolare, oppure esaltano la verità della Via di mezzo rispetto alle varie visioni dei fenomeni che sono non sostanziali o hanno solo una esistenza temporanea 14. Sono come sovrani di piccoli regni che si rivolgono ai loro sudditi parlando di se stessi come di grandi re. Rispetto a questi vari re, il Sutra del Loto è il vero grande re.

                                      Soltanto il Sutra del Nirvana contiene passi simili a quelli del Sutra del Loto. Per questo motivo i vari maestri che precedettero T’ien-t’ai, sia nella Cina settentrionale sia nella meridionale, furono tratti in inganno e dissero che il Sutra del Loto è inferiore al Sutra del Nirvana. Ma, esaminando il testo del sutra stesso, troviamo che, come il Sutra degli Innumerevoli significati, il Sutra del Nirvana afferma di essere superiore ai sutra della Ghirlanda di fiori, Agama, Corretti ed equi e della Saggezza, tutti predicati nei primi quarant’anni e più, mentre quando si paragona al Sutra del Loto, dice: «Quando questo sutra [del Nirvana] fu predicato […] gli ottomila ascoltatori della voce avevano già ricevuto nel Sutra del Loto15 la predizione della futura illuminazione. Questa predizione era come un grande raccolto. Così, conclusa la mietitura autunnale e immagazzinate le messi per l’inverno, [quando fu esposto il Sutra del Nirvana] non rimaneva più nulla da fare [a parte poche spigolature]». Questo è il passo in cui il Sutra del Nirvana afferma di essere inferiore al Sutra del Loto.

                                        Benché i passi citati [dai sutra del Loto e del Nirvana] siano chiari, neanche i grandi sapienti delle scuole settentrionali e meridionali li compresero; pertanto gli studiosi delle epoche successive dovrebbero esaminarli molto attentamente. Il passo [del Sutra del Loto] non solo dimostra la superiorità del Sutra del Loto sul Sutra del Nirvana, ma anche la sua superiorità su tutti i sutra predicati nei mondi delle dieci direzioni.

                                          Anche ammesso che ci sia stata confusione su questi passi dei sutra, dopo le spiegazioni dei gran maestri T’ien-t’ai, Miao-lo e Dengyo, chiunque dotato del dono della vista, avrebbe dovuto comprendere. Tuttavia, se persino uomini come Jikaku e Chisho della scuola Tendai non riuscirono a capirli correttamente, cosa ci si poteva aspettare dagli uomini delle altre scuole?

                                            Qualcuno può dubitare e dire che, sebbene fra tutti i sutra introdotti in Cina e in Giappone il Sutra del Loto sia il migliore, in India, nei palazzi dei re draghi, nei regni dei quattro re celesti, nei regni del sole e della luna, nel cielo dei trentatré dèi o nel cielo Tushita, ci sono tanti sutra quanti sono i granelli di sabbia del fiume Gange. Tra questi non potrebbe essercene uno superiore al Sutra del Loto?

                                              Io gli risponderei che esaminando una singola cosa se ne possono dedurre diecimila, come afferma il detto secondo il quale si può conoscere tutto quello che esiste sotto il cielo senza uscire dal cancello del proprio giardino. Ma uno stupido nutrirà dubbi e dirà: «Io ho visto solo il cielo del sud, non vedo i cieli dell’est, dell’ovest e del nord. Forse in queste tre direzioni ci sono soli differenti da quello che io conosco». Il mio interlocutore è simile a colui che, vedendo una colonna di fumo levarsi da dietro le colline, poiché non può vedere il fuoco, benché il fumo sia in piena vista, concluderà che forse il fuoco non esiste. Costui è un icchantika, una persona di ­miscredenza incorreggibile, non differente da una persona priva della vista!

                                                Nel capitolo del Sutra del Loto Maestro della Legge” pronunciando parole sincere con la sua aurea bocca, il Tathagata Shakyamuni stabilì la superiorità relativa dei vari sutra predicati in più di cinquant’anni dicendo: «Ho predicato un numero incalcolabile di sutra, migliaia, decine di migliaia, milioni. Tra quelli che ho predicato, che ora predico e che predicherò, questo Sutra del Loto è il più difficile da credere e il più difficile da comprendere»16.

                                                  Benché questa frase sia la dichiarazione di un singolo Budda, il Tathagata Shakyamuni, tutti i bodhisattva dallo stadio di illuminazione quasi perfetta in giù dovrebbero onorarla e credere in essa; questo perché, oltre tutto, il Budda Molti Tesori venne da oriente per testimoniarne la verità e tutti i Budda [emanazioni] si radunarono dalle dieci direzioni e, come il Budda Shakyamuni, estesero le loro lunghe e larghe lingue fino al cielo di Brahma. Dopo di ciò tutti fecero ritorno alle rispettive terre.

                                                    Le parole «che ho predicato, che ora predico e che predicherò», comprendono non solo tutti i sutra predicati da Shakyamuni nei suoi cinquant’anni d’insegnamento, ma anche i sutra predicati dai Budda delle dieci direzioni e delle tre esistenze, senza escludere un solo carattere e nemmeno un solo tratto. È in paragone a tutti questi sutra che il Sutra del Loto viene proclamato superiore. Se i Budda delle dieci direzioni che allora espressero in maniera inequivocabile il loro assenso, tornati nelle rispettive terre, avessero detto ai propri discepoli che esisteva un sutra superiore al Sutra del Loto, pensate che i discepoli avrebbero potuto credere loro?

                                                      Se inoltre, pur non avendolo visto con i suoi occhi, qualcuno sospettasse che in India, nei palazzi dei re draghi, dei quattro re celesti, degli dèi del sole e della luna o in altri palazzi esista un sutra superiore al Sutra del Loto, io risponderei: «Ma Brahma, Shakra, gli dèi del sole e della luna, i quattro re celesti, i re draghi, non erano forse presenti alla predicazione del Sutra del Loto? Se il sole, la luna e le altre divinità affermassero: “Esiste un sutra superiore al Sutra del Loto, ma voi non lo conoscete”, sarebbero dei grandi bugiardi!».

                                                        In tal caso li rimprovererei dicendo: «Sole e Luna, voi dimorate nel cielo mentre noi stiamo sulla terra. Il fatto che voi non cadiate giù è dovuto al potere del supremo precetto di non mentire. Pertanto, se ora dite la grande menzogna che esiste un sutra superiore al Sutra del Loto, precipiterete sulla terra ancor prima che sia giunto il kalpa del declino e non smetterete di precipitare finché non giungerete in fondo alla grande fortezza circondata da solido ferro dell’inferno di incessante sofferenza! Agli esseri che dicono grandi menzogne non dovrebbe essere permesso di rimanere un momento di più a ruotare sopra i quattro continenti!». Ecco come li rimprovererei.

                                                          Eppure, uomini di grande sapienza, come i grandi maestri e i maestri del Tripitaka Ch’eng-kuan della scuola della Ghirlanda di fiori e Shan-wu-wei, Chin-kang-chih, Pu-k’ung, Kobo, Jikaku e Chisho della scuola della Vera parola, proclamarono che i sutra della Ghirlanda di fiori e di Mahavairochana sono superiori al Sutra del Loto. Benché non spetti a me giudicare, alla luce dei supremi princìpi del Buddismo non sono forse acerrimi nemici dei Budda? Anche Devadatta o Kokalika sono nulla al confronto: essi sono al livello di Mahadeva e del Grande Brahmano Arrogante. E sono terribili anche coloro che credono nelle dottrine di questi uomini.

                                                            Domanda: Davvero sostieni che Ch’eng-kuang della scuola della Ghirlanda di fiori, Chia-hsiang della scuola dei Tre trattati, Tz’u-en della scuola delle Caratteristiche dei dharma e Shan-wu-wei e gli altri della scuola della Vera parola, compresi Kobo, Jikaku e Chisho, sono nemici del Budda?

                                                              Risposta: Questo è un grave problema, è la questione più importante che riguarda gli insegnamenti del Budda. A mio umile giudizio, leggendo il testo del sutra trovo che se qualcuno, chiunque esso sia, dovesse dichiarare che esiste un sutra superiore al Sutra del Loto, non potrebbe sfuggire all’accusa di offesa alla Legge. Perciò, se ci atteniamo a ciò che dice il sutra, come non si possono considerare tutte queste persone nemici del Budda? E se, per paura, non lo dicessi, le classificazioni della superiorità relativa dei vari sutra sarebbero state inutili.

                                                                Se, per soggezione di tali illustri maestri del passato, dicessi che solo i loro attuali successori sono nemici del Budda, questi seguaci delle varie scuole potrebbero ribattere: «L’affermazione che il Sutra di Mahavairochana è superiore al Sutra del Loto non è una nostra invenzione: è la dottrina esposta dai patriarchi della nostra scuola. Noi non siamo alla loro altezza nell’osservanza dei precetti, nella saggezza e nel rango, ma, per quanto riguarda le dottrine da loro insegnate, non ce ne discostiamo minimamente». In tal caso, essi non sarebbero colpevoli di alcun errore.

                                                                  Ma se io, pur sapendo che questa affermazione è falsa, mancassi di dichiararlo per paura, ignorerei il severo ammonimento del Budda «[Un inviato del re] preferirebbe perdere la vita, piuttosto che nascondere anche una sola delle parole del suo sovrano»17.

                                                                    Cosa devo fare? Se parlo, dovrò temere l’opposizione del mondo; se taccio, non potrò sottrarmi alla colpa di aver ignorato il severo ammonimento del Budda. Non posso andare né avanti né indietro.

                                                                      Ma forse c’era da aspettarselo. Il Sutra del Loto dice: «Poiché odio e gelosia nei confronti di questo sutra abbondano perfino mentre il Tathagata è nel mondo, quanto peggio sarà dopo la sua scomparsa?»18 e «Nel mondo dovrà fronteggiare molta ostilità e sarà difficile credervi»19.

                                                                        Quando la regina Maya concepì il Budda Shakyamuni, il re demone del sesto cielo guardando nel grembo di Maya disse: «Il mio grande nemico, la spada affilata del Sutra del Loto, è stato concepito. Devo eliminarlo prima che nasca». Il re demone del sesto cielo si trasformò in un grande medico, entrò nel palazzo del re Shuddhodana e disse: «Sono un grande medico e ho un’eccellente medicina per un parto felice», cercando così di avvelenare la signora Maya.

                                                                          Quando il Budda nacque, il re demone gli fece cadere addosso delle pietre, mescolò al suo latte del veleno e in seguito, quando il Budda lasciò il palazzo per intraprendere la vita religiosa, cercò di bloccargli la strada trasformandosi in un nero serpente velenoso; quindi entrando nel corpo di malvagi quali Devadatta, Kokalika, il re Virudhaka e il re Ajatashatru, li istigò a versare il sangue del Budda scagliando su di lui un grosso macigno, a uccidere molti degli Shakya, i membri del clan del Budda, e ad assassinare i suoi discepoli.

                                                                            Queste grandi persecuzioni, tutte quante, furono complotti architettati nel lontano passato per impedire al Budda, l’Onorato dal Mondo, di predicare il Sutra del Loto. È a queste grandi persecuzioni che si riferiscono le parole «odio e gelosia nei confronti di questo sutra abbondano perfino mentre il Tathagata è nel mondo».

                                                                              Oltre a queste difficoltà nel lontano passato [prima che il Budda predicasse il Sutra del Loto], se ne verificarono altre dopo l’esposizione del sutra: [i dubbi che sorsero quando nel Sutra del Loto Shakyamuni rivelò che] per circa quarant’anni anche Shariputra, Maudgalyayana e gli altri grandi bodhisattva erano stati acerrimi nemici del Sutra del Loto20.

                                                                                Le parole «quanto peggio sarà dopo la sua scomparsa?» indicano che nelle epoche future ci sarebbero state persecuzioni ancora più grandi e spaventose. Se persino il Budda ebbe difficoltà a sopportare tali persecuzioni, come potranno sopportarle le persone comuni, tanto più che saranno più gravi di quelle verificatesi durante la vita del Budda?

                                                                                  Benché ci si possa chiedere quali persecuzioni potrebbero essere più terribili del macigno lungo trenta piedi e largo sedici che Devadatta fece rotolare sul Budda, o dell’elefante ubriaco aizzato contro di lui dal re Ajatashatru, se persecuzioni ancora più grandi dovessero colpire ripetutamente un uomo che non ha commesso la minima colpa, si dovrebbe capire che costui è il devoto del Sutra del Loto dell’epoca successiva alla scomparsa del Budda.

                                                                                    I successori del Budda21 appartenevano ai quattro ordini di bodhisattva, erano i messaggeri del Budda. Eppure il Bodhisattva Aryadeva fu ucciso da un non buddista; il Venerabile Aryasimha fu decapitato dal re Dammira; Buddhamitra [prima di riuscire ad attirare l’attenzione del sovrano] dovette restare sotto uno stendardo rosso per dodici anni e il Bodhisattva Nagarjuna per sette anni; il Bodhisattva Ashvaghosha fu venduto per trecentomila monete22 e lo studioso Manoratha morì di dispiacere23. Questi sono esempi di persecuzioni avvenute nei mille anni del Primo giorno della Legge.

                                                                                      Cinquecento anni dopo l’inizio del Medio giorno, o millecinquecento anni dopo la scomparsa del Budda, in Cina visse un sapiente chiamato Chih-i, poi noto come il Gran Maestro [T’ien-t’ai] Chih-che, che voleva diffondere fedelmente gli insegnamenti del Sutra del Loto. Prima di T’ien-t’ai migliaia e migliaia di sapienti avevano dato svariate interpretazioni degli insegnamenti esposti dal Budda in tutta la sua vita, ma complessivamente si formarono dieci scuole, cioè tre scuole settentrionali e sette meridionali. Fra queste, una emerse come la più importante: la terza delle scuole meridionali, fondata dal Maestro del Dharma Fa-yün del tempio Kuang-che.

                                                                                        Costui divise tutti gli insegnamenti del Budda in cinque periodi e, fra gli insegnamenti di questi cinque periodi, scelse tre sutra, il Sutra della Ghirlanda di fiori, il Sutra del Nirvana e il Sutra del Loto, ponendo il Sutra della Ghirlanda di fiori al primo posto fra tutti i sutra, paragonabile a un grande re, il Sutra del Nirvana al secondo posto, come un reggente o un primo ministro, e il Sutra del Loto al terzo, come un nobile di corte, seguiti da tutti gli altri sutra come semplici cittadini.

                                                                                          Fa-yün era per natura un uomo di grande intelligenza, che non solo aveva ­studiato sotto grandi sapienti come Hui-kuan, Hui-­yen, Seng-jou e Hui-tz’u24, ma dopo aver confutato le dottrine dei vari maestri delle scuole settentrionali e meridionali, si era ritirato in solitudine in una foresta di montagna dedicandosi allo studio dei sutra della Ghirlanda di fiori, del Nirvana e del Loto.

                                                                                            Per questo l’imperatore Wu della dinastia Liang lo onorò convocandolo a corte e facendo costruire per lui il tempio Kuang-che entro la cinta del palazzo imperiale. Quando Fa-yün tenne una lezione sul Sutra del Loto, dal cielo cadde una pioggia di fiori come quando lo espose il Budda Shakyamuni.

                                                                                              Nel quinto anno dell’era T’ien-chien (506 d.C.) vi fu una grande siccità e l’imperatore chiese al Maestro del Dharma Fa-yün di tenere una lezione sul Sutra del Loto. Quando giunse ai versi del capitolo “Parabola delle erbe medicinali” «la pioggia cade uniformemente, scendendo da tutti e quattro i lati»25, dal cielo iniziò a cadere una pioggia leggera. L’imperatore ne fu così colpito che lo nominò subito Amministratore del clero e lo servì personalmente come le varie divinità celesti servono il signore Shakra e come i comuni cittadini riveriscono il loro sovrano. Per di più, qualcuno sognò che Fa-yün aveva già predicato sul Sutra del Loto sin dal tempo del Budda del passato Splendore del Sole e della Luna.

                                                                                                Fa-yün scrisse un commentario al Sutra del Loto in quattro volumi26 in cui afferma: «Questo sutra non è veramente eccelso» e «È un “altro” espediente», intendendo dire che il Sutra del Loto non rivela completamente la verità del Buddismo.

                                                                                                  Fu perché le sue dottrine erano in accordo con la volontà del Budda che dal cielo scesero su di lui fiori e pioggia? Comunque sia, grazie a tali straordinari avvenimenti, tutti in Cina credettero che il Sutra del Loto fosse effettivamente inferiore ai Sutra della Ghirlanda di fiori e del Nirvana e il suo commentario si diffuse nei regni di Silla, Paekche e Koguryo˘ fino in Giappone27, così che la maggior parte della gente fu della stessa opinione.

                                                                                                    Poco dopo la morte di Fa-yün, fra la fine della dinastia Liang e l’inizio della dinastia Ch’en, apparve un giovane prete chiamato Maestro del Dharma Chih-i. Era discepolo del Gran Maestro Nan-yueh, ma, forse perché neanche gli insegnamenti del maestro gli erano chiari, entrò nel deposito ove erano conservate le scritture e, dopo aver letto più volte tutti i sutra, scelse come fondamentali i sutra della Ghirlanda di fiori, del Nirvana e del Loto e fra questi tre tenne lezioni in particolare sul Sutra della Ghirlanda di fiori. Compose inoltre un libro di formule di devozione28 in onore del Budda Vairochana del Sutra della Ghirlanda di fiori e, giorno dopo giorno, approfondì la sua comprensione. Perciò la gente del tempo credette che anche lui considerasse il Sutra della Ghirlanda di fiori il primo fra tutti i sutra. In realtà invece, egli aveva studiato in particolare questo sutra perché nutriva gravi dubbi sulla classificazione di Fa-yün che poneva al primo posto il Sutra della Ghirlanda di fiori, al secondo il Sutra del Nirvana e al terzo il Sutra del Loto.

                                                                                                      Egli concluse che il Sutra del Loto è il primo fra tutti i sutra, il Sutra del Nirvana il secondo e quello della Ghirlanda di fiori il terzo. Egli osservò con rammarico che, benché i sacri insegnamenti del Tathagata si fossero diffusi in Cina, la gente non ne aveva tratto beneficio, anzi tutti gli esseri venivano condotti nei cattivi sentieri a causa degli errori dei loro maestri.

                                                                                                        Era come se il capo del paese avesse detto che l’est è l’ovest o che il cielo è la terra, e la popolazione avesse accettato e creduto che fosse così. Se in seguito fosse apparso un uomo di umile condizione dicendo che ciò che loro chiamavano ovest era l’est e che ciò che chiamavano cielo era la terra, non gli avrebbero creduto e, per ingraziarsi il loro capo, lo avrebbero insultato e perseguitato.

                                                                                                          Chih-i meditò sul da farsi, ma sentì di non poter tacere e condannò severamente il Maestro del Dharma Fa-yün del tempio Kuang-che dicendo che era caduto nell’inferno per aver offeso l’insegnamento corretto. I maestri del nord e del sud si sollevarono come vespe inferocite e si gettarono su di lui come uno stormo di cornacchie.

                                                                                                            Alcuni dissero che bisognava rompere la testa di Chih-i, altri che bisognava scacciarlo dal paese. Il re della dinastia Ch’en, informato della cosa, convocò presso di lui un certo numero di buddisti del nord e del sud, [insieme a Chih-i], in modo da poter ascoltare la discussione. C’erano Hui-jung, un discepolo del Maestro del Dharma Fa-yün, Fa-sui, Hui-k’uang e Hui-heng, più di cento monaci, alcuni del rango di amministratori o supervisori del clero, che facevano a gara nell’insultare Chih-i, aggrottando le sopracciglia, fissandolo torvi e battendo le mani con impazienza.

                                                                                                              Il Maestro del Dharma Chih’i, seduto all’ultimo posto, senza emozionarsi e senza confondersi nel parlare, conservando una calma dignitosa, prese nota di tutte le accuse e le affermazioni sostenute dagli altri preti e riuscì a refutarle. Quindi cominciò la sua critica dicendo: «Secondo gli insegnamenti del Maestro del Dharma Fa-yün, il Sutra della Ghirlanda di fiori è al primo posto, il Sutra del Nirvana al secondo e il Sutra del Loto al terzo. In quale sutra si trova la prova di ciò? Indicatemi un passo che lo dimostri in modo chiaro e sicuro». A queste parole, tutti gli altri preti chinarono la testa e impallidirono, incapaci di replicare.

                                                                                                                Egli continuò a incalzarli dicendo: «Nel Sutra degli Innumerevoli significati, il Budda dice di aver poi predicato le dodici suddivisioni dei sutra corretti ed equi29, l’insegnamento della grande saggezza e la dottrina della Ghirlanda di fiori della meditazione sui riflessi sulla superficie del mare30. Il Budda stesso citò il nome del Sutra della Ghirlanda di fiori e lo rinnegò dicendo che in questi sutra predicati prima del Sutra degli Innumerevoli significati “non aveva ancora rivelato la verità”. Se il Sutra della Ghirlanda di fiori è criticato nel Sutra degli Innumerevoli significati, che è inferiore al Sutra del Loto, come si può ritenere che sia il più elevato di tutta la predicazione del Budda? Signori, se volete essere leali verso i vostri maestri, difendete le loro dottrine indicando un passo delle scritture che sconfessi e annulli il passo citato [del Sutra degli Innumerevoli significati].

                                                                                                                  «Inoltre, quale passo delle scritture sostiene che il Sutra del Nirvana è superiore al Sutra del Loto? Nel quattordicesimo volume del Sutra del Nirvana si discute sui meriti di questo sutra rispetto ai sutra della Ghirlanda di fiori, Agama e dei periodi Corretto ed equo e della Saggezza, ma non vi è alcun cenno ai suoi meriti rispetto al Sutra del Loto.

                                                                                                                    «Nel nono volume dello stesso sutra sono chiariti i rispettivi meriti del Sutra del Nirvana e del Sutra del Loto: “Quando questo Sutra [del Nirvana] fu predicato […] gli ottomila ascoltatori della voce avevano già ricevuto nel Sutra del Loto la predizione della futura illuminazione. Questa predizione era come un grande raccolto. Così, conclusa la mietitura autunnale e immagazzinate le messi per l’inverno, [quando fu esposto il Sutra del Nirvana] non rimaneva più nulla da fare [a parte poche spigolature]”.

                                                                                                                      «Questo passo chiaramente paragona tutti i vari sutra al lavoro della primavera e dell’estate, mentre il Sutra del Nirvana e il Sutra del Loto sono la maturazione dei frutti. Tuttavia, il Sutra del Loto è definito come il raccolto autunnale e la conservazione invernale, il Sutra del Nirvana come la spigolatura tra la fine dell’autunno e l’inizio dell’inverno.

                                                                                                                        «In questo passo, il Sutra del Nirvana riconosce la sua inferiorità rispetto al Sutra del Loto. Nel Sutra del Loto si parla dei sutra che sono già stati predicati, che si stanno attualmente predicando e che verranno predicati nel futuro; con ciò il Budda vuol dire che il Sutra del Loto è superiore non solo ai sutra predicati prima e a quelli predicati nello stesso tempo, ma anche ai sutra che avrebbe predicato dopo.

                                                                                                                          «Se il signore degli insegnamenti, il Budda Shakyamuni, lo enunciò esplicitamente, come si può dubitarne? Tuttavia, preoccupato di ciò che poteva accadere dopo la sua scomparsa, chiamò a testimone il Budda Molti Tesori del Mondo del Tesoro della Purezza dell’est. Il Budda Molti Tesori emerse dalla terra e testimoniò: “Il Sutra del Loto della Legge meravigliosa, […] tutto ciò che hai esposto è la verità!”31. Inoltre i Budda delle dieci direzioni, che erano emanazioni di Shakyamuni, si radunarono ed estesero le loro lunghe e larghe lingue fino a raggiungere il cielo di Brahma [per testimoniare la verità degli insegnamenti] come aveva fatto Shakyamuni.

                                                                                                                            «Quindi il Budda Molti Tesori tornò al Mondo del Tesoro della Purezza e i vari Budda emanazioni di Shakyamuni tornarono alle rispettive terre nelle dieci direzioni. Poi, quando né Molti Tesori né le emanazioni erano presenti, il Budda Shakyamuni predicò il Sutra del Nirvana. Se avesse detto che il Sutra del Nirvana era superiore al Sutra del Loto, i suoi discepoli avrebbero potuto credergli?».

                                                                                                                              Questa fu la confutazione di Chih-i, il Gran Maestro T’ien-t’ai Chih-che. Fu come la brillante luce del sole e della luna che abbagliò gli occhi dell’asura32, come la spada dell’imperatore di Han33 puntata al collo dei suoi baroni: i suoi avversari chiusero gli occhi e chinarono la testa. L’aspetto del Gran Maestro T’ien-t’ai era quello di un leone che ruggisce alle volpi e ai conigli, o di un’aquila che piomba sui colombi e sui fagiani.

                                                                                                                                Di conseguenza, la nozione che il Sutra del Loto è superiore al Sutra della Ghirlanda di fiori e al Sutra del Nirvana non solo si diffuse in tutta la Cina, ma giunse anche nelle cinque regioni dell’India. In India, dove i trattati hinayana e mahayana non erano superiori alla dottrina del Gran Maestro Chih-che, la gente lo elogiò chiedendosi se non fosse riapparso il Budda Shakyamuni, signore degli insegnamenti, e se il Buddismo non fosse sorto una seconda volta.

                                                                                                                                  A suo tempo anche il Gran Maestro T’ien-t’ai morì e alle dinastie Ch’en e Sui successe la dinastia T’ang. Poi anche il Gran Maestro Chang-an morì e lo studio del Buddismo di T’ien-t’ai fu quasi abbandonato.

                                                                                                                                    Al tempo dell’imperatore T’ai-tsung, il Maestro del Tripitaka Hsüan-tsang si recò in India nel terzo anno dell’era Chen-kuan (629) e ritornò nel diciannovesimo anno della stessa era. Egli condusse un approfondito studio del Buddismo indiano e introdusse in Cina la scuola delle Caratteristiche dei dharma.

                                                                                                                                      Questa scuola e la scuola T’ien-t’ai differiscono come l’acqua e il fuoco. Hsüan-tsang portò con sé il Sutra dei Profondi segreti, il Trattato sugli stadi della pratica dello Yoga e il Trattato sulla dottrina della coscienza come unica realtà, sconosciuti a T’ien-t’ai, e sostenne che, sebbene il Sutra del Loto sia superiore agli altri sutra, è però inferiore al Sutra dei Profondi segreti. Poiché T’ien-t’ai non lo aveva mai letto, i suoi successori, la cui saggezza e capacità di comprensione erano superficiali, pensarono che fosse così.

                                                                                                                                        Inoltre, l’imperatore T’ai-tsung fu un saggio governante, ma ripose una fede straordinaria nell’insegnamento di Hsüan-tsang, per cui anche coloro che avrebbero voluto protestare, come spesso accade, ebbero soggezione dell’autorità e nessuno parlò. Purtroppo, Hsüan-tsang mise da parte il Sutra del Loto e sostenne la dottrina che i tre veicoli sono la verità e l’unico veicolo è solo un espediente, e la dottrina delle cinque nature in cui tutti gli esseri sono per loro natura suddivisi.

                                                                                                                                          Benché queste nuove dottrine provenissero dall’India, fu come se gli insegnamenti non buddisti indiani avessero invaso la terra della Cina. Dicendo che il Sutra del Loto è un espediente e che il Sutra dei Profondi segreti è la verità, egli ignorava e vanificava le testimonianze di Shakyamuni, di Molti Tesori e di tutti i Budda delle dieci direzioni. Hsüan-tsang e Tz’u-en furono invece considerati dei Budda viventi.

                                                                                                                                            In seguito, durante il regno dell’imperatrice Wu, quando fu introdotta una nuova versione34 del Sutra della Ghirlanda di fiori, il Maestro del Dharma Fa-tsang, per sfogare il suo sdegno per le critiche del Gran Maestro T’ien-ta’i al Sutra della Ghirlanda di fiori, utilizzò la nuova versione per integrare la vecchia versione criticata da T’ien-t’ai e fondò la scuola della Ghirlanda di fiori. Questa scuola sosteneva che le dottrine del Sutra della Ghirlanda di fiori rappresentano “l’insegnamento della radice” del Budda, mentre quelle del Sutra del Loto rappresentano “l’insegnamento dei rami”.

                                                                                                                                              In conclusione, i maestri della Cina settentrionale e meridionale avevano messo al primo posto il Sutra della Ghirlanda di fiori, al secondo il Sutra del Nirvana, al terzo il Sutra del Loto. T’ien-t’ai aveva classificato primo il Sutra del Loto, secondo il Sutra del Nirvana e terzo il Sutra della Ghirlanda di fiori, mentre adesso la scuola della Ghirlanda di fiori sosteneva che il Sutra della Ghirlanda di fiori era il primo, il Sutra del Loto il secondo e il Sutra del Nirvana il terzo.

                                                                                                                                                Più tardi, durante il regno dell’imperatore Hsüan-tsung, il Maestro del Tripitaka Shan-wu-wei introdusse in Cina dall’India il Sutra di Mahavairochana e il Sutra Susiddhikara; mentre il Maestro del Tripitaka Chin-kang-chih introdusse il Sutra della Corona di diamanti. Inoltre quest’ultimo aveva un discepolo, il Maestro del Tripitaka Pu-k’ung.

                                                                                                                                                  Questi tre uomini erano indiani che, oltre a provenire da insigni famiglie, erano diversi dai monaci cinesi anche per carattere. Le dottrine che insegnavano erano di grande effetto in quanto includevano le mudra e i mantra dei quali, dall’introduzione del Buddismo in Cina nella tarda dinastia Han fino ad allora, nessuno aveva sentito parlare. Perciò l’imperatore chinò la testa e i cittadini giunsero le mani.

                                                                                                                                                    Questi uomini sostenevano che la questione della superiorità relativa dei vari sutra, della Ghirlanda di fiori, dei Profondi segreti, della Saggezza, del Nirvana, del Loto e altri riguardava comunque gli insegnamenti essoterici, le varie predicazioni del Tathagata Shakyamuni, mentre il Sutra di Mahavairochana ora introdotto rappresentava il reale decreto del Re del Dharma Mahavairochana. Gli altri sutra sono le innumerevoli parole dei comuni cittadini, questo sutra è l’unica parola del Figlio del Cielo. I sutra della Ghirlanda di fiori o del Nirvana non possono giungere all’altezza del Sutra di Mahavairochana neanche con una scala. Solo il Sutra del Loto ha una certa somiglianza con il Sutra di Mahavairochana.

                                                                                                                                                      Tuttavia, il Sutra del Loto predicato dal Tathagata Shakyamuni è semplicemente la verità esposta da un comune cittadino, mentre il Sutra di Mahavairochana è la verità esposta dal Figlio del Cielo: benché le parole siano simili, le persone che le pronunciarono sono distanti fra loro come le nuvole del cielo e il fango della terra. È come la luna nell’acqua torbida o nell’acqua limpida: il riflesso della luna è lo stesso, ma in un caso l’acqua è torbida e nell’altro limpida.

                                                                                                                                                        Nessuno cercò di chiarire queste asserzioni e le loro ragioni, e tutte le altre scuole si piegarono e si sottomisero alla scuola della Vera parola.

                                                                                                                                                          Dopo la morte di Shan-wu-wei e di Chin-kang-chih, il Maestro del Tripitaka Pu-k’ung fece un viaggio in India e ne riportò un trattato intitolato Trattato sulla mente che aspira all’illuminazione che accrebbe ancora di più l’influenza della scuola della Vera parola.

                                                                                                                                                            Tuttavia [nella scuola T’ien-t’ai] apparve un prete, il Gran Maestro Miao-lo, il quale visse più di duecento anni dopo il Gran Maestro T’ien-t’ai, ma, essendo un uomo di straordinaria saggezza, aveva una chiara comprensione dei suoi insegnamenti. Comprendendo il vero significato delle interpretazioni di T’ien-t’ai, sapeva che il Sutra del Loto è superiore al Sutra dei Profondi segreti e alla scuola delle Caratteristiche dei dharma, entrambi introdotti in Cina dopo il tempo di T’ien-t’ai, e anche alla scuola della Ghirlanda di fiori e alla scuola della Vera parola con il suo Sutra di Mahavairochana, entrambe fondate in Cina per la prima volta.

                                                                                                                                                              Ma fino ad allora i successori di T’ien-t’ai, o per mancanza di saggezza [sufficiente per discernere gli errori], o per paura degli altri, o per soggezione dell’autorità del sovrano, non avevano parlato. Pensando che il corretto significato degli insegnamenti di T’ien-t’ai stesse ormai per andare perduto e che le dottrine erronee che dilagavano sorpassassero persino quelle che prevalevano nella Cina settentrionale e meridionale prima delle dinastie Ch’en e Sui, Miao-lo compilò dei commentari in trenta volumi alle opere di T’ien-t’ai, cioè Annotazioni su “Grande concentrazione e visione profonda”, Annotazioni su “Il significato profondo del Sutra del Loto” e Annotazioni su “Parole e frasi del Sutra del Loto”. Questi trenta volumi, non solo servirono a eliminare le ripetizioni e a spiegare i punti non chiari degli scritti originali, ma anche a refutare le scuole delle Caratteristiche dei dharma, della Ghirlanda di fiori e della Vera parola che erano sfuggite alla critica del Gran Maestro T’ien-t’ai perché ai suoi tempi [in Cina] non esistevano.

                                                                                                                                                                Venendo al Giappone, sotto il trentesimo sovrano, l’imperatore Kimmei, il tredicesimo giorno del decimo mese del tredicesimo anno del suo regno (552), segno ciclico mizunoe-saru, furono portate in Giappone dal regno coreano di Paekche una copia delle scritture buddiste e una statua del Budda Shakyamuni. Durante il regno dell’imperatore Yomei, il principe Shotoku iniziò lo studio del Buddismo. Egli inviò in Cina il funzionario di corte Wake no Imoko perché gli riportasse la copia del Sutra del Loto in un volume, appartenutagli in una vita precedente35, e decise di riverire e proteggere il sutra.

                                                                                                                                                                  Più tardi, durante il regno del trentasettesimo sovrano, l’imperatore Kotoku, vennero introdotte in Giappone le scuole dei Tre trattati, della Ghirlanda di fiori, delle Caratteristiche dei dharma, del Tesoro dell’Abhidharma e dell’Affermazione della verità e, durante il regno del quarantacinquesimo sovrano, l’imperatore Shomu, fu introdotta la scuola dei Precetti, per un totale di sei scuole. Ma nei centoventi anni che vanno dal regno dell’imperatore Kotoku a quello dell’imperatore Kammu, durante i quali regnarono quattordici sovrani, le scuole T’ien-t’ai e della Vera parola non erano state ancora introdotte.

                                                                                                                                                                    Durante il regno dell’imperatore Kammu, visse un giovane prete chiamato Saicho, discepolo dell’Amministratore del clero Gyohyo del tempio Yamashina. Egli studiò a fondo le sei scuole, a cominciare da quella delle Caratteristiche dei dharma, ma sentiva di non aver ancora raggiunto una perfetta comprensione del Buddismo. Poi lesse un commentario al Risveglio della fede nel Mahayana scritto dal Maestro del Dharma Fa-tsang della scuola della Ghirlanda di fiori, nel quale c’erano citazioni degli scritti del Gran Maestro T’ien-t’ai.

                                                                                                                                                                      Questi scritti di T’ien-t’ai parvero molto significativi a Saicho, ma egli non sapeva nemmeno se fossero stati introdotti o meno in Giappone. Quando chiese informazioni, qualcuno gli disse che un prete di nome Chien-chien [in Giappone chiamato Ganjin] del tempio Lung-hsing a Yang-chou in Cina, aveva studiato gli insegnamenti di T’ien-t’ai ed era stato discepolo del Maestro di Disciplina Tao-hsien; venuto in Giappone verso la fine dell’era T’ien-pao (742-756), aveva diffuso i precetti hinayana [della disciplina monastica], ma, benché avesse portato con sé le opere di T’ien-t’ai, non le aveva diffuse. Questo era avvenuto, fu detto a Saicho, durante il regno del quarantacinquesimo sovrano, l’imperatore Shomu.

                                                                                                                                                                        Quando Saicho chiese di poter vedere questi scritti, gli fu concesso di consultarli. A una prima lettura, ebbe l’impressione di risvegliarsi da tutte le illusioni di nascita e morte e, quando esaminò le dottrine delle sei scuole alla luce di questi scritti, risultò evidente che ogni scuola era in errore.

                                                                                                                                                                          Immediatamente fece il voto [di fare qualcosa] pensando: «Dato che tutti i giapponesi sono diventati patroni di coloro che offendono l’insegnamento corretto, sicuramente il paese cadrà nel caos». Ma quando criticò le sei scuole, i maggiori studiosi delle sei scuole e dei sette templi di Nara insorsero e si riversarono nella capitale provocando un grande subbuglio nel paese.

                                                                                                                                                                            Tutti gli uomini delle sei scuole e dei sette templi erano pieni di animosità verso Saicho, ma il diciannovesimo giorno del primo mese del ventunesimo anno dell’era Enryaku (802), l’imperatore Kammu si recò al tempio Takao e vi convocò quattordici eminenti preti per dibattere con Saicho: Zengi, Shoyu, Hoki, Chonin, Kengyoku, Ampuku, Gonzo, Shuen, Jiko, Gen’yo, Saiko, Dosho, Kosho e Kambin.

                                                                                                                                                                              Questi preti della Ghirlanda di fiori, dei Tre trattati, delle Caratteristiche dei dharma e di altre scuole esposero gli insegnamenti dei fondatori delle rispettive scuole esattamente come li avevano appresi. Ma l’Onorevole Saicho prese nota di ogni singolo punto e lo confutò alla luce del Sutra del Loto, dei trattati di T’ien-t’ai, di altri sutra e commentari. I suoi avversari non riuscirono a rispondere una sola parola, le loro bocche, come se fossero nasi, divennero incapaci di parlare.

                                                                                                                                                                                L’imperatore sbalordito interrogò minuziosamente Saicho su vari argomenti, quindi emise un editto in cui criticava i quattordici uomini [che si erano opposti a Saicho].

                                                                                                                                                                                  Questi a loro volta presentarono una dichiarazione di sottomissione e di scusa in cui scrissero: «Noi, studiosi dei sette templi e delle sei scuole […] abbiamo compreso per la prima volta la verità fondamentale» e inoltre: «Nei duecento anni e più da quando il principe Shotoku propagò il Buddismo [in questo paese] fino a oggi, sono state date spiegazioni su un gran numero di sutra e trattati e si è dibattuto sui vari princìpi, ma rimanevano ancora molti dubbi da rimuovere. Inoltre la perfetta e nobile dottrina [del Sutra del Loto] non era stata ancora correttamente spiegata e resa nota».

                                                                                                                                                                                    E proseguirono: «Ora, alla fine, la disputa che si era protratta per così tanto tempo fra le scuola dei Tre trattati e la scuola delle Caratteristiche dei dharma si è clamorosamente risolta come ghiaccio che si scioglie. Si è fatta luce sulla verità come se le nuvole e la nebbia si fossero diradate per rivelare la luce del sole, della luna e delle stelle».

                                                                                                                                                                                      Il Reverendo Saicho, valutando le dottrine dei suoi quattordici avversari, disse: «Ognuno di voi insegna l’unico insegnamento [della propria scuola] e, benché facciate risuonare il tamburo della Legge nelle profonde vallate, sia chi parla sia chi ascolta continua a smarrirsi nei sentieri dei tre veicoli. Benché voi sventoliate da alte vette il vessillo della dottrina e benché maestri e discepoli si siano liberati dai vincoli del triplice mondo, persistete nella strada dell’illuminazione che richiede innumerevoli kalpa e non riconoscete il grande carro tirato dal bue bianco fuori del cancello36. Come potrete mai raggiungere il primo stadio di sicurezza e ottenere la perfetta illuminazione in questo mondo che è simile a una casa in fiamme?».

                                                                                                                                                                                        Due funzionari di corte, [Wake no] Hiroyo e Matsuna37 [due fratelli che erano presenti al dibattito], dissero: «Nan-yüeh ha fatto conoscere la Legge meravigliosa del Picco dell’Aquila e T’ien-t’ai ha aperto la strada della meravigliosa illuminazione del monte Ta-su38. Deploriamo che l’unico veicolo [del Loto] sia ostacolato dagli insegnamenti provvisori e ci rattrista che le tre verità non siano state ancora rivelate».

                                                                                                                                                                                          I quattordici commentarono: «Grazie a legami karmici, Zengi e tutti noi abbiamo avuto la grande fortuna di poter ascoltare queste straordinarie parole. Se non fosse stato per profondi legami karmici, come avremmo potuto nascere in questa sacra epoca?».

                                                                                                                                                                                            Questi quattordici uomini avevano trasmesso nel passato gli insegnamenti dei vari patriarchi cinesi e giapponesi delle rispettive scuole, come Fa-tsang e Shinjo della scuola della Ghirlanda di fiori, Chia-shiang e Kanroku della scuola dei Tre trattati, Tz’u-en e Dosho della scuola delle Caratteristiche dei dharma, o Tao-hsüan e Ganjin della scuola dei Precetti. Perciò, benché il recipiente che conteneva l’acqua della dottrina fosse cambiato di generazione in generazione, l’acqua era rimasta invariata.

                                                                                                                                                                                              Ma ora questi quattordici uomini abbandonarono le loro dottrine erronee e si convertirono al Sutra del Loto come insegnato da Saicho, il Gran Maestro Dengyo. Com’è dunque possibile che dopo di loro qualcuno sostenga che i sutra della Ghirlanda di fiori, della Saggezza o dei Profondi segreti sono superiori al Sutra del Loto?

                                                                                                                                                                                                Quei quattordici uomini avevano studiato anche le dottrine delle tre scuole hinayana [Affermazione della verità, Tesoro dell’Abhidharma e Precetti], ma dopo che le tre scuole mahayana [Ghirlanda di fiori, Tre trattati e Caratteristiche dei dharma] erano state sconfitte nel dibattito, è inutile parlarne. Tuttavia oggi ci sono alcuni che, non sapendo quanto accadde veramente, pensano che una o l’altra delle sei scuole non sia stata sconfitta. Essi sono come ciechi che non possono vedere il sole e la luna o come sordi che non possono udire il rumore del tuono e, perciò, sono convinti che nel cielo non ci siano né il sole né la luna o che i cieli non emettano suono.

                                                                                                                                                                                                  Venendo ora alla scuola della Vera parola, durante il regno del quarantaquattresimo sovrano, l’imperatrice Gensho, il Maestro del Tripitaka Shan-wu-wei portò il Sutra di Mahavairochana in Giappone, ma ritornò in Cina senza diffonderne la conoscenza39. Inoltre Gembo e altri riportarono dalla Cina il Commentario sul significato del Sutra di Mahavairochana in quattordici volumi, come fece il precettore Tokusei del tempio Todai.

                                                                                                                                                                                                    Il Gran Maestro Dengyo lesse queste opere, ma, avendo dei dubbi sui meriti rispettivi del Sutra di Mahavairochana e del Sutra del Loto, il settimo mese del ventitreesimo anno dell’era Enryaku (804) si recò in Cina dove incontrò il Reverendo Tao-sui del tempio Hsi-ming e Hsing-man del tempio Fo-lung, dai quali ricevette gli insegnamenti sulla concentrazione e visione profonda40 e i grandi precetti per la perfetta e immediata illuminazione. Incontrò anche il Reverendo Shun-hsiao del tempio Ling-kan, che gli trasmise gli insegnamenti della Vera parola e, nel sesto mese del ventiquattresimo anno dell’era Enryaku (805), rientrò in Giappone. Fu ricevuto in udienza dall’imperatore Kammu il quale emise un editto con il quale ordinava che gli studiosi delle sei scuole dovessero studiare gli insegnamenti sulla concentrazione e visione profonda e della Vera parola e preservarli nei sette maggiori templi di Nara.

                                                                                                                                                                                                      In Cina vi erano molte controversie su quale dei due insegnamenti, concentrazione e visione profonda o Vera parola, fosse superiore, ma Il significato del Sutra di Mahavairochana sostiene che, benché siano uguali in termini di principio, la Vera parola è superiore in termini di pratica.

                                                                                                                                                                                                        Il Gran Maestro Dengyo capì che si trattava di un errore del Maestro del Tripitaka Shan-wu-wei e che il Sutra di Mahavairochana è inferiore al Sutra del Loto. Perciò non riconobbe la Vera parola come ottava scuola, ma ne incorporò gli insegnamenti nella settima scuola, la scuola del Loto, dopo aver rimosso da essi il nome “scuola della Vera parola”. Egli dichiarò che il Sutra di Mahavairochana deve essere considerato un sutra supplementare della scuola Tendai Loto, classificandolo insieme ai sutra della Ghirlanda di fiori, della Grande saggezza e del Nirvana. Tuttavia, forse a causa delle dispute sorte sull’opportunità di istituire in Giappone l’importante palco per l’ordinazione mahayana specifica della perfetta e immediata illuminazione, il Gran Maestro Dengyo non dette ai suoi discepoli chiare istruzioni riguardo alla superiorità degli insegnamenti della Vera parola o degli insegnamenti Tendai.

                                                                                                                                                                                                          Ma nel suo scritto Un chiarimento sulle scuole basate sulla dottrina di T’ien-t’ai afferma che la scuola della Vera parola aveva rubato le corrette dottrine della scuola Tendai Loto e le aveva incorporate nella sua interpretazione del Sutra di Mahavairochana, dichiarando quindi che le due scuole sono uguali in termini di principio. Così facendo la scuola della Vera parola si era in sostanza sottomessa alla scuola Tendai.

                                                                                                                                                                                                            Ciò è ancor più evidente se consideriamo che, dopo la morte di Shan-wu-wei e di Chin-kang-chih, il Maestro del Tripitaka Pu-k’ung si recò in India dove incontrò il Bodhisattva Nagabodhi. Questi lo informò che in India non esistevano trattati o commentari che chiarissero l’intento del Budda, ma che in Cina esisteva un commentario scritto da un uomo chiamato T’ien-t’ai, che permetteva di distinguere gli insegnamenti corretti da quelli errati, gli insegnamenti completi da quelli parziali. Nagabodhi esclamò ciò con ammirazione e pregò ripetutamente di inviare in India una copia del trattato.

                                                                                                                                                                                                              Questo episodio riferito al Gran Maestro Miao-lo da Han-kuang, un discepolo di Pu-k’ung, è riportato alla fine del decimo volume di Su “Parole e frasi” e nel Chiarimento sulle scuole. Da ciò risulta evidente che il Gran Maestro Dengyo credeva che il Sutra di Mahavairochana fosse inferiore al Sutra del Loto.

                                                                                                                                                                                                                Pertanto, è chiaro che il Tathagata Shakyamuni e i gran maestri T’ien-t’ai, Miao-lo e Dengyo erano unanimi nel considerare il Sutra del Loto superiore a tutti gli altri sutra, compreso il Sutra di Mahavairochana. Anche il Bodhisattva Nagarjuna, considerato il fondatore della scuola della Vera parola, era dello stesso avviso, come risulta chiaramente se si esamina attentamente il Trattato sulla grande perfezione della saggezza. Ma tutte le persone sono state ingannate da Mente che aspira all’illuminazione di Pu-k’ung, che è un’opera piena di errori, determinando l’attuale confusione.

                                                                                                                                                                                                                  Veniamo ora al discepolo dell’Amministratore del clero Gonzo di Iwabuchi, chiamato Kukai e noto poi come il Gran Maestro Kobo. Nel dodicesimo giorno del quinto mese del ventitreesimo anno di Enryaku (804) egli partì per la Cina T’ang. In Cina incontrò il Reverendo Hui-kuo, il cui maestro apparteneva alla terza generazione del lignaggio dottrinale della Vera parola che ebbe inizio con i maestri del Tripitaka Shan-wu-wei e Chin-kang-chih, che gli trasmise i due mandala41 della Vera parola. Il Gran Maestro Kobo rientrò in Giappone il ventiduesimo giorno del decimo mese del secondo anno dell’era Daido (807).

                                                                                                                                                                                                                    L’imperatore Kammu era morto da poco e adesso regnava l’imperatore Heizei. Kobo ottenne udienza dall’imperatore Heizei che credette in lui e si convertì ai suoi insegnamenti considerandoli superiori a tutti gli altri. Quando non molto tempo dopo l’imperatore Heizei cedette il trono all’imperatore Saga, Kobo si ingraziò anche Saga. Il Gran Maestro Dengyo morì il quarto giorno del sesto mese del tredicesimo anno di Konin (822), durante il regno dell’imperatore Saga. Dal quattordicesimo anno della stessa era, Kobo divenne maestro del sovrano, istituì la scuola della Vera parola, gli fu affidato il tempio To e si fece chiamare prete supremo della Vera parola. Così ebbe inizio l’ottava scuola buddista del Giappone, la scuola della Vera parola.

                                                                                                                                                                                                                      Giudicando i meriti di tutti i sutra predicati dal Budda, Kobo affermò che primo è il Sutra di Mahavairochana della scuola della Vera parola, secondo il Sutra della Ghirlanda di fiori, terzi i sutra del Loto e del Nirvana; sostenne che, in confronto ai sutra dei periodi Agama, Corretto ed equo e della Saggezza, il Loto è il vero sutra, ma è una dottrina puerile rispetto ai sutra della Ghirlanda di fiori e di Mahavairochana; dichiarò che, in confronto al Tathagata Mahavairochana, Shakyamuni, benché fosse un Budda, era ancora nella regione dell’oscurità. Mahavairochana viene paragonato all’imperatore e Shakyamuni a un barbaro sottomesso.

                                                                                                                                                                                                                        Disse che il Gran Maestro T’ien-t’ai era un ladro che aveva rubato il ghee della Vera parola e sostenuto che il Sutra del Loto è il ghee. Kobo scriveva cose di questo genere.

                                                                                                                                                                                                                          Di conseguenza, anche chi credeva che il Sutra del Loto fosse il sutra supremo, dopo aver ascoltato il Gran Maestro Kobo, non lo considerò più degno di attenzione.

                                                                                                                                                                                                                            Lasciamo da parte le dottrine errate dei non buddisti indiani, ma le asserzioni di Kobo sono peggiori di quelle delle scuole cinesi settentrionali e meridionali secondo le quali, paragonato al sutra del Nirvana, il Sutra del Loto espone idee distorte, e di quelle della scuola della Ghirlanda di fiori secondo le quali, rispetto al Sutra della Ghirlanda di fiori, il Sutra del Loto rappresenta “l’insegnamento dei rami”. Ciò richiama alla mente il Grande Brahmano Arrogante indiano che, per predicare le sue false dottrine, si era costruito un alto podio che poggiava sulle statue di quattro divinità, Maheshvara, Narayana, Vishnu e il Budda Shakyamuni, signore degli insegnamenti.

                                                                                                                                                                                                                              Se il Gran Maestro Dengyo fosse stato in vita, avrebbe avuto sicuramente da dire al riguardo. Come hanno potuto i suoi discepoli Gishin, Encho, Jikaku e Chisho non nutrire dubbi sulla questione? Questa è stata una grande disgrazia per il mondo!

                                                                                                                                                                                                                                Il Gran Maestro Jikaku nel quinto anno di Jowa (838) andò in Cina dove studiò per dieci anni le dottrine delle scuole T’ien-t’ai e della Vera parola. A proposito della superiorità o inferiorità del Sutra del Loto rispetto al Sutra di Mahavairochana, otto maestri della Vera parola42, fra i quali Fa-ch’üan e Yüan-cheng, gli insegnarono che i due sutra si equivalgono come princìpi, ma che il Sutra di Mahavairochana è superiore nella pratica, mentre Chih-yüan, Kuang-hsiu, Wei-Chüan43 della scuola T’ien-t’ai gli insegnarono che il Sutra di Mahavairochana fa parte dei sutra Corretti ed equi [inferiori al Sutra del Loto].

                                                                                                                                                                                                                                  Il decimo giorno del nono mese del tredicesimo anno di Jowa fece ritorno in Giappone e il quattordicesimo giorno del sesto mese del primo anno di Kasho (848) ottenne il permesso imperiale [di condurre le cerimonie d’iniziazione della Vera parola]. Forse a causa delle difficoltà da lui incontrate mentre era in Cina, nel capire i rispettivi meriti del Sutra del Loto e del Sutra di Mahavairochana, scrisse un commentario in sette volumi al Sutra della Corona di diamanti e un altro in sette volumi al Sutra Susiddhikara, in totale quattordici volumi. L’essenza di questi commentari è che i sutra di Mahavairochana, della Corona di diamanti e Susiddhikara e il Sutra del Loto in definitiva espongono lo stesso principio, ma che i tre sutra della Vera parola sono superiori per la pratica delle mudra e dei mantra.

                                                                                                                                                                                                                                    Questo concorda perfettamente con le opinioni espresse da Shan-wu-wei, Chin-kang-chih e Pu-k’ung nei loro commentari al Sutra di Mahavairochana. Tuttavia, forse perché nutriva ancora dei dubbi, o perché, avendo chiarito i propri dubbi, desiderava chiarire quelli degli altri, egli pose i quattordici volumi dei suoi commentari davanti all’oggetto di culto [del tempio in cui risiedeva] e pregò: «Benché io li abbia scritti, è difficile capire l’intento del Budda. Sono superiori il Sutra di Mahavairochana e gli altri due sutra a esso associati? Oppure il posto più alto spetta al Sutra del Loto e agli altri due sutra44 a esso associati?».

                                                                                                                                                                                                                                      Mentre pregava in questo modo, il quinto giorno, al mattino presto, durante la quinta veglia45, ebbe improvvisamente una visione in sogno. Egli sognò di afferrare una freccia e di scagliarla contro il sole alto nel cielo azzurro. La freccia volò lontana nel cielo e colpì il sole che cominciò a rotolare. Stava quasi per cadere sulla terra, quando Jikaku si svegliò.

                                                                                                                                                                                                                                        Soddisfatto, disse: «Ho fatto un sogno davvero propizio. Gli scritti nei quali ho affermato che i sutra della Vera parola sono superiori al Sutra del Loto sono in accordo col volere del Budda!». Ottenuto un editto imperiale, propagò il suo insegnamento in tutto il Giappone.

                                                                                                                                                                                                                                          Ma l’editto promulgato suonava così: «È stato finalmente stabilito che le dottrine della concentrazione e visione profonda della scuola Tendai e le dottrine della scuola Vera parola sono in perfetto accordo». Jikaku aveva pregato per confermare che il Sutra del Loto era inferiore al Sutra di Mahavairochana, invece l’editto affermava che i due sutra erano uguali!

                                                                                                                                                                                                                                            Il Gran Maestro Chisho da giovane in Giappone fu discepolo del Reverendo Gishin, del Gran Maestro Encho, del sovrintendente [Kojo] e di Jikaku. Studiò le dottrine essoteriche ed esoteriche come venivano insegnate allora in Giappone. Tuttavia, probabilmente a causa dei dubbi sulla superiorità della scuola Tendai o di quella della Vera parola, decise di recarsi in Cina. Vi arrivò nel secondo anno di Ninju (852)46 e studiò presso i preti della Vera parola Fa-Ch’üan e Yüan-Cheng. In linea generale, questi insegnavano che il Sutra di Mahavairochana è uguale al Sutra del Loto in termini di principio, ma superiore in termini di pratica, come sosteneva Jikaku.

                                                                                                                                                                                                                                              Chisho studiò anche sotto la guida del Reverendo Liang-hsü della scuola T’ien-t’ai, il quale, riguardo ai rispettivi meriti delle scuole della Vera parola e T’ien-t’ai, gli insegnò che il Sutra di Mahavairochana della scuola della Vera parola non può reggere il confronto con il Sutra della Ghirlanda di fiori e con il Sutra del Loto.

                                                                                                                                                                                                                                                Dopo aver trascorso sette anni in Cina, Chisho tornò in Giappone il diciassettesimo giorno del quinto mese del primo anno di Jogan (859)47.

                                                                                                                                                                                                                                                  Nel suo commentario I fondamenti del Sutra di Mahavairochana, Chisho afferma: «Il Sutra del Loto non può competere [con il Sutra di Mahavairochana], tanto meno le altre dottrine». Perciò in questo commentario sostiene che il Sutra del Loto è inferiore al Sutra di Mahavairochana. D’altra parte, in un’altra opera, Raccolta degli insegnamenti orali, egli afferma: «Le dottrine della Vera parola, Zen e altre al massimo possono servire come una sorta di introduzione al Sutra della Ghirlanda di fiori, al Sutra del Loto e al Sutra del Nirvana». Ribadisce inoltre il medesimo punto di vista nel suo Commentario al Sutra di Virtù Universale e nel Commentario al “Trattato sul Sutra del Loto”.

                                                                                                                                                                                                                                                    Il ventinovesimo giorno, giorno del segno ciclico mizunoe-saru, del quarto mese dell’ottavo anno di Jogan, l’anno hinoe-inu (866), venne emesso un editto imperiale che stabiliva: «Abbiamo appreso che le dottrine delle due scuole della Vera parola e Tendai meritano entrambe il titolo di “ghee” del Buddismo, sono ugualmente profonde e recondite».

                                                                                                                                                                                                                                                      Poi, il terzo giorno del sesto mese, un editto proclamò: «Fin da quando il grande maestro predecessore [Dengyo] stabilì che le due discipline48 erano la via corretta della scuola Tendai, tutti i successivi capi della scuola l’hanno seguita e trasmessa. Perché i loro successori dovrebbero abbandonare questa antica tradizione?

                                                                                                                                                                                                                                                        «Eppure, noi sappiamo che i preti del Monte Hiei non fanno che discostarsi dagli insegnamenti del loro maestro predecessore seguendo i propri pregiudizi e le proprie inclinazioni. Sembra che si dedichino completamente alla propagazione delle dottrine di altre scuole e non facciano alcun tentativo per ripristinare le antiche discipline della scuola Tendai.

                                                                                                                                                                                                                                                          «Nella strada ereditata dal maestro, non si possono trascurare né gli insegnamenti della concentrazione e visione profonda né quelli della Vera parola. Per trasmettere e propagare la dottrina, non si dovrebbe essere preparati in entrambe le discipline? D’ora in avanti, solo chi avrà una padronanza completa di tutti e due gli insegnamenti potrà essere designato capo della scuola Tendai dell’Enryaku-ji. Questa sarà la regola per i tempi a venire».

                                                                                                                                                                                                                                                            Come abbiamo visto, questi due uomini, Jikaku e Chisho, erano discepoli di Dengyo e di Gishin; inoltre si erano recati in Cina e là avevano incontrato maestri eminenti delle scuole T’ien-t’ai e della Vera parola. Eppure, a quanto pare, non riuscirono a decidere circa i rispettivi meriti di queste due scuole. A volte dichiararono che la Vera parola è superiore, a volte che lo è il Loto, altre ancora affermarono che le due sono uguali in termini di principio, ma che la Vera parola è superiore per quanto riguarda la pratica. Intanto un editto ammoniva che chiunque avesse cercato di discutere ancora il rispettivo valore delle due scuole, sarebbe stato giudicato colpevole di violazione del decreto imperiale.

                                                                                                                                                                                                                                                              Queste dichiarazioni di Jikaku e Chisho erano chiaramente contraddittorie e sembra che anche i seguaci delle altre scuole non vi prestassero fede. Ciò nonostante, l’editto imperiale presentò l’uguaglianza delle due scuole come una dottrina del maestro predecessore, il Gran Maestro Dengyo. Ma in quale opera del Gran Maestro Dengyo si trova un’affermazione del genere? È una questione da esaminare attentamente.

                                                                                                                                                                                                                                                                Per me, Nichiren, sfidare Jikaku e Chisho per dubbi riguardanti il Gran Maestro Dengyo è come sfidare i propri genitori discutendo su chi sia maggiore d’età, o come affrontare il dio del sole affermando di avere gli occhi più luminosi dei suoi. Comunque, chi volesse difendere le opinioni di Jikaku e Chisho dovrebbe produrre una chiara prova documentaria. Solo in questo modo può sperare di ottenere una certa credibilità.

                                                                                                                                                                                                                                                                  Il Maestro del Tripitaka Hsüan-tsang era stato in India dove aveva visto una copia del Grande commentario all’Abhidharma, ma questo non gli risparmiò le critiche del Maestro del Dharma Fa-pao che non era mai stato in India. Il Maestro del Tripitaka Dharmaraksha ebbe modo di vedere in India una copia del Sutra del Loto, ma ciò non impedì a un uomo della Cina49 di notare che la collocazione del capitolo “Affidamento” nella traduzione di Dharmaraksha era sbagliata, benché quest’uomo non avesse mai visto il testo originale.

                                                                                                                                                                                                                                                                    Così, benché Jikaku sia stato istruito personalmente dal Gran Maestro Dengyo e Chisho abbia ricevuto la trasmissione orale dal Reverendo Gishin, come si può non dubitare di loro dal momento che distorcono gli scritti autentici dei loro maestri? Il Chiarimento sulle scuole di Dengyo è la più segreta delle sue opere. Nella prefazione egli scrive: «La scuola di Buddismo della Vera parola, introdotta di recente in Giappone, oscura deliberatamente il modo in cui la sua trasmissione fu falsificata nella compilazione50 [da parte di I-hsing, che fu ingannato da Shan-wu-wei], mentre la scuola della Ghirlanda di fiori, introdotta in tempi più lontani, cerca di nascondere di essere stata influenzata dalle dottrine di T’ien-t’ai51. La scuola dei Tre trattati, attaccata al concetto di “vuoto”, dimenticando l’umiliazione di Chia-hsiang52, nasconde il fatto che egli fu persuaso da Chang-an [ad abbracciare gli insegnamenti di T’ien-t’ai]. La scuola delle Caratteristiche dei dharma, attaccata al concetto dell’essere53, nega che Chih-chou sia stato convertito agli insegnamenti della scuola T’ien-t’ai e che Liang-pi si sia servito di quegli insegnamenti per interpretare il Sutra dei Re benevolenti54 […]. Ora, con tutto il dovuto rispetto, ho scritto quest’opera in un volume intitolata Chiarimento sulle scuole per offrirla ai sapienti di tempi posteriori che condividono la mia opinione. Il periodo è quello del cinquantaduesimo sovrano del Giappone, nell’anno hinoe-saru (816), il settimo dell’era Konin»55.

                                                                                                                                                                                                                                                                      Più avanti, nella parte principale della stessa opera, egli scrive: «Un monaco eminente in India aveva sentito dire che gli insegnamenti del prete T’ien-t’ai della Cina T’ang erano i più indicati per distinguere le dottrine corrette da quelle errate ed espresse il desiderio di poterle conoscere meglio».

                                                                                                                                                                                                                                                                        Poi prosegue: «Questo non sta a significare che in India, il paese dove ebbe origine, il Buddismo è andato perduto e che ora lo si debba cercare nei paesi vicini? Ma persino in Cina sono poche le persone che riconoscono la grandezza degli insegnamenti di T’ien-t’ai. Essi sono come la gente di Lu»56.

                                                                                                                                                                                                                                                                          L’opera, come risulta da questi passi, critica le scuole delle Caratteristiche dei dharma, dei Tre trattati, della Ghirlanda di fiori e della Vera parola. Se il Gran Maestro Dengyo avesse pensato che le scuole Tendai e della Vera parola si equivalevano, perché poi avrebbe criticato la seconda? Per di più, egli paragona il Maestro del Tripitaka Pu-k’ung e gli altri alla gente ignorante dello stato di Lu. Se veramente egli approvava gli insegnamenti della Vera parola come erano stati formulati da Shan-wu-wei, Chin-kang-chih e Pu-k’ung, perché poi parlò male di questi uomini paragonandoli alla gente di Lu? E se gli insegnamenti della Vera parola dell’India erano uguali o superiori agli insegnamenti della scuola T’ien-t’ai, perché allora l’eminente monaco indiano interrogò Pu-k’ung su di essi, affermando che l’insegnamento corretto era andato perduto in India?

                                                                                                                                                                                                                                                                            In ogni caso questi due uomini, Jikaku e Chisho, mentre a parole affermavano di essere discepoli del Gran Maestro Dengyo, in cuor loro non lo erano. Questo è il motivo per cui Dengyo scrisse nella sua prefazione: «Ora, con tutto il dovuto rispetto, ho scritto quest’opera in un volume intitolata Chiarimento sulle scuole, per offrirla ai sapienti dei tempi posteriori che condividono la mia opinione». Le parole “che condividono la mia opinione” significano “coloro che condividono la mia opinione che la scuola della Vera parola sia inferiore alla scuola Tendai”.

                                                                                                                                                                                                                                                                              Nell’editto imperiale citato, che lo stesso Chisho aveva richiesto, si dice che essi «non fanno altro che discostarsi dagli insegnamenti del loro maestro predecessore [Dengyo] seguendo i propri pregiudizi e le proprie inclinazioni». Si afferma inoltre: «Nella strada ereditata dal maestro, non si possono trascurare né gli insegnamenti della concentrazione e visione profonda né quelli della Vera parola». Ma se accettiamo le parole dell’editto, furono proprio Jikaku e Chisho a voltare le spalle al loro maestro Dengyo. Può sembrare irriverente che io muova accuse di questo genere, ma, se non lo facessi, si continuerebbero a fraintendere, come accade ora, i rispettivi meriti del Sutra di Mahavairochana e del Sutra del Loto. Per questo motivo rischio la vita portando avanti queste accuse.

                                                                                                                                                                                                                                                                                È del tutto naturale che questi due uomini, Jikaku e Chisho, [essendo loro stessi in errore], non osassero accusare il Gran Maestro Kobo di errori dottrinali. Invece di andare fino in Cina, sprecando tante provviste e disturbando gli altri, avrebbero dovuto studiare più attentamente e minuziosamente le dottrine del Gran Maestro Dengyo che era il loro maestro originale!

                                                                                                                                                                                                                                                                                  Fu soltanto nei tre periodi del Gran Maestro Dengyo, del Reverendo Gishin e del Gran Maestro Encho che al Monte Hiei fu insegnata la dottrina corretta. Da allora in poi i capi dei preti della scuola Tendai si trasformarono in capi della scuola della Vera parola. La località continuò a chiamarsi monte Tendai ma in realtà il suo padrone era un maestro della Vera parola.

                                                                                                                                                                                                                                                                                    I gran maestri Jikaku e Chisho contraddicono il passo del Sutra del Loto che riguarda tutti i sutra che il Budda «ha predicato, che ora predica e che predicherà»57. Avendo contraddetto questo passo della scrittura, non sono da considerarsi i peggiori nemici di Shakyamuni, di Molti Tesori e dei Budda delle dieci direzioni? Si potrebbe pensare che il Gran Maestro Kobo sia stato il più grande nemico della Legge, ma l’errore di Jikaku e Chisho è incomparabilmente più grave.

                                                                                                                                                                                                                                                                                      Quando un errore è lontano dalla verità come l’acqua dal fuoco o il cielo dalla terra, la gente non ci crederà e non lo accetterà. Le dottrine del Gran Maestro Kobo, per esempio, erano così piene di errori che persino i suoi discepoli non le accettarono. I seguaci di Kobo accettarono le sue disposizioni riguardanti la pratica e il rituale, ma non poterono accettare le sue dottrine riguardo alla superiorità relativa dei sutra. Perciò, essi sostituirono queste dottrine con quelle di Shan-wu-wei, Chin-kang-chih, Pu-k’ung, Jikaku e Chisho. E, proprio perché la dottrina di Jikaku e Chisho sostiene che le scuole della Vera parola e Tendai sono identiche nei princìpi, tutti credono che sia così.

                                                                                                                                                                                                                                                                                        Consapevoli di questa situazione, persino i seguaci della scuola Tendai, sperando che gli venga richiesto di eseguire la cerimonia di apertura degli occhi per la consacrazione di immagini buddiste dipinte o scolpite in legno, adottano le mudra e i mantra, per i quali si crede che la scuola della Vera parola sia superiore. Così di fatto l’intero Giappone cade nella scuola della Vera parola e la scuola Tendai rimane senza un solo seguace.

                                                                                                                                                                                                                                                                                          Un monaco e una monaca, o un oggetto nero e un oggetto blu, sono simili: per una persona dalla vista debole è facile confonderli l’uno con l’altro. Ma nemmeno una persona dalla vista debole confonderebbe mai un prete con un laico, o un oggetto bianco con un oggetto rosso. E tantomeno una persona con una buona vista. Le dottrine di Jikaku e Chisho si possono confondere con la verità con la stessa facilità con cui un monaco può confondersi con una monaca o un oggetto nero con uno blu. Perciò, anche i saggi vengono tratti in inganno e gli ignoranti cadono in errore. Come conseguenza, negli ultimi quattrocento anni e più, al Monte Hiei, nei templi Onjo e To, a Nara, nelle cinque province che circondano la capitale, nelle sette regioni confinanti58 e in definitiva nell’intero Giappone, tutti offendono la Legge.

                                                                                                                                                                                                                                                                                            Nel quinto volume del Sutra del Loto, il Budda afferma: «Manjushri, questo Sutra del Loto è il tesoro segreto dei Budda, dei Tathagata. Fra tutti i sutra gli spetta il posto più alto».

                                                                                                                                                                                                                                                                                              Se dobbiamo credere a questo passo della scrittura, il Sutra del Loto è l’insegnamento corretto che dimora supremo al di sopra del Sutra di Mahavairochana e di tutti gli altri numerosi sutra. In che modo Shan-wu-wei, Chin-kang-chih, Pu-k’ung, Kobo, Jikaku e Chisho possono interpretare questo passo del sutra conciliandolo con le loro convinzioni?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                Inoltre, il settimo volume del Sutra del Loto afferma: «Una persona che è in grado di accettare e sostenere questo sutra, allo stesso modo, è la prima fra tutti gli esseri viventi»59. Stando a questo passo del sutra, il devoto del Sutra del Loto è come il grande mare paragonato ai vari fiumi e torrenti, come il monte Sumeru tra le altre montagne, come il dio della luna tra la miriade di stelle, come il grande dio del sole tra le altre luci splendenti, come i re che mettono in moto la ruota, come il signore Shakra e il grande re Brahma tra tutti i vari re celesti.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Il Gran Maestro Dengyo, nella sua opera intitolata Gli eminenti princìpi del Sutra del Loto, scrive: «Anche questo sutra è così […] è il primo tra tutti i sutra. Colui che può accettare e sostenere questo sutra sarà il primo tra tutti gli esseri viventi».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Dopo aver citato il passo del Sutra del Loto, Dengyo riporta un passo del Significato profondo del Sutra del Loto di T’ien-t’ai che lo commenta e ne spiega il significato come segue: «Sappiate in verità che i sutra sui quali si basano le altre scuole non sono i primi fra tutti i sutra, e neanche coloro che li sostengono sono i primi. Ma il Sutra del Loto sostenuto dalla scuola Tendai Loto è il primo tra tutti i sutra e perciò anche coloro che lo abbracciano sono i primi fra tutti gli esseri viventi. Ciò è basato sulle parole del Budda, come potrebbe essere mera vanagloria?».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Successivamente nel trattato citato, Dengyo dice: «Spiegazioni dettagliate su come le varie scuole basano i loro insegnamenti sulla dottrina di T’ien-t’ai sono date in un’opera a parte». Quest’opera, Chiarimento sulle scuole, afferma: «Con la sua predicazione e interpretazione del Sutra del Loto, il fondatore della nostra scuola, il Gran Maestro T’ien-t’ai, si elevò al di sopra della massa; in tutta la Cina era senza pari. È chiaro che era un messaggero del Tathagata. Chi lo loda riceverà una montagna di benefici alta quanto il monte Sumeru, mentre chi lo offende commette un peccato che lo condanna all’inferno della sofferenza incessante».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                        A giudicare dal Sutra del Loto e dai commentari di T’ien-t’ai, Miao-lo e Dengyo, attualmente in Giappone non c’è un solo devoto del Sutra del Loto!

                                                                                                                                                                                                                                                                                                          In India, quando il Budda Shakyamuni, il signore degli insegnamenti, stava predicando il Sutra del Loto, così come viene descritto nel capitolo “Torre preziosa”, egli radunò tutti i vari Budda e li fece sedere in terra. Solo il Tathagata Mahavairochana60 era seduto all’interno della torre preziosa, nel posto più basso a sud61, mentre il Budda Shakyamuni era seduto nel posto più alto a nord.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Questo Tathagata Mahavairochana è il maestro del Mahavairochana del regno del Grembo descritto nel Sutra di Mahavairochana e del Mahavairochana del regno di Diamante descritto nel Sutra della Corona di diamanti. Questo Mahavairochana, o Budda Molti Tesori, che ha come vassalli i Tathagata Mahavairochana dei due regni appena citati, è inferiore a sua volta al Budda Shakyamuni, il signore degli insegnamenti, che siede nel posto sopra di lui. Questo Budda Shakyamuni è il vero praticante del Sutra del Loto. Tale era la situazione in India.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                              In Cina, al tempo dell’imperatore Ch’en [Shu-pao], il Gran Maestro T’ien-t’ai sconfisse in dibattito i capi buddisti della Cina settentrionale e meridionale e venne onorato col titolo di Gran Maestro mentre era ancora in vita. Come Dengyo dice di lui, era «al di sopra della massa; in tutta la Cina era senza pari».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                In Giappone, il Gran Maestro Dengyo sconfisse in dibattito i capi delle sei scuole e divenne il primo e più importante gran maestro, il Gran Maestro Kompon.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  In India, Cina e Giappone solo queste tre persone, Shakyamuni, T’ien-t’ai e Dengyo, furono “le prime fra tutti gli esseri viventi”.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Perciò Eminenti princìpi afferma: «Shakyamuni insegnò che il superficiale è facile ma il profondo è difficile. Il cuore di un coraggioso lascia il superficiale e cerca il profondo62 . Il Gran Maestro T’ien-t’ai credette e obbedì a Shakyamuni e si adoperò per sostenere la scuola del Loto diffondendone gli insegnamenti in tutta la Cina. Noi del Monte Hiei, che abbiamo ereditato la dottrina da T’ien-t’ai, ci adoperiamo per sostenere la scuola Loto e ne diffondiamo gli insegnamenti in tutto il Giappone».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Nei milleottocento anni e più dalla morte del Budda, c’è stato un solo devoto del Sutra del Loto in Cina e uno solo in Giappone; tre persone in tutto, se aggiungiamo Shakyamuni.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        I classici secolari della Cina affermano che appare un santo ogni mille anni e un saggio ogni cinquecento. Nel Fiume Giallo confluiscono i fiumi Ching e Wei63 le cui acque rimangono separate, ma si dice che una volta ogni cinquecento anni metà del fiume scorra limpido e una volta ogni mille anni entrambe le metà del fiume scorrano limpide. [Allo stesso modo, santi e saggi appaiono a intervalli determinati].

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          In Giappone, come abbiamo visto, al tempo del Gran Maestro Dengyo, solo sul monte Hiei esisteva un devoto del Sutra del Loto. A Dengyo succedettero Gishin e Encho, rispettivamente il primo e il secondo capo dei preti. Ma solamente il primo capo dei preti Gishin seguì la via del Gran Maestro Dengyo. Il secondo capo dei preti Encho fu per metà discepolo di Dengyo e per metà di Kobo.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Il terzo capo dei preti, il Gran Maestro Jikaku, da principio era un discepolo del Gran Maestro Dengyo, ma, dopo essersi recato in Cina all’età di quarant’anni, fu discepolo di Dengyo solo di nome e, benché dichiarasse di seguire le orme del maestro, i suoi insegnamenti non erano affatto quelli di un vero discepolo. Si comportò da vero discepolo soltanto per quel che riguarda i precetti della perfetta e immediata illuminazione.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Era simile a un pipistrello, che [sembra un uccello, ma] non è un uccello e [sembra un topo, ma] non è nemmeno un topo. Come un gufo o una bestia hakei64, divorò suo padre, il Sutra del Loto, e sua madre, cioè coloro che lo abbracciano. Questo è il presagio del suo sogno di colpire il sole. E forse per questo dopo la morte non gli fu data sepoltura.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Il tempio Onjo che rappresentava la corrente di Chisho [della scuola Tendai] e il tempio Enryaku che rappresentava la corrente di Jikaku65, si combatterono come tanti asura e draghi malvagi: prima fu bruciato l’Onjo-ji e poi anche gli edifici del Monte Hiei; l’immagine del Bodhisattva Maitreya, l’oggetto di culto del Gran Maestro Chisho, bruciò e anche l’oggetto di culto del Gran Maestro Jikaku e la grande sala delle conferenze del Monte Hiei. I preti dei due templi devono aver avuto la sensazione di cadere nell’inferno di incessante sofferenza mentre erano ancora in vita. Soltanto la sala principale del Monte Hiei rimase in piedi.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Allo stesso modo anche il lignaggio del Gran Maestro Kobo aveva cessato di essere ciò che doveva essere. Kobo aveva lasciato istruzioni scritte secondo le quali chi non avesse ricevuto i precetti nel Todai-ji, il palco per l’ordinazione [istituito da Ganjin], non sarebbe potuto diventare capo del tempio To. Ma l’ex imperatore Kampyo66 fondò un tempio [a Kyoto] chiamato Ninna-ji e, per favorirne lo sviluppo, vi fece trasferire molti preti del To-ji. Stabilì esplicitamente in un editto che nessuno poteva risiedere al Ninna-ji senza aver prima ricevuto i precetti per la perfetta e immediata illuminazione nel palco di ordinazione del Monte Hiei. Quindi, i preti del To-ji non sono né discepoli di Ganjin, né discepoli di Kobo. Sono discepoli di Dengyo per quel che riguarda i precetti, ma non sono veri discepoli di Dengyo perché hanno abbandonato il Sutra del Loto che Dengyo riteneva supremo.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Quando il ventunesimo giorno del terzo mese del secondo anno dell’era Jowa (835) Kobo morì, la corte imperiale inviò un suo rappresentante a pregare al suo funerale. Ma in seguito i suoi intriganti discepoli si riunirono e annunciarono che egli [non era morto, ma] era entrato in profonda meditazione; alcuni arrivarono a dire che gli avevano rasato il capo [perché i capelli si erano allungati]; altri affermarono che aveva scagliato il vajra a tre punte67 dalla Cina [fino in Giappone]; che aveva fatto sorgere il sole nel bel mezzo della notte; che si era trasformato nel Tathagata Mahavairochana o che aveva istruito il Gran Maestro Dengyo nei diciotto sentieri68 [del Buddismo esoterico]. Enumerando i poteri e le virtù del maestro volevano farlo apparire un sapiente e dare così avvallo alle sue dottrine distorte, ingannando il sovrano e i suoi ministri.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Inoltre, sul monte Koya si trovano due templi principali, il tempio originale69 e il Dembo-in. Il tempio originale con la grande pagoda, fondato da Kobo, è dedicato al Tathagata Mahavairochana [del regno del Grembo]. Il tempio chiamato Dembo, fondato da Shogaku-bo, è dedicato al Mahavairochana del regno di Diamante. Questi due templi si combattono continuamente l’un l’altro, proprio come l’Onjo-ji [ai piedi del monte Hiei] e l’Enryaku-ji [in cima al monte Hiei]. Fu forse il moltiplicarsi degli inganni che causò l’apparizione in Giappone di queste calamità?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Puoi prendere del letame e chiamarlo legno di sandalo, ma quando lo bruci avrà solo odore di letame. Puoi mettere insieme innumerevoli menzogne e sostenere che sono gli insegnamenti del Budda, ma non saranno mai nient’altro che la porta d’ingresso della grande fortezza dell’inferno di incessante sofferenza.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Lo stupa costruito da Nirgrantha Jnataputra per molti anni recò grandi benefici agli esseri viventi, ma quando il Bodhisattva Ashvaghosha vi si inchinò davanti, lo stupa crollò immediatamente70. Il brahmano Eloquenza Demoniaca per molti anni ingannò la gente nascosto dietro una tenda, ma fu smascherato dal Bodhisattva Ashvaghosha71. Il maestro non buddista Uluka si trasformò in una pietra e rimase così per ottocento anni, ma si trasformò in acqua quando il Bodhisattva Dignaga lo rimproverò. I preti taoisti per parecchie centinaia d’anni ingannarono il popolo cinese, ma quando furono aspramente rimproverati dai monaci buddisti Kashyapa Matanga e Chu-fa-lan, bruciarono le loro scritture riguardanti la via degli immortali.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Come Chao-kao s’impadronì del potere e Wang Mang72 usurpò il trono dell’imperatore, così i capi della scuola della Vera parola privarono il Sutra del Loto della posizione che gli spettava e assegnarono invece il suo dominio al Sutra di Mahavairochana. Se il sovrano della Legge è stato privato del suo regno, come può il sovrano degli uomini sperare di restare tranquillo e incolume?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Il Giappone oggi è pieno di seguaci di Jikaku, Chisho e Kobo. Non c’è una sola persona che non offenda la Legge.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Se esaminiamo la situazione, essa ci appare molto simile a quella dell’Ultimo giorno della Legge del Budda Grande Ornamento o dell’Ultimo giorno della Legge del Budda Re Totale Splendore73. Nell’Ultimo giorno della Legge del Budda Re Suono Meraviglioso, persino quelli che si erano pentiti rimasero per mille kalpa nell’inferno Avichi74. Che dire dunque degli attuali maestri della Vera parola, dei seguaci della scuola Zen e dei preti Nembutsu, i quali non mostrano il benché minimo segno di pentimento? Come si può dubitare che, come dice il Sutra del Loto, «ripeteranno questo ciclo per kalpa innumerevoli»75?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Poiché il Giappone è un paese che offende l’insegnamento corretto, il cielo lo ha abbandonato. E poiché il cielo lo ha abbandonato, le varie divinità benevolenti che in passato avevano protetto il paese hanno bruciato i loro santuari e sono ritornate nella Capitale della Luce Tranquilla.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Adesso sono rimasto soltanto io, Nichiren, a dichiarare queste cose. Ma quando do ammonimenti in proposito, i governanti del paese mi considerano un nemico, centinaia di persone mi maledicono e parlano male di me, mi attaccano con mazze e bastoni, spade e coltelli, mi chiudono ogni porta, mi scacciano da ogni casa. E poiché ciò non è bastato [a mettermi a tacere], le autorità sono intervenute direttamente: due volte mi hanno esiliato e una volta, il dodicesimo giorno del nono mese dell’ottavo anno di Bun’ei (1271), hanno tentato di decapitarmi.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Il Sutra dei Sovrani dice: «Dato che gli uomini malvagi sono rispettati e prediletti mentre gli uomini buoni sono sottoposti a punizioni, giungeranno saccheggiatori da altre regioni e la popolazione andrà incontro a disordini e morte».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Il Sutra della Grande raccolta afferma: «Potranno esserci dei re della classe Kshatriya che agiscono contro la Legge e tormentano gli ascoltatori della voce, discepoli dell’Onorato dal Mondo, che li insultano, li colpiscono con spade e bastoni, li privano delle vesti, della ciotola da mendicante e delle altre cose di cui hanno bisogno, o imprigionano e perseguitano quelli che fanno loro l’elemosina. Se dovessero esserci persone che agiscono così, noi faremo in modo che sorgano spontaneamente e all’improvviso dei nemici in terre straniere; susciteremo anche rivolte all’interno dei loro stati, provocheremo pestilenza e carestia, venti e piogge fuori stagione, discordie, conflitti [e calunnie]. E ci assicureremo che quei sovrani non durino a lungo e che i loro paesi vengano annientati».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Come indicano questi passi dei sutra, se non ci fosse Nichiren in questo paese, si potrebbe pensare che il Budda sia stato un grande bugiardo e sia caduto nell’inferno Avichi.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Il dodicesimo giorno del nono mese dell’ottavo anno di Bun’ei io dichiarai di fronte a Hei no Saemon e a centinaia di persone: «Nichiren è il pilastro del Giappone! Sbarazzarsi di Nichiren significa far crollare il pilastro del Giappone!».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              I passi delle scritture che ho citato affermano che se i governanti, prestando ascolto alle calunnie di monaci malvagi e alle maldicenze degli altri, dovessero punire un sapiente, scoppierebbe immediata­mente una guerra, soffierebbero forti venti e apparirebbero aggressori da terre straniere. La battaglia tra due fazioni del clan reggente Hojo76 nel secondo mese del nono anno di Bun’ei (1272), il terribile uragano77 nel quarto mese dell’undicesimo anno di Bun’ei (1274) e l’attacco dei mongoli nel decimo mese dello stesso anno, non sono forse accaduti a causa del trattamento inflitto a me, Nichiren? Questo è esattamente ciò che io sto predicando da lungo tempo. Può qualcuno avere dubbi al riguardo?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Agli errori di Kobo, Jikaku e Chisho diffusi da lungo tempo nel paese, si sono aggiunte le confusioni create dalle scuole Zen e Nembutsu, come se ai venti avversi si fossero aggiunti marosi e terremoti. Di conseguenza, il paese è stato portato sull’orlo della distruzione.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  In passato, il grande ministro dello stato78 usurpò il potere e, dopo il tumulto di Jokyu, l’imperatore cessò di esercitare il suo ruolo e la sede dell’autorità si spostò a est, a Kamakura. Ma questi furono soltanto disordini interni; il paese non aveva ancora subìto l’invasione straniera.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Sebbene a quel tempo ci fossero persone che offendevano la Legge, ve ne erano alcune che continuavano a sostenere la dottrina corretta della scuola Tendai. Inoltre non era apparso nessun sapiente che avesse cercato di porre rimedio alla situazione. Di conseguenza, la situazione era relativamente pacifica.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Se non molestate il leone che dorme, egli non ruggirà. Se non spingete il remo contro la corrente rapida, non si alzeranno onde. Se non accusate il ladro, egli rimarrà imperturbato; se non vi aggiungete combustibile, il fuoco non divamperà. Così, anche se ci sono persone che offendono la Legge, se nessuno si fa avanti a mostrare i loro errori, il sovrano continuerà ancora per un po’ a governare regolarmente e il paese rimarrà indisturbato.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Per esempio, quando il Buddismo fu introdotto per la prima volta in Giappone, non accadde niente di straordinario. Ma più tardi, quando [Mononobe no] Moriya prese a bruciare le statue buddiste, a imprigionare i monaci e a incendiare templi e pagode, dal cielo piovvero fiamme, il vaiolo si diffuse nel paese e scoppiarono ripetuti conflitti armati.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Ma la situazione adesso è di gran lunga peggiore.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Oggi il paese è pieno di persone che offendono la Legge e io, Nichiren, li affronto energicamente sostenendo ciò che è giusto; è una lotta non meno aspra di quelle fra gli asura e il dio Shakra, o fra il Budda e il re demone.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Il Sutra della Luce dorata afferma: «Verrà il tempo in cui i nemici degli stati vicini cominceranno a pensare: “Dobbiamo mobilitare i quattro tipi di truppe79 e distruggere quel paese [di nemici della Legge]”».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Lo stesso sutra dice anche: «Verrà il tempo in cui i governanti degli stati vicini, osservata la situazione e mobilitati i loro quattro tipi di truppe, si prepareranno a muovere contro il paese, decisi a sottometterlo. A quel tempo noi [le grandi divinità] ordineremo a innumerevoli yaksha e ad altre divinità nostre seguaci di apparire sotto mentite spoglie e proteggere questi governanti così che possano sottomettere i loro nemici senza difficoltà».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Il Sutra dei Sovrani fa la stessa affermazione, come pure i sutra della Grande raccolta e dei Re benevolenti. Secondo questi sutra, se un sovrano perseguita coloro che praticano l’insegnamento corretto, appoggiando invece chi pratica insegnamenti errati, i re celesti Brahma e Shakra, gli dèi del sole e della luna e i quattro re celesti entreranno nei corpi di saggi sovrani degli stati confinanti e attaccheranno il suo paese. Per esempio, il re Krita fu attaccato dal re Himatala e il re Mihirakula venne sconfitto dal re Baladitya. Krita e Mihirakula erano sovrani che tentarono di sopprimere il Buddismo in India. Anche in Cina tutti i governanti che cercarono di distruggere il Buddismo vennero attaccati da saggi sovrani.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Ma la situazione attuale in Giappone è estremamente peggiore. I governanti, pur apparendo sostenitori del Buddismo, aiutano i preti che stanno distruggendo il Buddismo e perseguitano colui che pratica l’insegnamento corretto. Di conseguenza, le persone ignoranti non riescono a capire che cosa stia accadendo e anche i sapienti dotati di sapienza mediocre, hanno difficoltà a comprendere. Forse persino le divinità minori del cielo non capiscono. Per questo motivo, il disordine e la corruzione sono più gravi oggi in Giappone che in passato in India e in Cina.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Nel Sutra del Declino della Legge il Budda dice: «Dopo la mia entrata nel nirvana, nell’epoca macchiata dai cinque peccati capitali, la via del demone prospererà. Il demone apparirà sotto le sembianze di monaci buddisti e tenterà di confondere e distruggere i miei insegnamenti […]. I malvagi diventeranno numerosi come le sabbie del grande mare, mentre i buoni saranno pochissimi, forse non più di una o due persone».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Il Sutra del Nirvana dice: «Coloro che saranno capaci di credere in sutra come quello del Nirvana saranno pochi come il terriccio che può stare su un’unghia […]. Ma coloro che non saranno capaci di credere in questo sutra saranno numerosi come i granelli di terra di tutti i mondi delle dieci direzioni».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Questi passi delle scritture si applicano perfettamente ai tempi in cui viviamo e sono profondamente incisi nella mia mente. Oggigiorno in Giappone si sentono molte persone che dichiarano: «Io credo nel Sutra del Loto» e «Anch’io credo nel Sutra del Loto». Stando alle loro parole, non c’è una sola persona che offenda la Legge. Ma il passo del sutra che ho appena citato dice che, nell’Ultimo giorno, coloro che offendono la Legge occuperanno tutte le terre delle dieci direzioni, mentre quelli che sostengono il corretto insegnamento non occuperanno più terra di quella che si può accumulare su un’unghia. Ciò che afferma il sutra è tanto diverso da ciò che dice la gente quanto il fuoco lo è dall’acqua. La gente dice che in Giappone Nichiren è l’unico che offende la Legge. Però il sutra afferma che ci saranno più persone che offendono la Legge di quante la grande terra possa contenere.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Il Sutra del Declino della Legge dice che ci saranno solo una o due persone buone e il Sutra del Nirvana afferma che i credenti occupano solo lo spazio di un’unghia. Se noi accettiamo ciò che i sutra affermano, allora in Giappone Nichiren è l’unica persona buona, quella che occupa lo spazio di un’unghia. Perciò le persone dotate di buon senso devono considerare se accettare le parole dei sutra o le parole della gente.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Domanda: Il passo del Sutra del Nirvana dice che i devoti del Sutra del Nirvana sono pochi come il terriccio che può stare su un’unghia, mentre tu stai parlando del Sutra del Loto.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Risposta: Il Sutra del Nirvana stesso dice: «[Quando questo sutra fu predicato … era già stato predetto] nel Sutra del Loto [che gli ottomila ascoltatori della voce avrebbero conseguito la Buddità]». Il Gran Maestro Miao-lo dice: «Il grande sutra stesso, indicando il Sutra del Loto, dice che è il sutra fondamentale»80. “Il grande sutra” è il Sutra del Nirvana ed esso afferma che il Sutra del Loto è il sutra fondamentale. Perciò, quando i seguaci della scuola del Nirvana affermano che il Sutra del Nirvana è superiore al Sutra del Loto, è come se dicessero che il signore è un suddito e che il padrone è un servo.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Leggere il Sutra del Nirvana significa leggere il Sutra del Loto. Come un uomo saggio si rallegra vedendo una persona onorare il suo sovrano, anche se lui stesso è trattato con disprezzo, il Sutra del Nirvana detesta come suoi nemici coloro che denigrano il Sutra del Loto e lodano il Sutra del Nirvana.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Da questo esempio dovete capire che anche le persone che leggono il Sutra della Ghirlanda di fiori, il Sutra della Meditazione, il Sutra di Mahavairochana o altri sutra, se li leggono pensando che il Sutra del Loto sia inferiore a essi, tradiscono lo spirito di tutti quei sutra! Da ciò si deduce che, se uno legge il Sutra del Loto e sembra credervi, ma pensa di poter ottenere l’illuminazione anche per mezzo di altri sutra, allora non ha letto veramente il Sutra del Loto!

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Per esempio, il Gran Maestro Chia-hsiang scrisse un’opera in dieci volumi dal titolo Trattato sulla profondità del Sutra del Loto nella quale lodava il Sutra del Loto. Ma Miao-lo lo criticò dicendo: «In esso vi sono delle offese [alla Legge]. Come può essere considerato una lode?»81.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Chia-hsiang aveva offeso il Sutra del Loto, ma, quando fu sconfitto dal Gran Maestro T’ien-t’ai, lo servì e non tenne più lezioni sul Sutra del Loto. «Se dovessi fare lezioni su di esso – disse – non potrei evitare di cadere nei cattivi sentieri». E per sette anni offrì il suo corpo come ponte [per T’ien-t’ai].

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Il Gran Maestro Tz’u-en scrisse un’opera in dieci volumi dal titolo Lode alla profondità del Sutra del Loto nella quale lodava il Sutra del Loto, ma il Gran Maestro Dengyo la criticò affermando: «Anche se loda il Sutra del Loto, ne uccide il cuore»82.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Considerando questi esempi, risulta che molti di coloro che leggono e lodano il Sutra del Loto sono destinati all’inferno di incessante sofferenza. Se Chia-hsiang e T’zu-en erano uomini che offesero l’unico veicolo [del Sutra del Loto], a maggior ragione lo sono uomini come Kobo, Jikaku e Chisho che apertamente lo disprezzarono.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Ci sono persone come il Gran Maestro Chia-hsiang che smise di tenere sermoni, sciolse il gruppo di discepoli che aveva riunito intorno a sé e giunse persino a trasformare il proprio corpo in un ponte per T’ien-t’ai. Ma, nonostante queste azioni, non avrà potuto cancellare completamente la colpa delle sue precedenti offese al Sutra del Loto. Alle numerose persone che disprezzarono e attaccarono il Bodhisattva Mai Sprezzante, sebbene poi si fossero convertite ai suoi insegnamenti e fossero diventate sue seguaci, rimase il grave peso delle precedenti colpe ed esse trascorsero mille kalpa nell’inferno Avichi.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Perciò, anche se uomini come Kobo, Jikaku e Chisho si fossero pentiti dei loro errori e avessero tenuto lezioni sul Sutra del Loto, non avrebbero potuto cancellare completamente le loro gravi colpe passate. Ma essi non si ravvidero affatto, anzi, ignorarono completamente il Sutra del Loto e trascorsero giorno e notte seguendo le pratiche della Vera parola e predicandone mattina e sera la dottrina.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  I bodhisattva Vasubandhu e Ashvaghosha furono entrambi sul punto di tagliarsi la lingua a causa dell’offesa commessa aderendo alle dottrine hinayana e criticando quelle mahayana. Vasubandhu dichiarò che, sebbene i sutra Agama dello Hinayana fossero le parole del Budda, lui non le avrebbe più pronunciate neanche per scherzo. E Ashvaghosha come atto di penitenza scrisse il Risveglio della fede in cui confutò gli insegnamenti hinayana.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Il Gran Maestro Chia-hsiang in seguito si recò dal Gran Maestro T’ien-t’ai e chiese di poter assistere alle sue lezioni. Alla presenza di un centinaio di insigni buddisti si gettò a terra e, col sudore che gli colava da tutto il corpo e lacrime di sangue che gli scendevano dagli occhi, dichiarò che da quel momento in poi non avrebbe più visto i suoi discepoli e non avrebbe più tenuto lezioni sul Sutra del Loto. Come egli stesso disse: «Se continuassi a tenere lezioni sul Sutra del Loto davanti ai miei discepoli, essi potrebbero supporre che io sia in grado di comprendere il sutra [mentre non è così]».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Chia-hsiang era più anziano e più autorevole di T’ien-t’ai, ma di proposito, in presenza di altre persone, prese il maestro sulle spalle e lo portò oltre il fiume. Quando T’ien-t’ai si avvicinava all’alto palco per predicare, Chia-hsiang lo aiutava a salire facendolo montare sulle proprie spalle. Si dice che dopo la morte di T’ien-t’ai, Chia-hsiang, convocato alla presenza dell’imperatore della dinastia Sui83, avesse pianto, strascicando i piedi come un bambino al quale è appena morta la madre.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Esaminando Profondità del Sutra del Loto del Gran Maestro Chia-hsiang, troviamo che non è un commentario che offende gravemente il Sutra del Loto: vi si afferma soltanto che, sebbene il Sutra del Loto e gli altri sutra mahayana differiscano per la profondità degli insegnamenti, il cuore è identico. È forse per questo che l’opera viene accusata di offendere la Legge?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Sia Ch’eng-kuan della scuola della Ghirlanda di fiori, sia Shan-wu-wei della scuola della Vera parola affermarono che il Sutra del Loto e il Sutra di Mahavairochana rivelano lo stesso principio. Perciò, se il Gran Maestro Chia-hsiang è colpevole [di aver sostenuto l’affermazione precedente], anche il Maestro del Tripitaka Shan-wu-wei non può sfuggire [alla stessa accusa].

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Il Maestro del Tripitaka Shan-wu-wei era un sovrano dell’India centrale, ma rinunciò al trono e, viaggiando in altri paesi, incontrò due uomini chiamati Shusho e Shodai dai quali venne istruito sul Sutra del Loto84. Egli eresse centinaia e migliaia di stupa di pietra e sembrava un devoto del Sutra del Loto. In seguito però, dopo aver studiato il Sutra di Mahavairochana, si convinse che il Sutra del Loto fosse inferiore al Sutra di Mahavairochana. In un primo momento non insistette su questa sua opinione, ma lo fece quando si recò in Cina e divenne maestro dell’imperatore Hsüan-tsung della dinastia T’ang.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Forse a causa della gelosia che nutriva nei confronti della scuola T’ien-t’ai, morì improvvisamente e si ritrovò legato da sette corde di ferro e trascinato da due guardiani alla corte di Yama, il re dell’inferno. Ma qui gli fu detto che la sua vita non era ancora conclusa e perciò fu rimandato nel mondo umano.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Mentre si trovava nell’inferno, probabilmente si rese conto che quella era la punizione per aver offeso il Sutra del Loto e perciò, mettendo da parte le mudra, i mantra e i metodi di concentrazione della Vera parola, recitò il passo del Sutra del Loto che comincia così: «Questo triplice mondo costituisce il mio [del Budda Shakyamuni] dominio»85. Immediatamente le corde si sciolsero e venne riportato in vita.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Un’altra volta gli venne ordinato di pregare per la pioggia. Subito la pioggia cominciò a cadere, ma si levò anche un fortissimo vento che causò gravi danni nel paese.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Quando infine morì, i suoi discepoli si raccolsero intorno al suo capezzale ed esaltarono il modo straordinario in cui era morto, ma in realtà egli era caduto nella grande fortezza dell’inferno della sofferenza incessante. Vi chiederete come faccia a sapere che le cose stanno così. Risponderò che se esaminate la sua biografia, vi troverete questa affermazione: «Osservando le spoglie di Shan-wu-wei, si vide il cadavere contrarsi a poco a poco, la pelle divenire nerastra e apparvero le ossa»86.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      I discepoli di Shan-wu-wei, non sapendo che questi erano segni della caduta nell’inferno dopo la morte, pensarono che fossero una manifestazione delle sue virtù. L’autore della biografia rivelò la colpevolezza di Shan-wu-wei, scrivendo che dopo la morte il corpo si contrasse gradatamente, la pelle si annerì e affiorarono le ossa.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Quando la pelle dopo la morte diventa nera, è segno che la persona ha commesso azioni che la condannano all’inferno: sono auree parole del Budda. Ma cosa fece il Maestro del Tripitaka Shan-wu-wei per essere destinato all’inferno? Da giovane rinunciò al trono per la sua straordinaria aspirazione a ricercare la via. Viaggiò in più di cinquanta paesi dell’India nel corso della sua ricerca religiosa, e la sua infinita compassione lo indusse a visitare la Cina. Non è merito di quest’uomo se gli insegnamenti della Vera parola sono stati trasmessi in India, Cina, Giappone e in altre terre di Jambudvipa, e numerosi praticanti suonano la campana della preghiera? Coloro che si preoccupano del proprio destino dopo la morte, dovrebbero interrogarsi sul motivo per cui Shan-wu-wei cadde nell’inferno.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Anche il Maestro del Tripitaka Chin-kang-chih era figlio di un re dell’India meridionale. Egli introdusse il Sutra della Corona di diamanti in Cina. I suoi meriti erano simili a quelli di Shan-wu-wei e furono l’uno il maestro dell’altro.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Comunque, quando il Maestro del Tripitaka Chin-kang-chih pregò per la pioggia per ordine dell’imperatore, nel giro di sette giorni la pioggia cadde e il Figlio del Cielo ne fu molto soddisfatto, ma all’improvviso si alzò un forte vento. Il sovrano e i suoi ministri, molto delusi, inviarono degli uomini per scacciare dal paese Chin-kang-chih, il quale però riuscì a rimanere in Cina adducendo vari pretesti.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Qualche tempo dopo, quando una delle figlie predilette dell’imperatore giaceva sul suo letto di morte, fu ordinato a Chin-kang-chih di pregare per lei. Egli, al posto del corpo della principessa, prese due bambine di corte di sette anni, le pose in mezzo ai ceppi e le uccise bruciandole. Fu una cosa davvero crudele e, nonostante ciò, la figlia dell’imperatore non tornò in vita.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Il Maestro del Tripitaka Pu-k’ung arrivò in Cina insieme a Chin-kang-chih87. Ma forse a causa dei dubbi suscitati in lui da tali episodi, dopo la morte di Shan-wu-wei e di Chin-kang-chih, tornò in India e studiò di nuovo le dottrine della Vera parola, questa volta sotto la guida di Nagabodhi. Infine, si convertì agli insegnamenti della scuola di T’ien-t’ai. Ma si convertì soltanto nel suo cuore e non lo diede mai a vedere.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Anche a Pu-k’ung fu ordinato di pregare per la pioggia e tre giorni dopo piovve. L’imperatore fu soddisfatto e lo ricompensò personalmente. Ma, poco tempo dopo, un fortissimo vento si abbatté sul palazzo imperiale danneggiando e devastando gli alloggi della nobiltà e dei ministri a tal punto che sembrò che neanche un edificio sarebbe rimasto in piedi. L’imperatore, sbalordito, emise un ordine imperiale affinché si pregasse per far cessare il vento. Per un po’ il vento si calmò, ma poi si alzò di nuovo a più riprese e infine soffiò ininterrottamente per diversi giorni. Furono inviati allora dei messaggeri per scacciare Pu-k’ung dal paese e, finalmente, il vento cessò.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    I venti malvagi provocati da questi tre uomini sono diventati il fortissimo vento dei maestri della Vera parola che soffia in Cina e in Giappone. Se questo è vero, allora la grande burrasca che si scatenò il dodicesimo giorno del quarto mese dell’undicesimo anno di Bun’ei (1274) dev’essere un vento nefasto provocato dalle preghiere per la pioggia del Sigillo del Dharma Kaga della Sala Amida, uno dei monaci più eminenti del tempio To. È sorprendente come i cattivi insegnamenti di Shan-wu-wei, di Chin-kang-chih e di Pu-k’ung siano stati trasmessi senza la minima alterazione.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Passiamo ora al Gran Maestro Kobo. Al tempo della grande siccità, nel secondo mese del primo anno di Tencho (824), l’imperatore dapprima ordinò a Shubin di pregare per la pioggia, e in sette giorni egli riuscì a far piovere. Ma la pioggia cadde solo sulla capitale e non raggiunse la campagna.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Fu ordinato quindi a Kobo di pregare per la pioggia, ma al settimo giorno non si vedevano ancora segni di pioggia. Passarono altri sette giorni e ancora non vi erano nuvole. Dopo altri sette giorni, l’imperatore ordinò a Wake no Matsuna di portare offerte nel giardino Shinsen’en88 e dal cielo piovve per tre giorni. Il Gran Maestro Kobo e i suoi discepoli si attribuirono il merito di questa pioggia che da più di quattrocento anni è nota come “la pioggia di Kobo”.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Il Gran Maestro Jikaku disse di aver fatto un sogno in cui colpiva il sole. E il Gran Maestro Kobo raccontò una grande falsità sostenendo che nella primavera del nono anno di Konin (818), mentre pregava per far cessare una grande epidemia, il sole era sorto nel bel mezzo della notte.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Nei ventinove kalpa trascorsi dal kalpa di formazione, fino al nono periodo di diminuzione del kalpa della continuità89, non si è mai visto il sole sorgere durante la notte! E a proposito del sogno del Gran Maestro Jikaku, tra i cinquemila o settemila volumi delle scritture buddiste e i tremila e più volumi delle scritture confuciane e taoiste, dov’è documentato che sognare di abbattere il sole sia un buon auspicio? Il re degli asura, irritato con il dio Shakra, scagliò una freccia contro il dio del sole, ma la freccia tornò indietro e lo colpì in un occhio. Il re Chou90 della dinastia Yin, usava il sole come bersaglio per le sue frecce e alla fine fu annientato.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              In Giappone, durante il regno dell’imperatore Jimmu, Itsuse no Mikoto, fratello maggiore dell’imperatore, combattendo con­tro il capo del clan di Tomi91, fu ferito a una mano da una freccia. Egli disse: «Io sono un discendente del dio del sole, ma poiché ho teso il mio arco stando di fronte al sole, sono stato punito dalla divinità».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                In India, il re Ajatashatru ripudiò le sue opinioni errate e divenne un seguace del Budda. Tornato al suo palazzo, si sdraiò per dormire, ma più tardi si destò allarmato e disse ai suoi ministri: «Ho visto in sogno il sole cadere dal cielo sulla terra!». I ministri dissero che forse significava che il Budda stava per morire. Anche Subhadra92 fece lo stesso sogno.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Sognare di colpire il sole in Giappone sarebbe particolarmente infausto, dal momento che la divinità del paese è la Dea del Sole, e il nome del paese del Giappone significa “origine del sole”. Il Budda Shakyamuni, signore degli insegnamenti, è chiamato “Seme del Sole” perché la regina Maya sognò di concepire il sole e in seguito diede alla luce il principe.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Il Gran Maestro Jikaku stabilì come oggetto di culto del Monte Hiei il Tathagata Mahavairochana e rifiutò il Budda Shakyamuni. Onorava i tre sutra della Vera parola ed era nemico del Sutra del Loto e dei due sutra che lo accompagnano. Questa fu la ragione per cui sognò di colpire il sole.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      In Cina il prete Shan-tao dapprima conobbe un prete chiamato Ming-sheng93 di Mi-chou, che lo istruì sul Sutra del Loto, ma in seguito, quando incontrò Tao-ch’o, abbandonò il Sutra del Loto e ripose fede nel Sutra della Meditazione. In un commentario su questo sutra afferma che neanche una persona su mille può essere salvata dal Sutra del Loto, mentre con la pratica Nembutsu dieci persone su dieci o cento su cento [rinascono nella Pura terra]. Per provare ciò pregò di fronte al Budda Amida per confermare se le sue opinioni si accordavano o meno con l’intento del Budda. Il suo commentario afferma: «Ogni notte in sogno appariva un prete che mi diceva cosa scrivere» e «Perciò, questo commentario deve essere rispettato come il sutra stesso». Dice anche: «Il sutra dell’insegnamento sulla meditazione dovrebbe essere rispettato come un sutra».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Il Sutra del Loto afferma: «Fra coloro che ascoltano la Legge, nemmeno uno mancherà di conseguire la Buddità»94. Ma Shan-tao sostiene che non uno su mille sarà salvato95. Il Sutra del Loto e Shan-tao dicono cose opposte come il fuoco e l’acqua. Shan-tao dice che con il Sutra della Meditazione dieci persone su dieci o cento persone su cento rinasceranno nella Pura terra. Ma nel Sutra degli Innumerevoli significati il Budda afferma che nel Sutra della Meditazione non aveva ancora rivelato la verità. Il Sutra degli Innumerevoli significati e questo Prete del Salice96 sono distanti come il cielo e la terra.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Come possiamo davvero credere che il Budda Amida sia apparso in sogno sotto le sembianze di un prete per assicurare a Shan-tao che il suo commentario affermava la verità? Amida non era forse presente alla predicazione del Sutra del Loto e non estese la sua lingua insieme agli altri Budda per testimoniare la verità del sutra? [I suoi assistenti], i bodhisattva Percettore dei Suoni del Mondo e Grande Potere non erano anch’essi presenti quando fu predicato il Sutra del Loto? Riflettendo su ciò, si capisce che il sogno di Jikaku fu un presagio infausto.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Domanda: Il Gran Maestro Kobo nel suo La chiave segreta del Sutra del Cuore, scrive: «Nella primavera del nono anno di Konin (818), l’impero fu colpito da una grave pestilenza. Allora l’imperatore in persona intinse il suo pennello nell’oro, prese in mano un rotolo di carta blu e trascrisse il Sutra del Cuore in un solo rotolo. Designato dal sovrano a tenere una lezione sul Sutra del Cuore, avevo compilato le mie spiegazioni sul significato del sutra [e stavo tenendo la lezione], ma prima che arrivassi alla conclusione, coloro che erano guariti dalla peste cominciarono a riempire le strade della capitale e, quando sopraggiunse la notte, il sole continuò a splendere rosso e luminoso.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              «Questo non fu il risultato della virtuosa osservanza dei precetti da parte di un ignorante come me, ma lo si dovette al potere della fede del sovrano in quanto re che mette in moto la ruota d’oro97. Tuttavia, coloro che si recano a pregare nei santuari degli dèi dovrebbero recitare questo mio commentario. Dal momento che nel passato fui presente al Picco dell’Aquila quando il Budda predicò il Sutra del Cuore, e lo ascoltai esporre le sue profonde dottrine, come potrei non capirne il significato?».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Nell’opera intitolata Annotazioni sul Sutra del Pavone leggiamo inoltre: «Il Gran Maestro Kobo al suo ritorno dalla Cina desiderava fondare la scuola della Vera parola in Giappone. Furono quindi convocati alla corte imperiale i rappresentanti di tutte le varie scuole. Ma molti nutrivano dubbi sulla dottrina della Vera parola del conseguimento della Buddità nella forma presente. Allora il Gran Maestro compose le mani nella mudra della saggezza e si rivolse a sud. Improvvisamente la sua bocca si aprì ed egli si trasformò nel Budda Mahavairochana dal colore dell’oro, riacquistando così la sua forma originale. Egli dimostrò così che il Budda è presente nell’individuo e che l’individuo è presente nel Budda e che è possibile conseguire istantaneamente la Buddità nella propria forma presente. Quel giorno, tutti i dubbi a riguardo furono completamente risolti e da allora fu istituita la scuola della Vera parola o Yoga98, la via dei mandala segreti».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  La stessa opera riporta ancora: «In quel momento gli studiosi delle altre scuole si inchinarono di fronte all’opinione del Gran Maestro Kobo; per la prima volta vennero istruiti sulla dottrina della Vera parola, ne cercarono i benefici e la praticarono. Dosho della scuola dei Tre trattati, Gennin della scuola delle Caratteristiche dei dharma, Doyu99 della scuola della Ghirlanda di fiori ed Encho della scuola Tendai furono fra questi».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Inoltre nella biografia del Gran Maestro Kobo si legge: «Il giorno in cui lasciò la Cina a bordo di una nave, espresse una preghiera: “Se c’è un luogo particolarmente adatto all’insegnamento delle dottrine che ho appreso, possa questo vajra a tre punte arrivare fin là!”. Quindi si volse in direzione del Giappone e lanciò in aria il vajra che volò molto lontano e sparì tra le nubi. Nel decimo mese egli fece ritorno in Giappone».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      La stessa opera continua: «Egli viaggiò fino ai piedi del monte Koya dove decise di stabilire il suo luogo di meditazione […]. In seguito si scoprì che il vajra a tre punte che aveva scagliato oltre il mare era arrivato proprio sulla montagna».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Da questi due o tre episodi risulta chiaro che il Gran Maestro Kobo era una persona di inestimabile potere e virtù. Dal momento che aveva un potere così grande, perché sostieni che non dobbiamo credere nei suoi insegnamenti, e che chi lo fa cadrà nell’inferno Avichi?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Risposta: Anch’io credo nei suoi vari talenti e li ammiro. Altri uomini vissuti in epoche passate avevano questi poteri soprannaturali. Ma il fatto di possederli non indica che si abbia una comprensione corretta dell’insegnamento buddista. Tra i credenti non buddisti dell’India ci furono uomini capaci di versare l’acqua del fiume Gange nei loro orecchi e conservarla lì per dodici anni, in grado di bere l’acqua del grande mare fino a prosciugarlo, di afferrare il sole e la luna con le proprie mani o di trasformare i discepoli del Budda Shakyamuni in buoi e pecore. Ma questi poteri servirono solamente a renderli ancora più arroganti e a creare ulteriore karma di sofferenza nel regno di nascita e morte. È a questo tipo di uomini che T’ien-t’ai si riferisce quando dice: «Essi inseguono fama e profitto e accrescono le loro illusioni del pensiero e del desiderio»100.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Il prete cinese Fa-yün del tempio Kuang-che era in grado di far piovere e di far sbocciare i fiori all’improvviso, ma Miao-lo scrive di lui: «Sebbene riuscisse a produrre questi fenomeni, la sua comprensione non era in accordo con la verità [del Sutra del Loto]»101. Non appena il Gran Maestro T’ien-t’ai lesse il Sutra del Loto, una leggera pioggia iniziò a cadere e similmente il Gran Maestro Dengyo provocò una pioggia di amrita nell’arco di tre giorni. Nonostante ciò, essi non affermarono che grazie a questi poteri la loro comprensione della verità era pari a quella del Budda.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Il Gran Maestro Kobo, malgrado i suoi eccezionali poteri, definì il Sutra del Loto come una dottrina dalle teorie puerili e sostenne che il Budda Shakyamuni si trovava ancora nella regione dell’oscurità. Gli uomini dotati di sapienza non dovrebbero prestar fede a questo genere di scritti.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Dì quello che vuoi, ma sulle virtù di Kobo che hai citato ci sono parecchi punti dubbi. Il testo dice: «Nella primavera del nono anno di Konin l’impero fu colpito da una grave pestilenza». Ma la primavera dura novanta giorni102: in quale mese e in quale giorno della primavera accadde ciò? Questo è il primo punto dubbio.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  In secondo luogo, ci fu davvero un’epidemia di peste nel nono anno di Konin?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    In terzo luogo, il testo afferma: «Quando sopraggiunse la notte il sole continuò a splendere rosso e luminoso». Questo sarebbe stato veramente un evento di grande rilevanza. Durante il nono anno di Konin regnava l’imperatore Saga. Ma gli storici di corte della sinistra e della destra103 registrarono forse un simile evento?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Anche se l’avessero fatto sarebbe ugualmente difficile credervi. Durante i venti kalpa del kalpa di formazione, e durante i nove kalpa del kalpa della continuità, per un totale di ventinove kalpa, non si è mai verificata una cosa simile, nemmeno una volta. Che dire di questa apparizione del sole nel bel mezzo della notte? In tutti gli insegnamenti del Tathagata Shakyamuni non si fa alcuna menzione di una cosa simile. E nelle Tre cronache e nei Cinque canoni della Cina, che descrivono i tre sovrani e i cinque imperatori dell’antichità, non si trova alcuna predizione sul sorgere del sole nel cuore della notte in qualche data futura. Nelle scritture buddiste ci viene detto che nel kalpa del declino appariranno due, tre e perfino sette soli, ma questo accadrà di giorno, non di notte. Se il sole dovesse apparire di notte [nella nostra regione, il continente di Jambudvipa a sud], cosa accadrebbe nelle altre tre regioni a est, a ovest e a nord?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Nonostante tutto quello che le opere buddiste o non buddiste possano dire riguardo a un tale evento, se almeno ci fosse nei diari dei cortigiani, delle altre famiglie della capitale, o dei preti del Monte Hiei un’annotazione sul sorgere del sole nella primavera del nono anno di Konin, nel tale mese, tale giorno e tale ora della notte, forse potremmo crederci [ma non esiste alcuna documentazione del genere].

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Più avanti il testo afferma: «Nel passato fui presente al Picco dell’Aquila quando il Budda predicò il Sutra del Cuore, e lo ascoltai esporre le sue profonde dottrine». Questa certamente è una grossa menzogna tesa a far credere alla gente ciò che egli affermava nel suo commentario. Dobbiamo altrimenti credere che sul Picco dell’Aquila il Budda rivelò che il Sutra del Loto è una “dottrina puerile”, che il Sutra di Mahavairochana rappresenta la verità e che Ananda e Manjushri si sbagliavano affermando che il Sutra del Loto della Legge meravigliosa rappresenta la verità?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Il quarto dubbio riguarda la capacità di provocare la pioggia: persino una donna di facili costumi e un prete che violava i precetti104 riuscirono a far piovere recitando le loro poesie, ma quando Kobo pregò per ventun giorni non accadde nulla: quali erano dunque i suoi poteri?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Annotazioni sul Sutra del Pavone afferma: «Allora il gran maestro [Kobo] compose le mani nella mudra della saggezza e si rivolse a sud. Improvvisamente la sua bocca si aprì ed egli si trasformò nel Budda Mahavairochana dal colore dell’oro, riacquistando così la sua forma originale». Ora, in quale anno e sotto il regno di quale sovrano accadde ciò?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                In Cina a partire dall’era Chien-yuan (140-134 a.C.) e in Giappone dall’era Taiho (701-704), le cronache di preti e di laici riportano sempre il nome dell’era in cui si verificarono eventi importanti. Per un fatto così importante come quello descritto, come mai non vi è alcun riferimento al sovrano, ai suoi ministri, all’era, al giorno e all’ora in cui accadde?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Il passo prosegue elencando «Dosho della scuola dei Tre trattati, Gennin della scuola delle Caratteristiche dei dharma, Doyu della scuola della Ghirlanda di fiori e Encho della scuola Tendai» [come coloro che appresero le dottrine della Vera parola da Kobo]. Encho, che dopo la morte venne chiamato Gran Maestro Jakko, fu il secondo capo dei preti della scuola Tendai. Per quale motivo, a quel tempo, il primo capo dei preti Gishin o il fondatore della scuola Gran Maestro Dengyo non furono invitati a essere presenti? Encho, secondo capo dei preti della scuola Tendai, era discepolo del Gran Maestro Dengyo e in seguito divenne discepolo anche del Gran Maestro Kobo. Perché, invece di invitare un discepolo oppure uomini delle scuole dei Tre trattati, delle Caratteristiche dei dharma o della Ghirlanda di fiori, Kobo non invitò Dengyo e Gishin, i due uomini più importanti della scuola Tendai?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Annotazioni sul Sutra del Pavone afferma: «Da allora fu istituita la scuola della Vera parola o Yoga, la via dei mandala segreti». Ciò sembrerebbe riferirsi al periodo in cui sia Dengyo che Gishin erano ancora in vita. Dal secondo anno di Daido (807), sotto il regno dell’imperatore Heizei, fino al tredicesimo anno di Konin (822) [quando Dengyo morì], Kobo si dedicò intensamente alla propagazione delle dottrine della Vera parola e durante questo periodo sia Dengyo che Gishin erano ancora in vita. Inoltre, Gishin visse ancora fino al decimo anno di Tencho (833). È possibile che gli insegnamenti della Vera parola di Kobo non fossero stati diffusi fino a quel momento? Tutto ciò è molto strano.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Annotazioni sul Sutra del Pavone fu compilato da Shinzei105, discepolo di Kobo, e perciò non è affidabile. Una persona dalle idee distorte può essersi preoccupata di consultare gli scritti dei cortigiani, di altre importanti famiglie o di Encho? Si dovrebbero esaminare gli scritti di Dosho, Gennin e Doyu [per una verifica].

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Il testo dice: «Improvvisamente la sua bocca si aprì ed egli si trasformò nel Budda Mahavairochana dal colore dell’oro». Cosa s’intende con l’espressione “la sua bocca si aprì”? L’autore avrà voluto scrivere il carattere che significa “lo spazio tra le sopracciglia”106, ma erroneamente scrisse “bocca”. Poiché scrisse un libro pieno di invenzioni, è naturale che vi si trovino tali errori.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Egli scrisse: «Allora il gran maestro compose le mani nella mudra della saggezza e si rivolse a sud. Improvvisamente la sua bocca si aprì ed egli si trasformò nel Budda Mahavairochana dal colore dell’oro».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Nel quinto volume del Sutra del Nirvana leggiamo: «Kashyapa così si rivolse al Budda: “Onorato dal Mondo, non farò più affidamento sui quattro ordini di saggi. Perché dico questo? Perché nel Sutra di Ghoshila, che il Budda predicò per Ghoshila107, si afferma che il re demone del cielo, volendo distruggere gli insegnamenti buddisti, prenderà le sembianze di un Budda, dotato di tutte le trentadue caratteristiche maggiori e degli ottanta segni minori; avrà un aspetto solenne ed emanerà un alone di luce per dieci piedi in tutte le direzioni. Il suo viso sarà tondo e pieno come la luna al culmine del suo splendore, e il ciuffo di peli bianchi tra le sopracciglia sarà più bianco della neve […]. Dal lato sinistro uscirà acqua e dal lato destro fuoco”».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Inoltre, nel sesto volume del Sutra del Nirvana, si legge: «Il Budda annunciò a Kashyapa: “Dopo che sarò entrato nel nirvana […] questo re demone Papiyas cercherà col tempo di distruggere il mio corretto insegnamento […]. Egli assumerà l’aspetto di un arhat o di un Budda. Il re demone, sebbene sia ancora soggetto all’illusione, assumerà le sembianze di un uomo che si è liberato dall’illusione e cercherà di distruggere il mio corretto insegnamento”».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Il Gran Maestro Kobo dichiarò che in confronto ai sutra della Ghirlanda di fiori e di Mahavairochana, il Sutra del Loto era una “dottrina puerile”. Egli apparve con le sembianze di un Budda: come afferma il Sutra del Nirvana, il demone, ancora soggetto alle illusioni, cambierà la sua forma in quella di un Budda per distruggere il corretto insegnamento di Shakyamuni.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Il “corretto insegnamento” di cui parla il Sutra del Nirvana è il Sutra del Loto. Perciò più avanti nel Sutra del Nirvana troviamo la seguente affermazione: «È trascorso molto tempo da quando io conseguii la Buddità». Il testo afferma inoltre: «[Quando questo sutra fu predicato … era già stato predetto] nel Sutra del Loto [che gli ottomila ascoltatori della voce avrebbero conseguito la Buddità]».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Shakyamuni, Molti Tesori e gli altri Budda delle dieci direzioni, riferendosi ai vari sutra, dichiararono che il Sutra del Loto rappresenta la verità e che il Sutra di Mahavairochana e tutti gli altri sutra non rappresentano la verità. Apparendo sotto le sembianze di un Budda, il Gran Maestro Kobo affermò che, paragonato ai sutra della Ghirlanda di fiori e di Mahavairochana, il Sutra del Loto è una “dottrina puerile”. Se le parole del Budda sono vere, allora Kobo non può essere che il re demone del cielo.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Inoltre, appare particolarmente poco credibile l’episodio del vajra a tre punte. Sarebbe già difficile credere che un cinese venuto in Giappone abbia casualmente ritrovato il vajra. È più probabile che sia stata mandata in precedenza una persona a sotterrarlo in quel luogo; per di più Kobo, essendo un giapponese, [era in grado di predisporre la cosa]. Si raccontano molte storie strane e assurde come questa legate al suo nome, ma esse non provano che i suoi insegnamenti fossero in accordo con il volere del Budda.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        In tal modo le dottrine delle scuole della Vera parola, Zen e Nembutsu si diffusero e si affermarono in Giappone. Così che, quando Takahira, l’ex imperatore di Oki che era l’ottantaduesimo sovrano, tentò di rovesciare l’amministratore incaricato108, dato che era un sovrano, il capo del paese, la gente pensò che sarebbe stata un’impresa facile come per un leone avventarsi su una lepre o per un falco catturare un fagiano. Inoltre, al Monte Hiei, nei templi To e Onjo e nei sette maggiori templi di Nara, per diversi anni si fece appello alla Dea del Sole, al Grande Bodhisattva Hachiman, alle divinità dei santuari Sanno, Kamo e Kasuga109 affinché gli dèi prestassero il loro aiuto per sottomettere i nemici. Ciò nonostante le forze imperiali non furono in grado di resistere per più di due o tre giorni e alla fine i tre ex imperatori furono esiliati rispettivamente nelle province di Sado, di Awa e di Oki 110, dove finirono i loro giorni.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Inoltre, il prelato di Omuro111 che conduceva le preghiere per sottomettere i nemici, non soltanto fu cacciato dal tempio To, ma il suo paggio favorito, Setaka112, che gli era caro come i propri occhi, venne decapitato. Così, come afferma il Sutra del Loto, le maledizioni alla fine «ricadranno su chi le aveva lanciate»113.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Ma questo non è niente in confronto a ciò che deve ancora accadere. Infatti, quando il nostro paese sarà invaso dai nemici stranieri, sicuramente su tutto il popolo giapponese, dai ministri alla gente comune senza eccezione, si abbatterà una catastrofe, come una catasta d’erba secca a cui venga appiccato il fuoco, un’alta montagna che si sgretoli o una valle che venga allagata.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Io, Nichiren, sono l’unico in tutto il Giappone che comprende il motivo per cui accadono queste cose. Ma sapevo già che, se avessi parlato apertamente, sarei stato trattato come Pi Kan al quale il re Chou della dinastia Yin squarciò il petto; come Kuan Lung-feng al quale il re Chien della dinastia Hsia tagliò la testa, o come il Venerabile Aryasimha che fu decapitato dal re Dammira. Sarò esiliato come il prete Chu Tao-sheng o marchiato sul viso come il Maestro del Tripitaka Fa-tao.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Ma nel Sutra del Loto è scritto: «Senza curarci dei nostri corpi o delle nostre vite, avremo a cuore solo la via suprema»114, e il Sutra del Nirvana ammonisce: «[Un inviato del re] preferirebbe perdere la vita, piuttosto che nascondere anche una sola delle parole del suo sovrano».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Se ora mi preoccupassi di risparmiare la mia vita, in quale futura esistenza conseguirei la Buddità? In quale futura esistenza sarei mai in grado di salvare i miei genitori e il mio maestro? Con questo pensiero costante, decisi d’iniziare a parlare chiaramente. E, proprio come mi aspettavo, venni scacciato, diffamato, attaccato e ferito. Il dodicesimo giorno del quinto mese del primo anno dell’era Kocho (1261), l’anno col segno ciclico kanoto-tori, incorsi nell’ira delle autorità e fui esiliato a Ito nella provincia di Izu. Infine, il ventiduesimo giorno del secondo mese del terzo anno di Kocho (1263), segno ciclico mizunoto-i, fui perdonato e mi fu permesso di tornare.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Dopo di allora si rafforzò ancor più la mia determinazione di ottenere l’illuminazione e continuai a parlare. Da quel momento le persecuzioni si fecero sempre più terribili, come grandi ondate sollevate da un tifone. Sperimentai sul mio corpo gli attacchi con mazze e bastoni che il Bodhisattva Mai Sprezzante aveva subìto in tempi passati. Neanche le persecuzioni subite dal monaco Realizzazione di Virtù, nell’ultima era dopo la morte del Budda Gioia Crescente, possono essere paragonate alle mie. Non vi è alcun luogo, in tutte le sessantasei province e nelle due isole al largo delle coste del Giappone, dove potrei essere al sicuro né per un giorno, né per un’ora.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Persino santi che perseverano nella loro pratica con diligenza, come fece nel passato Rahula, osservando tutti i duecentocinquanta precetti, e persino uomini sapienti come Purna, insultano Nichiren quando l’incontrano. E anche uomini saggi, onesti e retti com’erano gli ufficiali di corte Wei Cheng115 e Fujiwara no Yoshifusa116, quando vedono Nichiren perdono la ragione e lo trattano ingiustamente.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        A maggior ragione le persone comuni di oggigiorno si comportano come cani che vedono una scimmia, o come cacciatori all’inseguimento di un cervo. In tutto il Giappone non vi è una sola persona che dica: «Forse quest’uomo ha dei validi motivi per comportarsi così».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Ma c’era da aspettarselo perché, tutte le volte che m’imbatto in una persona che recita il Nembutsu, le dico che il Nembutsu porta a cadere nell’inferno di sofferenza incessante. Ogni volta che incontro qualcuno che onora gli insegnamenti della Vera parola, gli dico che la Vera parola è una dottrina malvagia che distruggerà il paese. E al governante del paese che onora la scuola Zen, io, Nichiren, dichiaro che lo Zen è un’invenzione del demone celeste.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Dal momento che io mi sono attirato queste disgrazie, quando mi insultano, non li rimprovero. Anche volendo, non potrei rimproverarli tutti perché sono troppi. E quando mi colpiscono, non provo sofferenza perché ero preparato fin dall’inizio.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Avendo io perseverato ad ammonirli ancor più energicamente senza preoccuparmi della mia sicurezza, alcune centinaia di preti Zen, alcune migliaia di credenti Nembutsu e un numero ancora più grande di maestri della Vera parola si recarono dal magistrato, da uomini di famiglie potenti, dalle loro mogli o dalle loro vedove che erano monache laiche, raccontando un’infinità di calunnie su di me.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Così che alla fine tutti si convinsero che io ero il peggior criminale dell’intero paese, che ero un prete che recitava preghiere e malefici per la distruzione del Giappone e che avevo detto che i defunti preti laici del Saimyo-ji e del Gokuraku-ji erano caduti nell’inferno di incessante sofferenza. Quelle vedove che erano monache laiche chiesero che mi fosse tagliata subito la testa, senza bisogno di indagini, e che anche i miei discepoli fossero decapitati o esiliati in terre lontane o messi in prigione. Erano così infuriate che le loro richieste furono immediatamente accolte.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Nella notte del dodicesimo giorno del nono mese dell’ottavo anno di Bun’ei (1271), segno ciclico kanoto-hitsuji, avrebbero dovuto decapitarmi a Tatsunokuchi, nella provincia di Sagami, ma avvenne qualche cosa per cui l’esecuzione venne rimandata e quella notte stessa venni condotto in un posto chiamato Echi. Durante la notte del tredicesimo giorno si diffuse la voce che ero stato perdonato, ma, per motivi ancora poco chiari, fu ordinato il mio esilio nell’isola di Sado.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Mentre giorno dopo giorno, la gente si domandava se sarei stato decapitato, io trascorsi quattro anni a Sado117. Poi, il quattordicesimo giorno del secondo mese dell’undicesimo anno di Bun’ei (1274), l’anno con segno ciclico kinoe-inu, fui perdonato. Il ventiseiesimo giorno del terzo mese dello stesso anno, ritornai a Kamakura e l’ottavo giorno del quarto mese fui interrogato da Hei no Saemon-no-jo. Espressi la mia opinione su diverse questioni e lo informai che i mongoli avrebbero certamente invaso il Giappone entro l’anno. Infine, il dodicesimo giorno del quinto mese, lasciai Kamakura e venni su questa montagna.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Ho fatto tutto questo unicamente per ripagare il debito di gratitudine che ho con i miei genitori, con il mio maestro, con i tre tesori del Buddismo e con il mio paese. Per loro ero disposto a distruggere il mio corpo e a dare la mia vita sebbene, come poi accadde, sono riuscito a scampare alla condanna a morte.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        L’usanza vuole che, se un saggio per tre volte ammonisce il paese, ma non viene ascoltato, si deve ritirare in una foresta di montagna. Così ho fatto io.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          I meriti da me acquisiti sono stati sicuramente riconosciuti dai tre tesori del Buddismo, da Brahma e Shakra, dagli dèi del sole e della luna e, grazie a essi, potrò salvare i miei genitori e il mio defunto maestro, Dozen-bo.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Ma sono tormentato da alcuni dubbi. Benché il Venerabile Maudgalyayana avesse cercato di salvarla, sua madre Shodai-nyo, rimase nel regno degli spiriti affamati. Benché fosse un figlio dell’Onorato dal Mondo di Grande Illuminazione, il monaco Sunakshatra cadde nell’infermo Avichi. Anche facendo tutti gli sforzi possibili per la salvezza degli altri, è molto difficile salvarli dalla retribuzione del karma che loro stessi hanno creato.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Il defunto Dozen-bo mi trattò come uno dei suoi discepoli preferiti, per cui non posso credere che nutrisse dell’astio nei miei confronti. Ma egli era un uomo estremamente pavido e non avrebbe mai potuto rinunciare alla sua posizione al Seicho-ji. Inoltre, avendo soggezione di Kagenobu, l’amministratore della regione, e vivendo in mezzo a preti come Enchi e Jitsujo, malvagi quanto Devadatta e Kokalika, cedette spaventato alle loro intimidazioni e non prestò ascolto al discepolo che aveva amato per molti anni. Che ne sarà di un simile uomo nella prossima vita?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Ma fu una fortuna che Kagenobu, Enchi e Jitsujo morissero tutti prima di Dozen-bo, ricevendo la punizione delle dieci fanciulle demoni che proteggono il Sutra del Loto; dopo la loro scomparsa, infatti, Dozen-bo cominciò a nutrire un po’ di fede in questo sutra. Ma in realtà fu come ricevere un bastone a combattimento finito o come accendere una lampada a mezzogiorno: [il momento opportuno era già passato].

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Inoltre, non posso fare a meno di pensare che, qualunque cosa accada, bisognerebbe sempre preoccuparsi e avere compassione dei propri figli e discepoli. Ma Dozen-bo, che pure non era un uomo completamente privo di potere, sebbene io fossi stato esiliato nell’isola di Sado, non si sforzò di venirmi a trovare neanche una volta. Questo non è certo il comportamento di un credente del Sutra del Loto.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Nonostante ciò, ho sempre pensato a lui con affetto e, quando ho appreso la notizia della sua morte, avrei voluto accorrere a costo di passare attraverso il fuoco e affondare nell’acqua, gettarmi sulla sua tomba e recitare un volume del Sutra del Loto per la sua salvezza.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Però accade spesso che, benché un saggio non abbia realmente pensato di ritirarsi dal mondo, gli altri credano erroneamente che lo abbia fatto. Perciò nel caso in cui egli abbandonasse il suo eremo senza una ragione, tutti penserebbero che non ha mantenuto il suo proposito fino in fondo. Per questo motivo, per quanto io desideri visitare la sua tomba, sento che non posso farlo.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Ora voi due, Joken-bo e Gijo-bo, siete stati i miei maestri quando ero giovane. Siete come gli amministratori del clero Gonzo e Gyohyo che furono i maestri del Gran Maestro Dengyo, ma che in seguito divennero suoi discepoli. Quando Kagenobu mi attaccò e io decisi di lasciare il monte Kiyosumi [sul quale sorge il Seicho-ji], voi mi aiutaste a fuggire di nascosto. Avete reso un inestimabile servizio al Sutra del Loto. Non possono esservi dubbi sulla ricompensa che vi attende nella prossima vita.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Domanda: Tra gli otto volumi e i ventotto capitoli che costituiscono l’intero Sutra del Loto, qual è la cosa essenziale?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Risposta: Il cuore del Sutra della Ghirlanda di fiori è il titolo, Sutra della Ghirlanda di fiori del Budda di illimitata grandezza. Il cuore del Sutra Agama è il titolo, Sutra Agama di media lunghezza. Il cuore del Sutra della Grande raccolta è il titolo, Grande Sutra corretto ed equo della Grande raccolta. Il cuore del Sutra della Saggezza è il titolo, Sutra della Grande perfezione della saggezza. Il cuore del Sutra in Due volumi è il titolo, Sutra del Budda Vita Infinita come predicato dal Budda. Il cuore del Sutra della Meditazione è il titolo, Sutra della Meditazione sul Budda Vita Infinita. Il cuore del Sutra di Amida è il titolo, Sutra di Amida come predicato dal Budda. Il cuore del Sutra del Nirvana è il titolo, Sutra del Mahaparinirvana. E lo stesso vale per tutti gli altri sutra. Il daimoku, o titolo del sutra, che appare davanti alle parole iniziali «Questo è ciò che io ho udito», è il cuore del sutra. Questo è vero sia per i sutra mahayana che per i sutra hinayana, per il Sutra di Mahavairochana, il Sutra della Corona di diamanti, il Sutra Susiddhikara e così via. In tutti i casi il titolo è il cuore del sutra.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              La stessa cosa è vera anche per quanto riguarda i Budda: i Tathagata Mahavairochana, Splendore del Sole e della Luna, Fiaccola Ardente, Grande Saggezza Universale e il Budda Re del Suono della Nuova Tonante. Nel caso di tutti questi Budda, il nome stesso contiene in sé le virtù di quel particolare Budda.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Lo stesso vale per il Sutra del Loto. I cinque caratteri di Myoho-renge-kyo, che precedono le parole iniziali «Questo è ciò che io ho udito», sono la vera essenza degli otto volumi del sutra. Per di più, questi caratteri sono il cuore di tutti i sutra, così come il corretto insegnamento sta al di sopra di tutti i Budda e i bodhisattva, delle persone dei due veicoli, degli esseri umani e celesti, degli asura e delle divinità drago.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Domanda: Se una persona recita Nam-myoho-renge-kyo senza capirne il significato e un’altra recita Namu-daihoko-butsu-kegonkyo (Devozione al Sutra della Ghirlanda di fiori del Budda di illimitata grandezza) senza capirne il significato, la profondità dei benefici ottenuti da queste due persone sarà la stessa oppure no?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Risposta: Non sarà la stessa.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Domanda: Perché affermi ciò?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Risposta: Un piccolo fiume può ricevere l’acqua della rugiada, dei ruscelli, delle fonti, dei canali e dei piccoli torrenti, ma non l’acqua di un grande fiume. Un grande fiume può ricevere l’acqua di un piccolo fiume insieme alla sua rugiada, ai suoi ruscelli e così via, ma non l’acqua di un grande mare. I sutra Agama sono come il piccolo fiume con le sue sorgenti, torrenti, ruscelli e rugiada, mentre i sutra del periodo Corretto ed equo, i sutra di Amida, di Mahavairochana e della Ghirlanda di fiori sono come il grande fiume che accoglie il piccolo fiume. Ma il Sutra del Loto è come il grande mare che può contenere tutta l’acqua che proviene dalla rugiada, dai ruscelli, dalle fonti, dai torrenti, dai piccoli fiumi, dai grandi fiumi e dalle piogge del cielo, senza perderne una sola goccia.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Immagina una persona che bruci per la febbre. Se rimane per un po’ vicino a una grande quantità d’acqua fredda, si rinfrescherà, mentre se si stende presso una piccola quantità d’acqua, continuerà a soffrire come prima. Ugualmente, se un icchantika, una persona di incorreggibile miscredenza che ha commesso i cinque peccati capitali e ha offeso la Legge, tentasse di rinfrescarsi con la poca acqua dei sutra Agama, della Ghirlanda di fiori, della Meditazione e di Mahavairochana, non scaccerebbe mai la violenta febbre delle sue gravi colpe. Ma se giacesse sulla grande montagna nevosa del Sutra del Loto, allora la febbre violenta dei cinque peccati capitali, dell’offesa alla Legge e della sua incorreggibile miscredenza, sparirebbe all’istante.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Perciò le persone ignoranti dovrebbero a tutti i costi avere fede nel Sutra del Loto. Infatti, sebbene si possa pensare che tutti i titoli dei sutra siano la stessa cosa e che sia altrettanto facile recitare l’uno o l’altro, in realtà il beneficio ottenuto da un ignorante che recita il titolo del Sutra del Loto è di gran lunga superiore a quello ottenuto da un sapiente che recita un altro titolo, così come il cielo è superiore alla terra!

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Per spiegare, persino una persona forte non riesce a spezzare una corda robusta con le sue mani nude, mentre con un piccolo coltello anche una persona debole può recidere la corda con facilità. Anche una persona molto forte non può spaccare una pietra dura con una spada smussata. Ma con una spada affilata anche chi non ha una grande forza può tagliarla.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Per fare un altro esempio, se si inghiotte una medicina, anche senza sapere ciò che contiene, si può curare la propria malattia. Ma se si mangia del normale cibo, la malattia non guarirà. Un altro esempio: un elisir prolunga la vita, mentre una medicina comune può curare una malattia, ma non prolunga la vita.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Domanda: Fra i ventotto capitoli del Sutra del Loto, quale è il cuore, il più essenziale?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Risposta: Alcuni dicono che tutti i capitoli sono essenziali per l’argomento in essi trattato. Alcuni dicono che i due capitoli “Espedienti” e “Durata della vita” sono il cuore, alcuni che solo il capitolo “Espedienti” è il cuore, altri che lo è solo il capitolo “Durata della vita”. Secondo alcuni il cuore è il passo in cui si afferma che i Budda aprono la porta della saggezza dei Budda a tutti gli esseri viventi, la mostrano, risvegliano a essa gli esseri viventi e li inducono a imboccarne il sentiero118, secondo altri è il passo sul “vero aspetto di tutti i fenomeni”119. Domanda: Qual è la tua opinione al riguardo?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Risposta: Credo che le parole “Nam-myoho-renge-kyo” siano il cuore del Sutra.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Domanda: Che prove hai per dire questo?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Risposta: Perché Ananda, Monju e gli altri scrissero: «Questo è ciò che io ho udito».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Domanda: Che cosa vuoi dire?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Risposta: Per otto anni Ananda, Monju e gli altri ascoltarono gli innumerevoli princìpi del Sutra del Loto senza perderne una sola frase, un solo verso, una sola parola. Ma, dopo la morte del Budda, al tempo della compilazione dei suoi insegnamenti, quando i novecentonovantanove arhat presero i pennelli e li intinsero nell’inchiostro, il fatto che prima di tutto abbiano scritto la parola “Myoho-renge-kyo” e poi recitato le parole «Questo è ciò che io ho udito» non significa che i cinque caratteri di Myoho-renge-kyo sono l’essenza di tutto il sutra, degli otto volumi e dei ventotto capitoli che lo compongono?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Perciò sin dal tempo del Budda del passato, Splendore del Sole e della Luna, il Maestro del Dharma Fa-yün del tempio Kuang-che, che tenne lezioni sul Sutra del Loto, affermò: «Le parole “questo è ciò che io ho udito” indicano che si intende trasmettere le dottrine udite predicare dal Budda. Il titolo che precede queste parole riassume tutto il sutra»120.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Il Gran Maestro T’ien-t’ai che, sul Picco dell’Aquila, vide davanti ai suoi occhi e udì predicare il Sutra del Loto, scrive: «La parola “questo” indica l’essenza di una dottrina sentita direttamente dal Budda»121. E il Gran Maestro Chang-an scrive: «Il trascrittore [Chang-an] commenta così la spiegazione di T’ien-t’ai sul titolo del Sutra del Loto: “Quindi, [la sua spiegazione del titolo nel] la prefazione trasmette il significato profondo del sutra; il significato profondo indica il cuore del testo”»122.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    In questo passo, le parole “il cuore del testo” significano che il daimoku o titolo del testo è il cuore del Sutra del Loto. Come afferma il Gran Maestro Miao-lo: «È il cuore del Sutra del Loto, che racchiude tutte le dottrine predicate dal Budda nel corso della sua vita»123.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      L’India comprende settanta stati, ma sono conosciuti complessivamente col nome di “Gasshi” (Terra della Luna). Il Giappone include sessanta province124, ma sono conosciute complessivamente col nome di “Nihon” (Terra del Sole). Nel nome dell’India sono compresi i suoi settanta stati, gli uomini, gli animali, i tesori e così via. Nel nome del Giappone sono incluse le sue sessantasei province; le penne di Dewa, l’oro di Mutsu125, e tutti gli altri tesori del paese, così come la gente e gli animali, i templi e i santuari, sono tutti contenuti nei due caratteri che formano il nome “Nihon”.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Chi possiede l’occhio celeste, guardando i due caratteri del nome “Nihon”, può vedere tutte le sessantasei province con le loro popolazioni e i loro animali. Chi possiede l’occhio del Dharma può vedere tutte le persone e gli animali che nei vari luoghi ora nascono e ora muoiono.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          È come intuire l’aspetto di una persona sentendone il suono della voce, o capire se è grande o piccola vedendone le orme; oppure valutare le dimensioni di uno stagno guardando i fiori di loto che vi crescono, o immaginare le dimensioni dei draghi osservando la pioggia che essi fanno cadere. Ciascuno di questi esempi illustra il principio che in una sola cosa ci sono tutte le cose.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Si potrebbe pensare che il daimoku, o titolo, di ogni sutra Agama contenga tutti gli insegnamenti del Budda, ma in realtà contiene solo un Budda, lo Shakyamuni degli insegnamenti hinayana. Può sembrare che i titoli dei sutra della Ghirlanda di fiori, della Meditazione e di Mahavairochana contengano tutti gli insegnamenti del Budda, ma in realtà mancano della dottrina del conseguimento della Buddità da parte delle persone dei due veicoli o del Budda Shakyamuni che ottenne l’illuminazione in un remotissimo passato. In realtà sono come fiori che sbocciano ma non danno frutti, come tuoni che non portano pioggia, come tamburi che non suonano, come occhi che non vedono, come una donna che non può avere figli, o una persona priva di vita e di anima.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              I mantra dei Budda Mahavairochana, Maestro della Medicina, Amida e Percettore dei Suoni del Mondo sono dello stesso tipo. Sebbene i vari sutra che contengono quei mantra li paragonino a un grande re, al monte Sumeru, al sole e alla luna, a una buona medicina, al gioiello che esaudisce i desideri o a una spada affilata, in verità, non solo sono inferiori al daimoku del Sutra del Loto come il fango è al di sotto delle nuvole, ma hanno tutti perduto le loro specifiche funzioni. La luce di tutte le stelle è eclissata da un solo sole; il ferro vicino a un magnete perde le sue proprietà; una grande spada a contatto con un piccolo fuoco non è più di alcuna utilità; il latte di vacca o di asina diventa acqua davanti al latte del re leone; un branco di volpi che incontra un cane perderà ogni astuzia; una muta di cani che incontra una piccola tigre tremerà di paura.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Allo stesso modo, quando si recita Nam-myoho-renge-kyo, il potere delle parole Namu-Amida-Butsu, dei mantra di Mahavairochana, del Bodhisattva Percettore dei Suoni del Mondo e di tutti i Budda, sutra e bodhisattva svanirà senza eccezioni davanti al potere di Myoho-renge-kyo.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  A meno che questi sutra non riescano a prendere in prestito il potere di Myoho-renge-kyo, diventeranno tutti inutili. Nella nostra epoca questa è una realtà evidente.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Poiché io, Nichiren, recito e diffondo Nam-myoho-renge-kyo, il potere di Namu-Amida-Butsu sarà come la luna calante, come la marea che defluisce, l’erba che si secca in autunno e in inverno, o il ghiaccio che si scioglie al sole. Guardate e vedrete!

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Domanda: Se questa Legge è davvero così meravigliosa, perché Mahakashyapa, Ananda, Ashvaghosha, Nagarjuna, Asanga, Vasubandhu, Nan-yueh, T’ien-t’ai, Miao-lo e Dengyo non la sostennero così come Shan-tao sostenne la pratica di recitare Namu-Amida-Butsu diffondendola in tutta la Cina e come Eshin, Yokan126 e Honen la diffusero in Giappone finché tutti divennero fedeli del Budda Amida?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Risposta: Questa è una vecchia critica, non è la prima volta che viene fatta.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          I bodhisattva Ashvaghosha e Nagarjuna erano grandi studiosi vissuti seicento e settecento anni dopo la morte del Budda. Quando essi apparvero nel mondo e cominciarono a diffondere i sutra mahayana, i numerosi seguaci hinayana fecero le seguenti obiezioni:

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            «Mahakashyapa e Ananda che vissero per altri venti o quarant’anni dopo la morte del Budda, predicarono il corretto insegnamento. Possiamo presumere che essi trasmisero il cuore di tutti gli insegnamenti della vita del Tathagata. Questi due uomini misero in rilievo semplicemente i concetti di sofferenza, vuoto, impermanenza e non io. Ashvaghosha e Nagarjuna, per saggi che siano, possono essere superiori a Mahakashyapa e Ananda? Questa è la nostra prima obiezione.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              «Mahakashyapa ottenne l’illuminazione perché incontrò personalmente il Budda, mentre né Ashvaghosha né Nagarjuna lo avevano mai incontrato. Questa è la nostra seconda obiezione.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                «I filosofi non buddisti sostenevano la “permanenza, gioia, io e purezza” della vita. Successivamente, quando il Budda apparve nel mondo predicò la sofferenza, il vuoto, l’impermanenza e il non io. Ashvaghosha e Nagarjuna insistono sulla permanenza, gioia, io e purezza. Stando così le cose, dobbiamo supporre che, dalla morte del Budda e di Mahakashyapa, il re demone del sesto cielo si sia impossessato di questi due uomini e abbia cercato di distruggere gli insegnamenti del Buddismo sostituendoli con gli insegnamenti dei non buddisti.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  «Se questo è vero, questi due uomini sono nemici del Buddismo! Dobbiamo spaccare loro la testa, decapitarli, mettere fine alla loro vita, privarli di cibo e cacciarli dal paese!».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Così si espressero i numerosi credenti hinayana. Ashvaghosha e Nagarjuna, che avevano pochi alleati, furono costretti ad ascoltare questi insulti giorno e notte e a subire attacchi con mazze e bastoni mattino e sera.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Ma in realtà questi due uomini erano messaggeri del Budda. Infatti nel Sutra di Maya era stato predetto che Ashvaghosha e Nagarjuna sarebbero apparsi rispettivamente seicento e settecento anni dopo la morte del Budda. Questa stessa predizione appare anche nel Sutra Lankavatara e nel Sutra dei Successori del Budda.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Ma i vari credenti hinayana non si curarono di queste predizioni, anzi attaccarono ciecamente il Buddismo mahayana. Considerando il periodo in cui vissero Ashvaghosha e Nagarjuna, si incomincia a intuire il significato delle parole del Sutra del Loto: «E poiché odio e gelosia […] abbondano perfino mentre il Tathagata è nel mondo, quanto peggio sarà dopo la sua scomparsa?». Inoltre, il Bodhisattva Aryadeva fu ucciso da un non buddista e al Venerabile Aryasimha fu tagliata la testa. Anche questi fatti sono un’occasione per riflettere.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          In seguito, millecinquecento anni circa dopo la morte del Budda, sotto le dinastie Ch’en e Sui, apparve in Cina, a est dell’India, il Gran Maestro T’ien-t’ai. Egli dichiarò che i sacri insegnamenti del Tathagata si distinguono in mahayana e hinayana, essoterici ed esoterici, provvisori e veri. Spiegò anche che Mahakashyapa e Ananda avevano diffuso soltanto gli insegnamenti hinayana, mentre Ashvaghosha, Nagarjuna, Asanga e Vasubandhu avevano diffuso gli insegnamenti mahayana provvisori. Ma, per quanto riguarda il vero insegnamento mahayana del Sutra del Loto, essi ne avevano appena accennato, tenendone celato il significato, o ne avevano spiegato il significato superficiale, senza però esporre [gli insegnamenti predicati dal Budda] dall’inizio alla fine; oppure avevano descritto l’insegnamento transitorio, ma non quello originale, oppure sia l’insegnamento transitorio sia quello originale, ma non la dottrina dell’osservazione della mente.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Quando il Gran Maestro T’ien-t’ai espose queste sue opinioni, i milioni di seguaci delle dieci scuole buddiste, tre della Cina meridionale e sette della Cina settentrionale, scoppiarono tutti in una grande risata di scherno.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              «Ultimamente è apparso tra noi un prete davvero sorprendente!» dissero. «Anche in passato ci sono state delle persone attaccate ai propri pregiudizi, ma nessuno ha mai affermato che i duecentosessanta e più maestri del Tripitaka e insegnanti buddisti vissuti dall’introduzione del Buddismo nel decimo anno dell’era Yung-p’ing (67 d.C.) della tarda dinastia Han, anno col segno ciclico hinoto-u, fino alle attuali dinastie Ch’en e Sui, fossero degli ignoranti. Inoltre dice che hanno offeso la Legge e sono caduti nei cattivi sentieri. Ecco che tipo di persona è apparsa!

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                «È così folle da affermare persino che il Maestro del Tripitaka Kumarajiva, l’uomo che introdusse il Sutra del Loto in Cina, era uno sciocco ignorante. A parte quello che va dicendo sui cinesi, pensate che sostiene che i grandi eruditi indiani, come Nagarjuna e Vasubandhu e parecchie centinaia d’altri, tutti bodhisattva dei quattro ordini, non hanno insegnato la vera dottrina. Ucciderlo sarebbe stato come uccidere un falco, anzi sarebbe stata un’azione più meritevole che uccidere un demone!». Così inveivano contro il Gran Maestro T’ien-t’ai.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Più tardi, all’epoca del Gran Maestro Miao-lo, quando furono introdotte dall’India le dottrine delle Caratteristiche dei dharma e della Vera parola e fu fondata la scuola della Ghirlanda di fiori in Cina, Miao-lo si pronunciò apertamente contro queste dottrine suscitando uguale subbuglio.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Il Gran Maestro Dengyo apparve in Giappone milleottocento anni dopo la morte del Budda. Quando, dopo aver esaminato i commentari di T’ien-t’ai, cominciò a criticare le sei scuole fiorite in Giappone nei duecentosessant’anni e più dal tempo dell’imperatore Kimmei, la gente lo criticò dicendo che i seguaci del Brahmanesimo che vivevano ai tempi del Budda o i taoisti cinesi dovevano essere rinati in Giappone.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Dengyo poi propose di istituire un palco per il conferimento dei grandi precetti della perfetta e immediata illuminazione, che non era mai esistito né in India, né in Cina, né in Giappone nei milleottocento anni dalla morte del Budda. Ma oltre a questo, egli dichiarò che il palco di ordinazione del tempio Kannon nella regione occidentale [di Tsukushi], quello del tempio Ono nella provincia orientale di Shimotsuke, e quello del tempio Todai nella provincia centrale di Yamato127 erano impregnati del tanfo dei precetti hinayana e privi di valore come tegole rotte e sassi. E aggiunse anche che i preti che sostenevano tali precetti non erano migliori di sciacalli e di scimmie.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        In risposta alcuni esclamarono: «Ah, incredibile! Una grande locusta che somiglia a un prete è apparsa in Giappone per divorare in un colpo solo tutti i germogli del Buddismo! O forse il tiranno Chou della dinastia Yin, o Chieh della dinastia Hsia è rinato in Giappone con le sembianze di questo prete. Forse l’imperatore Wu della dinastia Chou settentrionale e l’imperatore Wu-tsung128 della dinastia T’ang sono riapparsi nel mondo. Da un momento all’altro il Buddismo potrebbe essere annientato e il paese distrutto!».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          E le persone comuni batterono le mani spaventate e agitarono la lingua dicendo: «Ogni qualvolta i preti di questi due insegnamenti, mahayana e hinayana, appaiono insieme, combattono fra di loro come il signore Shakra e gli asura, o come Hsiang Yü e Kao-tsu129 contendendosi il possesso del regno!».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Gli avversari di Dengyo continuarono a ingiuriarlo dicendo: «All’epoca del Budda c’erano due palchi di ordinazione130, uno stabilito dal Budda e l’altro da Devadatta e tanta gente morì [in seguito alle liti che si scatenarono]. Quest’uomo può anche sfidare le altre scuole, ma egli afferma di dover innalzare il palco di ordinazione per conferire i precetti della perfetta e immediata illuminazione, che neanche il suo maestro, il Gran Maestro T’ien-t’ai, era stato in grado di istituire. È molto strano. È spaventoso, spaventoso!».

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Ma Dengyo aveva come sostegno i passi delle scritture e, come sai, il grande palco di ordinazione mahayana fu infine innalzato sul monte Hiei e ormai esiste da tempo.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Benché la loro illuminazione fosse la stessa, dal punto di vista della dottrina che diffondevano, Ashvaghosha e Nagarjuna erano superiori a Mahakashyapa e Ananda; T’ien-t’ai era superiore ad Ashvaghosha e a Nagarjuna, e Dengyo superava T’ien-t’ai. In questi ultimi tempi la saggezza della gente è sempre più superficiale mentre il Buddismo è sempre più profondo. Come una malattia lieve può essere curata con delle comuni medicine mentre una grave malattia richiede un elisir, così un uomo debole ha bisogno di forti alleati che lo proteggano.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Domanda: Esiste un insegnamento corretto che non è stato propagato nemmeno da T’ien-t’ai o Dengyo?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Risposta: Sì, esiste.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Domanda: Di che insegnamento si tratta?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Risposta: Consiste di tre cose e fu lasciato dal Budda per la salvezza di coloro che vivono nell’Ultimo giorno della Legge. È il corretto insegnamento mai propagato da Mahakashyapa, Ananda, Ashvaghosha o Nagarjuna, T’ien-t’ai e Dengyo.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Domanda: Quali forme assume?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Risposta: Primo, il Giappone e tutti gli altri paesi di Jambudvipa devono avere come oggetto di culto il Budda Shakyamuni dell’insegnamento originale131. E lo Shakyamuni e [il Budda] Molti Tesori che appaiono nella torre preziosa, gli altri Budda, i quattro bodhisattva, fra cui Pratiche Superiori, saranno gli assistenti di questo Budda. Secondo, c’è il santuario dell’insegnamento originale. Terzo, in Giappone, in Cina, in India e in tutti gli altri paesi di Jambudvipa, chiunque, sapiente o ignorante, deve mettere da parte le altre pratiche e unirsi alla recitazione di Nam-myoho-renge-kyo. Questo insegnamento non è mai stato propagato prima. In tutto il continente di Jambudvipa, durante i 2.225 anni dalla morte del Budda, non una sola persona lo ha mai recitato. Soltanto Nichiren, senza risparmiare la sua voce, ora recita Nam-myoho-renge-kyo, Nam-myoho-renge-kyo.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              L’altezza delle onde dipende dal vento che le solleva, quella delle fiamme da quanta legna si brucia, la grandezza dei fiori di loto dallo stagno in cui crescono, e il volume della pioggia dai draghi che la fanno cadere. Più profonde sono le radici, più rigogliosi sono i rami. Più lontana è la sorgente, più lungo è il corso del fiume.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                La dinastia Chou durò settecento anni grazie al retto comportamento e alla devozione filiale del suo fondatore, il re Wen. La dinastia Ch’in (221-206) invece ebbe vita breve a causa del nefasto comportamento del suo fondatore, il Primo Imperatore della dinastia Ch’in. Se la compassione di Nichiren è veramente grande e omnicomprensiva, Nam-myoho-renge-kyo si diffonderà per diecimila anni e più, per tutta l’eternità, perché ha il benefico potere di aprire gli occhi ciechi di ogni essere vivente del Giappone e sbarrare la strada che conduce all’inferno di incessante sofferenza. I suoi benefici superano quelli di Dengyo e di T’ien-t’ai e anche quelli di Nagarjuna e Mahakashyapa.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  I benefici di cento anni di pratica nella Terra di Perfetta Beatitudine non si possono paragonare ai benefici ottenuti in un solo giorno di pratica in questo mondo impuro. Duemila anni di propagazione nel Primo e nel Medio giorno della Legge so­no inferiori a un’ora di propagazione nell’Ultimo giorno della Legge. Questo non dipende in alcun modo dalla saggezza di Nichiren, ma semplicemente dal fatto che i tempi sono maturi. In primavera sbocciano i fiori, in autunno appaiono i frutti. L’estate è calda, l’inverno è freddo. Questo non è forse dovuto al tempo?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    «Dopo la mia estinzione, nell’ultimo periodo di cinquecento anni, dovrai diffonderlo in tutto Jambudvipa e non permettere mai che [la sua diffusione] sia interrotta, né dovrai permettere ai demoni malvagi, alla gente demoniaca, agli esseri celesti, ai draghi, agli yaksha, o ai demoni kumbhanda di prendere il sopravvento!»132.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Se queste parole del Sutra del Loto fossero vane, Shariputra non diventerà il Tathagata Fiore Splendente, il Venerabile Mahakashyapa non diventerà il Tathagata Fulgida Luce, né Maudgalyayana il Budda Fragranza di Sandalo Foglia di Tamala, né Ananda diventerà il re Budda Re di Saggezza e Potere Illimitato come i Mari e i Monti, né la monaca Mahaprajapati diventerà il Budda Gioia per gli Occhi di Tutti gli Esseri, né la monaca Yashodhara il Budda Dotato di Dieci Milioni di Segni Splendenti. Il concetto di tanti kalpa quanti i granelli di polvere di un sistema maggiore di mondi sarebbe una teoria puerile e quello di tanti kalpa quanti i granelli di polvere di innumerevoli sistemi maggiori di mondi sarebbe una menzogna. Molto probabilmente il Budda Shakyamuni, signore degli insegnamenti, sarebbe caduto nell’inferno di incessante sofferenza, il Budda Molti Tesori starebbe ora annaspando tra le fiamme dell’inferno Avichi, i Budda delle dieci direzioni dimorerebbero negli otto inferni maggiori e tutti i vari bodhisattva sarebbero costretti a soffrire nei centotrentasei inferni.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Però, come potrebbe mai accadere una cosa simile? Dal momento che la predizione del sutra non fu fatta invano, è certo che tutto il popolo del Giappone reciterà Nam-myoho-renge-kyo!

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Così il fiore tornerà alla radice, e l’essenza della pianta rimarrà nella terra. Il beneficio di cui ho parlato si accumulerà sicuramente nella vita dello scomparso Dozen-bo.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Nam-myoho-renge-kyo, Nam-myoho-renge-kyo.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Scritto il ventunesimo giorno del settimo mese del secondo anno di Kenji (1276), segno ciclico hinoe-ne.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Rispettosamente inviato dal monte Minobu, villaggio di Hakiri, provincia di Kai, a Joken-bo e Gijo-bo del monte Kiyosumi, distretto di Tojo, provincia di Awa.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Lettera d’accompagnamento

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Ho ricevuto la tua lettera. Non si deve parlare di questioni che riguardano la dottrina buddista a una persona che non ha fede, indipendentemente dal tipo di relazione che ci lega a essa. Tenetelo sempre a mente.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Ho iscritto un Gohonzon per te. Ancor di più dopo la morte del Budda che durante la sua vita, ancor di più all’inizio del Medio Giorno della Legge che durante il Primo giorno e ancor di più adesso all’inizio dell’Ultimo giorno della Legge piuttosto che nel Medio giorno, i nemici del Sutra del Loto diventeranno sempre più forti. Se comprendi questo, tu come chiunque altro, ti renderai conto che in Giappone non c’è nessuno oltre a me che sia un vero devoto del Sutra del Loto.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Il mese scorso ho ricevuto un resoconto sommario della morte del Reverendo Dozen-bo. Avrei voluto accorrere immediatamente di persona o inviare quanto prima il prete133 latore di questa lettera. Tuttavia benché io non mi consideri una persona che si è ritirata dal mondo, sembra che gli altri mi vedano in questo modo, e per questa ragione non lascio mai questa montagna.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Poiché inoltre questo prete mi aveva riferito che fra varie persone circolava la voce di possibili dibattiti dottrinali con le altre scuole nell’immediato futuro, incaricai alcune persone di rintracciare sutra e trattati presso i diversi templi delle varie province del paese. Questo prete che avevo mandato nella provincia di Suruga è appena tornato [e dunque l’ho inviato a recapitare questa lettera].

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            In questo scritto ho trattato argomenti di importanza fondamentale. Sarebbe quindi un errore parlarne a persone che non comprendono l’essenza del Buddismo. Ma anche se si tratta di persone in grado di comprenderla, se sono troppe, arriverebbe certamente agli orecchi di estranei, e questo non sarebbe prudente né per voi, né per me.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Perciò vorrei che solo voi due, tu e Gijo-bo, vi faceste leggere il trattato a voce alta da questo prete due o tre volte presso la vetta di Kasagamori. Poi fateglielo leggere una volta anche davanti alla tomba del defunto Dozen-bo. Dopo di che, lasciatelo in mano sua e fatevelo rileggere più volte. Se lo ascolterete ripetutamente, credo che giungerete a comprenderne pienamente il significato.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Con profondo rispetto,

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Nichiren

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Il ventiseiesimo giorno del settimo mese

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Al prete di Kiyosumi134

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Cenni Storici

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Questo lungo trattato è uno dei cinque scritti più importanti di Nichiren Daishonin. è datato ventunesimo giorno del settimo mese del 1276, poco più di due anni dopo il suo trasferimento a Minobu. Il Daishonin aveva appena appreso la notizia della morte di Dozen-bo, un prete che era stato il suo primo maestro quando, dodicenne, era entrato nel tempio Seicho, nella provincia di Awa, per compiere il noviziato. Nichiren compose dunque questo trattato per esprimere la sua gratitudine nei confronti del suo defunto maestro, e lo indirizzò a Joken-bo e Gijo-bo, che erano preti anziani ai tempi del suo ingresso al tempio e in seguito divennero suoi seguaci. Lo scritto venne affidato a Niko, suo discepolo, con la richiesta di consegnarlo al Seicho-ji e di leggerlo ad alta voce sia a Kasagamori, sulla vetta del monte Kiyosumi dove il Daishonin aveva recitato per la prima volta Nam-myoho-renge-kyo, sia davanti alla tomba del maestro.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Nel 1233 Nichiren Daishonin era entrato al tempio Seicho per studiare sotto la guida di Dozen-bo. A quell’epoca, infatti, i templi avevano una funzione educativa, oltre che religiosa. Nel periodo trascorso in questo tempio, il Daishonin sviluppò le sue straordinarie capacità letterarie, che si sarebbero poi rivelate preziose per la propagazione dei suoi insegnamenti, e si accinse alla grande impresa della sua vita di individuare e proclamare l’unica verità del Buddismo, che era stata del tutto offuscata dalla comparsa di diverse scuole fuorvianti.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Nel ventottesimo giorno del quarto mese del 1253, il Daishonin proclamò che Nam-myoho-renge-kyo era il solo insegnamento in grado di condurre direttamente all’illuminazione le persone dell’Ultimo giorno della Legge, e denunciò la dottrina della Pura terra, allora prevalente. Tojo Kagenobu, amministratore della zona e ardente seguace di quella scuola, furibondo mandò al tempio i suoi uomini per arrestare il Daishonin. In quelle circostanze Dozen-bo, che era devoto agli insegnamenti della Pura terra, non poteva difendere apertamente il Daishonin, ma ordinò ai due preti anziani, Joken-bo e Gijo-bo, di aiutare il suo giovane discepolo a mettersi in salvo.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Nichiren Daishonin incontrò di nuovo il suo vecchio maestro nel 1264, durante una visita nella provincia natale, dopo il perdono dall’esilio nella penisola di Izu. In seguito scrisse che, in quell’occasione, Dozen-bo gli aveva chiesto se la sua pratica dell’insegnamento della Pura terra lo avrebbe portato all’inferno di sofferenza incessante. Il Daishonin aveva risposto che solo affidandosi al Sutra del Loto avrebbe potuto evitare le retribuzioni derivanti dall’offesa alla Legge. In seguito Dozen-bo, pur non avendo abbandonato completamente la sua fede nel Budda Amida, aveva intagliato una statua del Budda Shakyamuni. Il Daishonin fu felice di apprendere che Dozen-bo iniziava a comprendere il suo errore, poiché nutriva una profonda riconoscenza per l’uomo che lo aveva iniziato allo studio del Buddismo e desiderava ardentemente condurlo verso l’insegnamento corretto.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Nichiren Daishonin inizia dunque questo trattato sottolineando la necessità di ripagare i propri obblighi verso i genitori, verso il maestro, verso i tre tesori del Buddismo e verso il sovrano. Afferma, inoltre, che il fatto di ripagare i debiti di gratitudine è un aspetto fondamentale del comportamento umano. Naturalmente, dei quattro debiti di gratitudine, quest’opera si sofferma in particolare sul debito verso il maestro.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Il Daishonin dichiara che l’unico modo di ripagare tali debiti è approfondire la verità del Buddismo e ottenere l’illuminazione, dedicandosi con tutto il cuore alla pratica buddista. Tuttavia, per ottenere l’illuminazione, è necessario anche praticare l’insegnamento buddista corretto.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Egli ripercorre poi lo sviluppo delle varie scuole buddiste in India, Cina e Giappone, e ne esamina le dottrine dal punto di vista della superiorità relativa dei sutra su cui si basano, sottolineando la supremazia del Sutra del Loto. In particolare, confuta le dottrine errate della scuola della Vera parola, denunciando con forza Jikaku e Chisho i quali, pur essendo patriarchi della scuola giapponese Tendai, ne avevano alterato i profondi insegnamenti, basati sul Sutra del Loto, mescolandovi elementi esoterici. Il Daishonin conclude che solo il Sutra del Loto contiene la verità suprema e che l’essenza del sutra è Nam-myoho-renge-kyo. Questo è l’insegnamento che deve essere propagato nell’Ultimo giorno della Legge.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          La parte conclusiva del trattato chiarisce che il Budda dell’Ultimo giorno non è altri che Nichiren Daishonin, e che il Buddismo da lui propagato comprende le tre grandi Leggi segrete contenute nel capitolo “Durata della vita” del Sutra del Loto che non sono mai state rivelate prima: l’invocazione o daimoku di Nam-myoho-renge-kyo, l’oggetto di culto e il santuario. Il Daishonin afferma inoltre che, stabilendo le tre grandi Leggi segrete per l’illuminazione di tutte le persone, sta ripagando il suo debito di gratitudine al defunto Dozen-bo. Nel Gosho Fiori e frutti, scritto due anni dopo, Nichiren afferma: «I meriti che Nichiren ha acquisito propagando il Sutra del Loto ritorneranno sempre a Dozen-bo» (p. 808), e ora esprime qui la stessa convinzione.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Questo trattato riveste un’importanza particolare perché è il primo nel quale Nichiren Daishonin spiega nel dettaglio ognuna delle tre grandi Leggi segrete, dichiarando che questo insegnamento salverà le persone per i diecimila anni dell’Ultimo giorno e oltre, per tutta l’eternità. Le tre grandi Leggi segrete costituiscono il cuore del Buddismo del Daishonin, e rappresentano la Legge che venne trasmessa ai Bodhisattva della Terra nel capitolo “Poteri sovrannaturali” affinché la propagassero nell’Ultimo giorno.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          L’oggetto di culto è il Gohonzon che permette a tutte le persone di conseguire la Buddità; il daimoku è la recitazione di Nam-myoho-renge-kyo con fede nell’oggetto di culto; mentre il santuario è il luogo dove viene custodito l’oggetto di culto e si recita il daimoku.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Note

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          1. Questa storia è narrata in “Nove pezzi” delle Elegie di Ch’u e in altri testi cinesi. Un commentario alle Elegie di Ch’u, di Chu Hsi della dinastia Sung, afferma: «La vecchia volpe, quando muore, si volge sempre verso la collina, perché non dimentica mai il luogo in cui è nata».
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          2. Questa storia è narrata in Una raccolta di racconti e poesie. Il giovane Mao Pao, che poi divenne un generale della dinastia Chin, camminando lungo il fiume Yangtze, vide un pescatore che aveva catturato una tartaruga e stava per ucciderla. Mosso a compassione, egli diede la sua veste al pescatore in cambio della tartaruga e così le salvò la vita. Anni dopo, mentre Mao Pao batteva in ritirata verso lo Yangtze inseguito dai nemici, apparve la tartaruga alla quale aveva salvato la vita in gioventù e lo trasportò sulla propria schiena fino alla riva opposta.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          3. Secondo Cronache dello storico, Yü Jang di Chin dapprima servì le famiglie Fan e Chung-hang, ma senza ottenere alcuna carica importante. In seguito servì Chih Po che lo trattò con grande favore. Dopo qualche tempo Chih Po venne ucciso da Hsiang-tzu, il signore di Chao. Per vendicare il suo signore, Yü Jang si travestì da lebbroso verniciandosi il corpo e diventò muto bevendo lisciva per avvicinare e uccidere Hsiang-tzu. Ma il suo tentativo fallì e fu catturato. Hsiang-tzu, ammirando la sua lealtà, gli diede la propria veste. Ma Yü Jang la pugnalò tre volte per dimostrare la sua ostilità verso l’uomo che aveva ucciso il suo signore, e poi rivolse l’arma contro se stesso.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          4. Storia narrata in Cronache dello storico. Mentre Hung Yen era in viaggio, i nemici attaccarono lo stato di Wei e uccisero il suo signore, il duca Yi. Dopo aver divorato il corpo del duca, lasciandone soltanto il fegato, abbandonarono il paese. Quando Hung Yen ritornò e vide la macabra scena, pianse; poi si aprì il ventre, vi introdusse il fegato del suo signore per salvarlo dal disonore e morì.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          5. Sutra della Salvezza grazie agli uomini di fede pura. Il sutra è andato perduto, ma questo passo è citato in La foresta di gemme nel giardino della Legge. La “vita buddista” nel contesto del sutra indica la vita monastica, ma qui il Daishonin intende riferirsi a una vita basata sulla fede nella Legge mistica.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          6. Secondo Cronache dello storico, il re Chou della dinastia Yin, assorbito dal suo amore per la moglie Ta Chi, trascurava completamente gli affari dello stato. Quando il ministro Pi Kan gli fece le sue rimostranze, il re Chou andò su tutte le furie e lo fece uccidere.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          7. Tu-shun (557-640), Chih-yen (602-668), Fa-tsang (643-712) e Ch’eng-kuan (738-839) sono i primi quattro patriarchi della scuola della Ghirlanda di fiori in Cina.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          8. Hsüan-tsang (602-664), Tz’u-en (632-682), Chih-chou (678-733) e Chisho: studiosi della scuola delle Caratteristiche dei dharma. Hsüang-tsang è generalmente indicato come il fondatore della scuola e Tz’u-en, che la istituì ufficialmente, è considerato il suo successore. Chih-chou è il quarto patriarca a partire da Hsüang-tsang. Chisho potrebbe essere Chiho (cor. Chipong), che studiò la dottrina delle Caratteristiche dei dharma sotto Chih-chou, oppure Dosho che studiò sotto Hsüang-tsang e fondò la scuola in Giappone.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          9. Hsing-huang, chiamato anche Fa-lang (507-581), e Chia-hsiang, chiamato anche Chi-tsang (549-623): fondatori della scuola dei Tre trattati.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          10. Bodhidharma (d.s.), Hui-k’o (487-593) e Hui-neng (638-713): primo, secondo e sesto patriarca dello Zen in Cina.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          11. Tao-ch’o (562-645), Shan-tao (613-681): secondo e terzo patriarca del Buddismo della Pura terra in Cina. Huai-kan (VII sec.) studiò sotto la guida di Shan-tao. Genku è un altro nome di Honen, fondatore della scuola della Pura terra in Giappone.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          12. Il Sutra del Loto, cap. 14, p. 288.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          13. Protuberanza carnosa: una delle trentadue caratteristiche maggiori di un Budda.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          14. Si riferisce alle Tre verità di vacuità, esistenza temporanea e Via di mezzo, esposte negli insegnamenti provvisori come se fossero separate e indipendenti le une dalle altre.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          15. Vedi Il Sutra del Loto, cap. 13, pp. 267-269.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          16. Il Sutra del Loto, cap. 10, p. 235.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          17. Questa frase fa parte del seguente passo del Sutra del Nirvana: «Per esempio, se un inviato del re, dotato di talento per la discussione e abile nell’usare gli espedienti, dovesse essere inviato in missione in un paese straniero, preferirebbe perdere la vita, piuttosto che nascondere anche una sola delle parole del suo sovrano. Lo stesso vale per i sapienti. Andando fra la gente comune e senza risparmiare la propria vita, un sapiente deve assolutamente proclamare il prezioso insegnamento del Tathagata, contenuto nei sutra corretti ed equi del grande veicolo, cioè che tutti gli esseri viventi possiedono la natura di Budda».
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          18. Il Sutra del Loto, cap. 10, p. 235.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          19. Ibidem, cap. 14, p. 287.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          20. La traduzione è stata ampliata per maggior chiarezza. Le due maggiori rivelazioni del Sutra del Loto, cioè che le persone dei due veicoli possono conseguire la Buddità e che Shakyamuni è stato Budda sin dal remoto passato, suscitarono grandi dubbi negli ascoltatori della voce (rappresentati da Shariputra e da Maudgalyayana) e nei grandi bodhisattva. Poiché questi due gruppi non erano consapevoli di tali insegnamenti cruciali prima della rivelazione del Sutra del Loto, il Dashonin dice che erano i suoi “acerrimi nemici”.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          21. Successori del Budda: ventiquattro successori che ereditarono gli insegnamenti del Buddismo di Shakyamuni e li propagarono in India nel Primo giorno della Legge. Vedi anche ventiquattro successori nel Glossario.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          22. Questa storia compare in Cronache delle regioni occidentali. Quando il Bodhisattva Ashvaghosha, il dodicesimo successore, stava predicando il Buddismo a Pataliputra, nel Magadha, il re Kanishka diresse il suo esercito contro Pataliputra e chiese in tributo una somma enorme. Invece del denaro, il sovrano sconfitto offrì a Kanishka Ashvaghosha. In seguito, col sostegno di Kanishka, Ashvaghosha propagò il Buddismo nell’India settentrionale.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          23. Questa storia compare in Cronache delle regioni occidentali. Si pensa che Manoratha sia stato il maestro di Vasubandhu. Il re Vikramaditya di Shravasti, che nutriva un rancore personale per Manoratha, per umiliarlo riunì cento studiosi delle altre scuole per dibattere con lui. Novantanove studiosi si sottomisero agli argomenti di Manoratha, ma il centesimo, che era in combutta con il re, si rifiutò di cedere. Si dice che Manoratha per il dispiacere si staccò la lingua con un morso e morì.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          24. Hui-kuan (368-438), Hui-yen (363-443), Seng-jou (431-494) e Hui-tz’u (434-490): preti rinomati del periodo delle dinastie settentrionale e meridionale.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          25. Il Sutra del Loto, cap. 5, p. 157.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          26. Commentario in quattro volumi: potrebbe trattarsi di Significato del Sutra del Loto di Fa-yün. Nella versione del commentario di Fa-yün giunta fino a noi queste due affermazioni non sono presenti; tuttavia va osservato che il carattere ino (di ino hoben = altro espediente) è lo stesso che viene usato nel secondo capitolo del Sutra del Loto quando si parla di «ancora altri espedienti». Vedi Il Sutra del Loto, cap. 2, p. 82.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          27. Significa che Annotazioni sul significato del Sutra del Loto, attribuito al principe Shotoku, è basato su Significato del Sutra del Loto di Fa-yün.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          28. Il quarto volume di Cento documenti del Gran Maestro T’ien-t’ai descrive riti mattutini e serali di devozione al Budda Vairochana e a tutti gli altri Budda.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          29. Dodici suddivisioni dei sutra corretti ed equi: termine generico per indicare tutti i sutra mahayana. In generale, questi sutra refutano l’attaccamento alle dottrine hinayana.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          30. Si tratta della cosiddetta “meditazione sui riflessi sulla superficie del grande mare”, esposta nel Sutra della Ghirlanda di fiori; in essa tutti i fenomeni delle tre esistenze appaiono con chiarezza nella mente, così come tutte le cose si riflettono chiaramente sulla superficie del mare quando questo è calmo.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          31. Il Sutra del Loto, cap. 11, p. 244.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          32. Si dice che il re degli asura sia stato accecato dalla luce del sole e della luna quando cercò di combattere contro il dio Shakra.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          33. Imperatore di Han: Liu Pang (247-195 a.C.), fondatore della prima dinastia Han; si dice che controllasse gli altri signori brandendo la sua spada lunga tre piedi.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          34. Nuova versione del Sutra della Ghirlanda di fiori: Sutra della Ghirlanda di fiori in ottanta volumi, tradotto da Shikshananda durante la dinastia T’ang.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          35. Questo episodio è narrato in Biografie degli eminenti monaci dell’era Genko, un’opera scritta in Giappone dal prete Zen Kokan Shiren (1278-1346). La tradizione vuole che in una vita precedente Shotoku fosse Nan-yueh, il maestro di T’ien-t’ai.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          36. Riferimento alla parabola dei tre carri e della casa che brucia, narrata nel terzo capitolo del Sutra del Loto.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          37. Hiroyo e Matsuna: figli di Wake no Kyomaro, un funzionario di corte. Nell’802, su comando dell’imperatore, radunarono sul monte Takao quattordici autorevoli preti dei sette templi di Nara per un dibattito con Dengyo. In seguito sostennero Dengyo nella fondazione delle scuola Tendai.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          38. Monte Ta-su: luogo in cui T’ien-t’ai studiò sotto la guida di Nan-yüeh e dove si risvegliò alla verità del Sutra del Loto.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          39. La leggenda secondo la quale Shan-wu-wei si recò in Giappone si trova in Biografie dell’era Genko.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          40. Insegnamenti sulla concentrazione e visione profonda: l’intero sistema di meditazione di T’ien-t’ai.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          41. Due mandala: il mandala del regno di Diamante e il mandala del regno del Grembo.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          42. Otto maestri della Vera parola: oltre ai due preti citati nel testo, Tsung-jui, Ch’üan-ya, I-chen, Pao-yüeh, K’an e Wei-chin.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          43. Chih-yüan (768-844): prete T’ien-t’ai che visse nel tempio Hua-yen sul monte Wu-t’ai. Kuang-hsiu (771-843): ottavo patriarca del lignaggio T’ien-t’ai e discepolo di Tao-sui, che insegnò le dottrine Tendai a Dengyo. Wei-chüan: uno dei principali discepoli di Kuang-hsiu.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          44. Due sutra: il Sutra degli Innumerevoli significati e il Sutra di Virtù Universale, l’introduzione e l’epilogo del Sutra del Loto. Insieme al Sutra del Loto formano il cosiddetto triplice Sutra del Loto.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          45. Quinta veglia: l’ora della tigre (dalle tre alle cinque).
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          46. Il terzo anno di Ninju (853) è la data generalmente accettata del viaggio di Chisho in Cina.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          47. Il sesto mese del secondo anno di Ten’an (858) è la data generalmente accettata.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          48. Due discipline: la “concentrazione e visione profonda” Tendai e le pratiche Mahavairochana.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          49. Un uomo della Cina: si riferisce a Miao-lo che nelle sue Annotazioni su “Parole e frasi del Sutra del Loto” approvò la collocazione di Kumarajiva del capitolo “Affidamento”.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          50. In Annotazioni sul Sutra di Mahavairochana date da Shan-wu-wei, fondatore della scuola esoterica della Vera parola in Cina, il compilatore I-hsing si appropriò della dottrina dei tremila regni in un singolo istante di vita di T’ien-t’ai, interpretandola come se appartenesse agli insegnamenti della Vera parola.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          51. Fa-tsang classificò i sutra buddisti in cinque gruppi: insegnamento hinayana, mahayana elementare, mahayana definitivo, immediato e perfetto. È un sistema modellato sulla classificazione dei cinque periodi di T’ien-t’ai.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          52. Mentre teneva una lezione, Chia-hsiang fu criticato da Fa-sheng, uno studente diciassettenne della scuola T’ien-t’ai.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          53. La dottrina delle Caratteristiche dei dharma sostiene che tutti i dharma, o fenomeni, originano dalla coscienza alaya e hanno un’esistenza reale. Poiché si concentra in maniera particolare sulle caratteristiche dei dharma, mette in evidenza, fra le tre verità, solo l’esistenza temporanea.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          54. Chih-chou (678-733): terzo patriarca della scuola delle Caratteristiche dei dharma; visse a P’u-yang e scrisse un commentario al Sutra della Rete di Brahma, basato sulle dottrine di T’ien-t’ai. Liang-pi del tempio Ch’ing-lung interpretò il Sutra dei Re benevolenti, il sutra conclusivo dei sutra della Saggezza, seguendo le annotazioni di T’ien-t’ai.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          55. La traduzione è stata ampliata rispetto al testo originale.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          56. In realtà Dengyo cita nel suo Chiarimento sulle scuole basate sulla dottrina di T’ien-t’ai un’osservazione fatta da Miao-lo in Su “Parole e frasi”. Lu è la patria di Confucio e si dice che gli abitanti di Lu non si siano mai resi conto della grandezza del loro concittadino.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          57. Vedi Il Sutra del Loto, cap. 10, p. 235.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          58. Cinque province: Yamashiro, Yamato, Kawachi, Izumi e Settsu. Sette regioni confinanti: Tokaido, Tosando, Hokurikudo, San’indo, San’yodo, Nankaido e Saikando.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          59. Il Sutra del Loto, cap. 23, p. 392. La citazione è leggermente diversa dal testo dell’edizione italiana del Sutra del Loto.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          60. “Mahavairochana” qui indica il Budda Molti Tesori.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          61. Il sud qui corrisponde alla sinistra, poiché la torre preziosa guarda verso ovest. La posizione a sud è “più bassa” perché, secondo la tradizione indiana, la sinistra è inferiore alla destra.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          62. “Lascia” e “cerca” corrispondono ai due verbi dal significato opposto saru = allontanarsi, lasciare e tsuku = avvicinarsi, seguire.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          63. Fiumi Ching e Wei: fiumi nella provincia di Shanhsi in Cina. Il fiume Ching è sempre torbido, mentre il fiume Wei è limpido.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          64. Si diceva che il gufo divorasse la propria madre e che il leggendario hakei, animale simile alla tigre, divorasse il proprio padre.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          65. Qualche tempo dopo la morte di Chisho, sorse una controversia su questioni dottrinali fra i discepoli di Chisho e quelli di Jikaku, che culminò in una violenta contesa per la successione alla carica di capo dei preti dopo la morte di Ryogen, diciottesimo capo dei preti dell’Enryaku-ji. Nel 993, i seguaci di Chisho lasciarono l’Enryaku-ji e si stabilirono nell’Onjo-ji. I preti dei due templi si attaccarono ripetutamente.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          66. Kampyo (867-931): imperatore Uda, cinquantanovesimo sovrano del Giappone. Dopo aver abdicato nell’897, prese i voti buddisti e fu noto come l’ex imperatore Kampyo.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          67. Vajra (sans.: diamante, folgore) a tre punte: oggetto usato nel Buddismo esoterico della Vera parola. Questa storia è narrata in Biografia del Gran Maestro Kobo del prete della Vera parola Ken’i (1072-1145): prima di lasciare la Cina, Kobo scagliò in aria un vajra a tre punte; quando fece ritorno in Giappone si recò sul monte Koya per svolgervi le pratiche degli insegnamenti esoterici e vi trovò il vajra, tra i rami di un albero.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          68. Diciotto sentieri: pratiche esoteriche che utilizzano diciotto diverse mudra, nove per il regno di Diamante e nove per il regno del Grembo.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          69. Tempio originale: Kongobu-ji, tempio principale della scuola della Vera parola, sul monte Koya.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          70. Questa storia appare in Storia dei successori del Budda. Il re Kanishka passò per caso presso lo stupa adorno di sette tipi di gemme, costruito da Nirgrantha Jnataputra, uno dei sei maestri non buddisti, fondatore del Giainismo. Il re, scambiandolo per uno stupa buddista, lo venerò e subito lo stupa crollò. Il Daishonin dice che fu Ashvaghosha a causare il crollo dello stupa, probabilmente perché il re Kanishka fu convertito da questi al Buddismo.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          71. Questa storia appare in Cronache delle regioni occidentali. In India viveva un presuntuoso brahmano chiamato Eloquenza Demoniaca che si dilettava di teorie paradossali e venerava i demoni. Abitava in una foresta isolata dal mondo e, poiché teneva dibattiti da dietro una tenda, nessuno lo aveva mai visto. Un giorno Ashvaghosha, assieme al sovrano, si recò da lui per sfidarlo in un dibattito e lo ridusse al silenzio. Quindi Ashvaghosha sollevò la tenda mostrando il suo aspetto demoniaco.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          72. Wang Mang (45 a.C.-23 d.C.): alto funzionario che visse verso la fine della prima dinastia Han e controllò il trono designando alla successione un bambino di nove anni, l’imperatore P’ing. In seguito avvelenò P’ing, ne usurpò il trono e fondò una nuova dinastia, la Hsin.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          73. Secondo il Sutra del Tesoro del Budda, nel remoto passato dopo la morte del Budda Grande Ornamento, i suoi seguaci si divisero in cinque scuole e solo il monaco Pratica Universale sostenne correttamente ciò che il Budda aveva insegnato. I capi delle altre quattro scuole avevano opinioni errate e perseguitarono Pratica Universale; per questa colpa caddero nell’inferno insieme ai loro seguaci. Dopo molto tempo riuscirono a incontrare e a praticare la vera Legge del Budda Re Totale Splendore, ma a causa delle gravi colpe commesse nel passato, nessuno di loro riuscì a raggiungere il nirvana, e dovettero sopportare ancora le sofferenze dell’inferno. Il Sutra del Tesoro del Budda non specifica che essi rinacquero nell’Ultimo giorno della Legge del Budda Re Totale Splendore.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          74. Si riferisce alle persone che perseguitarono il Bodhisattva Mai Sprezzante dopo la morte del Budda Re Suono Maestoso, come descritto nel ventesimo capitolo del Sutra del Loto, “Il Bodhisattva Mai Sprezzante”.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          75. Vedi Il Sutra del Loto, cap. 3, p. 126.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          76. Hojo Tokisuke (1247-1272), fratellastro maggiore del reggente Hojo Tokimune, cercò di impadronirsi del potere, ma fallì. Molti furono uccisi nelle battaglie di Kyoto e Kamakura.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          77. Riferimento alle preghiere per la pioggia del prete della Vera parola Sigillo del Dharma Kaga, che non produssero soltanto pioggia, ma una tempesta disastrosa. Una descrizione particolareggiata di questo episodio si trova nel Gosho Le azioni del devoto del Sutra del Loto (pp. 689-691).
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          78. Gran ministro dello stato: Taira no Ki­yomori (1118-1181), guerriero e capo del clan ­Heike.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          79. Quattro tipi di truppe: a piedi, a cavallo, su elefanti e su carri.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          80. Su “Parole e frasi”.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          81. Ibidem.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          82. Gli eminenti princìpi del Sutra del Loto.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          83. Il secondo sovrano della dinastia Sui, l’imperatore Yang (569-618).
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          84. Questa storia è narrata in Biografie degli eminenti monaci della dinastia Sung. Shusho e Shodai erano indiani ma i loro nomi sanscriti sono sconosciuti.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          85. Il Sutra del Loto, cap. 3, p. 120. Questo passo è seguito dalla frase «…e gli esseri viventi che ci vivono sono tutti miei figli».
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          86. Biografie della dinastia Sung.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          87. Il confronto delle date sembrerebbe indicare che Pu-k’ung incontrò Chin-kang-chih e ne divenne discepolo solo dopo il suo arrivo in Cina. Ma probabilmente questo fatto non era noto ai tempi del Daishonin.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          88. Giardino Shinsen’en: fu fatto costruire dall’imperatore Kammu nel palazzo imperiale di Kyoto. Vi si trovava un laghetto dove venivano eseguite le preghiere per la pioggia. Secondo Biografie dell’era Genko, nel laghetto viveva un drago e si diceva che quando appariva sarebbe piovuto. Matsuna recò le sue offerte al drago.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          89. Il nono periodo di diminuzione corrisponde all’epoca attuale. Vedi kalpa della continuità nel Glossario.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          90. Re Chou: dissoluto sovrano che fu sconfitto dal re Wu della dinastia Chou. Secondo Cronache dello storico, fece costruire una figura umana asserendo che era una divinità celeste, e indusse la gente a disprezzarla. Inoltre, si dice che scagliasse delle frecce contro un sacco di cuoio pieno di sangue dicendo di aver colpito il dio del sole.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          91. Capo del clan di Tomi: Nagasunebiko, potente esponente locale di Yamato. Secondo Cronache del Giappone, Jimmu, il primo leggendario imperatore, avanzò verso sud per invadere la regione di Yamato, ma fu affrontato in battaglia e respinto da Nagasunebiko.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          92. Subhadra: l’ultimo discepolo convertito dal Budda Shakyamuni. Secondo il Trattato sulla grande perfezione della saggezza sognò che tutte le persone erano private della vista e vagavano nude nell’oscurità, il sole cadeva dal cielo, la terra si spaccava, i mari si prosciugavano e il monte Sumeru veniva abbattuto da un forte vento. La mattina, venuto a sapere che il Budda sarebbe entrato nel nirvana quel giorno stesso, si recò da Shakyamuni, entrò nell’ordine e la notte stessa conseguì lo stato di arhat.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          93. Ming-sheng (d.s.): prete della scuola dei Tre trattati durante la dinastia T’ang. Era un discepolo di Fa-lang e compagno di Chia-hsiang.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          94. Il Sutra del Loto, cap. 2, p. 85.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          95. Lode alla rinascita nella Pura terra.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          96. Prete del Salice: Shan-tao, così chiamato perché tentò il suicidio impiccandosi al ramo di un salice che si trovava di fronte al tempio dove viveva, sperando di andare nella Pura terra. Tuttavia la corda, o il ramo di salice, si spezzò ed egli cadde al suolo. Morì una settimana più tardi per le ferite riportate.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          97. Re che mette in moto la ruota d’oro: uno dei quatto tipi di re che mettono in moto la ruota. È il re che governa sui quattro continenti che circondano il monte Sumeru.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          98. Yoga (sans.) significa “unione” ed è un altro nome della scuola delle Vera parola. Il Buddismo esoterico sottolinea l’unione del corpo, della voce e della mente delle persone comuni con quelli del Budda Mahavairochana. In termini di pratica le mudra rappresentano il corpo, i mantra la voce e la meditazione sui mandala la mente.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          99. Dosho (799-875): prima studiò la dottrina dei Tre trattati, poi divenne seguace di Kobo. Gennin (818-887): prima studiò la dottrina delle Caratteristiche dei dharma e poi le dottrine esoteriche sotto Shinga. Nell’885 divenne capo dei preti del tempio To. Doyu (m. 851): prima studiò gli insegnamenti delle Caratteristiche dei dharma, ma in seguito si rivolse alle dottrine della scuola della Ghirlanda di fiori, diventandone il settimo patriarca.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          100. Il significato profondo del Sutra del Loto.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          101. Annotazioni su “Il significato profondo del Sutra del Loto”.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          102. Novanta giorni: periodo di novanta giorni dall’inizio del primo mese fino alla fine del terzo. Secondo il calendario lunare, il Capodanno, il primo giorno del primo mese, era considerato l’inizio della primavera.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          103. “Storico di corte” era una carica ufficiale del Gran Consiglio di Stato. Erano otto: quattro della sinistra e quattro della destra. Il compito dello storico della sinistra era di registrare gli eventi, mentre lo storico della destra registrava le parole dell’imperatore.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          104. Riferimenti alla poetessa e dama di corte Izumi Shikibu (n. 976 ca.) e al prete Noin (n. 998), le cui opere comprendono poesie per invocare la pioggia.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          105.1 Shinzei (800-860): prete della scuola della Vera parola. Ottenne la carica di acharya, che abilitava alla trasmissione delle dottrine segrete della Vera parola.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          106.1 Spazio tra le sopracciglia: riferimento a una delle trentadue caratteristiche maggiori di un Budda, il ciuffo di peli bianchi, posto fra le sopracciglia. Il carattere menmon = porta del volto, bocca, è simile al carattere miken = tra le sopracciglia.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          107. Ghoshila: facoltoso proprietario terriero di Kaushambi, che costruì il monastero di Ghoshilavana perché il Budda Shakyamuni vi predicasse.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          108. Amministratore incaricato: Hojo Yoshitoki (1163-1224), secondo reggente del governo di Kamakura.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          109. Il santuario di Sanno sul monte Hiei è dedicato alla divinità Re della Montagna. I santuari di Kamo sono due santuari indipendenti ma strettamente legati, situati presso il fiume Kamo a Kyoto. Secondo la tradizione furono costruiti nel 678 e godettero della protezione della corte imperiale e dello shogunato. Il santuario di Kasuga a Nara era dedicato alle divinità ancestrali della famiglia Fujiwara e fungeva sia da santuario del clan sia da santuario nazionale.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          110. Gotoba fu esiliato nell’isola di Oki e Juntoku nell’isola di Sado; Tsuchimikado nella provincia di Tosa nello Shinkoku e poi trasferito nella vicina provincia di Awa (da non confondersi con la provincia di Awa dove era nato il Daishonin).
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          111. Prelato di Omuro: principe Dojo, figlio dell’imperatore Gotoba, che si era fatto prete e viveva nel tempio Ninna della scuola della Vera parola a Kyoto.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          112. Setaka o Seitaka: figlio di Sasaki Hirotsuna, conestabile di Omi, che si unì alla causa imperiale durante il tumulto di Jokyu. Setaka servì Dojo al tempio Ninna, ma fu ucciso dopo il tumulto.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          113. Il Sutra del Loto, cap. 25, p. 414.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          114. Ibidem, cap. 13, p. 272.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          115. Wei Cheng (580-643): ministro che servì fedelmente come consigliere l’imperatore T’ai-tsung della dinastia T’ang.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          116. Fujiwara no Yoshifusa (804-872): ministro della sinistra e nonno del cinquantaseiesimo imperatore Seiwa; diventato funzionario di corte in giovane età, gettò le basi per la prosperità della famiglia.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          117. Il Daishonin si riferisce all’esilio di Sado che durò dal 1271 al 1274.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          118. Vedi Il Sutra del Loto, cap. 2, p. 74.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          119. Riferimento al “vero aspetto di tutti i fenomeni”, rivelato nel secondo capitolo del Sutra del Loto.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          120. Questo passo è citato in Raccolta degli insegnamenti orali di Chisho, che lo attribuisce a Fa-yün.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          121. Parole e frasi del Sutra del Loto.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          122. Significato profondo.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          123. Su “Significato profondo”.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          124. Il testo originale riporta sessanta, sebbene il Giappone in realtà comprendesse sessantasei province, come indicato più oltre nel paragrafo.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          125. La provincia di Dewa, nel Giappone settentrionale, era famosa per le piume di falco e di aquila. L’oro fu scoperto per la prima volta in Giappone nella provincia settentrionale di Mutsu nel ventunesimo anno dell’era Tempyo (750).
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          126. Eshin (942-1017): prete Tendai, noto per aver compilato I fondamenti per la rinascita nella Pura terra. Yokan (1032-1111): precursore della scuola Nembutsu. Propagò l’insegnamento della Pura terra, in particolare a Kyoto.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          127. I templi Kannon, Ono (o Yakushi) e Todai erano le sedi dei tre palchi ufficiali di ordinazione hinayana, istituiti da Ganjin nel 754, 761 e 762.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          128. Wu (543-578) e Wu Tsung (814-846): imperatori responsabili delle persecuzioni nei confronti del Buddismo del 574 e del 845. Wu apprezzava il Confucianesimo e si batté per l’abolizione degli insegnamenti buddisti. Wu-tsung iniziò a venerare il Taoismo dopo la sua ascesa al trono e impose misure oppressive nei confronti della comunità buddista.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          129. Hsiang Yü (232-202 a.C.) e Kao-tsu (247-195 a.C.): capi militari che si contesero il potere nella confusione successiva alla morte del primo imperatore della dinastia Ch’in. Il combattimento tra i due durò a lungo e terminò con la vittoria di Kao-tsu (Liu Pang), che fondò la dinastia Han nel 202 a.C.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          130. Dieci anni dopo aver ottenuto l’illuminazione, Shakyamuni istituì un palco per l’ordinazione dei monaci nel monastero Jevatavana, a Shravasti. Per sfidarlo, Devadatta ne innalzò un altro sul monte Gayashirsha.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          131. Budda Shakyamuni dell’insegnamento originale: qui si intende il Budda di Nam-myoho-renge-kyo, che incarna la Legge fondamentale, o Nam-myoho-renge-kyo, implicita nel capitolo “Durata della vita” del Sutra del Loto. In questo contesto “insegnamento originale” non si riferisce agli ultimi quattordici capitoli del Sutra del Loto, ma a Nam-myoho-renge-kyo.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          132. Vedi Il Sutra del Loto, cap. 23, p. 394.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          133. Prete: si riferisce a Niko, uno dei sei discepoli anziani del Daishonin.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          134. Prete di Kiyosumi: Joken-bo.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          La Biblioteca di Nichiren
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                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          esperia

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          © Soka Gakkai. © Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai. | Via di Bellagio 2/E 50141 Firenze FI | C.F. 94069310483 | P.I. 04935120487 | Privacy & Cookie Policy.

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