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164. Risposta alla monaca laica Myoho

RSND, VOLUME I

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Minobu, 1281. Indirizzata a Myoho, monaca laica

Ho ricevuto il tuo dono di un leggero abito estivo.

    Tu sei una donna e tuo marito è morto, lasciandoti sola. Vivi separata dai tuoi parenti e non hai notizie delle tue una o due figlie, su cui non si può fare affidamento. Oltre a ciò, sei una donna odiata a causa di questo insegnamento. Dunque sei come il Bodhisattva Mai Sprezzante.

      Anche la zia del Budda, la monaca Mahaprajapati, era una donna. Ciò nonostante ottenne lo stato di arhat e il nome di ascoltatore della voce, avviandosi così sul sentiero che non l’avrebbe mai condotta alla Buddità. Ella trasformò il suo aspetto di donna [facendosi monaca], abbandonò la sua posizione di reale consorte e tenne fede agli ammonimenti del Budda. Per più di quarant’anni osservò i cinquecento precetti; durante il giorno si fermava sul ciglio della strada [chiedendo l’elemosina] e durante la notte sedeva sotto un albero [in meditazione], aspirando alla salvezza nella sua futura esistenza. Eppure le fu preclusa la strada della Buddità, ed era sulla bocca di tutti come una che non sarebbe mai diventata un Budda – una cosa davvero umiliante. Essendo donna, sin da remoti kalpa passati, si erano diffuse su di lei false voci, legate o meno a fatti reali, e questo le aveva sicuramente causato vergogna e dolore. Disgustata del suo corpo [femminile], si ricoprì di stracci e si fece monaca, pensando in questo modo di liberarsi definitivamente da queste sofferenze. Ma invece apprese che, poiché era diventata una persona dei due veicoli, non avrebbe mai conseguito la Buddità. Quanto deve essersi sentita miserabile! Ma nel Sutra del Loto fu assolta dalla disapprovazione dei Budda delle tre esistenze e poté diventare un Budda col nome di Gioia per gli Occhi di Tutti gli Esseri. Come deve essere stata felice, quanta gioia deve aver provato!

        Dunque, se è per il Sutra del Loto, non ci si dovrebbe mai tirare indietro qualunque cosa accada. Il Budda, «con voce sonora si rivolse alle quattro categorie di credenti dicendo: “Chi è capace di predicare diffusamente il Sutra del Loto della Legge meravigliosa in questo mondo di saha?”»1. Tutti pensarono «Io, io», ma il Budda per ben tre volte ammonì monache e laiche che, se desideravano ripagare il loro debito di gratitudine nei confronti di tutti i Budda, avrebbero dovuto perseverare di fronte a qualsiasi cosa per propagare il Sutra del Loto in questo mondo di saha dopo la sua morte. Ma esse non gli diedero ­ascolto e giurarono invece di «recarsi in altre terre e direzioni per propagare ampiamente questo sutra»2. Le monache non capirono chiaramente le intenzioni del Budda. Quanto deve essersi sentito deluso! Allora il Budda si volse di lato e guardò attentamente gli ottocentomila milioni di nayuta di bodhisattva.

          Per questo motivo io avevo pensato che le donne, pur capaci di macchiare il proprio nome e gettar via la vita per questioni insignificanti, fossero deboli nel ricercare il sentiero della Buddità. Ma ora tu, nata donna nel malvagio mondo dell’ultima epoca, per propagare il Sutra del Loto hai sopportato di essere derisa, colpita e perseguitata dai barbari abitanti di queste isole [del Giappone], che sono privi di ragione. Il Budda sul Picco dell’Aquila vede che sei di gran lunga superiore a quella monaca [Mahaprajapati], come le nuvole rispetto al fango. Il nome di Budda Gioia per gli Occhi di Tutti gli Esseri, non è un nome speciale, è il nome della monaca laica Myoho dei nostri giorni. Si ritiene che chi diventa re abbia osservato, nel passato e nel presente, i dieci buoni precetti. Anche se i nomi dei sovrani cambiano, c’è un solo trono del leone. Allo stesso modo questo nome non cambia.

            Persino una monaca che non obbedì alle parole del Budda ricevette il nome di Budda Gioia per gli Occhi di Tutti gli Esseri. Tu sei una monaca laica che, essendo fedele alle parole del Budda, ha perso il suo buon nome solo in questo mondo di saha e che sta dando la vita [per il Sutra del Loto]. Il Budda non abbandonò la monaca che era sua madre adottiva. Se ti abbandonasse perché non sei imparentata con lui sarebbe un Budda colpevole di parzialità. Ma come può essere possibile? Inoltre il sutra afferma: «Gli esseri che ci vivono [nel triplice mondo] sono tutti miei figli»3. Secondo questo passo del sutra, tu sei figlia del Budda, mentre l’altra monaca era solo sua madre adottiva. Se il Budda non abbandonò la madre adottiva, come potrebbe pensare di abbandonare la propria figlia? Per favore comprendi profondamente questo punto. Mi fermerò qui, prima che questa lettera diventi troppo lunga.

              Nichiren

                Alla monaca laica Myoho

                    Cenni Storici

                    Nichiren Daishonin inviò questa lettera dal monte Minobu a una monaca laica chiamata Myoho. Sembra che ci fossero più persone con questo nome tra le seguaci del Daishonin. In questo caso si tratta di una vedova di Okamiya, nella provincia di Suruga, destinataria anche della lettera L’unica frase essenziale.

                    Il marito di Myoho era morto nel 1278 e, dalla presente lettera che risale al 1281, si desume che la donna era rimasta sola al mondo: sembra che le figlie, facendo ormai parte delle famiglie dei mariti, le fossero di poco sostegno, così come gli altri suoi parenti che probabilmente l’avevano allontanata a causa della sua fede negli insegnamenti del Daishonin.

                    Tuttavia Myoho aveva mantenuto una fede pura e costante, nonostante la loro opposizione. Nel ringraziarla per il dono di un abito estivo, Nichiren Daishonin loda la sua perseveranza, paragonandola al Bodhisattva Mai Sprezzante che sopportava pazientemente gli insulti che riceveva svolgendo la sua pratica buddista.

                    Nella parte centrale della lettera, il Daishonin paragona Myoho a Mahaprajapati, la zia materna del Budda e la prima monaca buddista. Nell’India dei tempi di Shakyamuni, per le donne che rinunciavano alla vita mondana non era prevista la possibilità di seguire una disciplina religiosa e l’istituzione di un ordine di monache buddiste era stato un passo rivoluzionario, rispetto al quale sembra che Mahaprajapati avesse svolto un ruolo cruciale. Il Sutra Agama misto la loda come la principale monaca tra i discepoli ascoltatori della voce. Ma, secondo gli insegnamenti Mahayana provvisori, gli ascoltatori della voce non potevano diventare Budda. Nella lettera il Daishonin suggerisce che Mahaprajapati, facendosi monaca, sperasse di affrancarsi dalle condizioni assai dure e restrittive in cui vivevano le donne nella società dell’epoca. Come doveva sentirsi afflitta rendendosi conto di aver intrapreso un percorso che non l’avrebbe condotta alla Buddità! Il Sutra del Loto invece, ripudiando gli insegnamenti provvisori, dichiara che la Buddità è accessibile a tutti. E, nel Sutra del Loto, Mahaprajapati ricevette la profezia di Shakyamuni secondo la quale un giorno sarebbe diventata un Budda.

                    Analogamente, scrive il Daishonin, Myoho doveva senza dubbio aver patito umiliazioni per il fatto di essere nata donna e, dopo aver preso i voti religiosi, aveva incontrato ulteriori opposizioni a causa del Buddismo. Tuttavia, conclude il Daishonin, avendo preso fede nel Sutra del Loto, conseguirà certamente la Buddità e perciò si merita lo stesso nome con il quale divenne Budda Mahaprajapati, “Gioia per gli Occhi di Tutti gli Esseri”.

                    Note

                    1. Il Sutra del Loto cap. 11, p. 249. È la prima delle cosiddette “tre dichiarazioni” dell’undicesimo capitolo, “Torre preziosa”, nelle quali il Budda Shakyamuni esorta l’assemblea a diffondere il Sutra del Loto dopo la sua morte.
                    2. Vedi ibidem cap. 13, p. 269.
                    3. Ibidem, cap. 3, p. 120.
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