263. Shan-wu-wei
Luogo sconosciuto, Data sconosciuta. Indirizzata a Destinatario sconosciuto
Il maestro del Tripitaka Shan-wu-wei, o Shubhakarasimha, era un principe ereditario, figlio del re Seme del Budda, dello stato di Udyana1 in India. Salì al trono all’età di sette anni2, ma a tredici abdicò a favore del fratello maggiore e lasciò la famiglia per diventare monaco. Nel corso della sua pratica religiosa viaggiò attraverso le cinque regioni dell’India, si dedicò fino alla fine ai cinque veicoli degli esseri umani, degli esseri celesti, degli ascoltatori della voce, dei risvegliati all’origine dipendente e dei bodhisattva, e acquisì piena padronanza dei tre tipi di apprendimento: precetti, meditazione e saggezza.
Incontrò un saggio di nome Dharmagupta che lo istruì immediatamente sulle varie mudra della dottrina della Vera parola e, nello stesso giorno, fu sottoposto alla cerimonia di unzione che lo riconosceva degno di essere un maestro degli esseri umani e celesti.
Ebbe accesso al Monte Kukkutapada e rasò la testa del Venerabile Mahakashyapa. E, nella capitale del regno in cui egli pregò per la pioggia, il Bodhisattva Percettore dei Suoni del Mondo emerse dal sole e fece cadere acqua da una brocca. Presso lo stupa eretto dal re Grani d’Oro3 nell’India settentrionale, offrì preghiere alla Legge del Budda; allora gli apparve il Bodhisattva Manjushri che gli donò il mandala del regno del Grembo del Sutra di Mahavairochana.
In seguito, nel quarto anno dell’era K’ai-yüan [716], segno ciclico ping-ch’en, si recò in Cina, dove l’imperatore Hsüan-tsung lo venerò come se fosse il sole o la luna. Una volta, in occasione di una grave siccità, l’imperatore gli ordinò di pregare per la pioggia. Il Maestro del Tripitaka versò acqua in una coppa, compiendo alcuni incantesimi. Dopo un po’ nell’acqua apparve una cosa, grande come un dito, che si trasformò in un drago di colore rosso. Poi si liberò un vapore bianco, il drago uscì dalla coppa e salì al cielo, e improvvisamente la pioggia iniziò a cadere.
Ecco che genere di persona meravigliosa era. Una volta morì improvvisamente e poi resuscitò. «Quando sono morto» disse «i guardiani dell’inferno sono venuti a legarmi con sette corde di ferro, mi hanno picchiato spietatamente con spranghe di ferro e mi hanno condotto alla corte del re Yama, il signore dell’inferno. In quel momento non riuscivo a ricordare una sola parola o frase degli ottantamila sacri insegnamenti del Budda; mi era rimasto in mente solo il titolo del Sutra del Loto. Appena me lo ricordai, le corde di ferro che mi legavano si allentarono. Allora ripresi fiato e recitai ad alta voce: “Tuttavia questo triplice mondo costituisce il mio dominio e gli esseri che ci vivono sono tutti miei figli. Questo luogo adesso è pieno di dolore e sofferenza. Io sono l’unica persona che può salvarli e proteggerli”4.
«Le sette corde di ferro si spezzarono e caddero in ogni direzione. Re Yama sollevò leggermente la corona in segno di saluto, scese nel cortile meridionale e, guardandomi, disse che la durata della mia vita non si era ancora esaurita e che sarei resuscitato».
Oggi, io, Nichiren, nutro qualche dubbio su questo racconto. Il Maestro del Tripitaka Shan-wu-wei ottenne il suo potere grazie all’osservanza dei dieci buoni precetti e per aver servito cinquecento Budda5 nelle vite precedenti. Eppure, nella sua esistenza presente ha rinunciato al trono, cosa assai difficile, come se non valesse più di uno sputo, e alla giovane età di tredici anni ha lasciato la famiglia per farsi monaco. Ha viaggiato nelle terre dell’India, ha padroneggiato gli insegnamenti delle varie scuole di Buddismo, ha goduto delle cure e della protezione degli dèi celesti e si è dedicato completamente alla conversione degli altri. Poi si è recato in Cina, dove ha propagato le grandi dottrine della Vera parola.
Eseguendo una singola mudra e recitando un solo mantra o “vera parola” avrebbe dovuto essere in grado di cancellare tutte le innumerevoli offese commesse nell’esistenza presente e in quelle passate. Che crimine dunque lo aveva costretto ad affrontare la riprovazione del re Yama? È una cosa che mi rende assai perplesso! Se il Maestro del Tripitaka Shan-wu-wei, con tutto il potere degli insegnamenti della Vera parola, non riuscì comunque a evitare le severe critiche del re Yama, come possono i maestri della Vera parola dell’India, della Cina e del Giappone sperare di sfuggire ai tormenti dell’inferno?
Ma esaminiamo la questione più da vicino. Questo Maestro del Tripitaka non era colpevole di alcuna delle normali offese minori della vita, che erano state tutte cancellate dal suo studio delle varie scuole buddiste e dal potere delle pratiche della Vera parola. Perciò il biasimo del re Yama non poteva avere altra causa che l’offesa nei confronti del Sutra del Loto da parte di Shan-wu-wei.
Nel suo Commentario sul significato del Sutra di Mahavairochana, Shan-wu-wei afferma: «Questo sutra è il tesoro segreto del re del Dharma; non mostratelo alle persone meschine e indegne! Shakyamuni apparve nel mondo e, dopo più di quarant’anni, poiché Shariputra gli chiese per tre volte sinceramente di farlo6, iniziò a spiegare sommariamente le dottrine del Sutra del Loto. Allo stesso modo adesso Mahavairochana, il corpo del Budda nel suo stato originale, incarna la più profonda verità segreta del Sutra del Loto. Il capitolo “Durata della vita” [del Sutra del Loto] dice: “Per asamkhya di kalpa sono sempre vissuto sul sacro Picco dell’Aquila e in diversi altri luoghi. […] La mia pura terra non viene distrutta, eppure gli uomini la vedono consumarsi nel fuoco”7. Ciò esprime il significato dello yoga8 di questa scuola [della Vera parola]. Siccome il Bodhisattva Maitreya, che succederà a Shakyamuni come prossimo Budda, gli chiese sinceramente per tre volte di farlo, il Budda predicò queste parole»9.
Questo commentario ci sta dicendo che il Sutra di Mahavairochana espone due tipi di insegnamento, un insegnamento transitorio e uno originale, e le dottrine della sostituzione dei tre veicoli con l’unico veicolo e dell’apertura del vicino e della rivelazione del lontano. Dunque è uguale all’insegnamento transitorio e all’insegnamento originale del Sutra del Loto. Ma, anche se le sue dottrine sono le stesse del Sutra del Loto, il Sutra di Mahavairochana contiene in più le mudra e i mantra e quindi rappresenta i tre misteri del corpo, della bocca e della mente.
Il Sutra del Loto contiene solo il mistero della mente e manca degli altri due misteri, cioè delle pratiche che riguardano il corpo e la bocca. Perciò si parla del Sutra del Loto come di una “spiegazione concisa” e del Sutra di Mahavairochana come di una “spiegazione ampia”.
Questo è il principale errore dottrinale del commentario e la ragione fondamentale per cui esso è un’offesa alla Legge.
Ci sono due errori nel testo. Il commentario afferma: «Questo sutra, per la sua portata, riassume in sé tutti gli insegnamenti dei Budda». Il Sutra di Mahavairochana rappresenta un sutra che rimane entro una certa dimensione10, nel quale il Budda espone insegnamenti in accordo con la mente degli altri, ma Shan-wu-wei credette erroneamente che fosse un sutra che andava oltre una certa dimensione e che fosse in accordo con la mente del Budda11.
Così, egli commise vari errori in merito alla verità della questione e per questo re Yama lo biasimò. Ma, poiché era un uomo sapiente, si pentì di aver offeso la Legge e dichiarò fedeltà al Sutra del Loto, sfuggendo così a un’ulteriore riprovazione.
Il Gran Maestro T’ien-t’ai, nel suo commentario afferma: «Il Sutra del Loto è una somma di tutti gli altri sutra […] Se una persona persiste nel disprezzarlo, allora le marcirà la lingua in bocca»12.
E il Gran Maestro Miao-lo scrive: «Una persona simile continua a nutrire opinioni distorte riguardo al passo del sutra in cui si afferma che questo meraviglioso sutra supera tutti quelli del passato, del presente e del futuro. E la sua lingua marcirà incessantemente come presagio di ciò che l’attende in futuro. Per la sua colpa di aver offeso la Legge, in futuro egli soffrirà per molti lunghi kalpa»13.
Questi passi di T’ien-t’ai e Miao-lo indicano che chiunque affermi che c’è un sutra superiore a quello del Loto è destinato a cadere nell’inferno di incessante sofferenza. Il Maestro del Tripitaka Shan-wu-wei scrive che, anche se il Sutra del Loto e quello di Mahavairochana sono simili nei princìpi, il secondo è superiore nella pratica per via delle mudra e dei mantra.
Di queste due persone, T’ien-t’ai e Shan-wu-wei, una deve essere senza dubbio destinata a cadere nei cattivi sentieri dell’esistenza. Il commentario di T’ien-t’ai ha chiare prove documentarie nei sutra, mentre quello di Shan-wu-wei non le ha. Inoltre quando re Yama lo condannò, Shan-wu-wei non recitò un passo del Sutra di Mahavairochana o degli altri due sutra della Vera parola14, i sutra che rappresentavano i fondamenti della sua illuminazione, ma recitò invece un passo del Sutra del Loto, riuscendo in tal modo a sfuggire a una ulteriore riprovazione. Senza dubbio lo fece perché si pentì di aver erroneamente sostenuto che i sutra della Vera parola fossero superiori al Sutra del Loto.
Inoltre, in Regole dei rituali basati sul Sutra del Loto del Maestro del Tripitaka Pu-k’ung, il discepolo del Maestro del Tripitaka Shan-wu-wei, il Tathagata Mahavairochana del Sutra di Mahavairochana e il Tathagata Mahavairochana del Sutra della Corona di diamanti sono schierati alla destra e alla sinistra, mentre il Budda Molti Tesori del Sutra del Loto è l’impareggiabile Mahavairochana che sta al centro, come se gli altri due fossero al suo servizio in qualità di ministri della sinistra e della destra.
Nel ventitreesimo anno dell’era Enryaku [804], il Gran Maestro Dengyo si recò in Cina, dove il reverendo Shun-hsiao del tempio Ling-kan gli insegnò le dottrine segrete dei tre sutra della Vera parola. E Hsing-man, capo dei preti del tempio Fo-lung, lo istruì sul prezioso gioiello di Grande concentrazione e visione profonda di T’ien-t’ai.
Quest’uomo, che aveva compreso tutti gli insegnamenti più profondi, sia del ramo essoterico, sia del ramo esoterico del Buddismo, scrisse opere come Chiarimento sulle scuole basate sulla dottrina di T’ien-t’ai, Saggio sulla protezione del paese, Gli eminenti princìpi del Sutra del Loto. In queste opere documentò come i sostenitori delle scuole della Ghirlanda di fiori, dei Tre trattati, delle Caratteristiche dei dharma e dei Precetti in Cina, che avevano magnificato la superiorità dei rispettivi insegnamenti, avessero abbandonato i loro pregiudizi e si fossero convertiti alla dottrina del Gran Maestro T’ien-t’ai. E osservò che Shan-wu-wei, Chin-kang-chih e Pu-k’ung alla fine abbracciarono gli insegnamenti della scuola T’ien-t’ai e riconobbero il Gran Maestro [T’ien-t’ai] Chih-che come loro vero maestro.
A ben guardare, sempre, quando viene fondata una scuola religiosa, è consuetudine che i suoi esponenti lodino la propria scuola e denigrino le altre. Gli insegnamenti di Honen ne sono un esempio. Egli parla della via difficile da praticare e di quella facile da praticare di T’an-luan, degli insegnamenti della Sacra Via e della Pura terra di Tao-ch’o e delle pratiche corrette e delle pratiche diverse di Shan-tao, e afferma che le grandi dottrine delle scuole Tendai, della Vera parola, e di altre scuole non sono che espedienti per condurre alla pratica del Nembutsu.
È come cercare di versare l’acqua del grande mare nell’impronta lasciata da uno zoccolo di vacca15 o come affiggere una targa che dice “Sede della contea” davanti alla sede dell’intera provincia16. Nel regno degli affari mondani, se gli inferiori spodestano i superiori, se le persone si rivoltano contro chi è sopra di loro e si alleano con chi sta sotto, ciò conduce alla confusione e alla rovina del paese. E, nelle questioni che riguardano gli insegnamenti buddisti, basare la propria fede sui sutra di natura provvisoria, o che appartengono alla categoria hinayana, e disdegnare il vero sutra significa commettere una grave offesa alla Legge. È una cosa terribile, veramente terribile!
Il Gran Maestro Chi-tsang del tempio Chia-hsiang, primo patriarca della scuola dei Tre trattati, una volta divise i sacri insegnamenti della vita del Budda in cinque periodi e altre volte invece disse che appartenevano a due depositi o categorie17. Tuttavia aveva una grande considerazione del Trattato in cento strofe [del Bodhisattva Aryadeva], del Trattato sulla Via di mezzo, del Trattato sui dodici cancelli e del Trattato sulla grande perfezione della saggezza del Bodhisattva Nagarjuna, basava le sue interpretazioni sui sutra della Saggezza, ed era notevolmente prevenuto nei confronti delle dottrine del Gran Maestro T’ien-t’ai.
Però, dopo aver letto il Commentario al Sutra della Rete di Brahma e altre opere del Gran Maestro Chih-che, cominciò gradualmente a capirne gli insegnamenti e, poco a poco, diventò più ricettivo alle sue dottrine. Alla fine abbandonò i suoi cento e più discepoli, smise di tenere lezioni sui sutra della Saggezza o sul Sutra del Loto e per sette anni servì il Gran Maestro T’ien-t’ai, riconoscendolo come suo mentore.
In una raccolta di biografie di eminenti monaci si afferma che egli «disperse i suoi discepoli e fece un ponte con il suo corpo»18. Cioè, quando il Gran Maestro T’ien-t’ai doveva salire su un podio per tenere un sermone, Chi-tsang offriva la propria spalla per farlo salire e, quando viaggiavano lungo una strada, Chi-tsang lo prendeva sulla schiena per attraversare i fossati.
Nonostante la sua eminenza, Chi-tsang servì così il suo maestro perché aveva paura di offendere la Legge. Eppure i seguaci della Vera parola, dei Tre trattati, delle Caratteristiche dei dharma e di altre scuole buddiste anche ai giorni nostri continuano ad aderire alle loro visioni distorte, creando con le loro stesse mani il destino che li aspetta.
Oggigiorno ci sono scuole buddiste, come quella della Pura terra o la scuola Zen che non sono neppure paragonabili alle scuole della Vera parola o della Ghirlanda di fiori, che sono state refutate dai capi della scuola T’ien-t’ai o Tendai. Esse basano le proprie dottrine su testi come il Sutra Lankavatara o il Sutra della Meditazione. Ma questi sutra non rappresentano la vera ragione dell’apparizione del Budda nel mondo. Sono sutra minori, predicati per un particolare tempo o gruppo di ascoltatori. Non possono essere usati come criterio per valutare i sacri insegnamenti della vita del Budda.
Eppure sulla base di tali sutra i sostenitori di queste scuole emettono giudizi sui sacri insegnamenti della vita del Budda, dividendoli in categorie come quelle della Sacra via e della Pura terra, della via difficile da praticare e della via facile da praticare, delle pratiche diverse e delle pratiche corrette, oppure dichiarano che le proprie dottrine rappresentano “una trasmissione separata al di fuori dei sutra”. Sono come popolani che cercano di dominare il re, o come fiumiciattoli che cercano di inghiottire il grande mare.
Come si può aver fede in maestri del genere, uomini che offendono la Legge, e sperare ancora di evitare la caduta nell’inferno di incessante sofferenza nella prossima esistenza? D’altro canto le persone ignoranti dell’epoca attuale, finché riconoscono il Budda Shakyamuni come loro oggetto di culto corretto, sfuggiranno a qualsiasi accusa di cattiva condotta filiale; fintanto che avranno fede nel Sutra del Loto, anche se ciò non fosse quello che avevano in mente, saranno liberati da qualsiasi colpa di offesa alla Legge.
Inoltre, tradizionalmente si dice che le donne siano limitate dai cinque ostacoli e dalle tre obbedienze. Sono disprezzate sia nel mondo secolare sia in quello religioso, e quasi tutti i sacri insegnamenti della vita del Budda le trascurano. Solo nel Sutra del Loto si parla di come la figlia del re drago conseguì la Buddità e della profezia di conseguimento della Buddità che il Budda fece alle monache dell’ordine buddista19. Perciò, se le donne dovessero rifiutare questo sutra, a quale altro sutra potrebbero affidarsi?
Il Gran Maestro cinese T’ien-t’ai apparve nel mondo circa millecinquecento anni dopo la morte del Budda e, agendo come suo inviato, scrisse trenta volumi di commentari al Sutra del Loto. Nel volume sette del commentario intitolato Parole e frasi del Sutra del Loto egli afferma: «Gli altri sutra predicono la Buddità agli uomini, ma non alle donne».
In effetti, i sutra diversi da quello del Loto non ammettono nemmeno che gli uomini possano conseguire la Buddità, ma assumiamo per il momento che invece lo ammettano. In ogni caso, tutti i sutra diversi dal Loto affermano che le donne non hanno alcuna speranza di riuscirvi. E perfino se mille o diecimila sutra promettessero alle donne che esse possono conseguire la Buddità, se il Sutra del Loto lo negasse, dove potrebbero rivolgersi nella speranza di conseguirla?
Shakyamuni, il signore degli insegnamenti, si rammaricò, dicendo che nei sutra predicati “in questi quarant’anni e più non aveva ancora rivelato la verità”20. E si espresse sfavorevolmente anche nei confronti del Sutra del Nirvana e di altri sutra, che avrebbe predicato in seguito, e del Sutra degli Innumerevoli significati, che stava predicando a quel tempo21.
Nel Sutra del Loto, che supera tutti i sutra che ha predicato, che ora predica e che predicherà, egli dichiarò: «Mettendo da parte onestamente gli espedienti, esporrò unicamente la via suprema»22 e «L’Onorato dal Mondo ha esposto a lungo le sue dottrine e adesso deve rivelare la verità»23. Dopo questa dichiarazione, il Budda Molti Tesori del Mondo della Purezza Preziosa emerse dalla terra e testimoniò la verità delle parole di Shakyamuni, e i Budda delle dieci direzioni, che erano emanazioni del Budda Shakyamuni, estesero le loro lunghe e larghe lingue fino al cielo di Brahma. Le lingue di questi Budda, numerosi come i granelli di polvere delle terre delle dieci direzioni, risposero al potere dell’osservanza del precetto del Budda contro la menzogna e perciò apparvero in forma di loto scarlatto a otto petali.
Le lingue dei Budda, di un Budda, due Budda, tre Budda e così via fino a dieci Budda, cento Budda, mille, diecimila, un milione di Budda, che colmavano quattrocentodiecimila milioni di nayuta di terre24, testimoniarono la verità del principio che le donne possono conseguire la Buddità.
Se una donna si affida a questo Sutra del Loto e non offende mai la Legge, allora, anche se commette le dieci azioni malvagie e i cinque peccati capitali o si rende colpevole di avidità e avarizia, gelosia e collera, così smisurate da riempire tutto il cielo nelle dieci direzioni, tutte queste colpe saranno spazzate via come la rugiada sull’erba e gli alberi quando si leva un forte vento, si scioglieranno come il ghiaccio accumulato nei tre mesi invernali25 si scioglie in un giorno d’estate.
Ma il peccato di offendere il Sutra del Loto è veramente difficile da cancellare. Si può accendere un fuoco usando come legna tutte le piante e gli alberi del sistema maggiore di mondi, ma ciò non avrà il minimo effetto sul monte Sumeru. Possono sorgere sette soli contemporaneamente e brillare per centomila giorni, ma ciò non prosciugherà mai le acque del grande mare. Allo stesso modo, si possono leggere tutti gli ottantamila sacri insegnamenti del Budda, costruire tanti stupa quanti i granelli di polvere della terra, osservare alla perfezione tutti i precetti delle dottrine mahayana e hinayana e trattare tutti gli esseri viventi delle terre delle dieci direzioni come se fossero il nostro unico figlio, ma queste azioni non cancelleranno mai il peccato di offesa al Sutra del Loto.
Esser destinati a non conseguire mai la Buddità in tutte le proprie esistenze passate, presenti e future, ma anzi dover patire le sofferenze dei sei sentieri, è un destino che deriva unicamente dalla colpa di aver offeso il Sutra del Loto. E, anche l’esser nata donna, e dover sopportare i cento mali26, deriva fondamentalmente dall’offesa a questo sutra.
Perciò se una donna ha la fortuna di incontrare questo sutra, anche se si strappasse la pelle per usarla come carta, se si cavasse il sangue per usarlo come inchiostro, se si spezzasse le ossa per usarle come penna e versasse lacrime di sangue per inumidire la pietra da inchiostro, tutto questo per riuscire a trascrivere le parole del sutra, non potrebbe mai ripagare il debito che ha nei confronti di esso. Come potrebbe dunque sperare di farlo donando vesti, oro e argento, vacche e cavalli, campi e terreni, per quanto numerosi possano essere?
Cenni Storici
In questa lettera il Daishonin confuta le dottrine principali della scuola della Vera parola attingendo ai resoconti relativi a Shubhakarasimha, un monaco di origine indiana conosciuto in Cina col nome di Shan-wu-wei. Anche se la data esatta e il destinatario di questa lettera non si conoscono, si ritiene che sia stata scritta nel 1275. Il Daishonin si dilunga sul principio dell’illuminazione delle donne, pertanto si pensa che fosse indirizzata a una credente.
Shan-wu-wei era noto per aver introdotto per primo il Buddismo esoterico in Cina. Nato come principe dello stato di Udyana in India, divenne re quando era ancora molto giovane. Qualche tempo dopo abdicò a favore del fratello maggiore, che invidiava la sua posizione, e divenne un monaco dell’ordine buddista. Studiò il Buddismo esoterico sotto la guida di Dharmagupta nel monastero di Nalanda. Nel 716 si recò in Cina dove fu accolto dall’imperatore Hsüan-tsung della dinastia T’ang, che lo nominò Maestro del Paese. Shan-wu-wei tradusse un certo numero di scritture buddiste esoteriche in cinese, fra cui i sutra di Mahavairochana e Susiddhikara.
Il Daishonin analizza la storia di Shan-wu-wei, secondo la quale a un certo punto egli morì, cadde nell’inferno, ma poi, recitando un passo del Sutra del Loto, riuscì a riemergere dall’inferno e tornare in vita. Il Daishonin afferma che egli cadde nell’inferno esclusivamente a causa della sua offesa al Sutra del Loto. Shan-wu-wei sosteneva la dottrina della Vera parola, la quale afferma che la sua scrittura fondamentale, ovvero il Sutra di Mahavairochana, è superiore al Sutra del Loto, perché quest’ultimo, pur contenendo gli stessi princìpi filosofici del Sutra di Mahavairochana, non descrive le mudra e i mantra. Il Daishonin fa notare che in realtà non c’è nulla nel testo del Sutra di Mahavairochana che si accordi con i princìpi fondamentali stabiliti da T’ien-t’ai sulla base del Sutra del Loto. Il Daishonin introduce poi la storia del discepolo di Shan-wu-wei, Pu-k’ung, il quale alla fine riconobbe la superiorità del Sutra del Loto. Dengyo, che portò gli insegnamenti di T’ien-t’ai in Giappone, scrisse che i patriarchi della Vera parola come Shan-wu-wei alla fine riverirono T’ien-t’ai come loro maestro.
Il Daishonin cita l’esempio di Chi-tsang, un prete eminente della scuola dei Tre trattati in Cina, il quale si convertì agli insegnamenti di T’ien-t’ai sul Sutra del Loto, riconobbe T’ien-t’ai come suo maestro e lo servì umilmente per sette anni. Il Daishonin dichiara che i maestri della scuola della Pura terra e della scuola Zen, le cui dottrine sono addirittura inferiori a quelle della scuola della Vera parola, mancano di questa sincerità, e il loro errore e le loro offese sono ancora maggiori.
Il Daishonin conclude mettendo in luce che solo il Sutra del Loto ha dato alle donne la speranza di poter ottenere l’illuminazione, ed è per questo che esse hanno un debito di gratitudine particolarmente profondo nei confronti di questo sutra.