176. Sovrano, maestro e genitore
Kamakura, 1255. Indirizzata a Destinatario sconosciuto
È stato detto che Shakyamuni per noi è un sovrano, un maestro e un genitore, il solo che si adopera per salvarci e proteggerci1. Il Budda Amida non è un sovrano per noi, e nemmeno un genitore, né un maestro. Perciò il Gran Maestro T’ien-t’ai nel suo commentario2 dice: «Il Budda della terra occidentale è differente [dal Budda di questo mondo di saha] e anche coloro che formano una relazione con lui sono differenti. E poiché il Budda è differente, è impossibile asserire che il ricco [nella parabola dell’uomo ricco e del figlio povero], quando cela il fatto di essere il padre del figlio povero, corrisponde a Shakyamuni e, quando rivela di essere il padre, corrisponde al Budda Vita Infinita [o Amida]. E poiché coloro che creano una relazione con lui sono differenti, è impossibile asserire che gli esseri viventi di questo mondo di saha hanno con il Budda Vita Infinita lo stesso tipo di relazione che hanno il padre e il figlio [nella parabola suddetta]. Inoltre, in nessun punto di questo sutra [del Loto], dall’inizio alla fine, c’è qualcosa che possa giustificare una simile affermazione. Chiudi gli occhi e medita profondamente sulla questione».
Il fatto è che il Budda Shakyamuni era il figlio e l’erede legittimo del re Shuddodana dell’India centrale. All’età di diciannove anni lasciò la famiglia per ritirarsi in un luogo chiamato monte Dandaka, dove scalava le alte vette per raccogliere legna da ardere e discendeva nelle profonde vallate per attingere acqua, svolgendo difficili e dolorose pratiche. All’età di trent’anni conseguì la Buddità e trascorse il resto della vita esponendo i suoi sacri insegnamenti.
All’esterno predicava vari sutra come quelli della Ghirlanda di fiori, Agama, Corretti ed equi e della Saggezza, ma nel suo cuore anelava a predicare il Sutra del Loto. Sapeva però che gli esseri viventi differiscono per capacità e, perciò, non predicò come la sua mente gli avrebbe dettato, esponendo invece numerosi sutra adatti al cuore e alla mente dei suoi ascoltatori.
Per quarantadue anni continuò ad arrovellarsi su tale questione, ma poi venne il tempo in cui predicò il Sutra del Loto, dichiarando che aveva adempiuto i voti formulati in precedenza e adesso avrebbe fatto sapere agli esseri viventi in che modo essi potevano diventare Budda come lui.
Dalle remote epoche passate fino al presente, spiegò, egli era apparso a volte come un cervo, a volte come un orso, e altre volte ancora aveva offerto il suo corpo in pasto a un demone3. Adesso avrebbe preso i meriti che aveva acquisito grazie a queste azioni e li avrebbe elargiti agli esseri viventi che riponevano fede nel Sutra del Loto, affermando che essi erano “veri figli del Budda”4, che erano veramente suoi figli.
Visto che il Budda Shakyamuni è stato un genitore così premuroso, se qualcuno dovesse considerarlo con disprezzo e mancare di credere nel Sutra del Loto che egli predicò, «l’unica grande ragione per cui i Budda appaiono nel mondo»5, come potrebbe mai conseguire la Buddità? Dovresti riflettere molto attentamente sulla questione!
Nel secondo volume del Sutra del Loto si legge: «Chi non riesce ad avere fede e invece offende questo sutra, distruggerà immediatamente tutti i semi per divenire Budda in questo mondo»6. E poco dopo si trovano le parole: «Non accettando un solo verso degli altri sutra»7. Questi passi significano che, per diventare un Budda, si dovrebbe accettare e sostenere solo il Sutra del Loto e non si dovrebbe accettare un solo verso o frase di qualsiasi altro sutra.
Nel terzo volume si legge: «Supponi che una persona giunta da una terra in cui regna la fame, si imbatta nel banchetto di un grande re»8. Cioè, una persona proveniente da una terra afflitta dalla carestia incontra improvvisamente un banchetto di un grande re. Ciò significa che, sebbene ci si possa comportare come cani o volpi, non si dovrebbe mai rivolgere la propria mente agli insegnamenti del piccolo veicolo come fecero Mahakashyapa o Maudgalyayana. Quando fu loro detto che, anche se una pietra spezzata fosse potuta tornare intera, o un albero secco fosse potuto nuovamente fiorire, nessuna persona dei due veicoli avrebbe mai potuto conseguire la Buddità, Subhuti rimase così sconcertato da lasciar cadere la ciotola per le elemosine che recava con sé9, e Mahakashyapa pianse così forte che la sua voce riecheggiò in tutto il sistema maggiore di mondi, tanto furono grandi il loro dispiacere e la loro disperazione. Eppure in seguito, quando fu predicato il Sutra del Loto, il venerabile Mahakashyapa ricevette la profezia che sarebbe diventato un Budda di nome Tathagata Fulgida Luce, e Maudgalyayana, Subhuti, Mahakatyayana e gli altri10 compresero che anch’essi erano certi di conseguire la Buddità. Così la loro gioia fu pari a quella di una persona che, venendo da una terra funestata dalla carestia, s’imbatte improvvisamente nel banchetto di un grande re.
Sin dal passato senza inizio, noi esseri viventi non siamo mai stati, nemmeno per un istante, separati da questo gioiello che esaudisce i desideri di Myoho-renge-kyo. Ma, confusi dal vino dell’ignoranza, non ci rendiamo conto di ciò che è nascosto nella fodera della nostra veste e ci accontentiamo di un piccolo guadagno11. Sebbene siamo esseri viventi che, semplicemente recitando Nam-myoho-renge-kyo, potrebbero rapidamente conseguire la Buddità, osserviamo precetti di poca importanza come i cinque precetti o i dieci buoni precetti e rinasciamo di conseguenza nel regno degli esseri celesti, sotto forma di divinità come Brahma o Shakra, pensando che si tratti di un risultato meraviglioso. Oppure a volte rinasciamo come esseri umani, diventiamo sovrani di vari paesi, alti ministri, nobili di corte o altri funzionari di corte e ci riteniamo incomparabilmente felici12. Così ci accontentiamo di questi piccoli guadagni e ne siamo estremamente lieti.
Ma il Budda ha insegnato che queste realizzazioni non sono che una semplice prosperità acquisita in sogno, una gioia immaginaria, e che dovremmo semplicemente accettare e sostenere il Sutra del Loto e diventare rapidamente Budda.
Nel quarto volume del Sutra del Loto si legge: «E poiché odio e gelosia nei confronti di questo sutra abbondano perfino mentre il Tathagata è nel mondo, quanto peggio sarà dopo la sua scomparsa?»13.
Il Budda Shakyamuni era il nipote del re Simhahanu e il figlio ed erede del re Shuddodana. Egli rinunciò al suo diritto al trono che aveva acquisito grazie all’osservanza dei dieci buoni precetti, dimenticò sua moglie, Yashodhara, la più bella donna di tutte le cinque regioni dell’India e, all’età di diciannove anni, lasciò la famiglia per dedicarsi alla pratica religiosa. All’età di trent’anni ottenne l’illuminazione e il suo corpo si ornò delle trentadue caratteristiche maggiori e degli ottanta segni minori. Ovunque andasse, i grandi re celesti Brahma e Shakra stavano alla sua sinistra e alla sua destra, e i quattro re celesti, Ascoltatore di Molti Insegnamenti, Sostenitore del Paese e gli altri, lo circondavano, davanti e dietro. Quando predicava la Legge, i quattro tipi di eloquenza illimitata14 e le otto qualità della voce15 che contraddistinguevano la sua predicazione riempivano il Monastero di Jetavana, e il potere dei tre tipi di saggezza16 e dei cinque tipi di visione che egli possedeva giungevano in ogni angolo della terra compresa fra i quattro mari.
Ci si potrebbe chiedere chi potesse odiare il Budda, e tuttavia erano in molti a nutrire odio e gelosia nei suoi confronti. Quanto maggiore allora, nel periodo successivo alla morte del Budda, sarà il numero di persone che nutrono odio e gelosia nei confronti del devoto del Sutra del Loto, che non si è liberato nemmeno in minima parte dalle illusioni e dai desideri ed è incapace di distinguere persino la più piccola delle azioni malvagie. Tali persone si affolleranno intorno a lui come nuvole o nebbia.
Il Budda, in effetti, ha detto che, nel malvagio mondo dell’ultima epoca, coloro che predicano questo sutra così come il sutra stesso insegna dovranno affrontare molti nemici. Eppure ci sono alcune persone nel mondo attuale che affermano di sostenere questo sutra, di leggerlo e di svolgerne le pratiche, e tuttavia non hanno alcun nemico. Le parole del Budda sono false, allora? Oppure quello del Loto non è un sutra vero?
Se riteniamo che quello del Loto sia un sutra vero, allora queste persone del nostro tempo forse lo leggono in maniera non veritiera, oppure in realtà non sono veri praticanti di questo sutra? Dobbiamo considerare la domanda molto attentamente e chiarire fino in fondo la questione.
Dopo che il Budda Shakyamuni conseguì la Buddità all’età di trent’anni, dapprima predicò un sutra chiamato Sutra della Ghirlanda di fiori. Alla cerimonia del Budda Vairochana17 del Mondo del Tesoro del Loto che si espande nelle dieci direzioni, il Budda espose le dottrine del grande veicolo degli insegnamenti specifico e perfetto e dell’insegnamento immediato ai quattro bodhisattva Saggezza del Dharma, Foresta di Meriti, Vessillo di Diamante e Forziere del Diamante per un periodo di ventuno giorni. Ma a quel tempo, il Tathagata Molti Tesori, che è descritto nel quarto volume del Sutra del Loto18, non apparve.
Ma le capacità degli ascoltatori dei due veicoli, degli ascoltatori della voce e dei risvegliati all’origine dipendente non erano adatte a tali insegnamenti. E perciò il Budda «si tolse […] le collane, gli abiti raffinati […] e indossò degli abiti cenciosi e sporchi»19, si recò nel Parco dei Cervi a Varanasi e là, per i seguenti dodici anni, espose la dottrina delle quattro nobili verità che riguardano il regno della nascita e dell’estinzione. Come effetto, Ajnata Kaundinya e gli altri dei cinque asceti ottennero lo stato di arhat, e gli ottantamila esseri celesti furono in grado di raggiungere lo stadio in cui compresero la non nascita e la non estinzione di tutti i fenomeni. In seguito, alla cerimonia della Sala del Grande Tesoro situata fra il mondo del desiderio e il mondo della forma20, o quando i trentaduemila seggi furono preparati nella stanza di Vimalakirti, o alla cerimonia della sedicesima assemblea sul lago dell’Airone Bianco, nel periodo della Saggezza21, quando fu predicato22 il principio che i due aspetti dei fenomeni, quello contaminato e quello puro, sono privi di sostanza e fusi insieme, in nessuna di queste occasioni apparve il Budda Molti Tesori. Né apparve nel Sutra del Loto nella sezione che va dal primo volume al capitolo “Profezie”23 del quarto volume. Fu solo nel capitolo “Torre preziosa” che egli apparve per la prima volta.
Lo stesso Budda Shakyamuni aveva dichiarato che i sutra predicati nei precedenti quarant’anni e più della sua vita non erano veri, ma le persone non lo avevano creduto, e non gli credettero nemmeno quando dichiarò che il Sutra del Loto rappresenta la verità24. Per lungo tempo era stato detto loro che il Budda è una persona che non dice menzogne e non pronuncia mai alcuna falsità. Quindi, quando fu detto loro che, non solo per un giorno o due, per un mese o due, o per un anno o due, ma per più di quarant’anni egli aveva detto falsità, e quando fu loro detto che questo sutra, il Loto, rappresenta la verità, ovviamente si chiesero se la falsità non fosse proprio questa.
Simili dubbi, che Shariputra e gli altri nutrivano, non potevano essere dissolti soltanto da Shakyamuni. Perciò questo Budda Molti Tesori fece un lungo viaggio dal Mondo della Purezza del Tesoro per venire a testimoniare che tutto ciò che è esposto nel Sutra del Loto è la verità25. Solo allora fu confermata la verità della frase in cui Shakyamuni affermava che i sutra predicati nei precedenti quarant’anni e più non erano veri.
Anche se qualcuno può conoscere a memoria tutte le parole e le frasi dei sutra diversi dal Sutra del Loto, anche se qualcuno può capirli a fondo come il Venerabile Ananda ed esporli con tutta l’eloquenza di Purna, queste cose non sono difficili. La montagna chiamata Sumeru è fatta d’oro ed è alta 168.000 yojana, ma, anche se qualcuno la scagliasse in qualche altro mondo come se fosse una pietra, ciò non sarebbe difficile; così ci ha detto il Budda26. Ma se, dopo l’estinzione del Budda, in quel malvagio mondo dell’ultima epoca, qualcuno riesce a predicare il Sutra del Loto esattamente come il sutra stesso insegna, quella è una cosa difficile.
Devadatta era l’uomo più forte di tutte le cinque regioni dell’India. Egli raccolse un masso lungo trentacinque piedi e largo dodici e lo scagliò verso il Budda27. Hsiang Yü di Ch’u28, di cui si dice che fosse l’uomo più forte della Cina, sollevò un calderone d’acqua della capacità di nove picul29, pieno fino all’orlo. Ma, anche se uomini del genere erano in grado di afferrare il monte Sumeru e scagliarlo via, trovare qualcuno che sappia leggere questo sutra, il Loto, esattamente come esso insegna, è veramente difficile; così ci viene detto.
Qualcuno può dire di averlo letto, copiato e predicato, ma ciò significa che i passi del sutra citati sopra sono falsi? Dovremmo ritenere che questi individui del nostro tempo sono tutti veri praticanti del Sutra del Loto? Bisognerebbe riflettere attentamente su tale questione.
Nel capitolo “Devadatta” del quinto volume del Sutra del Loto si legge: «In epoche future se uomini o donne devoti, udendo il capitolo “Devadatta” del Sutra del Loto della Legge meravigliosa, crederanno in esso e lo riveriranno con cuore puro, senza dubbi né perplessità, essi non cadranno mai nell’inferno, nel regno degli spiriti affamati o in quello degli animali, ma nasceranno alla presenza dei Budda delle dieci direzioni»30.
Questo capitolo tratta di due questioni importanti. La prima riguarda Devadatta, il fratello maggiore del Venerabile Ananda. Egli era il figlio ed erede del re Dronodana e il nipote del Re Simhahanu, e di conseguenza era un cugino del Budda.
Egli invidiava il Budda per la sua reputazione di massimo ricercatore della via nell’intero continente di Jambudvipa e fece voto di diventare il massimo campione di dissolutezza e di predicazione di idee errate di tutto Jambudvipa. Arruolò diecimila persone malvagie per i suoi intrighi, incitandole all’ostilità nei confronti del Budda, e commise tre dei cinque peccati capitali31. Come effetto la terra si spalancò ed egli cadde ancora vivo nella grande fortezza dell’inferno di incessante sofferenza. Ma, nel capitolo “Devadatta”, il Budda predisse che egli sarebbe diventato un Budda chiamato Tathagata Re del Cielo.
Il passo sopra citato ci dice cosa attende gli uomini devoti che, udendo il Sutra del Loto, ripongono fede in esso. Cioè, se persino una persona malvagia come Devadatta può diventare un Budda, come potrebbero mancare di conseguire la Buddità le persone di quest’ultima epoca che, nella maggior parte dei casi, non hanno commesso niente di peggio delle dieci azioni malvagie? E a maggior ragione se esse sono profondamente devote nella loro fede.
La seconda questione importante di cui si tratta in questo capitolo è il fatto che la figlia del re drago Sagara, una bambina rettile di otto anni, fu capace di diventare un Budda, un evento veramente raro e meraviglioso.
Dico questo perché il Sutra della Ghirlanda di fiori afferma: «Le donne sono messaggere dell’inferno che possono distruggere il seme della Buddità. Esteriormente possono sembrare bodhisattva, ma nel loro cuore sono come demoni yaksha»32. Questo passo significa che le donne sono bollate come messaggeri dell’inferno e possono far marcire i semi che altrimenti avrebbero loro consentito di diventare Budda, e che sebbene possano all’apparenza sembrare bodhisattva, in cuor loro sono come demoni yaksha33.
Nello stesso sutra si legge: «Se qualcuno posa lo sguardo, anche una sola volta, su una donna, perderà i benefici dei suoi occhi. È meglio posare lo sguardo su un grande serpente che su una donna»34.
Un certo sutra ci dice: «La somma totale dei vari desideri e illusioni di tutti gli uomini di un sistema maggiore di mondi non è superiore all’impedimento karmico di una singola donna»35. Questo passo significa che i vari desideri e illusioni intrinseci in tutti gli uomini di tutto il sistema maggiore di mondi dovrebbero essere sommati insieme per poter eguagliare l’impedimento karmico di una singola donna36. E un altro sutra afferma: «Anche se gli occhi dei Budda delle tre esistenze uscissero dall’orbita e cadessero al suolo, nessuna donna potrà mai conseguire la Buddità»37.
Ma questo capitolo, il capitolo “Devadatta”, ci dice che, anche se esistono i differenti regni degli esseri umani e degli animali, se persino la figlia del re drago, che appartiene al regno degli animali, può diventare un Budda, allora noi, che come effetto delle azioni passate siamo stati abbastanza fortunati da nascere in forma umana, una forma superiore a quella della bambina drago, non possiamo mancare di diventare Budda.
E il passo citato prima ci ha già assicurato che non cadremo mai nei tre cattivi sentieri.
Per quanto riguarda l’inferno, il primo degli otto cattivi sentieri, esso è costituito da otto inferni freddi e otto inferni caldi. Fra gli otto inferni caldi, l’inferno in cui si rinasce ripetutamente per essere torturati è il primo e il più superficiale, situato mille yojana al di sotto del continente di Jambudvipa. I colpevoli che si trovano in questo inferno pensano costantemente a farsi del male l’un l’altro. Appena si vedono, si comportano come un cacciatore che ha incontrato un cervo. Con i loro artigli di ferro si dilaniano a vicenda il corpo, strappandosi via la carne e il sangue, finché rimangono solo le ossa. Oppure i guardiani dell’inferno li percuotono con i loro bastoni dalla testa ai piedi fino a polverizzarli completamente, come granelli di sabbia.
Nell’inferno di calore bruciante, il tormento che si patisce è indescrivibile. Si è circondati su quattro lati da mura di ferro e la porta è chiusa così saldamente che anche l’uomo più forte non potrebbe aprirla. Le fiamme ardono così alte che nemmeno con le ali di un uccello garuda si potrebbero superare.
Il regno degli spiriti affamati è situato in due luoghi. Uno è la corte del re Yama, il signore dell’inferno, che si trova cinquecento yojana sotto terra; l’altro è mescolato ai regni degli esseri umani e degli esseri celesti.
Ci sono vari tipi di spiriti affamati. Alcuni hanno pance come immensi mari e gole sottili come aghi e, sebbene mangino costantemente giorno e notte, non si sentono mai soddisfatti38. Altri vivono cinquecento o settecento vite senza nemmeno riuscire a udire le parole “mangiare” o “bere”. Alcuni aprono il loro stesso cranio per mangiarsi il cervello39, mentre altri, dopo aver dato alla luce in una sola notte cinque figli, nella stessa notte li divorano tutti40.
Sebbene vi siano foreste con cinquemila tipi di frutti, quando gli spiriti affamati cercano di cogliere la frutta, gli alberi si trasformano in una foresta di spade. Sebbene vi siano diecimila fiumi che affluiscono al mare, quando essi cercano di abbeverarsi, i fiumi si mutano in furiosi incendi. Come possono sperare di sfuggire alla sofferenza?
Poi c’è il regno degli animali, che si trova in due luoghi. La maggior parte degli esseri di questo regno vive nei grandi mari, anche se alcuni di loro sono mescolati ai regni degli esseri umani e degli esseri celesti. In questo regno degli animali, gli esseri più corti sono inghiottiti dai più lunghi e i più piccoli sono mangiati dai più grandi; tutti si divorano l’un l’altro senza un momento di tregua. Alcuni nascono sotto forma di uccelli e bestie, altri diventano buoi o cavalli, che vengono caricati di pesanti fardelli e costretti ad andare a est quando vogliono andare a ovest, o a ovest quando vogliono andare a est. Pensano solo all’abbondanza di acqua e di pascoli nelle montagne e nelle pianure, e non conoscono nient’altro.
Ma il Budda ci ha detto che gli uomini e le donne devote che abbracciano il Sutra del Loto e recitano Nam-myoho-renge-kyo possono sfuggire alla condanna a questi tre sentieri malvagi. Cosa potrebbe esserci di più meraviglioso? Ecco qualcosa su cui contare, su cui poter contare davvero!
Inoltre, nel quinto volume del Sutra del Loto, la figlia del re drago dice: «Io espongo le dottrine del grande veicolo per riscattare gli esseri viventi dalla sofferenza»41. Quali sono queste “dottrine del grande veicolo” che ella espone? Sono il Sutra del Loto. E chi sono gli esseri viventi che stanno soffrendo ai quali si riferisce? Non si sta riferendo agli esseri viventi nell’inferno, o agli esseri viventi nel regno degli spiriti affamati. Sta riferendosi semplicemente alle donne; questo è ciò che si intende con le parole «riscattare gli esseri viventi dalla sofferenza».
Ci sono i cinque ostacoli e le tre obbedienze, cioè tre persone alle quali le donne devono obbedire e cinque ostacoli che esse devono affrontare. La figlia del re drago era una donna che aveva vissuto e compreso le sofferenze delle donne; perciò non si preoccupò d’altro, ma fece voto di diventare una guida e un capo per le altre donne.
Nam-myoho-renge-kyo, Nam-myoho-renge-kyo.
Nichiren
Cenni Storici
Questa lettera fu scritta nel 1255 nel periodo in cui Nichiren Daishonin si trovava a Kamakura. Secondo alcuni è probabile che questa lettera sia indirizzata ai genitori, ma c’è chi ritiene che sia indirizzata al discepolo Nichiro.
Questo scritto prende il nome dalle tre virtù di sovrano, maestro e genitore. La virtù del sovrano è il potere di proteggere tutti gli esseri viventi, la virtù del maestro è la saggezza di istruirli e condurli all’illuminazione, e la virtù del genitore è la compassione di allevarli e sostenerli.
Il Daishonin inizia identificando Shakyamuni con il Budda dotato delle tre virtù di sovrano, maestro e genitore, che protegge le persone e le salva dalla sofferenza. Al contrario, il Budda Amida riverito dalla popolare scuola della Pura terra, o Nembutsu, è un Budda che non ha nessuna attinenza con le persone del mondo di saha e pertanto non incarna nessuna delle tre virtù suddette a vantaggio delle persone. Mentre si dice che il Budda Amida dimori in un remoto paradiso occidentale, il Daishonin descrive Shakyamuni come il vero Budda di questo mondo, riportando fatti specifici riguardanti la sua persona, il modo in cui conseguì la Buddità e la sua vita dedita alla propagazione.
Di tutti gli insegnamenti di Shakyamuni, il Sutra del Loto è il supremo in quanto predice l’illuminazione delle persone dei due veicoli, degli ascoltatori della voce e dei risvegliati all’origine dipendente, contrariamente a quanto esposto nei sutra precedenti. L’essenza del Sutra del Loto si trova nel titolo, Nam-myoho-renge-kyo, che il Daishonin paragona a un “gioiello che esaudisce i desideri”, che le persone comuni posseggono per l’eternità. Il Daishonin paragona le persone comuni al personaggio della “parabola della gemma nella veste” del Sutra del Loto, il quale possedeva da tanto tempo la gemma preziosa che un amico gli aveva cucito nella fodera della veste senza che lui ne fosse consapevole. Piuttosto che cercare altrove, Nichiren sostiene che le persone dovrebbero recitare Nam-myoho-renge-kyo e affrettarsi a conseguire la Buddità.
Il Daishonin cita poi il capitolo “Devadatta” del Sutra del Loto, affermando che esso tratta di “due questioni importanti”. La prima è il conseguimento della Buddità da parte di Devadatta, e la seconda il conseguimento della Buddità da parte della figlia del re drago. Esse rappresentano i princìpi del conseguimento della Buddità da parte delle persone malvagie e delle donne, e del conseguimento della Buddità nella propria forma presente. Se le persone malvagie e le donne, alle quali secondo gli altri sutra la Buddità era preclusa, possono conseguirla attraverso il Sutra del Loto, allora tutti possono sicuramente farlo. Il Daishonin sostiene che, con una sincera fede nei princìpi del sutra espressi in questo capitolo, si eviterà di cadere nei tre cattivi sentieri, vale a dire, nei regni dell’inferno, degli spiriti affamati e degli animali.
Il Daishonin accenna alle sofferenze associate a questi regni, e assicura nuovamente che recitando Nam-myoho-renge-kyo con fede pura è possibile evitare un destino tanto infelice. Conclude sottolineando che questo è l’insegnamento che consente alle donne in particolare di liberarsi dalla sofferenza.