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252. Sul conseguimento della Buddità nella forma presente

RSND, VOLUME II

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Luogo sconosciuto, 1275. Indirizzata a Ota Jomyo, moglie di

Ho ricevuto il koku di riso, la provvista per l’ottavo mese.

    La dottrina del conseguimento della Buddità nella propria forma presente è menzionata esplicitamente in vari sutra mahayana e nel Sutra di Mahavairochana, ma, quando le persone sostengono che chi segue questi sutra può conseguire la Buddità nella forma presente, si rendono colpevoli di due tipi di arroganza estrema1 e cadranno immancabilmente nell’inferno di incessante sofferenza.

      Il volume nove di Annotazioni su “Parole e frasi del Sutra del Loto” afferma: «Queste due forme di arroganza estrema non sono prive di differenze di grado. Chi ritiene che i comuni esseri umani siano uguali al Budda è colpevole di grande impudenza»2.

        Quando i vari sutra mahayana parlano della dottrina del conseguimento della Buddità nella forma presente, riferendosi agli insegnamenti che le illusioni e i desideri sono illuminazione e che le sofferenze di nascita e morte sono nirvana, sembrerebbe trattarsi di una dottrina splendida e degna della massima lode. Tuttavia non la si può in alcun modo chiamare vera dottrina del conseguimento della Buddità nella propria forma presente.

          La ragione è la seguente: quando le persone dei due veicoli ascoltarono il Budda predicare al Parco dei Cervi poterono liberarsi dalle illusioni del pensiero e del desiderio. Ma non si erano ancora liberate dalle altre due categorie di illusioni, quelle innumerevoli come granelli di polvere e sabbia e quelle sulla vera natura dell’esistenza3. Pensavano di aver già sradicato tutte le illusioni e i desideri, e che alla morte sarebbero entrati nel nirvana senza residui4 riducendo così il corpo in cenere e annullando la coscienza. Ma ridurre il corpo in cenere non significa conseguire la Buddità nella propria forma presente, e annullare la coscienza non si può chiamare conseguimento della Buddità.

            Secondo questi sutra [mahayana provvisori], però, le persone comuni, a differenza di quelle dei due veicoli, continuano ad avere illusioni e desideri e a essere influenzate dal karma. Le loro attuali sembianze corporee sono manifestazioni temporanee degli amari effetti di queste forze. Ma, fintanto che conservano la loro forma corporea, possono usare le illusioni e i desideri, e il karma come semi per produrre il corpo di ricompensa e il corpo manifesto di un Budda. E, poiché nella loro forma presente soffrono per gli amari effetti di illusioni e desideri, e del karma, allora, siccome le sofferenze di nascita e morte sono nirvana, possono diventare Tathagata dal corpo del Dharma. Questa è l’argomentazione usata [da quei sutra mahayana provvisori] per rimproverare le persone dei due veicoli.

              Tuttavia, il fatto è che attraverso questi sutra, le illusioni e i desideri, il karma e la sofferenza non potranno mai diventare semi che producono i tre corpi di un Budda: il corpo del Dharma, il corpo di ricompensa e il corpo manifesto.

                Tuttavia, quando si giunge al Sutra del Loto scopriamo che le illusioni e i desideri, il karma e la sofferenza, dei quali le persone dei due veicoli si erano apparentemente liberate quando erano entrate nel nirvana con residui5 e nel nirvana senza residui, in realtà si possono tirare fuori e utilizzare come mezzi per conseguire la Buddità nella propria forma presente. Così alle persone di due veicoli è garantito che conseguiranno la Buddità nella forma presente e anche alle persone comuni è garantito che conseguiranno la Buddità nella forma presente.

                  Quando ci fermiamo a considerare che cosa realmente significhi questa dottrina, capiamo che, anche se i fautori delle scuole della Ghirlanda di fiori e della Vera parola pretendono che grazie a questi sutra si possa conseguire la Buddità nella forma presente e, anche se può sembrare che i sutra sui quali essi si basano lo affermino, in realtà tutto ciò non ha un significato concreto. È così che si sono generate queste asserzioni errate.

                    Sembrerebbe che Kobo, Jikaku e Chisho avessero una comprensione confusa di questa dottrina del conseguimento della Buddità nella propria forma presente, per non parlare degli antichi uomini virtuosi che seguirono le loro orme. Solo quando si giunge a Chujin del Toyo6, il quarantaseiesimo capo dei preti della scuola Tendai, vediamo qualcuno che quantomeno nutriva dubbi sugli insegnamenti di questi uomini riguardo a tale dottrina. Ma egli era un seguace dell’ultima ora del lignaggio dottrinale di Jikaku, un capo dei preti della scuola Tendai, era pieno di convinzioni assurde, e alla fine non fu capace di liberarsi dall’errore. In effetti, anche se coloro che erano nati nel paese del Giappone avessero nutrito dubbi in cuor loro, come avrebbero potuto [sfidare l’autorità di Kobo e degli altri] ed esprimere apertamente le loro preoccupazioni?

                      Comunque, Shakyamuni, Molti Tesori e i Budda delle dieci direzioni, i Bodhisattva della Terra, il Bodhisattva Nagarjuna e i gran maestri T’ien-t’ai, Miao-lo e Dengyo capirono tutti che il vero conseguimento della Buddità nella forma presente è limitato al Sutra del Loto. I miei discepoli e i seguaci del mio insegnamento dovrebbero tenerlo sempre a mente.

                        Riguardo al carattere myo dei cinque caratteri di Myoho-renge-kyo, gli studiosi e i maestri hanno dato varie interpretazioni, ma nessuna di esse è andata al di là delle idee esposte nei sutra diversi da quello del Loto. L’unica eccezione è il Bodhisattva Nagarjuna che, nel suo Trattato sulla grande perfezione della saggezza, afferma: «[Il Sutra del Loto è] come un grande medico in grado di trasformare il veleno in medicina». Questa sua interpretazione sembra cogliere veramente l’essenza del carattere myo.

                          Il “veleno”, nel passo appena citato, si riferisce alle prime due delle quattro nobili verità, cioè la verità che tutta l’esistenza è sofferenza, e la verità che la sofferenza è causata dai desideri egoistici e anche dalle cause ed effetti karmici che confinano gli esseri viventi nelle sofferenze di nascita e morte. Questi sono davvero i veleni che superano qualsiasi veleno. Ma, grazie allo straordinario potere del carattere myo, o meraviglioso, questo veleno si trasforma nella comprensione che le sofferenze di nascita e morte sono nirvana e che le illusioni e i desideri sono illuminazione. È questa la buona medicina in grado di trasformare il veleno in medicina; perciò è chiamata “buona medicina”.

                            Nel centesimo volume di Grande perfezione della saggezza del Bodhisattva Nagarjuna, i sutra della Ghirlanda di fiori, della Saggezza e altri non sono mai chiamati “myo” o “meravigliosi”. Solo il Sutra del Loto, secondo l’interpretazione di Nagarjuna, merita di esser chiamato “meraviglioso”.

                              Questo trattato del Bodhisattva Nagarjuna fu introdotto in Cina dal Maestro del Tripitaka Kumarajiva. E in quel luogo il Gran Maestro T’ien-t’ai, dopo aver letto tale dottrina, la utilizzò per refutare gli insegnamenti delle altre scuole buddiste del nord e del sud della Cina7.

                                Ma in Cina, circa dalla metà della dinastia T’ang, e in Giappone, dopo l’era Konin [810-823], sembrava che le persone avessero una comprensione errata di questa dottrina. Durante il regno dell’imperatore Tai-tsung, il nono sovrano della dinastia T’ang, un uomo chiamato Maestro del Tripitaka Pu-k’ung giunse in Cina dall’India portando con sé un trattato intitolato Trattato sulla mente che aspira all’illuminazione.

                                  Si diceva che questo trattato fosse stato scritto da Nagarjuna. Esso contiene il passo: «Soltanto negli insegnamenti della Vera parola si può conseguire la Buddità nella forma presente perché questi insegnamenti espongono la pratica della meditazione samadhi. Negli altri insegnamenti non viene esposta». Sviati da questo passo, Kobo, Jikaku, Chisho e gli altri caddero in un grave errore nei loro insegnamenti.

                                    Nessuno mette in dubbio che Grande perfezione della saggezza sia opera di Nagarjuna, ma, mentre c’è chi sostiene che Mente che aspira all’illuminazione sia di Nagarjuna, altri ritengono che sia di Pu-k’ung. Io comunque non voglio addentrami adesso in tale questione.

                                      Tuttavia c’è una cosa strana: il senso dell’argomentazione fondamentale di Grande perfezione della saggezza è che il conseguimento della Buddità nella propria forma presente si può raggiungere solo grazie al Sutra del Loto; l’opera è molto chiara in proposito e l’argomentazione è ben sviluppata. Ma, se Mente che aspira all’illuminazione è di Nagarjuna, perché allora contraddice Grande perfezione della saggezza affermando che il conseguimento della Buddità nella forma presente si può raggiungere solo con le dottrine della Vera parola, ponendo un così forte accento sulla parola “solo”? Da quale passo di sutra viene questa parola “solo” che sembra negare l’efficacia del Sutra del Loto? Ci vorrebbe una prova documentaria per sostenere un’affermazione del genere. Il Bodhisattva Nagarjuna nel suo Commentario al Sutra dei dieci stadi dice che le dottrine che non si basano sui sutra sono errate. Non ci devono essere contraddizioni nelle affermazioni di un singolo autore.

                                        E nel centesimo volume di Grande perfezione della saggezza Nagarjuna afferma: «Ma, gli altri sutra, come quello del Loto, contengono profezie che riguardano il conseguimento della Buddità futura da parte di vari arhat. […] Questi sutra sono come un grande medico in grado di trasformare il veleno in medicina». Questo commento esprime il concetto del conseguimento della Buddità nella propria forma presente [così com’è contenuto nel Sutra del Loto].

                                          Eppure Mente che aspira all’illuminazione, pur essendo dello stesso grande santo Nagarjuna che scrisse Grande perfezione della saggezza, differisce in ciò che afferma tanto quanto il fuoco è diverso dall’acqua. Ma, se esaminiamo la questione attentamente, ci rediamo conto che Nagarjuna non sta proponendo un’interpretazione diversa. La colpa in realtà è di chi tradusse il trattato in cinese.

                                            La lingua di Kumarajiva, quando fu messa alla prova, non venne consumata dal fuoco8, ma la lingua di Pu-k’ung bruciò. È chiaro dunque che la lingua di chi mente brucia, mentre quella di chi dice la verità non brucia.

                                              Ci furono 176 persone che trasmisero i sutra e i trattati buddisti dall’India alla Cina. Fra queste solo Kumarajiva tramandò i testi dei sutra di Shakyamuni, il signore degli insegnamenti, così com’erano, senza aggiungere proprie opinioni personali. Delle restanti 175 persone, 164 vissero poco prima o poco dopo il tempo di Kumarajiva e il loro operato può essere giudicato alla luce della saggezza di Kumarajiva. In effetti la sua opera portò alla luce gli errori di quei 164 uomini e anche gli errori degli undici traduttori che in seguito produssero le cosiddette nuove traduzioni9, sebbene questi ultimi furono in qualche misura più abili degli antichi traduttori perché a guidarli c’erano le opere di Kumarajiva.

                                                Questa non è soltanto una mia opinione personale. Domande riguardo all’aspetto pratico dei precetti10 afferma: «Affievolendosi nelle epoche seguenti, illuminando le epoche precedenti». “Illuminando le epoche precedenti” significa che la saggezza di Kumarajiva fece luce sulle traduzioni eseguite dagli uomini che vissero dalla tarda dinastia Han alla tarda dinastia Ch’in. Ma “affievolendosi nelle epoche seguenti” significa che i traduttori che vennero dopo Kumarajiva, come Shan-wu-wei, Chin-kang-chih e Pu-k’ung, poiché avevano a illuminarli la saggezza di Kumarajiva, furono in qualche misura più abili di quelli che li avevano preceduti.

                                                  Domande riguardo all’aspetto pratico dei precetti dice inoltre: «Tutti gli uomini che vennero dopo [Kumarajiva] dovevano basarsi sulle sue opere».

                                                    Così, anche se Mente che aspira all’illuminazione fosse opera di Kumarajiva, la parola “solo” nel passo che ho discusso prima rappresenta un’opinione personale inserita nel testo da Pu-k’ung. E ancor più errata è l’affermazione successiva, cioè, che tali dottrine non si trovano negli altri insegnamenti.

                                                      Ignorare il Sutra del Loto, che è la guida e la chiave per il conseguimento della Buddità nella propria forma presente, postulando invece che gli insegnamenti della Vera parola siano la strada che conduce a tale conseguimento anche se non hanno niente a che vedere con essa, e oltretutto aggiungere anche la parola “solo”, affermando che gli insegnamenti della Vera parola sono l’unica strada per tale conseguimento, questa è l’idea più errata che si possa immaginare al mondo! Una simile dottrina può essere soltanto espressione della natura di un asura11.

                                                        Il Gran Maestro T’ien-t’ai Chih-che nel volume nove di Parole e frasi del Sutra del Loto, spiegando il vero significato del capitolo “Durata della vita”, afferma: «Nelle tre esistenze il Budda possiede sempre i tre corpi, ma nei suoi vari insegnamenti [diversi dal Sutra del Loto] lo tenne segreto e non lo trasmise».

                                                          Questo passo chiarisce perfettamente che il conseguimento della Buddità nella forma presente è esposto nel Sutra del Loto. Ma il Maestro del Tripitaka Pu-k’ung, allo scopo di negare questa interpretazione, sfrutta l’opera di Nagarjuna facendole dire: «Soltanto negli insegnamenti della Vera parola si può conseguire la Buddità nella forma presente perché questi insegnamenti espongono la pratica della meditazione samadhi. Negli altri insegnamenti non viene esposta».

                                                            Il trattato procede poi a spiegare come [i praticanti della Vera parola] conseguano la Buddità nella loro forma presente. Ma ciò che vi è descritto non è veramente il conseguimento della Buddità nella propria forma presente; è semplicemente qualcosa di simile al conseguimento, nel proprio corpo presente, dello stadio in cui si percepisce la non nascita e la non estinzione del mondo fenomenico. Quest’individuo di nome Pu-k’ung ha sentito dire che la dottrina del conseguimento della Buddità nella propria forma presente è un insegnamento raro e meraviglioso, ma non ha capito che cosa realmente significhi. In verità si tratta dell’insegnamento, contenuto nel Sutra del Loto, che assicura il conseguimento della Buddità alle persone dei due veicoli e rivela il conseguimento della Buddità da parte di Shakyamuni nel remoto passato. Perciò il Gran Maestro T’ien-t’ai dice che «nei suoi vari insegnamenti [diversi dal Sutra del Loto] lo tenne segreto e non lo trasmise». Questa sua interpretazione è meravigliosa come il profumato legno di sandalo!

                                                              Nei tremila e più volumi delle scritture non buddiste si afferma che quando vi è una qualsiasi deviazione dalla maniera corretta di governare, i tempi diventano difficili. E i cinquemila o settemila volumi delle scritture buddiste chiariscono che quando si sostengono opinioni errate riguardo agli insegnamenti buddisti, i tempi diventano difficili.

                                                                Nella nostra epoca attuale ci si allontana dagli insegnamenti delle scritture non buddiste e si va anche contro quelle buddiste; perciò l’intero paese è imputato di una grave colpa. In realtà il paese è già sull’orlo della rovina. È triste, è veramente triste!

                                                                  Nichiren

                                                                    Il secondo giorno del settimo mese

                                                                      Risposta alla moglie di Ota

                                                                          Cenni Storici

                                                                          Nichiren Daishonin scrisse questa lettera da Minobu nel 1275, in risposta alla moglie di Ota Jomyo. Ota Jomyo viveva a Nakayama, nella provincia di Shimosa, e i coniugi erano discepoli del Daishonin di vecchia data.

                                                                          Il Daishonin inizia spiegando che, anche se alcuni sutra accennano al principio del conseguimento della Buddità nella forma presente, di fatto non consentono alle persone di conseguire la Buddità. Solo il Sutra del Loto, afferma Nichiren, insegna che le persone dei due veicoli e le persone comuni possono conseguire la Buddità nella loro forma presente. Ciò nonostante, la scuola della Vera parola, non solo afferma che i suoi insegnamenti contengono una dottrina del conseguimento della Buddità nella forma presente, ma anche offende il Sutra del Loto. Il Daishonin mette in luce l’errore dei patriarchi della scuola della Vera parola, uomini come Shan-wu-wei e Kobo, Jikaku e Chisho, che incorporarono le dottrine della Vera parola nella scuola Tendai.

                                                                          Il Daishonin afferma poi che, tra coloro che si recarono in Cina dall’India per tradurre i sutra e i trattati in cinese, solo Kumarajiva trasmise correttamente il vero intento del Budda, senza sovrapporvi le proprie interpretazioni personali. In merito a quale insegnamento consenta alle persone di conseguire la Buddità nella forma presente, Nichiren cita due opere del grande studioso buddista Nagarjuna che sembrano contraddirsi. Mentre il Trattato sulla grande perfezione della saggezza di Nagarjuna indica che solo il Sutra del Loto permette alle persone di conseguire la Buddità nella forma presente, il Trattato sulla mente che aspira all’illuminazione dello stesso autore contiene passi che contraddicono questo punto di vista, facendo pensare che si possa conseguire la Buddità nella forma presente solo tramite le dottrine esoteriche della scuola della Vera parola. Il Daishonin sostiene che in realtà non si tratta di una contraddizione nell’interpretazione di Nagarjuna, ma del risultato di una cattiva traduzione. La prima opera era stata tradotta da Kumarajiva e la seconda da Pu-k’ung che, essendo impegnato nella propagazione degli insegnamenti esoterici in Cina, inserì le sue idee personali nella traduzione.

                                                                          Infine, il Daishonin conferma che gli errori nel Buddismo, così come gli errori nel modo di governare, condurranno alla rovina del paese.

                                                                          Note

                                                                          1. Un tipo di arroganza estrema consiste nell’attaccamento alla teoria che i comuni esseri umani sono uguali al Budda, trascurando per questo la pratica buddista, con il risultato di non riuscire a conseguire la Buddità. L’altro tipo è l’arroganza di rifiutare di credere nell’insegnamento del Sutra del Loto secondo il quale i comuni esseri umani, che non sono liberi da avidità, collera e stupidità, sono capaci di conseguire la Buddità nella loro forma presente.
                                                                          2. Questo passo si trova nel volume dieci della versione dell’opera tuttora esistente.
                                                                          3. Vedi tre categorie di illusione nel Glossario.
                                                                          4. Il “nirvana senza residui” è quello che si dice conseguano gli arhat al momento della morte; in esso corpo e mente, cioè le cause della sofferenza, sono estinti. Poiché il Buddismo hinayana insegnava che lo scopo ultimo della pratica si può raggiungere solo con la morte, era criticato come un insegnamento che voleva “ridurre il corpo in cenere e annullare la coscienza”.
                                                                          5. Il “nirvana con residui” è il nirvana dell’arhat che ha eliminato qualsiasi illusione e non rinascerà più nei sei sentieri, ma è ancora legato al mondo della sofferenza perché possiede un corpo.
                                                                          6. Chujin (1065-1138) studiò gli insegnamenti esoterici presso il Monte Hiei sin dall’infanzia. In seguito visse presso un tempio adibito ad alloggi, chiamato Toyo, dove diffuse gli insegnamenti della scuola Eshin, un ramo della scuola Tendai, e contribuì alla restaurazione della scuola Tendai. Nel 1130, diventò il quarantaseiesimo capo dei preti dell’Enryaku-ji, il tempio principale della scuola Tendai sul monte Hiei.
                                                                          7. Vedi tre scuole della Cina meridionale e sette scuole della Cina settentrionale nel Glossario.
                                                                          8. Secondo il Catalogo del canone buddista dell’era K’ai-yüan e Biografie degli eminenti preti della dinastia Liang, quando il corpo di Kumarajiva fu cremato, la sua lingua non bruciò, come segno dell’accuratezza con la quale aveva reso il significato degli insegnamenti buddisti.
                                                                          9. Le traduzioni eseguite prima di Hsüan-tsang (602-664) sono chiamate “vecchie traduzioni”; mentre le sue traduzioni e le successive sono chiamate “nuove traduzioni” e tendono a essere più letterali.
                                                                          10. Domande riguardo all’aspetto pratico dei precetti: opera compilata da Tao-hsüan (596-667), fondatore del ramo Nan-shan della scuola dei Precetti in Cina.
                                                                          11. La natura degli asura, o demoni litigiosi, descritti nelle scritture buddiste, è caratterizzata da un costante desiderio di essere superiori agli altri e dalla passione per le dispute. Qui il Daishonin applica questo termine ai fautori degli insegnamenti della Vera parola, che facevano di tutto per far apparire la loro dottrina superiore a quella del Sutra del Loto.
                                                                          La Biblioteca di Nichiren
                                                                          istituto buddista italiano soka gakkai
                                                                          senzamotica
                                                                          Eredità della vita
                                                                          otto per mille
                                                                          nuovo rinascimento
                                                                          buddismo e società
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                                                                          esperia

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