331. Sulle diciotto perfezioni1
Minobu, 1280. Indirizzata a Sairen-bo
Domanda: Da dove deriva la dottrina delle diciotto perfezioni?
Risposta: Essa ha origine dal singolo carattere ren, o loto.
Domanda: La spiegazione si trova in qualche commentario?
Risposta: È spiegata in I resoconti giornalieri della trasmissione nel tempio Hsiu-ch’an del Gran Maestro Dengyo. La dottrina è uno degli insegnamenti più reconditi dell’attuale scuola Tendai. Deve essere tenuta segreta! Deve essere tenuta segreta!
Domanda: Quali sono i nomi delle diciotto perfezioni?
Risposta: 1) perfezione della verità universale; 2) perfezione della pratica religiosa; 3) perfezione della funzione della conversione; 4) perfezione del mare degli effetti; 5) perfezione di dualità e identità; 6) perfezione di tutti i vari insegnamenti; 7) perfezione di un singolo istante di pensiero2; 8) perfezione dei fenomeni concreti e del principio universale; 9) perfezione dei benefici; 10) perfezione dei vari stadi della pratica; 11) perfezione del seme; 12) perfezione del provvisorio e del vero; 13) perfezione delle varie fasi dei fenomeni; 14) perfezione della comprensione della verità mondana; 15) perfezione dell’interno e dell’esterno; 16) perfezione dell’osservazione della mente; 17) perfezione della tranquillità e della luminosità; 18) perfezione dell’inconcepibile.
Domanda: Cosa significano questi nomi?
Risposta: Sono spiegati nel commentario del Gran Maestro Dengyo, che dice: «Poi ci sono i cinque princìpi maggiori applicati al carattere ren, o loto. Ren indica che il fiore è la causa e il frutto ne è l’effetto. Si usa il carattere ren perché esso significa le diciotto perfezioni3.
«La prima è chiamata perfezione della verità universale perché tutti i fenomeni alla fine sono identici alla verità universale che è la natura essenziale di tutti gli esseri. Nella verità universale della natura imperitura, tutti i fenomeni raggiungono la perfezione; perciò la verità universale è chiamata ren, o “loto”.
«La seconda è chiamata perfezione della pratica religiosa perché, svolgendo i due tipi di pratiche, quelle relative alla forma e quelle relative alla non forma4, si può raggiungere la perfezione in tutte le pratiche. Perciò la pratica religiosa è chiamata ren, o “loto”.
«La terza è chiamata perfezione della funzione della conversione perché la natura fondamentale della mente contiene in sé i vari fattori causali per il conseguimento della Buddità, attraverso i quali si può svolgere la funzione di convertire altri alla verità. Perciò la funzione della conversione è chiamata ren, o “loto”.
«La quarta è chiamata perfezione del mare degli effetti5 perché, quando indaghiamo sulla natura immutabile di tutti i fenomeni, vediamo che in tutti i casi la natura particolare di ciascuno viene messa da parte e tutti i fenomeni diventano il Budda eternamente dotato dei tre corpi. Non ci sono fenomeni che non siano il Budda eternamente dotato dei tre corpi. Perciò il mare degli effetti è chiamato ren, o “loto”.
«La quinta è chiamata perfezione di dualità e identità perché la natura immutabile delle illusioni e dei desideri è assolutamente identica e non differente da quella dell’illuminazione. Perciò dualità e identità sono chiamate ren, o “loto”.
«La sesta è chiamata perfezione di tutti i vari insegnamenti perché il loto dell’illuminazione originale, che rappresenta l’illuminazione interiore dei Budda, è ornato di tutti gli insegnamenti e inoltre è privo di qualsiasi mancanza o deficienza. [Perciò tutti i vari insegnamenti sono chiamati ren, o “loto”].
«La settima è chiamata perfezione di un singolo istante di pensiero6 perché, quando i sei organi di senso e i loro oggetti interagiscono e sorge un singolo istante di pensiero, esso è dotato di tutti i tremila regni. [Perciò un singolo istante di pensiero è chiamato ren, o “loto”].
«L’ottava è chiamata perfezione dei fenomeni concreti e del principio universale perché ogni singolo fenomeno è dotato di tutti i fenomeni e del principio universale, che sono due ma non due, senza alcuna mancanza o deficienza. [Perciò i fenomeni e il principio sono chiamati ren, o “loto”].
«La nona è chiamata perfezione dei benefici perché Myoho-renge-kyo è dotato dei benefici di tutte le pratiche e possiede l’efficacia superlativa dei tre poteri [il potere della Legge, il potere del Budda e il potere della fede]. [Perciò i benefici sono chiamati ren, o “loto”].
«La decima è chiamata perfezione dei vari stadi della pratica perché, quando si osserva l’unica mente, essa è perfettamente dotata di tutti i sei stadi della pratica7. [Perciò i vari stadi della pratica sono chiamati ren, o “loto”].
«L’undicesima è chiamata perfezione del seme perché la vera natura della vita di tutti gli esseri è intrinsecamente dotata del seme della Buddità, ma gli insegnamenti provvisori non portano a perfezione questo seme; perciò essi non insegnano la dottrina che tutte le persone possono raggiungere la via del Budda e non sono chiamati ren, o “loto”.
«La dodicesima è chiamata perfezione del provvisorio [i nove mondi] e del vero [la Buddità] perché, quando si comprende la dottrina del Sutra del Loto, si comprende che la propria vita è vera e al tempo stesso provvisoria, è provvisoria e al tempo stesso vera. Provvisorio e vero si implicano reciprocamente, in una relazione di mutua identità, senza mancanze o deficienze, e quindi rappresentano la Legge che è dotata dei tre corpi. Perciò questa è la Legge costantemente predicata ed esposta dai Budda. [Perciò l’identità di vero e provvisorio è chiamata ren, o “loto”].
«La tredicesima è chiamata perfezione delle varie fasi dei fenomeni perché ogni singola fase dei fenomeni è dotata di tutte le otto fasi dell’esistenza di un Budda. Tutti i fenomeni manifestano costantemente le otto fasi. [Perciò ciascuna fase dei fenomeni dotata delle otto fasi è chiamata ren, o “loto”].
«La quattordicesima è chiamata perfezione della comprensione della verità mondana perché la natura innata dei Dieci mondi, dei cento mondi e dei tremila regni è eternamente immutabile e indistruttibile. La loro natura fondamentale non cambia mai e ogni fenomeno è identico alla verità suprema8. [Perciò la comprensione della verità mondana è chiamata ren, o “loto”].
«La quindicesima è chiamata perfezione dell’interno [senziente] e dell’esterno [insenziente] perché il vaso esterno9, che rappresenta il regno degli esseri insenzienti, è dotato delle sei emozioni10. E ciò che appartiene alla categoria degli esseri senzienti è dotato allo stesso tempo di elementi insenzienti. Gli altri insegnamenti non espongono la dottrina della perfezione dell’interno e dell’esterno, e perciò non consentono alle piante e agli alberi di conseguire la Buddità. E poiché con quegli insegnamenti le piante e gli alberi sono incapaci di conseguire la Buddità, essi non possono essere chiamati ren, o “loto”.
«La sedicesima è chiamata perfezione dell’osservazione della mente perché, attraverso i sei oggetti e le funzioni dei sei organi di senso, si può osservare costantemente il vero aspetto della propria mente. Oltre a questo non occorre nient’altro. [Perciò l’osservazione della mente è chiamata ren, o “loto”].
«La diciassettesima è chiamata perfezione della tranquillità e della luminosità perché nel testo si afferma: “La natura essenziale di tutti i fenomeni è tranquilla, perciò è chiamata concentrazione. Ma pur rimanendo tranquilla è in uno stato di costante luminosità e perciò è chiamata visione profonda”11. [Perciò è chiamata ren, o “loto”].
«La diciottesima è chiamata perfezione dell’inconcepibile perché, quando indaghiamo attentamente sulla natura immutabile di tutti i fenomeni, troviamo che essa trascende ogni pensiero o immaginazione poiché non è né essere né non essere, che essa trascende persino le parole e i concetti dei tremila regni, e la triplice contemplazione, o tranquillità e luminosità, e che in definitiva il profondo significato della verità omnicomprensiva12 è sempre stato inconcepibile. Perciò si chiama ren, o “loto”.
«Se esaminiamo attentamente il significato del Sutra del Loto alla luce di questa dottrina delle diciotto perfezioni, vediamo che l’efficacia superlativa del Sutra del Loto e la dottrina fondamentale dell’osservazione della mente in realtà risiedono in questo insegnamento di ren, o “loto”. Se ci si discosta dalle virtù di ren, o loto, è impossibile immaginare il conseguimento della Buddità da parte delle persone dei due veicoli, delle persone malvagie, delle piante e degli alberi, come anche l’ottenimento dell’illuminazione da parte del Budda nel passato inconcepibilmente remoto, lontano tanti kalpa quanti i granelli di polvere di innumerevoli sistemi maggiori di mondi.
«Nel commentario del capo dei preti13 si afferma: “Se esaminiamo le rette decisioni del maestro Hsüan-lang, vediamo che c’è una diciannovesima perfezione, definita anch’essa uno dei loti. Cioè alla lista viene aggiunta la perfezione dell’entità. La perfezione dell’entità si riferisce all’entità del loto, o loto della Legge meravigliosa. Cioè la natura immutabile di tutti i fenomeni è pura, immacolata e libera da qualsiasi macchia o contaminazione, e perciò sin dall’inizio è stata chiamata ren, o “loto”.
«“Secondo una esposizione di un sutra14, tutte le persone hanno nel petto un fiore di loto a otto petali. Nel caso degli uomini il fiore è rivolto verso l’alto e nel caso delle donne verso il basso. Ma, quando giunge il momento di conseguire la Buddità, il loto nel petto della donna si gira rapidamente verso l’alto.
«“Il loto di cui stiamo parlando, nella misura in cui è parte dell’intenzione del Budda, è l’entità del loto la cui natura innata è pura e immacolata. E, nella misura in cui è nella mente del credente, è un loto metaforico, una metafora [del loto] della Legge meravigliosa.”
«Poi, riguardo all’entità o essenza del loto15, ci sono molti tipi diversi di entità. Primo, c’è il loto che è l’entità della virtù, la virtù delle tre verità della natura innata. Questo è un tipo di entità del loto.
«Secondo, c’è l’entità del loto della natura innata. I vari fenomeni dei tremila regni sin dall’inizio non si discostano mai dall’entità del loto [della Legge meravigliosa] e questo è un tipo di entità del loto.
«Terzo, c’è l’entità che è il bene assoluto del mare degli effetti. Tutti i fenomeni sin dall’inizio possiedono i tre corpi del Budda e dimorano nella Terra della Luce Tranquilla. Anche un singolo fenomeno non si discosta dai tre corpi e perciò può manifestare gli effetti dei tre corpi. Questo è un tipo di entità del loto.
«Quarto, c’è l’entità che è la verità essenziale del tipo più ampio. Ci sono due tipi di verità essenziale: la verità essenziale che è eterna e immutabile e la verità essenziale che funziona in accordo con le circostanze mutevoli. Entrambe sono chiamate verità essenziali di tipo inferiore. In contrasto a esse c’è l’inconcepibile che è la natura innata di tutti i fenomeni, che non esibisce le caratteristiche dell’insegnamento transitorio e di quello originale, di tranquillità e luminosità16 e così via. Questo è un tipo di entità del loto.
«Il fondamento del loto, poi, è la causa e l’effetto per come si manifestano nel mare degli effetti17. Il prete reverendo soleva dire: “I sei stadi della pratica riguardano il carattere ren [loto] nei cinque caratteri Myoho-renge-kyo. E fra i cinque princìpi maggiori, applicati al carattere ren, i sei stadi sorgono dal principio del fondamento applicato a ren”. Perché? Perché lo stadio di essere un Budda in potenza, il primo dei sei stadi, è un termine che si riferisce alla natura fondamentale. La natura fondamentale è di per sé dotata della perfezione della verità universale e, perciò, lo stadio di essere un Budda in potenza è chiamato “loto”. E quando uno ha raggiunto gli stadi della comprensione, della pratica e del conseguimento18 basati sulla natura originale del mare degli effetti [Buddità], allora gli stadi si chiamano stadi del mare degli effetti.
«Quando il Gran Maestro T’ien-t’ai Chih-che usò la sua illuminazione personale riguardo al veicolo del Budda per chiarire il messaggio complessivo del Sutra del Loto, istituì i sei stadi della pratica applicati alla dottrina del loto. Perciò un commentario dice: “Questa dottrina dei sei stadi della pratica deriva dalla scuola T’ien-t’ai”19.
«Di conseguenza, dal punto di vista dell’illuminazione acquisita, la verità essenziale per come essa esiste all’interno dei vincoli [costituiti dalle illusioni e i desideri]20 è definita lo stadio di essere un Budda in potenza. Inoltre, quando si raggiunge lo stadio dell’illuminazione perfetta, questo è chiamato la verità essenziale che si è emancipata dai vincoli. Poiché lo scopo di tutte le varie pratiche è di emanciparsi dai vincoli, la liberazione dai vincoli [effetto] e l’esistenza all’interno dei vincoli [causa] costituiscono la causa e l’effetto del principio della natura essenziale dei fenomeni [o verità essenziale]. Perciò è chiamato il fondamento di ren, o del loto.
«Questo ren ha sei aspetti nei quali ha un’efficacia superlativa. Primo, la sua natura fondamentale è pura e immacolata e non è macchiata da impurità o contaminazioni. (Ciò corrisponde allo stadio di essere un Budda in potenza). Secondo, è dotato dei tre oggetti – fiore, calice e frutto – e non manca di nessuno di essi. (Ciò corrisponde allo stadio di udire il nome e le parole della verità, nel quale si comprende che tutti i fenomeni sono le tre verità). Terzo, dallo stadio iniziale del seme fino alla formazione finale del frutto, questi tre oggetti, ossia fiore, calice e frutto, continuano a esistere e non sono mai eliminati. (Ciò corrisponde allo stadio della percezione e dell’azione dove si continua a praticare un momento dopo l’altro, senza sosta). Quarto, i frutti acerbi che sono presenti dentro i petali del fiore assomigliano a veri frutti. (Ciò corrisponde allo stadio della somiglianza all’illuminazione). Quinto, il fiore si apre rivelando i frutti. (Ciò corrisponde allo stadio del risveglio progressivo). Sesto, quando il fiore cade i frutti giungono a maturazione. (Ciò corrisponde allo stadio dell’illuminazione fondamentale). In questo senso possiamo vedere che il significato profondo dei sei stadi della pratica ha origine dal carattere ren, o loto.
«Per quanto riguarda poi la funzione di ren21, essa è così chiamata per via della funzione costante della conversione che si svolge in virtù della perfezione dei sei stadi della pratica.
«Poi, per quanto riguarda l’insegnamento di ren22, il Budda eternamente dotato dei tre corpi, che dimora nella natura del loto del mare degli effetti, espone costantemente la Legge incontaminata manifestando le otto fasi dell’esistenza di un Budda e recitando le quattro frasi che si recitano quando si raggiunge la via23.
«Il prete reverendo ha detto: “Le otto fasi del raggiungimento della via24 si riferiscono al Budda eternamente dotato dei tre corpi e la recitazione delle quattro frasi quando si raggiunge la via esiste nell’insegnamento di ren. I tre corpi eternamente dotati sono definiti il ren dell’illuminazione originale. Questo perché si dimora in questo ren dell’illuminazione originale, si disserta costantemente sulle otto fasi dell’esistenza di un Budda e si espongono costantemente le quattro frasi che si recitano al raggiungimento della via”».
Quando si esamina questo passo di I resoconti giornalieri della trasmissione, si vede che esso tratta dei cinque princìpi maggiori applicati a ciascuno dei cinque caratteri di Myoho-renge-kyo. (Qui sopra ho riportato la parte che riguarda i cinque princìpi maggiori applicati al carattere ren, omettendo il resto del passo).
Vorrei far notare che, se seguiamo la dottrina esposta in I resoconti giornalieri della trasmissione, l’origine di tutti i fenomeni, la triplice contemplazione in un’unica mente, i tremila regni in un singolo istante di vita, le tre verità, i sei stadi della pratica, l’unificazione di realtà e saggezza, il significato fondamentale dell’insegnamento originale e dell’insegnamento transitorio, tutti questi insegnamenti hanno origine e sorgono dal singolo carattere ren.
Domanda: Qual è “la teoria generale dei cinque princìpi maggiori”?
Risposta25: «La teoria complessiva dei cinque princìpi maggiori corrisponde ai cinque princìpi maggiori rappresentati dai cinque caratteri di Myoho-renge-kyo. Myo è il nome, ho è l’entità o essenza, ren è il fondamento, ge è la funzione e kyo è l’insegnamento. Inoltre, ci sono due tipi di teoria generale dei cinque princìpi maggiori. La prima riguarda i cinque princìpi maggiori dell’intenzione del Budda. La seconda i cinque princìpi maggiori rispetto alla capacità e ai sentimenti del singolo credente.
«I cinque princìpi maggiori dell’intenzione del Budda sono dotati dei cinque tipi di visione che caratterizzano l’illuminazione dei Budda e che sono rappresentati dai cinque caratteri di Myoho-renge-kyo. Questi cinque tipi di visione sono: l’occhio del Budda, che è myo; l’occhio del Dharma che è ho; l’occhio della saggezza, che è ren; l’occhio celeste, che è ge; e l’occhio delle persone comuni, che è kyo.
«Myo significa inconcepibile e perciò corrisponde alla vera vacuità e tranquillità, che è l’occhio del Budda. Ho è chiamato discriminazione e perciò corrisponde all’occhio del Dharma che ha una natura temporanea e contiene la discriminazione. L’occhio della saggezza corrisponde alla vacuità, in quanto concretizzazione degli effetti, ed è rappresentato da ren. Ge rappresenta la funzione e perciò è chiamato occhio celeste, che è la funzione di conversione esercitata attraverso i poteri sovrannaturali. Kyo significa spezzare le idee illusorie e, poiché riguarda le idee illusorie, è chiamato l’occhio delle persone comuni.
«L’illuminazione della saggezza del Budda è dotata di tutti i cinque tipi di visione. Essi sono i cinque caratteri di Myoho-renge-kyo e i cinque caratteri sono i cinque princìpi maggiori. Perciò si parla di essi come dei cinque princìpi maggiori della saggezza del Budda.
«Inoltre, i cinque tipi di visione corrispondono ai cinque tipi di saggezza. La saggezza dell’essenza del mondo fenomenico è l’occhio del Budda; la saggezza del grande specchio rotondo è l’occhio del Dharma; la saggezza non discriminante è l’occhio della saggezza; la saggezza della visione profonda nel particolare è l’occhio celeste; e la saggezza della pratica perfetta è l’occhio delle persone comuni.
«Domanda: È la scuola T’ien-t’ai che predica questi cinque tipi di saggezza?
«Risposta: La scuola ha già postulato i nove tipi di coscienza e perciò essa predica i cinque tipi di saggezza. Fra le nove coscienze, le prime cinque corrispondono alla saggezza della pratica perfetta. La sesta coscienza corrisponde alla saggezza della visione profonda nel particolare, la settima alla saggezza non discriminante, l’ottava alla saggezza del grande specchio rotondo e la nona alla saggezza dell’essenza del mondo fenomenico.
«Per quanto riguarda poi i cinque princìpi maggiori rispetto alla capacità e ai sentimenti del singolo credente, ciò che si intende per essi è Myoho-renge-kyo, in quanto esposto in accordo con le capacità di tutte le persone. Il titolo Myoho-renge-kyo è composto di cinque caratteri, e di conseguenza vi sono cinque tipi di triplice contemplazione in un’unica mente. Essi sono così spiegati negli insegnamenti trasmessi:
«Myo La triplice contemplazione in un’unica mente che è inconcepibile. Poiché è l’illuminazione naturale che è luminosa in sé e per sé, essa è inconcepibile.
«Ho La triplice contemplazione in un’unica mente che è l’unificazione [delle tre verità]. La verità universale [nella quale le tre verità sono] unificate comprende in sé tutte le nove suddivisioni26.
«Ren La triplice contemplazione in un’unica mente che è la comprensione [dell’unificazione delle tre verità]. L’effetto della Buddità.
«Ge La triplice contemplazione in un’unica mente che ancora una volta si suddivide in categorie27. La pratica nello stato dell’illuminazione originale.
«Kyo La triplice contemplazione in un’unica mente che è facilmente compresa28. La discussione degli insegnamenti.
«Il secondo volume di Il significato profondo del Sutra del Loto discute questi cinque tipi di triplice contemplazione in un’unica mente. Spieghiamoli alla luce di quel passo.
«La triplice contemplazione in un’unica mente, che è inconcepibile, costituisce l’illuminazione ottenuta dal Gran Maestro T’ien-t’ai Chih-che, la verità eterna che è la verità non creata. Questa non si può esprimere con i nomi o le caratteristiche delle tre verità; il solo nome o caratteristica che casomai potrebbe esprimerla sarebbe “inconcepibile”.
«La triplice contemplazione in un’unica mente, che è l’unificazione [delle tre verità], è il principio delle tre verità che esiste sin dall’inizio nel mondo fenomenico [come manifestazione] della verità universale. Così le tre verità giungono a essere unificate l’una con l’altra e a includere le nove suddivisioni.
«Per quanto riguarda la triplice contemplazione in un’unica mente che è la comprensione: la triplice contemplazione in un’unica mente che è inconcepibile e la triplice contemplazione in un’unica mente che è l’unificazione [delle tre verità] non possono essere afferrate dalla mente di una persona comune, ma possono essere comprese solo attraverso la saggezza che i santi liberamente ricevono e impiegano. Perciò è chiamata comprensione.
«Per quanto riguarda la triplice contemplazione in un’unica mente che ancora una volta si suddivide in categorie, le tre verità che sono non create si applicano a tutti i fenomeni e rappresentano la natura fondamentale eternamente immutabile. Esse non sono la stessa cosa della verità universale [nella quale le tre verità sono] unificate e perciò si dice che ancora una volta sono suddivise in categorie.
«Per quanto riguarda la triplice contemplazione in un’unica mente che è facilmente compresa, le persone trovano difficile comprendere la dottrina dell’unificazione delle tre verità e dottrine simili. Perciò si accostano a esse attraverso le tre visioni successive rappresentate dalle tre verità, e analizzano le dottrine in questo modo. Perciò si parla di “facilmente comprensibile”. Questi sono i cinque tipi di triplice contemplazione in un’unica mente come sono descritti nel testo.
«Anche per quanto riguarda la triplice contemplazione in un’unica mente applicata all’intenzione del Budda, vi sono cinque tipi di triplice contemplazione in un’unica mente.
«Primo, c’è la triplice contemplazione in un’unica mente (che si applica alla capacità di varcare la porta della tranquillità)29.
«Secondo, c’è la triplice contemplazione in un’unica mente (che si applica alla capacità di varcare la porta della luminosità o comprensione)30.
«Terzo, c’è la triplice contemplazione in un’unica mente che dimora nell’effetto del conseguimento della Buddità, ma ritorna [alla pratica della triplice contemplazione in un’unica mente]. Quando si hanno capacità superiori e si ode un buon amico che espone la dottrina che tutti i fenomeni sono manifestazioni della Legge buddista, allora si diventa consapevoli della verità. Dopo che si è avuto accesso alla verità, si pratica la triplice contemplazione in un’unica mente, godendone pienamente i benefici31.
«Quarto, c’è la triplice contemplazione in un’unica mente che serve come causa per il raggiungimento dell’effetto. Si sente parlare del meraviglioso effetto del conseguimento della Buddità e, allo scopo di raggiungere tale effetto, si praticano le varie visioni associate alle tre verità32.
«Quinto, c’è la triplice contemplazione in un’unica mente che riguarda le dottrine. Si ascoltano le varie dottrine, come quelle che riguardano i cinque periodi e gli otto insegnamenti e, dopo averle depositate nella mente, si pratica la meditazione. Perciò è chiamata la triplice contemplazione “che riguarda le dottrine”33.
«Il patriarca della scuola della Montagna [T’ien-t’ai] dice (parole dalla torre preziosa)34: “Inoltre, secondo le forme della pratica che io [T’ien-t’ai] ho ricevuto [dal Budda], svolgo le pratiche meravigliose dei tremila regni in un singolo istante di vita e della triplice contemplazione in un’unica mente e, attraverso l’accuratezza e la precisione della comprensione e della pratica, penetro profondamente nella porta dell’ottenimento personale dell’illuminazione. Riguardo allo stato di questa illuminazione, il Budda chiama concentrazione la tranquillità della natura essenziale di tutti i fenomeni. E chiama visione profonda [la saggezza che è] tranquilla e in uno stato di costante luminosità”.
«Domanda: Quando si pratica la concentrazione e visione profonda dell’illuminazione naturale che è luminosa in sé e per sé, si applicano le dottrine dei tremila regni in un singolo istante di vita e la triplice contemplazione in un’unica mente?
«Risposta: Su questo punto i due maestri35 hanno idee discordanti. Il capo dei preti36 dice: “La [concentrazione e visione profonda dell’] illuminazione naturale che è luminosa in sé e per sé è la meditazione sui tremila regni in un singolo istante di vita. Il patriarca della scuola T’ien-t’ai [Miao-lo] dice che i tremila regni in un singolo istante di vita sono impiegati come un modo per comprendere37. “Tremila regni in un singolo istante di vita” non significa che tremila regni nascono da un singolo istante di vita e non significa che un singolo istante di vita è dotato dei tremila regni e nemmeno significa che essi appaiono simultaneamente e che essi appaiono in successione; perciò è chiamata “la verità eterna che è la verità non creata”.
«Il prete reverendo38 dice: “Dell’illuminazione che T’ien-t’ai ottenne naturalmente da solo, e che è luminosa in sé e per sé, ci sono diversi tipi […]. La verità essenziale che è eterna e immutabile, chiarita nell’insegnamento transitorio, è anche ciò a cui T’ien-t’ai si risvegliò naturalmente da solo. Ma, nell’illuminazione naturale di T’ien-t’ai, che è luminosa in sé e per sé, secondo la sua intenzione originale le caratteristiche dei tremila regni in un singolo istante di vita e della triplice contemplazione in un’unica mente sono cancellate e i concetti di unica mente o di singolo istante di vita cessano. A questo punto non vi è né comprensione né pratica39. Quando si attraversa la triplice successione di insegnamento, pratica e illuminazione, nella categoria della pratica, si comincia la meditazione sui tremila regni in un singolo istante di vita. Perciò, nei dieci capitoli di Grande concentrazione e visione profonda, nel settimo capitolo [che tratta della meditazione corretta], è spiegato per la prima volta il metodo per conseguire la visione profonda nei tremila regni in un singolo istante di vita. Questo perché, nel processo che conduce dalla causa [i nove mondi] all’effetto [la Buddità], è necessario stabilire vari stadi”.
«Negli insegnamenti trasmessi dal Gran Maestro T’ien-t’ai sulla sua illuminazione interiore si afferma: “Il terzo tipo di concentrazione e visione profonda40 non è una dottrina che si può trasmettere agli altri”41. Perciò dobbiamo capire che la concentrazione e visione profonda che riguarda l’illuminazione interiore di T’ien-t’ai non implica la trasmissione di alcun insegnamento.
«Al momento, tutto ciò che è descritto in Grande concentrazione e visione profonda, dalla prima riga all’ultima, riguarda interamente l’insegnamento e la pratica, e non la categoria dell’illuminazione.
«Negli insegnamenti trasmessi dal maestro Hsüan-lang di Fu-chou nell’era K’ai-yüan, si afferma: “Quando per realizzare la trasmissione si usano le parole, allora sia la pratica sia l’illuminazione diventano una questione di insegnamento. Quando si impiega la mente per meditare su di esse, l’insegnamento e l’illuminazione diventano la concretizzazione della pratica. E quando l’illuminazione viene impiegata per trasmetterle, allora sia l’insegnamento sia la pratica sono inconcepibili”42.
«Gli studenti delle epoche successive devono tenere a mente queste parole e non dimenticarle mai! Questo punto rappresenta la vera intenzione della scuola, lo scopo originale che sta dietro l’istituzione degli insegnamenti. Le dottrine fondamentali esposte dal prete reverendo [Tao-sui] nell’era Chen-yüan hanno origine da questo».
Domanda: Riguardo a questa Legge dell’illuminazione naturale che è luminosa in sé e per sé, qual è il tempo adatto per propagarla, nel periodo successivo alla morte del Budda?
Risposta: Dovrebbe essere ampiamente diffusa nel Medio giorno della Legge.
Domanda: E quale titolo e descrizione daresti alla Legge da propagare nell’Ultimo giorno della Legge?
Risposta: La risposta a questo è spiegata chiaramente nella Legge segreta che Nichiren ha ricevuto e custodito nella sua mente e nel suo cuore. Non è altro che Nam-myoho-renge-kyo.
Domanda: Che passi puoi citare per provarlo?
Risposta: Nel capitolo “Poteri sovrannaturali” si afferma: «A quel tempo il Budda si rivolse a Pratiche Superiori e agli altri bodhisattva della grande assemblea dicendo: “Per spiegare in breve, [tutte le dottrine possedute dal Tathagata, tutti i poteri di cui il Tathagata si avvale liberamente, tutti i segreti tesori fondamentali del Tathagata, tutte le più profonde questioni del Tathagata], tutto questo è dichiarato, rivelato e chiaramente spiegato in questo sutra»43. Il Gran Maestro T’ien-t’ai dice: «Il passo che inizia con “A quel tempo il Budda si rivolse a Pratiche Superiori” costituisce la terza [delle tre suddivisioni della parte in prosa del capitolo in cui è descritto] il trasferimento dell’essenza del Sutra del Loto»44.
E dice inoltre: «L’essenza di tutti i passi essenziali del Sutra del Loto sono le quattro questioni [rappresentate dalle quattro frasi]45. [In altre parole] in queste quattro frasi è riassunto l’intero Sutra del Loto. Esse rappresentano l’essenza del sutra e sono state trasmesse al Bodhisattva Pratiche Superiori e agli altri»46.
Domanda: Il passo che hai appena citato parla della trasmissione al Bodhisattva Pratiche Superiori e agli altri. Perché allora tu menzioni “la Legge segreta che Nichiren ha ricevuto e custodito nella sua mente e nel suo cuore”?
Risposta: Io, Nichiren, per primo sto conducendo la propagazione della Legge segreta che il Bodhisattva Pratiche superiori è stato incaricato di diffondere. Questo non significa forse che la trasmissione riguarda me? Io sono come una persona che sta svolgendo le funzioni del Bodhisattva Pratiche Superiori.
Il fatto è che, una volta iniziato l’Ultimo giorno della Legge, questa Legge dell’illuminazione naturale che è luminosa in sé e per sé non reca più alcun beneficio. Dovrebbe essere impiegata solo come pratica supplementare: l’unica pratica primaria da usare è [la recitazione di] Nam-myoho-renge-kyo.
Il Gran Maestro Dengyo afferma: «Il Gran Maestro T’ien-t’ai ebbe fede in Shakyamuni, gli obbedì e si adoperò per sostenere la scuola del Loto, diffondendone gli insegnamenti in tutta la Cina. Noi del Monte Hiei abbiamo ereditato la dottrina da T’ien-t’ai e ci adoperiamo per sostenere la scuola del Loto e diffonderne gli insegnamenti in tutto il Giappone»47.
Adesso io, Nichiren, ho ereditato i sette caratteri di Nam-myoho-renge-kyo contenuti nella torre preziosa e, in quest’era dell’Ultimo giorno della Legge, mi adopero per diffonderli in tutto il Giappone. Questa è la Legge buddista che è adatta a quest’epoca e a questo paese, non ti sembra? Ora che siamo entrati nell’Ultimo giorno della Legge, chiunque cerchi di diffondere la Legge dell’illuminazione naturale che è luminosa in sé e per sé, e di farne la pratica primaria, cadrà immancabilmente nella grande fortezza dell’inferno di incessante sofferenza. Non c’è alcun dubbio.
Tu hai accantonato gli insegnamenti delle scuole provvisorie, che avevi praticato per alcuni anni, per diventare discepolo di Nichiren; ciò dimostra che sei un uomo saggio in grado di comprendere quale sia la dottrina veramente adatta a questo tempo e a questo paese. I discepoli di Nichiren, come Nichiren stesso, dovrebbero invariabilmente praticare i princìpi corretti. Un uomo può anche diventare un sapiente o un erudito, ma, se cade nell’inferno, ciò non varrà più nulla e non sarà più di alcuna utilità. La cosa essenziale perciò è che, in ogni ora, in ogni momento, si dovrebbe recitare Nam-myoho-renge-kyo.
So che già conosci bene le dottrine che ho appena discusso, ma qui ho osato scriverne. Dovresti esaminare molto attentamente la dottrina delle diciotto perfezioni. La dottrina del loto dell’entità della Legge, che mi fu tramandata e che rappresenta l’illuminazione stessa di Nichiren, è esattamente come l’ho descritta in varie occasioni nel passato. Per i dettagli puoi fare riferimento a I resoconti giornalieri della trasmissione. Non c’è dottrina più recondita di questa nella scuola Tendai. Il profondo principio rappresentato dalla triplice contemplazione in un’unica mente e dai tremila regni in un singolo istante di vita non va oltre la singola frase Myoho-renge-kyo. Questo è un punto che non dovresti mai dimenticare! Non dimenticarlo mai!
Il Gran Maestro Dengyo afferma: «Il prete reverendo spinto dalla compassione ci ha trasmesso in una singola frase la triplice contemplazione in un’unica mente»48. E l’opera che riguarda la trasmissione del significato profondo49 afferma: «È il significato meraviglioso espresso in una sola frase, il principio profondo dell’unico insegnamento».
Il capitolo “Durata della vita” del Sutra del Loto dice: «Questo è il mio pensiero costante: come posso far sì che tutti gli esseri viventi accedano alla via suprema e acquisiscano rapidamente il corpo di Budda?»50. Questo “pensiero”, nella frase “questo è il mio pensiero costante” è il singolo istante di pensiero, o singolo istante di vita, che comprende i tremila regni, originariamente inerente ai Budda e a tutti gli esseri viventi. Tienilo segreto! Devi tenerlo segreto!
Con profondo rispetto,
Nichiren
Il terzo giorno dell’undicesimo mese del terzo anno dell’era Koan [1280]
Inviato a Sairen-bo
Cenni Storici
Nichiren Daishonin scrisse questa lettera il terzo giorno dell’undicesimo mese del 1280 da Minobu al suo discepolo Sairen-bo Nichijo, un ex prete della scuola Tendai.
Essa è composta di undici domande e relative risposte attraverso le quali il Daishonin analizza la dottrina delle diciotto perfezioni e altri insegnamenti esposti in I resoconti giornalieri della trasmissione nel tempio Hsiu-ch’an di Dengyo, fondatore della scuola Tendai in Giappone.
Dopo aver discusso questi insegnamenti da vari punti di vista, il Daishonin conclude che nell’Ultimo giorno della Legge non bisogna restare attaccati alle dottrine esposte da T’ien-t’ai in Cina. Il mezzo per conseguire l’illuminazione, egli afferma, è recitare il daimoku del Sutra del Loto, o Nam-myoho-renge-kyo.
Il contenuto di questa lettera può essere diviso in tre parti. La prima inizia con la domanda: «Da dove deriva la dottrina delle diciotto perfezioni?» (p. 846) e termina con l’affermazione «…l’origine di tutti i fenomeni, la triplice contemplazione in un’unica mente, i tremila regni in un singolo istante di vita, le tre verità, i sei stadi della pratica, l’unificazione di realtà e saggezza, il significato fondamentale dell’insegnamento originale e dell’insegnamento transitorio, tutti questi insegnamenti hanno origine e sorgono dal singolo carattere ren» (p. 851).
Il Daishonin inizia questa prima parte introducendo ciò che Dengyo insegnò in merito a ciascuna delle diciotto perfezioni, citando I resoconti giornalieri della trasmissione dello stesso Dengyo. Successivamente, poiché fra i cinque caratteri di Myoho-renge-kyo questo insegnamento origina dal singolo carattere ren, o “loto”, il Daishonin cita alcuni passi tratti dallo stesso documento per illustrare il profondo significato del carattere ren, dalla prospettiva di ognuno dei cinque princìpi maggiori: nome, entità o essenza, fondamento, funzione, e insegnamento. Questi cinque princìpi furono introdotti da T’ien-t’ai nella sua opera Il significato profondo del Sutra del Loto, nella quale egli li applicò a ognuno dei cinque caratteri del titolo del sutra, Myoho-renge-kyo. Nel presente scritto invece, il Daishonin esamina tali princìpi solo in riferimento al carattere ren. In conclusione egli afferma che tutti i fenomeni e tutti gli insegnamenti relativi all’illuminazione esposti da T’ien-t’ai, quali la triplice contemplazione in un’unica mente e i tremila regni in un singolo istante di vita, originano dal carattere ren.
La seconda parte inizia con la domanda «Qual è “la teoria generale dei cinque princìpi maggiori”?» (p. 851) e continua fino all’affermazione «Riguardo allo stato di questa illuminazione, il Budda chiama concentrazione la tranquillità della natura essenziale di tutti i fenomeni. E chiama visione profonda [la saggezza che è] tranquilla e in uno stato di costante luminosità» (p. 854).
In questa parte il Daishonin cita nuovamente I resoconti giornalieri della trasmissione, questa volta in merito alla teoria generale dei cinque princìpi maggiori. Ognuno dei cinque caratteri di Myoho-renge-kyo corrisponde a uno dei cinque princìpi maggiori: myo al nome, ho all’entità o essenza, ren al fondamento, ge alla funzione e kyo all’insegnamento.
Inoltre, nell’ambito della teoria generale dei cinque princìpi maggiori, ci sono due categorie: i cinque princìpi maggiori relativi all’intenzione del Budda, e i cinque princìpi maggiori relativi alla capacità e ai sentimenti delle persone. Di queste due categorie, la prima rappresenta i cinque tipi di visione che caratterizzano l’illuminazione di tutti i Budda. Questi cinque tipi di visione corrispondono ai cinque tipi di saggezza, che a loro volta corrispondono alle nove coscienze (la saggezza delle persone comuni corrisponde ai cinque livelli di coscienza più superficiali, mentre i restanti quattro corrispondono ai quattro livelli di coscienza più profondi).
I cinque princìpi maggiori relativi alla capacità e ai sentimenti delle persone, indicano Myoho-renge-kyo, per come fu esposto in accordo con le capacità di tutte le persone. Il Daishonin afferma: «Il titolo Myoho-renge-kyo è composto di cinque caratteri, e di conseguenza vi sono cinque tipi di triplice contemplazione in un’unica mente»; poi spiega ciascun tipo.
La terza e ultima parte inizia con la domanda: «Quando si pratica la concentrazione e visione profonda dell’illuminazione naturale che è luminosa in sé e per sé, si applicano le dottrine dei tremila regni in un singolo istante di vita e la triplice contemplazione in un’unica mente?» (p. 854) e continua fino alla fine della lettera. Qui il Daishonin discute del rapporto tra la «concentrazione e visione profonda dell’illuminazione naturale che è luminosa in sé e per sé» e il principio dei tremila regni in un singolo istante di vita. Egli giunge alla conclusione che il concetto di concentrazione e visione profonda esposto da T’ien-t’ai e propagato nel Medio giorno della Legge, ora, nell’Ultimo giorno della Legge, va scartato. Il Daishonin identifica la pratica corretta per il conseguimento della Buddità nell’Ultimo giorno con la recitazione e la propagazione del daimoku del Sutra del Loto, ovvero Nam-myoho-renge-kyo. Egli conclude affermando: «I discepoli di Nichiren, come Nichiren stesso, dovrebbero invariabilmente praticare i princìpi corretti. […] La cosa essenziale perciò è che, in ogni ora, in ogni momento, si dovrebbe recitare Nam-myoho-renge-kyo».