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38. Sulle preghiere

RSND, VOLUME I

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Sado, 1272. Indirizzata a Sairen-bo

Domanda: Quale, fra le preghiere della scuola della Ghirlanda di fiori, della scuola delle Caratteristiche dei dharma, della scuola dei Tre tesori, delle tre scuole hinayana1, della scuola della Vera parola o della scuola Tendai, è veramente efficace? Risposta: Poiché si basano su ciò che il Budda ha predicato, in un certo senso si possono considerare tutte preghiere, ma solo quella basata sul Sutra del Loto è una preghiera sicura di ottenere risposta2. Domanda: Qual è la ragione? Risposta: Le persone dei due veicoli, benché avessero passato tanti kalpa quanti sono i granelli di polvere della terra praticando i sutra che corrispondono ai primi quattro gusti, non poterono conseguire la Buddità, ma, ascoltando per un solo istante il Sutra del Loto, divennero Budda. Per questo motivo Shariputra, Mahakashyapa, i milleduecento [arhat], i dodicimila [arhat]3, e tutte le altre persone dei due veicoli che conseguirono la Buddità, risponderanno sicuramente alle preghiere di coloro che praticano il Sutra del Loto e si faranno carico delle loro sofferenze. Per questo nel capitolo “Fede e comprensione” si legge: «L’Onorato dal Mondo nella sua grande benevolenza si avvale di una cosa rara; pieno di pietà e compassione insegna e converte arrecando beneficio a noi tutti. Chi mai potrebbe ripagare il debito anche nel corso di innumerevoli milioni di kalpa? Se anche offrissimo mani e piedi, chinassimo il capo in segno di obbedienza e offrissimo doni di ogni tipo, nessuno di noi potrebbe ripagarlo. Se anche lo sollevassimo al di sopra delle nostre teste, lo portassimo sulle spalle per un numero di kalpa pari alle sabbie del Gange e lo riverissimo con tutto il nostro cuore; se venissimo a lui con cibi raffinati, con innumerevoli abiti ingioiellati, con giacigli di finissima fattura, diversi tipi di bevande e medicine, con sculture in sandalo testa di bue e con tutti i tipi di pietre preziose; se costruissimo torri in suo onore e cospargessimo il suolo di stoffe preziose; se anche facessimo tutto ciò in segno di gratitudine per un numero di kalpa pari alle sabbie del Gange, ancora non saremmo in grado di ripagarlo»4. In questo passo del sutra, i quattro grandi ascoltatori della voce, dopo aver udito il messaggio del capitolo “Parabola e similitudine” e aver appreso come potevano diventare Budda, spiegano quanto sia difficile ripagare il debito di gratitudine verso il Budda e il Sutra del Loto. Da ciò possiamo comprendere che, per le persone dei due veicoli, i praticanti del Sutra del Loto sono più importanti di un padre e di una madre, di un amato figlio, dei propri due occhi, del proprio corpo e della propria vita. Non credo che Shariputra, Maudgalyayana e gli altri grandi ascoltatori della voce abbandonerebbero i praticanti che lodano uno qualsiasi degli insegnamenti esposti dal Budda nella sua vita, ma è probabile che nutrano un lieve risentimento verso i vari sutra predicati prima del Sutra del Loto. Questo certamente a causa dell’ammonimento [in essi contenuto]: «Fra gli insegnamenti del Budda essi [gli ascoltatori della voce] sono come semi già rovinati»5. Ora che sono diventati i Tathagata Fiore Splendente, Forma Rara e Splendore Universale6, una fortuna davvero insperata, devono sentirsi come se le montagne K’un-lun si fossero spaccate ed essi fossero potuti entrare in quelle montagne dei tesori. Per questo nel passo di lode essi dicono: «Abbiamo ottenuto un gioiello inestimabile senza cercarlo»7. Perciò non può esserci alcun dubbio che tutte le persone dei due veicoli proteggeranno i praticanti del Sutra del Loto. Persino umili animali sanno ripagare i loro debiti di gratitudine. Un uccello, l’oca selvatica, adempie i doveri filiali verso la madre quando quest’ultima è sul punto di morire. E la volpe non dimentica la sua collinetta8. Se perfino gli animali agiscono così, a maggior ragione devono farlo gli esseri umani. Un uomo chiamato Wang Shou stava viaggiando su una strada quando si sentì stanco e affamato. Sul margine della strada c’era un susino carico di frutti; Wang Shou li colse, li mangiò e soddisfece la sua fame. Poi si disse: «Mangiando i frutti di questo susino ho riacquistato forza e vigore, non posso non ripagare il mio debito». Così dicendo, si tolse la veste, l’appese al susino e se ne andò. Un uomo chiamato Wang Yin stava percorrendo una strada quando gli venne sete. Attraversando un fiume bevve un po’ d’acqua e poi gettò una moneta nel fiume come pagamento per l’acqua bevuta. Un drago protegge invariabilmente un monaco che indossa la tonaca perché una volta un drago ricevette da un Budda la tonaca e, facendola indossare al suo amato figlio nel palazzo dei draghi, lo sottrasse all’attacco degli uccelli garuda. Un uccello garuda invariabilmente protegge coloro che assolvono i loro doveri filiali. I draghi scuotono il monte Sumeru per mangiare gli amati piccoli dei garuda dopo che sono caduti dal nido. Ma il Budda insegnò ai garuda a prendere il riso che i monaci buddisti ricevono in offerta da persone dotate di pietà filiale e collocarlo in cima al monte Sumeru, sottraendo così i piccoli dall’attacco dei draghi. Il cielo protegge immancabilmente le persone che osservano i precetti e praticano il bene. Se le persone nate nel regno umano non seguono i precetti e non praticano il bene, nella maggior parte dei casi rinasceranno nel regno degli asura. E quando gli esseri del regno degli asura sono molto numerosi, diventano arroganti e inevitabilmente attaccano il cielo. Ma se le persone del mondo umano seguono i precetti e praticano il bene, alla loro morte rinasceranno sicuramente nel regno degli esseri celesti. E se gli esseri del regno celeste diventano molto numerosi, gli asura ne avranno paura e non attaccheranno il cielo. Perciò, il cielo protegge immancabilmente le persone che osservano i precetti e praticano il bene. Nell’osservanza dei precetti e nella saggezza, le persone dei due veicoli sono di gran lunga superiori alle persone ordinarie dei sei sentieri. Come potrebbero abbandonare coloro che praticano il Sutra del Loto, il sutra che ha permesso loro di conseguire la Buddità? Inoltre, benché i bodhisattva e le persone comuni avessero praticato per innumerevoli kalpa gli insegnamenti dei vari sutra predicati nei quarant’anni e più che precedettero il Sutra del Loto, non riuscirono a conseguire la Buddità, mentre divennero Budda praticando il Sutra del Loto. E ora questi Budda dei mondi delle dieci direzioni sono dotati delle trentadue caratteristiche maggiori e degli ottanta segni minori che distinguono un Budda, e le persone dei nove mondi li venerano come costellazioni intorno alla luna, come le otto montagne intorno al monte Sumeru, come gli esseri dei quattro continenti venerano il sole o la gente comune il re che mette in moto la ruota. E se sono così venerati non lo devono forse al beneficio del Sutra del Loto? Per cui il Budda nel Sutra del Loto ammonì: «Non è necessario che là vengano conservate le reliquie del Budda»9. E il Sutra del Nirvana dice: «Ciò che tutti i Budda prendono come maestro è la Legge. Per questo i Tathagata la onorano, la rispettano e le fanno offerte». Nella frase del Sutra del Loto il Budda dice di non porre le sue reliquie accanto al Sutra del Loto, e in quella del Sutra del Nirvana dice che tutti i Budda devono onorare, rispettare e fare offerte al Sutra del Loto. Essendo divenuti Budda perché illuminati dal Sutra del Loto, se non lo predicassero agli altri, sarebbero colpevoli di negare agli altri il seme della Buddità. Per questa ragione il Tathagata Shakyamuni apparve in questo mondo di saha e si accinse a predicare il Sutra del Loto. Ma il re demone del sesto cielo, chiamato anche oscurità fondamentale, prese possesso dei corpi di tutte le persone e le indusse a odiare il Budda, impedendone la predicazione. Il re Virudhaka uccise cinquecento membri del clan Shakya; Angulimala inseguì il Budda; Devadatta gli fece cadere addosso un grosso macigno; Chincha, la figlia di un brahmano, si legò un vaso sul ventre e disse di portare in grembo il figlio del Budda. Il signore di una città brahmana stabilì di multare con cinquecento ryo d’oro chi avesse fatto entrare il Budda nella città. La gente allora sbarrò le strade con siepi spinose, gettò escrementi nei pozzi, costruì barricate di tronchi alle porte e mise veleno nel cibo del Budda. Tutto ciò per odio verso il Budda. La monaca Utpalavarna fu assassinata, Maudgalyayana fu ucciso dai brahmani della scuola del Bastone di bambù, Kalodayin fu sepolto nel letame di cavallo. Tutto ciò per avversione nei confronti del Budda. Tuttavia, il Budda sopravvisse a tutte queste varie prove e, all’età di settantadue anni, quarantadue anni dopo aver iniziato a predicare gli insegnamenti buddisti, sulla montagna Gridhrakuta, a nord-est della città di Rajagriha nell’India centrale, cominciò a predicare il Sutra del Loto. Lo predicò per otto anni, poi sulle rive del fiume Ajitavati nella città di Kushinagara nell’India orientale, a metà della notte del quindicesimo giorno del secondo mese, all’età di ottant’anni, entrò nel nirvana. Ma prima di ciò rivelò la sua illuminazione sotto forma del Sutra del Loto. Perciò le parole di questo sutra sono l’anima del Tathagata Shakyamuni. Poiché ogni singola parola è l’anima del Budda, il Tathagata Shakyamuni protegge come i suoi stessi occhi coloro che praticano questo sutra e li accompagna come l’ombra accompagna un corpo. Come possono non essere esaudite le loro preghiere? Durante i quarant’anni e più di predicazione del Budda, i vari bodhisattva avevano cercato di conseguire la Buddità attraverso i sutra, a partire dal Sutra della Ghirlanda di fiori, ma non vi erano riusciti. Ma, quando il capitolo “Espedienti” del Sutra del Loto annuncia in maniera concisa la sostituzione dei tre veicoli con l’unico veicolo10, allora «i bodhisattva che aspirano a divenire Budda, in una grande moltitudine di ottantamila, e i saggi re che mettono in moto la ruota, giunti da diecimila milioni di terre, tutti a mani giunte e con animo reverente, desiderano udire l’insegnamento della perfetta via»11. E quando udirono spiegare in maniera estesa la «sostituzione dei tre veicoli con l’unico veicolo», dissero: «Allorché i bodhisattva udranno questa Legge, saranno liberati dai grovigli del dubbio»12. Dopo di che, i bodhisattva di questo mondo e di altre regioni, si radunarono, densi come nuvole e numerosi come stelle. E quando fu predicato il capitolo “Torre preziosa” si adunarono tutti i Budda delle dieci direzioni, ciascuno accompagnato da innumerevoli bodhisattva. Manjushri apparve dal mare insieme a innumerevoli bodhisattva13; inoltre c’erano ottocentomila milioni di nayuta di bodhisattva14 e i bodhisattva più numerosi delle sabbie di otto fiumi Gange15; i bodhisattva che emersero dalla terra numerosi come i granelli di polvere di mille mondi16; i bodhisattva numerosi come le sabbie di seicentottanta volte diecimila, milioni, nayuta di fiumi Gange che appaiono nel capitolo “Distinzioni dei benefici”; i bodhisattva moltiplicati per mille; quelli numerosi come i granelli di polvere di un sistema maggiore di mondi, di un sistema intermedio di mondi, di un sistema minore di mondi; i bodhisattva numerosi come i granelli di polvere dei quattro mondi di quattro continenti, dei tre mondi di quattro continenti, dei due mondi di quattro continenti, di un mondo di quattro continenti e le persone numerose come i granelli di polvere di otto mondi. C’erano gli ottantaquattromila bodhisattva del capitolo “Re della Medicina”; gli ottantaquattromila bodhisattva e i quarantaduemila figli del cielo del capitolo “Suono Meraviglioso”; le ottantaquattromila persone del capitolo “Accesso universale”; le sessantottomila persone del capitolo “Dharani”; le ottantaquattromila persone del capitolo “Re Ornamento Meraviglioso”, i bodhisattva numerosi come le sabbie del Gange e quelli numerosi come i granelli di polvere di un sistema maggiore di mondi del capitolo “Incoraggiamenti”. Se volessimo contare tutti questi bodhisattva, sarebbero numerosi come i granelli di polvere dei mondi delle dieci direzioni, come le piante e gli alberi dei mondi delle dieci direzioni, come le stelle dei mondi delle dieci direzioni, come le gocce di pioggia dei mondi delle dieci direzioni. E tutti questi esseri conseguirono la Buddità grazie al Sutra del Loto e ora dimorano sulla terra, sotto la terra o nel cielo dell’attuale sistema maggiore di mondi. Il Venerabile Mahakashyapa vive sul monte Kukkutapada, Manjushri vive sul monte Chiaro e Fresco, il Bodhisattva Deposito della Terra sul monte Kharadiya, Percettore dei Suoni del Mondo sul monte Potalaka, il Bodhisattva Maitreya nel cielo Tushita, Nanda e gli innumerevoli altri re draghi e re asura vivono sul fondo o sulle rive del mare. Shakra vive nel cielo dei trentatré dèi, Brahma nel cielo Culmine dell’Essere, Maheshvara nel sesto cielo di Colui che Gode Liberamente delle Creazioni Illusorie degli Altri, i quattro re celesti vivono alle falde del monte Sumeru, il sole, la luna e lo stuolo di stelle sono davanti ai nostri occhi e brillano sulla nostra testa. Le divinità dei fiumi, dei torrenti e dei monti erano fra gli onorevoli presenti nell’assemblea quando fu predicato il Sutra del Loto. Sono ormai passati duemiladuecento anni e più da quando il Budda ha esposto il Sutra del Loto. Gli esseri umani hanno una vita breve e perciò non esiste nessun uomo oggi che abbia visto il Budda coi propri occhi. Ma nel mondo celeste la durata di un giorno è lunga e anche gli esseri che vi abitano hanno una lunga vita, così che gli esseri celesti che hanno visto il Budda e l’hanno udito predicare il Sutra del Loto sono innumerevoli. Cinquant’anni di vita di un essere umano corrispondono a un giorno e una notte nel cielo dei quattro re celesti. Trenta di questi giorni e notti formano un mese, dodici mesi formano un anno e [quegli esseri celesti] vivono fino a cinquecento anni. Perciò duemiladuecento anni e più nella vita degli esseri umani equivalgono a soli quarantaquattro giorni nel cielo dei quattro re celesti. Quindi, per le divinità del sole e della luna e per il re celeste Vaishravana, sono passati quarantaquattro giorni, cioè meno di due mesi, dalla morte del Budda e per Shakra e Brahma non è passato neanche un mese, nemmeno un’ora. E, in così breve tempo, come possono aver dimenticato il voto pronunciato davanti al Budda o il debito di gratitudine nei confronti del sutra che ha permesso loro di conseguire la Buddità, e abbandonare i praticanti del Sutra del Loto? Questo pensiero ci può rassicurare. Perciò la preghiera di un praticante del Sutra del Loto [otterrà risposta] come l’eco risponde al suono, come l’ombra accompagna il corpo, come la luna si riflette sull’acqua limpida, come uno specchio raccoglie la rugiada17, come un magnete attira il ferro, come l’ambra attrae la polvere, come uno specchio limpido riflette il colore delle cose. Nelle faccende ordinarie del mondo, sebbene qualcuno possa non voler fare una determinata cosa, se vi è spinto dai genitori, dal signore, dai maestri, dalla moglie, dai figli, o dai suoi intimi amici, e inoltre è una persona di coscienza, la farà anche controvoglia, anche a costo di perdere fama e profitto, anche a costo della vita. A maggior ragione farà qualcosa che gli è dettata dal cuore, malgrado i genitori, il signore e il maestro cerchino di impedirglielo. Per questo un saggio di nome Fan Yü-ch’i si tagliò la testa per offrirla a Ching K’o, e Chi-cha, che aveva promesso di dare la propria spada al signore di Hsü, l’appese sulla tomba di quest’ultimo. Nell’assemblea sul Picco dell’Aquila, la figlia del re drago conseguì la Buddità nella sua forma presente18. Nei sutra hinayana le donne erano disprezzate a causa delle spesse nubi dei cinque ostacoli e dei forti vincoli delle tre obbedienze a cui sono soggette; nei sutra mahayana predicati per più di quarant’anni erano respinte perché ritenute incapaci di praticare per molti kalpa e, benché fosse stato detto: «Quando concepiscono per la prima volta il desiderio di farlo, esse possono conseguire la Buddità»19, si trattava di semplici parole prive di fondamento. Perciò, in effetti alle donne era negata la Buddità. Dato che anche una donna nel regno degli esseri umani o celesti non aveva speranza di entrare nella strada della Buddità, ancor meno ne poteva avere questa donna drago, un umile animale che non aveva ancora raggiunto la maturità, ma aveva appena otto anni. Eppure, contrariamente a ogni aspettativa, grazie all’istruzione di Manjushri, nel breve intervallo fra il capitolo “Maestro della Legge” e il capitolo “Devadatta”, mentre veniva esposto il capitolo “Torre preziosa”, conseguì la Buddità nelle profondità del mare. Se non fosse stato per il potere del Sutra del Loto, il supremo fra tutti gli insegnamenti del Budda, come sarebbe potuta accadere una cosa simile? Per questo Miao-lo commentò: «Il sutra qui dimostra il suo potere rivelando che la pratica è superficiale, ma il beneficio che ne risulta è assai profondo»20. Poiché la fanciulla drago era diventata Budda grazie a questo sutra, anche senza l’esortazione del Budda non potrebbe mai abbandonare i praticanti del Sutra del Loto. Nei versi in lode del Budda ella disse: «Io espongo le dottrine del grande veicolo per riscattare gli esseri viventi dalla sofferenza»21. Il suo giuramento fu pronunciato anche da tutto il suo seguito, cioè da tutti i draghi, il cui numero è così vasto che «le parole non possono esprimerlo, la mente non può concepirlo»22. Sagara, il re dei draghi, che, benché fosse un animale, amava profondamente la figlia, prese il tesoro più prezioso del grande mare, un gioiello che esaudisce i desideri, e lo dette alla figlia perché lo donasse al Budda come offerta per aver conseguito la Buddità nella sua forma presente. Questo gioiello aveva un valore pari a un sistema maggiore di mondi. Devadatta, nipote del re Simhahanu, era figlio del re Dronodana, zio del Budda Shakyamuni e fratello maggiore del Venerabile Ananda. La madre era la figlia del ricco Suprabuddha. Apparteneva alla famiglia di un re che mette in moto la ruota e godeva di un’elevata posizione sociale nel continente meridionale di Jambudvipa. Quando era ancora un laico, la donna che egli desiderava sposare, Yashodhara, gli fu tolta dal principe Siddhartha, che egli considerò da allora come un nemico da una passata esistenza. Poi abbandonò la sua famiglia per entrare nell’ordine buddista, ma, in occasione di grandi assemblee di uomini e di esseri celesti, veniva insultato dal Budda che lo chiamava stupido o diceva che era uno che mangia lo sputo degli altri. Inoltre, essendo avido di fama e profitto, era geloso della considerazione in cui la gente teneva il Budda. Per apparire più ammirevole del Budda, si mise a osservare i cinque precetti ascetici, forgiò con del ferro una ruota a mille raggi [per imprimersela sulla pianta dei piedi], raccolse delle lucciole per farsi il ciuffo di peli bianchi, imparò a memoria sessantamila e ottantamila preziosi insegnamenti23. Eresse un palco per l’ordinazione dei monaci sul monte Gayashirsha attirando dalla sua parte molti discepoli del Budda; si spalmò del veleno sulle unghie e tentò di applicarlo sui piedi del Budda; colpì a morte la monaca Utpalavarna e fece cadere un macigno sul Budda ferendolo a un dito del piede. Commise tre peccati capitali e alla fine raccolse intorno a sé tutti i malvagi delle cinque regioni dell’India per attaccare il Budda, i suoi discepoli e i suoi sostenitori laici. Il re Bimbisara era il maggior sostenitore laico del Budda. Inviava ogni giorno in offerta cinquecento carri [di rifornimenti] al Budda e ai suoi discepoli. Ma Devadatta, spinto dalla sua intensa gelosia, parlò al principe Ajatashatru e alla fine lo istigò a trafiggere il padre con chiodi lunghi sette piedi. Infine, la terra di fronte alla porta settentrionale della città di Rajagriha si aprì e Devadatta cadde nella grande fortezza dell’inferno Avichi. Non ci fu un solo uomo nell’intero sistema maggiore di mondi che non assistette all’evento. Si poteva supporre che non sarebbe mai uscito dalla grande fortezza dell’inferno di incessante sofferenza neanche col passare di tanti kalpa quanti sono i granelli di polvere della terra. Eppure, cosa stupefacente e ammirevole, nel Sutra del Loto egli divenne un Budda chiamato Tathagata Re del Cielo. Se Devadatta può diventare un Budda, tutti gli innumerevoli uomini malvagi da lui istigati e che condividono l’effetto della sua stessa causa karmica devono essere sfuggiti alle sofferenze dell’inferno di incessante sofferenza. Questo è esclusivamente dovuto al beneficio del Sutra del Loto. Così Devadatta e le innumerevoli persone che lo seguirono possono ora dimorare nelle case dei praticanti del Sutra del Loto [per proteggerli]. Che pensiero confortante! I vari bodhisattva numerosi come i granelli di polvere della terra erano giunti al livello di illuminazione quasi perfetta, stadio nel quale ci si doveva liberare solo dall’oscurità fondamentale, e quando incontrarono il Tathagata Shakyamuni pensarono che sarebbero riusciti a frantumare il grande macigno della loro oscurità fondamentale. Tuttavia, nei primi quarant’anni, Shakyamuni, il signore degli insegnamenti, disse che poteva esporre le cause, ma non poteva esporre gli effetti dell’illuminazione e perciò non chiarì i benefici della perfetta illuminazione. Così, contrariamente alle aspettative, nessun bodhisattva poté avanzare allo stadio di perfetta illuminazione. Ma, quando durante gli otto anni di predicazione sul Picco dell’Aquila, il Budda spiegò l’effetto dell’illuminazione, che si chiama l’unico veicolo della Buddità, tutti i bodhisattva giunsero allo stadio di perfetta illuminazione, lo stesso livello d’illuminazione del Tathagata Shakyamuni. Era come se, saliti sulla cima del monte Sumeru, potessero vedere in ogni direzione, e tutto divenne chiaro come se il sole fosse sorto nel cuore di una lunga notte. Anche se il Budda non li avesse esortati a farlo, potevano non decidere di diffondere il Sutra del Loto e di prendere su di sé le sofferenze dei suoi praticanti? Perciò essi fecero un voto: «Senza curarci dei nostri corpi o delle nostre vite, avremo a cuore solo la via suprema»24, «Senza lesinare il corpo o la vita»25 e «Predicheremo sicuramente questo sutra in ogni direzione»26. Inoltre, il Budda Shakyamuni che è come un buon padre, il Budda Molti Tesori che è come una tenera madre e i Budda delle dieci direzioni che apparvero per dare la loro testimonianza e che sono come affezionati genitori, erano seduti insieme, fianco a fianco, come due lune unite, come due soli affiancati. Allora il Budda li ammonì tre volte: «Così mi rivolgo alla grande assemblea: dopo la mia estinzione, chi darà protezione e sostegno, chi leggerà e reciterà questo sutra? Ora, al cospetto del Budda, si faccia avanti e pronunci il suo voto!»27. I grandi bodhisattva che riempivano quattrocento miriadi di milioni di nayuta di terre nelle otto direzioni, si chinarono, abbassarono il capo, giunsero le mani e dissero all’unisono: «Porteremo rispettosamente a compimento tutte queste cose, secondo il volere dell’Onorato dal Mondo»28. Ben tre volte lo gridarono, senza risparmiare la voce. Come possono non prendere su di sé le sofferenze dei praticanti del Sutra del Loto? Per non venir meno alla loro promessa, Fan Yü-ch’i dette la sua testa a Ching K’o, e Chi-cha appese la sua spada sulla tomba del signore di Hsü. Se persino questi uomini della Cina, una terra assai lontana [dalla culla del Buddismo], per una promessa fatta a un amico sacrificarono la vita o appesero sulla tomba la spada che valeva più della vita, a maggior ragione questi grandi bodhisattva, che sin dall’inizio erano stati esseri di grande compassione e avevano fatto il profondo voto di sopportare sofferenze per gli altri, non abbandonerebbero mai i praticanti del Sutra del Loto, anche senza l’ammonimento del Budda. Per di più, poiché grazie al Sutra del Loto essi divennero Budda e poiché il Budda li sollecitò con fervore, essi fecero un solenne giuramento davanti al Budda e senza dubbio aiuteranno i praticanti. Il Budda è il sovrano dei regni umano e celeste e il genitore di tutti gli esseri viventi. È inoltre il maestro che li guida e apre la strada. Se il genitore è di umile posizione sociale, non può svolgere le funzioni del sovrano. Se il sovrano non è anche un genitore, potrebbe incutere paura. E, sebbene sia possibile che qualcuno sia genitore e sovrano allo stesso tempo, non può essere anche maestro. I vari Budda sono chiamati gli Onorati dal Mondo e possono quindi essere considerati come sovrani. Tuttavia, essi non sono maestri perché non appaiono nel nostro mondo di saha e perché non hanno nemmeno dichiarato che «gli esseri che ci vivono [nel triplice mondo] sono tutti miei figli»29. Perciò soltanto Shakyamuni adempie le funzioni di sovrano, maestro e genitore. Ciò nonostante, per più di quarant’anni, Shakyamuni insultò Devadatta, criticò i vari ascoltatori della voce e rifiutò di insegnare ai bodhisattva la dottrina del frutto dell’illuminazione. Benché le persone non ne parlassero con gli altri, a volte si chiesero in cuor loro se questo Budda che tanto li faceva soffrire non fosse in effetti Papiyas, il re demone del sesto cielo. Continuarono a nutrire tali dubbi per più di quarant’anni fino a che iniziò la predicazione del Sutra del Loto. Allora, durante gli otto anni sul Picco dell’Aquila, apparve nell’aria la torre preziosa con i due Budda30 seduti fianco a fianco, simili al sole e alla luna; gli altri Budda si allinearono sulla terra come una catena di alte montagne, e i bodhisattva, emersi dalla terra numerosi come i granelli di polvere di mille mondi, si disposero nell’aria come tante stelle. E quando il Budda rivelò loro i benefici ottenuti con l’illuminazione dai vari Budda, fu come se la stanza del tesoro fosse stata aperta per offrire il suo contenuto ai poveri o come se si fossero spaccate le montagne di K’un-lun [rivelando le loro ricchezze]. In questi otto anni, le persone presenti alla cerimonia compresero profondamente la rarità e l’importanza di questi eventi; era come se non stessero raccogliendo altro che pietre preziose. Tutti i bodhisattva, senza risparmiare la propria vita e senza lesinare le parole, pronunciarono il loro voto. Poi, quando nel capitolo “Affidamento” il Tathagata Shakyamuni uscì dalla torre preziosa e ne chiuse le porte, i vari Budda tornarono alle rispettive terre e anche i vari bodhisattva se ne andarono al seguito dei Budda. La gente si sentiva sempre più sola e, quando udì il Budda annunciare: «Fra tre mesi entrerò nel nirvana»31, rimase sbigottita e si sentì ancor più abbandonata. I bodhisattva, i discepoli dei due veicoli e gli esseri umani e celesti che, dopo aver ascoltato il Sutra del Loto, provavano un profondo senso di gratitudine per il beneficio elargito loro dal Budda, desiderarono dimostrargli che erano pronti a dare la vita per il Sutra del Loto. Che cosa terribile sarebbe stata, pensavano con angoscia, se il Budda fosse entrato davvero nel nirvana come aveva annunciato! Il quindicesimo giorno del secondo mese, fra l’ora della tigre e della lepre (dalle tre alle sette), all’età di ottant’anni, sulle rive del fiume Ajitavati presso la città di Kushinagara nella regione di Shravasti nell’India orientale, la voce del Budda che annunciava la propria morte risuonò in alto fino al cielo Culmine dell’Essere ed echeggiò per un intero sistema maggiore di mondi32. Gli occhi [della gente] si rabbuiarono e i cuori si spezzarono. Tutti gli esseri umani delle cinque regioni dell’India, dei suoi sedici grandi stati, cinquecento stati medi, diecimila piccoli stati e innumerevoli staterelli disseminati come chicchi di miglio, si radunarono senza badare alle vesti o al cibo e senza distinzioni di rango o casta. Anche buoi e cavalli, lupi e cani, aquile e avvoltoi, zanzare e tafani, cinquantadue specie di animali, si radunarono. Il numero degli animali di ogni specie superava quello dei granelli di polvere della terra, per non parlare del numero complessivo di tutti gli animali delle cinquantadue specie. Tutti gli esseri di queste varie specie portarono fiori, incenso, vesti e cibo come ultima offerta al Budda. Risuonavano voci che si lamentavano perché stava per crollare il ponte ingioiellato di tutti gli esseri viventi, stava per chiudersi l’occhio di tutti gli esseri viventi, stava per morire il genitore, sovrano e maestro di tutti gli esseri viventi. Non solo avevano i capelli ritti, ma piangevano; non solo piangevano, ma si battevano la testa, premevano le mani al petto e gridavano senza risparmiare la voce. Le loro lacrime di sangue e il loro sudore di sangue si riversarono su Kushinagara più violenti di una pioggia torrenziale, più abbondanti di un grande fiume; tutto ciò solo perché non avrebbero mai potuto ripagare il debito di gratitudine verso il Budda che con il Sutra del Loto aveva permesso loro di conseguire la Buddità. In tale scena di dolore, alcuni protestarono dichiarando che bisognava tagliare la lingua dei nemici del Sutra del Loto e non permettere loro di sedere con gli altri nell’assemblea. Il Bodhisattva Ka­shya­pa giurò che si sarebbe trasformato in grandine e ghiaccio per abbattersi sulle terre dei nemici del Sutra del Loto. Allora il Budda, sollevandosi dal giaciglio su cui era disteso, si rallegrò e lo lodò dicendo: «Ben detto, ben detto!». Gli altri bodhisattva, immaginando quale fosse il desiderio del Budda, pensarono che, se avessero dichiarato di voler attaccare i nemici del Sutra del Loto, avrebbero potuto prolungare un poco la vita del Budda e, uno a uno, giurarono di farlo. In tal modo i bodhisattva e gli esseri del regno umano e celeste sfidarono i nemici del Budda ad apparire per poter adempiere al giuramento pronunciato in presenza del Budda, così che Shakyamuni, Molti Tesori, tutti gli altri Budda e Tathagata avrebbero capito che per difendere il Sutra del Loto essi non avrebbero risparmiato la vita e la reputazione, tenendo fede al giuramento fatto davanti al Budda. Potremmo chiederci perché mai ciò che avevano detto tardi ad avverarsi. Ma, anche se può accadere che uno miri alla terra e manchi il bersaglio, che qualcuno riesca a legare i cieli, che le maree cessino di fluire e rifluire o che il sole sorga a ovest, non accadrà mai che la preghiera di un praticante del Sutra del Loto rimanga senza risposta. Se i bodhisattva, gli uomini e gli esseri celesti, gli otto tipi di esseri non umani, i due santi33, le due divinità celesti34 e le dieci fanciulle demoni mancassero, anche in una sola occasione, di venire a proteggerlo, sarebbero colpevoli anzitutto di aver mostrato disprezzo nei confronti di Shakyamuni e degli altri Budda e infine di aver ingannato tutti gli esseri dei nove regni35. Anche se un praticante non è veramente tale, se è privo di saggezza, ha un corpo impuro o non è dotato delle virtù che derivano dall’osservanza dei precetti, se recita Nam-myoho-renge-kyo essi lo proteggeranno sicuramente. Non si getta via l’oro solo perché la borsa che lo contiene è sporca; se si odiano gli alberi di eranda non si può ottenere il legno di sandalo36. Se si detesta lo stagno della valle perché è impuro non si possono cogliere i fiori di loto. Se [coloro che promisero di proteggerli] detestano i praticanti del Sutra del Loto, infrangono il loro giuramento. Dato che sono passati sia il Primo sia il Medio giorno della Legge, le persone che osservano i precetti sono rare come tigri in un mercato e gli uomini sapienti sono più rari delle corna del ch’i-lin. Finché non sorge la luna bisogna usare una lanterna. Dove non ci sono gemme anche l’oro e l’argento sono tesori. Il debito di gratitudine verso un corvo bianco può essere ripagato a un corvo nero37. I debiti di gratitudine verso un prete santo possono essere ripagati a un prete comune38. Se preghi con forza che ti siano concessi subito dei benefici, come possono le tue preghiere rimanere senza risposta? Domanda: Esaminando i ragionamenti e le prove documentarie che hai esposto, direi che se c’è un sole e una luna nel cielo, se ci sono piante e alberi sulla terra, se ci sono notti e giorni in questo nostro paese, finché la terra non si capovolge e finché le maree continuano a fluire e a rifluire, non c’è dubbio che le preghiere di coloro che credono nel Sutra del Loto saranno esaudite in questo mondo e che nella prossima esistenza essi godranno di buone circostanze. Ciò nonostante, negli ultimi vent’anni gli eminenti capi delle scuole Tendai e della Vera parola hanno pregato per molti gravi affari di stato, ma non si può dire che abbiano ottenuto risultati soddisfacenti; anzi, essi si sono dimostrati ancor più incapaci dei sostenitori delle dottrine non buddiste. Mi chiedo se le parole del sutra non siano false, se la colpa non sia della condotta dei suoi praticanti, o se il tempo e la capacità delle persone non siano appropriati. E ciò mi suscita dubbi anche riguardo alla prossima esistenza. Ma lasciamo da parte questo punto per il momento. Ho saputo che tu eri un discepolo dei preti del Monte Hiei. Dicono che le colpe dei padri ricadono sui figli, che le colpe dei maestri ricadono sui discepoli. I preti del Monte Hiei bruciarono le sale e le pagode dell’Onjo-ji e del tempio sul monte39, insieme a migliaia e decine di migliaia di immagini del Budda e di scritture. Furono azioni veramente terribili che provocarono scompiglio fra la gente del tempo e rifiuto nei loro confronti. Qual è la tua opinione? Ho già sentito qualcosa al riguardo, ma ora vorrei che tu ne parlassi più diffusamente. La mia perplessità è: se questi preti sono così malvagi, non agiscono più in accordo con lo spirito dei tre tesori e non ricevono protezione dal cielo e dalla terra. Immagino dunque che neanche le loro preghiere saranno esaudite. Qual è la tua opinione? Risposta: Ne ho già trattato in precedenza, ma ora riassumerò per sommi capi. È una questione della massima importanza per il Giappone e, a causa della loro ignoranza, molti creano karma negativo con le loro parole. Prima di tutto, per quanto riguarda l’origine del Monte Hiei, esso fu fondato dal Gran Maestro Dengyo durante il regno dell’imperatore Kammu, duecento anni e più dopo l’introduzione del Buddismo nel paese. Nel passato, il principe Shotoku osservò che Kyoto poteva essere adatta come sede imperiale, ma la capitale non fu fondata fino a quando non fu introdotta la scuola T’ien-t’ai, o Tendai. Inoltre, nelle memorie del principe Jogu, o Shotoku, si legge: «Duecento anni e più dopo la mia scomparsa, la Legge buddista si diffonderà in tutto il Giappone»40. Durante l’era Enryaku (782-806), il Gran Maestro Dengyo fondò il tempio sul monte Hiei e l’imperatore Kammu stabilì la capitale Heiankyo, realizzando così la profezia del principe Shotoku. In questo modo il tempio sul monte e la casa dell’imperatore erano come il pino e il cipresso, erano simili all’orchidea e all’erba: quando il pino si secca, anche il cipresso è destinato a seccarsi; quando l’orchidea avvizzisce, anche l’erba avvizzisce. Sembrava che la prosperità del regno portasse gioia al tempio e che il declino del regno portasse tristezza al tempio. Ora che il potere è passato al governo nella regione del Kanto41, che cosa avranno pensato? Nel terzo anno dell’era Jokyu (1221), anno con segno ciclico kanoto-mi, il diciannovesimo giorno del quarto mese, all’epoca dei disordini fra la corte e i guerrieri barbari42, per ordine dell’ex imperatore di Oki quarantuno praticanti di arti magiche eseguirono per la prima volta cerimonie esoteriche davanti a quindici altari allo scopo di sottomettere il governo del Kanto. Queste cerimonie includevano la cerimonia della Ruota d’oro di un unico carattere (eseguita dall’Amministratore del clero Jien, capo dei preti della scuola Tendai, e da dodici assistenti al comando del reggente imperiale Motomichi); la cerimonia dei quattro re celesti (eseguita nel palazzo Hirose dall’amministratore imperiale dei preti del tempio Joko-ji [Shinsho] con otto assistenti al comando della signora Shumeimon’in); la cerimonia del re di saggezza Inamovibile (eseguita dall’Amministratore del clero Joho accompagnato da altri otto preti al comando del signore Kazan’in Zemmon [Fujiwara Tadatsune]); la cerimonia di Grande Virtù Maestosa (eseguita dall’Amministratore del clero Kangon, assistito da otto preti al comando della signora Shichijoin); la cerimonia del re che mette in moto la ruota (eseguita dall’Amministratore del clero Joken assistito da otto preti, sempre al comando della signora Shichijoin); la cerimonia di Grande Virtù Maestosa in dieci altari (eseguita da dieci preti: l’Amministratore del clero Kakucho, il Sigillo del Dharma Shunsho, il Sigillo del Dharma Eishin, il Sigillo del Dharma Goen, il Supervisore del clero Yuen, l’Amministratore del clero Jiken, il Supervisore del clero Kenjo, il Supervisore del clero Senson, il Supervisore del clero Gyohen e l’Occhio del Dharma Jikkaku, ciascuno con sei assistenti, svolte principalmente nell’edificio principale del tempio); la cerimonia della Ruota che Esaudisce i Desideri (eseguita dall’Amministratore del clero Myokoin con otto assistenti al comando della signora Gishumon’in); la cerimonia del re celeste Vaishravana (eseguita dall’Amministratore del clero Jojuin [Ryoson] di Mii con sei assistenti al comando di Shichin). C’erano anche oggetti di culto fatti in un sol giorno. Le cerimonie per la sottomissione dei nemici basate su di essi furono: la cerimonia formale del re di saggezza Ardente di Desideri (eseguita dal capo del tempio Ninna nel palazzo Shishin, iniziata il terzo giorno del quinto mese e proseguita nei quattordici giorni seguenti); la cerimonia Occhio del Budda (eseguita dall’Amministratore del clero Daijo per ventun giorni); la cerimonia dei sei caratteri (eseguita dal Supervisore del clero Kaiga); la cerimonia del re di saggezza Ardente di Desideri (eseguita dall’Amministratore del clero Kangon per sette giorni); la cerimonia di Inamovibile (eseguita dall’Amministratore del clero del tempio Kanju-ji con otto assistenti, tutti con il titolo di supervisore); la cerimonia di Grande Virtù Maestosa (eseguita dall’Amministratore del clero Aki); la cerimonia del ragazzo di Diamante (eseguita dalla stessa persona). Queste furono le quindici cerimonie eseguite davanti agli altari. Il quindicesimo giorno del quinto mese, Iga Taro Hogan Mitsusue43 fu attaccato e sconfitto nella capitale. Il diciannovesimo giorno dello stesso mese la notizia giunse a Kamakura e, quando si seppe che il ventunesimo giorno un forte contingente di truppe era stato inviato contro la capitale, furono eseguite le rimanenti cerimonie, a cominciare dall’ottavo giorno del sesto mese. Esse erano: la cerimonia dell’Onorevole Re delle Stelle (eseguita dall’Amministratore del clero Kakucho); la cerimonia del re di saggezza Gran Comandante (eseguita dal Supervisore del clero Zou); la cerimonia dei cinque altari (eseguita dall’Amministratore del clero Daijo, dal Sigillo del Dharma Eishin, dai supervisori del clero Zenson, Yuen e Gyohen); la cerimonia del Sutra della Protezione (presieduta dal capo del tempio Ninna. Questa era la seconda volta che veniva eseguita nel nostro paese). Il ventunesimo giorno del quinto mese il governatore di Musashi44 si diresse verso la capitale sulla strada di Tokaido, il capo del clan Genji di Kai45 sulla strada di Tosando e il signore di Shikibu46 avanzò sulla strada di Hokuriku. Il quinto giorno del sesto mese i difensori della capitale furono battuti a Otsu dai Genji di Kai e il tredicesimo e quattordicesimo giorno del sesto mese si combatté al ponte Uji; il quattordicesimo giorno i difensori della capitale furono sconfitti e il quindicesimo giorno il governatore di Musashi entrò con i suoi nel quartier generale di Rokujo. L’undicesimo giorno del settimo mese l’ex imperatore Gotoba fu esiliato nell’isola di Oki, l’ex imperatore Tsuchimikado nella provincia di Awa e l’ex imperatore Juntoku nell’isola di Sado. Sette membri della corte furono messi a morte. Queste dottrine di grande malvagità col passare degli anni si fecero a poco a poco strada nella regione del Kanto dove si incarnarono nei preti sovrintendenti dei vari templi con i loro assistenti che eseguirono ripetutamente [queste cerimonie]. Costoro naturalmente non sapevano distinguere fra dottrine corrette e distorte, fra dottrine superiori e inferiori, e ritenevano che fosse sufficiente venerare i tre tesori, perciò adottarono queste cerimonie senza porsi domande. Ora, non solo quelli delle province del Kanto, ma anche i capi dei preti e i sovrintendenti del Monte Hiei, dei templi To e Onjo sono tutti sotto la giurisdizione delle autorità del Kanto, e perciò sono anch’essi fautori di tali cerimonie. Domanda: Perché insisti tanto nel definire distorte le dottrine della Vera parola? Risposta: Il Gran Maestro Kobo affermò che il Sutra di Mahavairochana è il primo, il Sutra della Ghirlanda di fiori è il secondo e il Sutra del Loto è il terzo47. Ma bisogna riflettere bene su quest’ordine. In quale sutra il Budda discusse e chiarì i meriti relativi di questi tre sutra? Se esistesse un sutra in cui si dichiara che il Sutra di Mahavairochana occupa il primo posto, il Sutra della Ghirlanda di fiori il secondo e il Sutra del Loto il terzo, dovremmo accettare per vera l’asserzione di Kobo, ma, se non esiste tale sutra, non è possibile accettarla. Il Sutra del Loto afferma: «Re della Medicina, questo ora ti dico, ho predicato diversi sutra, e fra questi il Sutra del Loto è il supremo!»48. Qui il Budda afferma che fra tutti i sutra da lui predicati, il Sutra del Loto è il supremo. La predicazione del Budda e gli scritti del Gran Maestro Kobo differiscono come il fuoco e l’acqua. È una questione da analizzare a fondo. Per diverse centinaia d’anni i preti ordinari e di alto rango hanno studiato gli scritti di Kobo e, umili ed eminenti, superiori e inferiori, hanno creduto in essi e hanno onorato il Sutra di Mahavairochana come il primo fra tutti i sutra, in disaccordo con l’intenzione del Budda. Chi ha a cuore la questione deve riflettere attentamente: se crediamo in scritti che non si accordano con l’intenzione del Budda, come possiamo conseguire la Buddità? E se offriamo preghiere per il paese seguendo tali scritti, come potremmo non attirare la sfortuna? Inoltre Kobo ha scritto: «I maestri cinesi hanno fatto a gara per rubare il ghee»49. Il significato di tale affermazione è che il Gran Maestro T’ien-t’ai e altri hanno rubato il ghee della dottrina della Vera parola e l’hanno chiamato il ghee del Sutra del Loto. Questo è un punto della massima importanza. Il Gran Maestro T’ien-t’ai, rifacendosi al testo del Sutra del Nirvana50, giudicò che, fra tutti i sutra, il Sutra del Loto merita di essere comparato al ghee. La dottrina della Vera parola fu introdotta in Cina dall’India duecento anni e più dopo l’epoca di T’ien-t’ai. Come avrebbe potuto T’ien-t’ai rubare il ghee della Vera parola introdotta duecento anni dopo di lui e chiamarlo il ghee del Sutra del Loto? Sarebbe strano, veramente strano! Che prove ci sono per chiamare ladri delle persone vissute duecento o più anni prima che la Vera parola fosse introdotta in Cina? Dobbiamo credere a ciò che scrisse il Gran Maestro Kobo, o dobbiamo credere al Sutra del Nirvana in cui [il Budda] definisce ghee il Sutra del Loto? Se riteniamo che il Gran Maestro T’ien-t’ai è un ladro, come interpretiamo il passo del Sutra del Nirvana? Se riteniamo vere le parole del Sutra del Nirvana e consideriamo gli scritti di Kobo insegnamenti distorti, cosa dobbiamo pensare delle persone che credono in una dottrina così distorta? Tutto ciò che posso dire è che dobbiamo comparare ciò che scrisse il Gran Maestro Kobo con gli insegnamenti predicati dal Budda e porre fede in quello che si dimostra corretto. Domanda: Sono ancora in dubbio. Il Sutra di Mahavairochana rappresenta l’insegnamento esposto dal Tathagata Mahavairochana. Non è irragionevole usare l’insegnamento esposto dal Budda Shakyamuni per confutare l’insegnamento esposto dal Tathagata Mahavairochana? Risposta: Chi erano i genitori del Tathagata Mahavairochana e in quale paese apparve per predicare il Sutra di Mahavairochana? Anche se fosse semplicemente apparso nel mondo senza genitori, in quale sutra si legge che tale Budda sarebbe apparso nel mondo per predicare la Legge durante i 5.670 milioni di anni fra la morte del Budda Shakyamuni e la comparsa di Maitreya, il Compassionevole Onorato dal Mondo? Se non ci sono sutra a sostegno di ciò, chi può credere a tale asserzione? Poiché contengono solo falsità come questa, io dico che [quelle della Vera parola] sono dottrine distorte. L’elenco di tali errori è inesauribile, ne ho citato solo un paio. Ma, oltre alla Vera parola, le autorità fanno affidamento sulle scuole Zen e Nembutsu. Tutte queste dottrine sono insegnamenti provvisori esposti prima che venisse rivelata la verità; sono dottrine che non conducono alla Buddità, ma a creare il karma di cadere nell’inferno di sofferenza incessante. Le persone che li praticano sono colpevoli di offesa alla Legge, come possono le loro preghiere ottenere risposta? Diventa re di un paese chi nelle esistenze passate ha protetto il corretto insegnamento e ha servito il Budda. Tutti i sovrani, grandi e piccoli, hanno ottenuto il dominio del loro paese per disposizione dei re celesti Brahma e Shakra, degli dèi del sole e della luna e dei quattro re celesti. Un sutra dice: «Ora, percependo chiaramente le tre esistenze con i miei cinque tipi di visione, vedo che tutti i sovrani nelle loro esistenze passate hanno servito cinquecento Budda e per questa ragione sono potuti diventare re o imperatori»51. Tuttavia, se uno volta le spalle al Sutra del Loto e segue i maestri malvagi delle scuole della Vera parola, Zen o Nembutsu, per quante buone azioni possa compiere, queste non saranno in accordo con il volere del Budda e saranno contrarie alle intenzioni degli dèi. Bisogna riflettere attentamente. È cosa rara nascere come essere umano. Chi, pur essendo nato così, non distingue fra dottrine corrette e distorte in modo da poter conseguire in futuro la Buddità, viene meno all’intento originale per cui è nato. Per di più, dopo che il Gran Maestro Jikaku ebbe visitato la Cina, tradì il suo maestro originale, il Gran Maestro Dengyo. Egli pregò per poter diffondere al Monte Hiei le dottrine della Vera parola e poi sognò di aver scagliato una freccia verso il sole e di averlo fatto rotolare. Per quattrocento anni e più la gente lo considerò un sogno di buon auspicio. Ma in un paese come il Giappone è in effetti un sogno particolarmente infausto. Il re Chou della dinastia Yin morì dopo aver scagliato una freccia contro il sole. Anche se questo sogno viene associato alla reincarnazione [di un Budda], dovremmo riflettere bene su di esso. In risposta alla tua domanda, ciò che ho spiegato qui non è che un pelo rispetto al mantello di nove buoi.

    Cenni Storici

    Le preghiere basate sul Sutra del Loto riceveranno sicuramente una risposta, scrive Nichiren Daishonin, mentre le preghiere basate su insegnamenti errati non soltanto non ricevono risposta, ma causano sofferenza a chi le offre e a colui per il quale si prega. È il tema di questa lettera scritta da Nichiren Daishonin nel nono anno di Bun’ei (1272), quando si trovava in esilio sull’isola di Sado, per rispondere ad alcune domande postegli da Sairen-bo, un suo discepolo, in precedenza appartenente al ramo della Montagna [Jikaku] della scuola Tendai, anch’egli esiliato sull’isola di Sado.

    Sairen-bo e il Daishonin si scambiarono molte lettere discutendo di varie importanti dottrine buddiste. In questo scritto, il Daishonin distingue tra l’efficacia di una preghiera basata sulle dottrine delle scuole più diffuse in Giappone a quell’epoca (in particolare le scuole della Ghirlanda di fiori, delle Caratteristiche dei dharma, dei Precetti, della Vera parola e Tendai), e una preghiera basata sul Sutra del Loto. Le autorità dello shogunato e della corte imperiale di allora facevano grande affidamento sugli insegnamenti e le preghiere delle scuole della Vera parola, Tendai, Zen e Nembutsu.

    Ma è proprio perché le preghiere dei preti delle scuole della Vera parola e Tendai erano inefficaci, afferma il Daishonin, che l’esercito dell’imperatore venne sconfitto nel tumulto di Jokyu, una lotta per il potere tra la corte imperiale e lo shogunato di Kamakura del 1221. Riponendo fiducia in queste scuole, infatti, la corte aveva chiesto che venissero offerte preghiere per la vittoria. Alla fine, a dispetto delle preghiere, non soltanto l’esercito imperiale fu sconfitto in battaglia, ma tre ex imperatori vennero esiliati in isole remote. è evidente, conclude il Daishonin, che tali preghiere non soltanto non ottennero risposta, ma furono causa di sfortuna.

    Diversamente, le preghiere basate sul Sutra del Loto sono vere preghiere, scrive il Daishonin, e fornisce una spiegazione: tutti i Budda, i bodhisattva, le persone dei due veicoli (gli ascoltatori della voce e i risvegliati all’origine dipendente), e gli esseri umani e celesti presenti nell’assemblea del Sutra del Loto provano molta gratitudine per aver conseguito la Buddità tramite questo sutra, e per ripagare questo debito proteggeranno sempre coloro che abbracciano il Sutra del Loto.

    Il Daishonin cita l’esempio della figlia del re drago e del malvagio Devadatta, facendo notare che il conseguimento della Buddità da parte di entrambi era un evento talmente grande e inaspettato da far sì che anche il loro debito di gratitudine fosse altrettanto grande; rassicura perciò Sairen-bo che anch’essi non mancheranno mai di proteggere i praticanti del Sutra del Loto.

    Inoltre il Daishonin confuta fermamente le asserzioni di Kobo, il fondatore della scuola della Vera parola giapponese, che, nel suo Trattato sui dieci stadi della mente, sostiene che il Sutra di Mahavairochana debba avere il primo posto, il Sutra della Ghirlanda di fiori il secondo e il Sutra del Loto il terzo. Ma il Daishonin cita dal Sutra del Loto questa frase del Budda: «Ho predicato diversi sutra, e fra questi il Sutra del Loto è il supremo!».

    L’intestazione della lettera, “Nichiren, lo shramana del Giappone”, esprime la convinzione di essere uno shramana, cioè un cercatore della via, oltre a essere il devoto del Sutra del Loto, cioè il Budda dell’Ultimo giorno della Legge.

    In conclusione, il Daishonin esorta Sairen-bo a offrire preghiere basate sulla corretta dottrina del Sutra del Loto, e a realizzare le sue vere potenzialità come essere umano aspirando a conseguire la Buddità.

    Note

    1. Tre scuole hinayana: scuola del Tesoro dell’Abhidharma, dell’Affermazione della verità e dei Precetti.
    2. Lett.: «…apparentemente diventano tutte preghiere ma è solo quella basata sul Sutra del Loto che diventa sicuramente una preghiera [efficace]».
    3. Milleduecento [arhat]: discepoli che nell’ottavo capitolo del Sutra del Loto,“Predizione dell’illuminazione a cinquecento discepoli”, ricevettero la profezia che sarebbero divenuti Budda con il titolo di Tathagata Splendore Universale. Dodicimila [arhat]: coloro che si radunarono nella cerimonia di predicazione del Sutra del Loto.
    4. Il Sutra del Loto, cap. 4, p. 150.
    5. Parafrasi di un passo del Sutra di Vimalakirti: «Per quanto riguarda la Legge del Budda, sono diventati come semi guasti».
    6. Fiore Splendente e Forma Rara sono i nomi che Shariputra e Subhuti assumeranno divenendo Budda, come profetizzato rispettivamente nel capitolo “Parabola e similitudine” e nel capitolo “Predizioni”. Per Splendore Universale vedi nota 3.
    7. Il Sutra del Loto, cap. 4, p. 134.
    8. Si trova in “Nove pezzi” nelle Elegie di Ch’u. Un commentario alle Elegie di Ch’u, di Chu Hsi, studioso della dinastia Sung, spiega: «La vecchia volpe muore rivolgendo sempre la testa verso la collina, perché essa non dimentica il luogo in cui è nata». Non si conosce la fonte della storia dell’oca selvatica.
    9. Il Sutra del Loto, cap. 10, p. 236.
    10. Shakyamuni enunciò concisamente la “sostituzione dei tre veicoli con l’unico veicolo” sotto forma di rivelazione del vero aspetto di tutti i fenomeni, cioè dei dieci fattori. Poi nel capitolo “Espedienti” e nei seguenti, spiegò questo concetto più diffusamente in quella che viene chiamata la “sostituzione estesa dei tre veicoli con l’unico veicolo”.
    11. Il Sutra del Loto, cap. 2, p. 71.
    12. Ibidem, p. 90.
    13. L’evento è narrato nel dodicesimo capitolo del Sutra del Loto, “Devadatta”.
    14. Nel tredicesimo capitolo del Sutra del Loto, “Esortazione alla devozione”, tutti questi bodhisattva giurarono davanti al Budda di propagare il sutra dopo la sua scomparsa.
    15. Nel quindicesimo capitolo del Sutra del Loto, “Emergere dalla terra”, questi bodhisattva venuti da altri mondi giurarono di diffondere il Sutra del Loto nel mondo di saha dopo la morte del Budda.
    16. Sono i numerosi bodhisattva, detti Bodhisattva della Terra, che appaiono nel quindicesimo capitolo del Sutra del Loto.
    17. Il vapore si condensa su uno specchio esposto all’aria di notte. Si credeva che lo specchio attirasse quest’acqua dalla luna.
    18. Vedi Il Sutra del Loto, cap. 12, p. 264.
    19. Sutra della Ghirlanda di fiori.
    20. Annotazioni su “Parole e frasi del Sutra del Loto”.
    21. Il Sutra del Loto, cap. 12, p. 263.
    22. Ibidem, p. 261.
    23. Ruota a mille raggi: segno sulla pianta di ciascun piede, una delle trentadue caratteristiche maggiori che si diceva possedessero i Budda. Ciuffo di peli bianchi: un’altra delle trentadue caratteristiche del Budda; da esso emanavano fasci di luce. Sessantamila e ottantamila preziosi insegnamenti: rispettivamente le scritture brahmane e le scritture buddiste.
    24. Il Sutra del Loto, cap. 13, p. 272.
    25. Ibidem, p. 267.
    26. Ibidem, cap. 21, p. 373.
    27. Ibidem, cap. 11, p. 251.
    28. Ibidem, cap. 22, p. 382.
    29. Ibidem, cap. 3, p. 120. È una dichiarazione del Budda Shakyamuni.
    30. Due Budda: Shakyamuni e Molti Tesori. Questi eventi sono narrati nel capitolo undicesimo del Sutra del Loto, “Torre preziosa”.
    31. Cfr. Sutra di Virtù Universale, l’epilogo del Sutra del Loto, p. 443.
    32. Questo evento è descritto nel Sutra del Nirvana.
    33. Due santi: i bodhisattva Re della Medicina e Donatore Coraggioso che nel capitolo ventiseiesimo del Sutra del Loto, “Dharani”, giurarono di proteggere i praticanti del Sutra del Loto.
    34. Due divinità celesti: Vaishravana e Sostenitore del Paese, due dei quattro re celesti.
    35. Nove regni: i primi nove dei Dieci mondi che indicano stati transitori, ancora in preda alle illusioni.
    36. Riferimento al cattivo odore emanato dagli alberi di eranda che crescono attorno agli alberi di sandalo.
    37. Storia narrata in Annotazioni sul “Trattato sull’osservazione della mente” di Chang-an. Quando un serpente stava per mordere un re che riposava su un prato, un corvo bianco scese in volo per metterlo in guardia. Il re ordinò di cercare il corvo bianco che lo aveva salvato, ma i suoi uomini non lo trovarono. Allora il re in segno di gratitudine concesse i sui favori a un corvo nero.
    38. Prete comune: qui si riferisce ai praticanti del Sutra del Loto nell’Ultimo giorno della Legge. Il prete santo è il Budda Shakyamuni.
    39. Tempio sul monte: l’Enryaku-ji sul monte Hiei.
    40. Spigolature dalle cronache del principe Jogu.
    41. Governo nella regione del Kanto: governo di Kamakura che fece del Kanto, nel Giappone orientale, la sua base, mentre l’imperatore e la corte risiedevano a Kyoto, nella parte occidentale del paese.
    42. Riferimento al tumulto di Jokyu, quando l’ex imperatore Gotoba si alleò con altri due ex imperatori per rovesciare lo shogunato di Kamakura. Il tentativo fallì e Gotoba fu esiliato sull’isola di Oki. Perciò veniva chiamato ex imperatore di Oki.
    43. Iga Taro Hogan Mitsusue (m. 1221): il magistrato che era di guarnigione a Kyoto.
    44. Governatore di Musashi: qui indica Hojo Yasutoki (1183-1242) che divenne in seguito il terzo reggente del governo di Kamakura.
    45. Capo del clan Genji: Takeda Nobumitsu, appartenente alla potente famiglia Genji che estese la sua influenza sulle province di Kai e Shinano.
    46. Signore di Shikibu: altro nome di Hojo Tomotoki (1193-1245), fratello minore di Hojo Yasutoki.
    47. Parafrasi di un’affermazione che si trova nel Trattato sui dieci stadi della mente.
    48. Il Sutra del Loto, cap. 10, p. 235.
    49. Comparazione tra il Buddismo essoterico ed esoterico. Kobo paragonò gli insegnamenti della Vera parola al ghee, il migliore dei cinque gusti.
    50. Il Sutra del Nirvana menziona il processo di lavorazione del latte fino al ghee, che ha il migliore dei cinque gusti.
    51. Sutra dei Re benevolenti.
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