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162. Wu-lung e I-lung

RSND, VOLUME I

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Minobu, 1281. Indirizzata a Ueno, monaca laica

Ho ricevuto un carico (quattro to) di riso raffinato, un sacco di colocasie e ho rispettosamente recitato Nam-myoho-renge-kyo.

    Myoho-renge-kyo è paragonato al loto. Sia il grande fiore di mandara nel cielo sia il fiore di ciliegio nel mondo umano sono fiori di buon augurio, ma il Budda non li scelse per paragonarli al Sutra del Loto. Di tutti i fiori scelse quello di loto per simboleggiare il Sutra del Loto. C’è una ragione per questo. Alcune piante prima fioriscono e poi producono i frutti mentre in altre i frutti precedono i fiori; alcune producono un solo fiore ma molti frutti, altre molti fiori e un solo frutto e altre ancora producono frutti senza fiorire. Esiste dunque una grande varietà di piante, ma il loto è l’unica in cui il fiore e il frutto compaiono simultaneamente. I benefici di tutti gli altri sutra sono incerti perché insegnano che prima bisogna creare buone cause e solo dopo, in un tempo successivo, si può diventare un Budda. Invece, per quanto riguarda il Sutra del Loto, se lo si prende in mano, la mano diventa subito Budda, se lo si recita con la bocca, quella bocca stessa è il Budda. È come la luna che, sorgendo da dietro le montagne orientali, immediatamente si riflette sull’acqua o come il suono e l’eco che si producono contemporaneamente. Per questa ragione il sutra dice: «Fra coloro che ascoltano la Legge, nemmeno uno mancherà di conseguire la Buddità»1. Queste parole significano che, se cento o mille persone abbracciano questo sutra, tutte e cento o tutte e mille, nessuna esclusa, diventeranno Budda.

      Nella tua lettera menzioni l’anniversario della morte del tuo buon padre, il prete laico Matsuno Rokuro Saemon. Tu dici: «Poiché egli ha lasciato molti figli, i servizi funebri saranno condotti in molti modi diversi. Io temo che tali cerimonie possano offendere la Legge se non sono basate esclusivamente sul Sutra del Loto». Il Budda Shakyamuni pronunciò le auree parole: «L’Onorato dal Mondo ha esposto a lungo le sue dottrine e adesso deve rivelare la verità»2 e il Budda Molti Tesori testimoniò dichiarando: «Il Sutra del Loto della Legge meravigliosa, […] tutto ciò che hai esposto è la verità!»3 e i Budda delle dieci direzioni diedero credito alla verità del sutra estendendo la lingua4 fino al cielo di Brahma.

        Al di là del mare verso sud-ovest esiste un paese chiamato Cina. In quel paese alcuni credono nel Budda ma non negli dèi, altri credono negli dèi ma non nel Budda. Forse anche in Giappone nel passato era così. Comunque sia, in Cina viveva un tempo un calligrafo chiamato Wu-lung. Nella sua arte non aveva rivali in tutto il paese, come Tofu o Kozei5in Giappone. Egli odiava il Buddismo e aveva giurato di non trascrivere mai una scrittura buddista. Avvicinandosi alla fine della vita, cadde gravemente ammalato e sul letto di morte espresse le sue ultime volontà al figlio: «Tu sei mio figlio e hai ereditato la mia arte, anzi, scrivi con una mano ancor migliore della mia. Qualsiasi cattiva influenza tu possa subire, non devi mai copiare il Sutra del Loto». Subito dopo il sangue zampillò come una fontana dai suoi cinque organi di senso, la sua lingua si spaccò in otto pezzi e il suo corpo si disgregò e si disperse nelle dieci direzioni. Nonostante ciò, ignorando i tre cattivi sentieri, i suoi familiari non capirono che quelli erano presagi della sua caduta nell’inferno.

          Il figlio si chiamava I-lung e anche lui dimostrò di essere il miglior calligrafo della Cina. Obbedendo alla volontà del padre, fece voto di non trascrivere mai il Sutra del Loto. Il sovrano di quell’epoca, che si chiamava Ssu-ma6, credeva nel Buddismo e nutriva una grande venerazione per il Sutra del Loto. Desiderava far trascrivere questo sutra da un eccellente calligrafo, e voleva assolutamente il migliore di tutto il paese, in modo da averne una copia personale. Così convocò I-lung. I-lung gli riferì che la volontà di suo padre gli proibiva di farlo e supplicò il re di esonerarlo dal compito. Udendo ciò, il re convocò un altro calligrafo e gli fece copiare tutto il sutra. Ma il risultato non corrispondeva ai suoi desideri, per cui chiamò nuovamente I-lung e gli disse: «Poiché tu dici che la volontà di tuo padre te lo impedisce, non ti obbligherò a trascrivere il sutra, ma devi obbedire al comando di copiare almeno i titoli degli otto volumi». Ma, poiché I-lung continuava a implorare che lo scusasse, il re infuriato disse: «Tuo padre era un mio suddito come lo sei tu; se per paura di mancare ai doveri filiali non scrivi i titoli, ti accuserò di disobbedienza a un decreto reale». Il re ripeté varie volte il suo severo ordine e I-lung, pur non volendo mancare ai doveri filiali, comprese che non poteva più rifiutare di obbedire all’ordine reale; così scrisse i titoli7[degli otto volumi] del Sutra del Loto e presentò la sua opera al re.

            Tornando a casa, si fermò davanti alla tomba del padre e, piangendo lacrime di sangue, disse: «Per perentoria ingiunzione del re, ho trasgredito alla tua volontà e ho scritto i titoli del Sutra del Loto». Disperato di non aver potuto evitare la colpa di disobbedire al padre, per tre giorni non si allontanò dalla tomba digiunando e riducendosi in fin di vita. Il terzo giorno, all’ora della tigre (dalle tre alle cinque) era sul punto di morire e, come in sogno, guardando in alto nel cielo, vide un essere celeste che sembrava il dio Shakra come si vede nei dipinti, con una moltitudine di seguaci che riempivano il cielo e la terra. I-lung gli chiese chi fosse e l’essere celeste rispose: «Non mi riconosci? Sono tuo padre Wu-lung. Quando ero nel mondo umano, aderivo alle scritture non buddiste e odiavo il Buddismo, in particolare ero nemico del Sutra del Loto. Per questo motivo caddi nell’inferno di sofferenza incessante. Ogni giorno la mia lingua veniva strappata centinaia di volte. Ora morivo, ora ero di nuovo vivo. Mi disperavo, ora volgendo gli occhi al cielo ora gettandomi al suolo, ma nessuno udiva le mie grida. Volevo far conoscere il mio tormento al mondo degli esseri umani, ma non c’era alcun mezzo per comunicare. Ogni volta che tu insistevi nel rispettare la mia volontà, le tue parole si trasformavano in fiamme che mi tormentavano o in una pioggia di spade che cadevano su di me dal cielo. Tu hai dimostrato una totale mancanza di pietà filiale, tuttavia, poiché lo hai fatto per non contravvenire alla mia volontà, non potevo prendermela con te: stavo ricevendo la retribuzione per le mie azioni.

              «Mentre pensavo così, un Budda dorato improvvisamente apparve nell’inferno di sofferenza incessante e disse: “Anche gli esseri che hanno distrutto tante buone cause da riempire l’intero regno dei fenomeni, se odono anche una sola volta il Sutra del Loto, otterranno immancabilmente l’illuminazione”. Quando questo Budda entrò nell’inferno di sofferenza incessante, fu come se un diluvio d’acqua si fosse riversato su un grande fuoco. Essendosi alleviato un poco il mio tormento, giunsi le mani in preghiera e gli chiesi quale Budda egli fosse. Il Budda rispose: “Io sono il carattere myo, uno dei sessantaquattro caratteri che compongono i titoli [degli otto volumi] del Sutra del Loto, che tuo figlio I-lung sta scrivendo in questo momento”. Poiché i titoli degli otto volumi sono formati da otto caratteri ciascuno8, apparvero sessantaquattro Budda simili a sessantaquattro lune piene e l’oscurità dell’inferno di sofferenza incessante si trasformò istantaneamente in una brillante luminosità. Inoltre, per il principio che “ogni luogo diventa la terra del Budda senza cambiare le sue caratteristiche”9, l’inferno di sofferenza incessante divenne la capitale della Luce Eternamente Tranquilla. Io e gli altri dannati siamo diventati Budda seduti su fiori di loto e stiamo ora ascendendo alla corte interna del cielo Tushita. Ne informo te prima di ogni altro».

                I-lung disse: «È stata la mia mano che ha scritto i titoli. Come puoi esserti salvato tu? Per di più, io non li ho scritti con sincerità. Com’è possibile?». Il padre rispose: «Come sei ignorante! La tua mano è la mia mano, il tuo corpo è il mio corpo. I caratteri che tu hai scritto sono caratteri scritti da me. Benché nel tuo cuore non vi fosse fede, li hai scritti con la tua mano. Perciò io adesso sono salvo. È come il caso di un fanciullo che dà fuoco a qualcosa e, pur non avendone l’intenzione, la fa bruciare. Lo stesso vale per il Sutra del Loto: se uno crede in esso, diventerà sicuramente un Budda, anche se non se l’aspettava minimamente. Ora che conosci questo principio, non offendere mai [il Sutra del Loto]. Tuttavia, essendo un laico, per te è molto più facile pentirti di ciò che hai detto, per quanto grave possa essere».

                  I-lung riferì tutto questo al sovrano. Il re disse: «Il mio desiderio è stato esaudito con magnifici risultati». Da allora I-lung godette sempre più del favore reale e tutta la popolazione del paese venerò il Sutra del Loto.

                    Il defunto Goro10 e il defunto prete laico Matsuno erano rispettivamente tuo figlio e tuo padre. Tu sei la figlia del prete laico, perciò credo che ora egli debba trovarsi nella corte interna del cielo Tushita. Hoki-bo11 ti leggerà e spiegherà questa lettera. Poiché scrivo in fretta non posso entrare in dettagli.

                      Con mio profondo rispetto,

                        Nichiren

                          Il quindicesimo giorno dell’undicesimo mese

                            Risposta alla monaca laica Ueno

                                Cenni Storici

                                Questa lettera venne scritta da Minobu nell’undicesimo mese del quarto anno di Koan (1281), quando il Daishonin aveva sessant’anni, alla monaca laica Ueno, madre di Nanjo Tokimitsu, che gli aveva inviato delle offerte per commemorare l’anniversario della morte di suo padre, il prete laico Matsuno Rokuro Saemon. Suo marito, Nanjo Hyoe Shichiro, era stato amministratore del villaggio di Ueno, nella provincia di Suruga.

                                Dapprima il Daishonin spiega che, proprio come la pianta del loto produce simultaneamente fiori e frutti, tutti coloro che credono nel Sutra del Loto conseguiranno sicuramente la Buddità. Poi narra la storia di due famosi calligrafi dell’antica Cina, padre e figlio, di nome Wu-lung e I-lung, per spiegare che i benefici della fede dei figli nel Sutra del Loto si estendono immancabilmente ai loro genitori, conducendo anch’essi alla Buddità.

                                Nell’opera Il Sutra del Loto e le sue tradizioni, scritta dal prete Seng-hsiang della dinastia T’ang, si narra infatti che Wu-lung era caduto nello stato di inferno a causa dell’odio che aveva nutrito in vita contro il Sutra del Loto, ma alla fine venne salvato dalla sofferenza quando il figlio trascrisse i titoli degli otto volumi del sutra.

                                Note

                                1. Il Sutra del Loto, cap. 2, p. 85.
                                2. Ibidem, cap. 2, p. 68.
                                3. Ibidem, cap. 11, p. 244.
                                4. Vedi Il Sutra del Loto, cap. 21, p. 376.
                                5. Tofu e Kozei: Ono no Tofu (894-966) e Fujiwara no Kozei (972-1027); erano fra i migliori calligrafi del loro tempo.
                                6. Ssu-ma: re di Ping-chou, nel nord della Cina. Ssu-ma probabilmente non era il nome, ma il titolo ufficiale.
                                7. Egli scrisse i titoli su fogli separati che venivano applicati sulle copertine degli otto rotoli del Sutra del Loto.
                                8. Il titolo di ciascun volume del Sutra del Loto si compone di otto caratteri cinesi, i cinque caratteri del titolo, Myoho-renge-kyo, e i tre caratteri che indicano il numero del volume.
                                9. Il commentario Annotazioni su “Il significato profondo del Sutra del Loto” afferma che gli esseri viventi, in ognuno dei nove mondi, possono conseguire la Buddità così come sono, cioè senza cambiare le loro caratteristiche individuali. Lo stesso principio vale per gli esseri insenzienti.
                                10. Goro (1265-1280): Nanjo Shichiro Goro, quinto figlio della monaca laica di Ueno e fratello minore di Nanjo Tokimitsu. Si era dimostrato molto promettente, ma morì all’età di sedici anni.
                                11. Hoki-bo: nome buddista che Nikko Shonin ricevette nel 1258, quando divenne discepolo del Daishonin.
                                La Biblioteca di Nichiren
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